STOP EL ALAMEIN: 25/10 PRESIDIO – 26/10 MANIFESTAZIONE

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BASTA GUERRA! BASTA SPESE MILITARI! BASTA POLITICHE DI AUSTERITÀ!
NO ALLA COMMEMORAZIONE DI EL ALAMEIN!
Scendiamo in piazza contro la commemorazione di El Alamein. La celebrazione di una guerra passata, che giustifica le guerre del presente e prepara quelle di domani. La celebrazione della rapina quotidiana compiuta ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici per foraggiare l’apparato militare e per sostenere i profitti delle industrie di guerra.
 
Anche quest’anno infatti la Brigata Paracadutisti Folgore commemorerà la battaglia fascista di El Alamein. Venerdì 25 ottobre si terrà in mattinata la celebrazione ufficiale all’interno della Caserma Vannucci, nel pomeriggio la Terrazza Mascagni sarà occupata da stand e mezzi militari per il solito sfoggio di armi e strumenti di morte.
Nel 2010 e nel 2011 a Livorno, e nel 2012 a Pisa, delle partecipate manifestazioni hanno portato in piazza l’opposizione al militarismo, alla guerra, alle spese militari, ai tagli e ad ogni nostalgia fascista, contro gli attacchi alla scuola pubblica ed ai lavoratori. Rispetto agli scorsi anni la situazione per le fasce più deboli e più povere della popolazione si è solo aggravata. La disoccupazione aumenta mentre per chi lavora diminuiscono salari e diritti. La concertazione e le manovre finanziarie del governo affondano sempre più le mani nelle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici. Con il ricatto del debito si impone a chi già è sfruttato di pagare sulla propria pelle il mantenimento dei privilegi della classe politica, di Confindustria e dei padroni, dell’esercito e dei settori militari.
Le spese per gli armamenti nel 2012 hanno raggiunto in Italia i 26,46 miliardi di euro. L’aumento dell’IVA, che ammonta ad un miliardo di euro e peserà sulle tasche di lavoratori e disoccupati, servirà a pagare i 975 milioni di euro spesi dal governo per acquistare elicotteri, aerei, apparati elettronici per l’Esercito prodotti da aziende della holding Finmeccanica.
Ci dicono che mancano quasi 330 milioni di euro per la cassa integrazione in deroga in Toscana, ma il primo ottobre il Governo ha rifinanziato fino a dicembre tutte le missioni di guerra in cui i soldati italiani sono già impegnati. Intanto nuove guerre imperialiste sono sempre dietro l’angolo, come ci dimostrano l’intervento in Libia e in in Mali, e l’attuale crisi siriana.
Ma l’esercito italiano è impiegato anche sul suolo nazionale a scopo repressivo. Sono centinaia i militari che occupano la Val di Susa per reprimere un movimento popolare che da vent’anni si batte contro la costruzione della TAV. La militarizzazione dei territori passa anche per la costruzione di nuove basi di guerra. In Sicilia da mesi la popolazione sta lottando contro l’installazione della base MUOS, un sistema di telecomunicazioni della marina USA, che servirà a coordinare i nuovi interventi di guerra ed i bombardamenti dei droni statunitensi.
Quindi la necessità di scendere in piazza quest’anno è ancora più forte, in quanto ci troviamo di fronte ad un duro attacco agli strati popolari, ai lavoratori, ai precari, agli studenti, ai disoccupati, ai pensionati, ai migranti. E vogliamo farlo costruendo una manifestazione che si inserisca nel più generale percorso di lotta contro la crisi imposta dai governi e dai padroni.
 
Venerdì 25 ottobre presidio in Piazza Mazzini ore 16:30
Sabato 26 ottobre Manifestazione
P.zza Garibaldi ore 15:30
 

Comitato 26 ottobre

Livorno: SABATO 20/04 COMITATO “LIVORNO NON SI PIEGA!” IN PIAZZA

Sabato 20 Aprile alle ore 18:00 si terrà si terrà in Piazza Cavour a Livorno il primo presidio del Comitato Cittadino LIVORNO NON SI PIEGA nato in solidarietà agli indagati per i fatti del 30 Novembre, 1° e 2  Dicembre 2012. Il presidio avrà lo scopo di raccogliere adesioni al  comitato e di procedere ad una prima raccolta di fondi.

da: http://www.senzasoste.it/interventi/livorno-non-si-piega–nasce-il-comitato-in-difesa-dei-36-fra-indagati-e-rinviati-e-giudizio-sabato-presidio-in-citta

Livorno – Bastonati quattro carabinieri paracadutisti

fonte: leggo.it

LIVORNO – Li hanno aggrediti fuori dalla discoteca solo perchè erano militari, dopo che uno di loro, livornese, era stato riconosciuto all’interno da un altro frequentatore del locale. È questo, secondo la ricostruzione dei carabinieri del nucleo radiomobile giunti sul posto insieme alla polizia, quanto accaduto all’alba all’uscita dal The Cage, discoteca con musica dal vivo frequentata da centinaia di giovani a Livorno. L’aggressione a quattro paracadutisti del Tuscania è scattata all’esterno del locale: almeno 30 persone hanno accerchiato i 4 militari, che erano in compagnia delle loro fidanzate, e subito dopo li hanno colpiti con cinghie e bastoni. Durante il pestaggio, hanno raccontato alcuni testimoni agli investigatori, i carabinieri sono stati insultati al grido di «fascisti».
I loro aggressori si sono poi dileguati appena udito il suono delle sirene, prima che le pattuglie giungessero sul posto. Sono in corso indagini per identificare almeno alcuni tra coloro che hanno messo in atto il pestaggio e potrebbero esserci sviluppi decisivi nei prossimi giorni. Stando al racconto delle vittime e dei testimoni, all’interno del locale non ci sarebbe stato alcuno screzio tra i quattro militari e i giovani che poi li hanno aggrediti all’esterno, ma la spedizione punitiva, secondo gli inquirenti, si spiegherebbe solo con il fatto che le vittime erano carabinieri paracadutisti. […]

(LI) 28/02 ASSEMBLEA PUBBLICA IN SOLIDARIETA’ CON GLI INDAGATI DEL 2 DICEMBRE

ASSEMBLEA PUBBLICA IN SOLIDARIETA’ CON GLI INDAGATI DEL 2 DICEMBRE
Giovedì 28 Febbraio, ore 21
Circoscrizione 4, Piazza Damiano Chiesa
In data 17 febbraio si è svolta una importante assemblea presso l’ex Caserma Occupata alla quale hanno partecipato molte realtà solidali e singole persone interessate dai provvedimenti di indagine relativi ai fatti del 30 novembre , 1 e 2 dicembre.
In quella occasione sono stati ribaditi alcuni aspetti importanti che vorremmo rendere pubblici affinché tutta la cittadinanza abbia una visione più chiara di quale sia l’attacco che alcune realtà politiche e autogestite stanno attualmente subendo.
La pubblica accusa, affidata ai PM Marrara e Masini, nella sua richiesta di misure cautelari per 14 militanti ha costruito un teorema accusatorio molto preciso. Continue reading

Il malore attivo dei giovani prigionieri livornesi

Penso che la vita sia dura per tutti ma per fortuna ci sono legami e persone che ce la rendono migliore. (Yuri, 9 maggio 2010)

 

La morte di Yuri riapre il cimitero Sughere per lasciar cadere nella fossa comune dei morti reclusi un altro corpo innocente. È il dato che registriamo oggi, davanti all’ennesima presa in giro dell’amministrazione penitenziaria che, davanti al decesso di un ragazzo di 28 anni, detta la sua sentenza: è stato un malore attivo. Chissà che la direzione del carcere livornese non stia pensando di far passare uno spot pubblicitario sui i media locali: “Giovani livornesi, pensateci due volte prime di delinquere perchè se alle Sughere c’entrate giovani, il malore attivo vi colpirà misteriosamente e ne uscirete morti”.

1º atto
Sembra proprio così, perchè a quanto pare né la Direzione né gli organi regionali e nazionali hanno preso parola sulla vicenda. Hanno delegato l’anatomista, colui che taglia i corpi e ricuce le verità. È lui il nuovo oracolo che l’istituzione invoca davanti al sospetto intero di una città. Lui dirà, in nome della medicina penitenziaria, se la verità è qualcosa di dimostrabile o è semplicemente il risultato di un’ipotesi da confermare. Nel silenzioso e oscuro laboratorio di dissezione, l’anatomista ha atteso tre giorni per stabilire il secondo verdetto. Un tempo che farebbe impallidire anche le vecchie leggi speciali antiterroriste, che permettevano, e permettono ancora, alle polizie italiane di possedere, torturare, violare e spremere per giorni i corpi, in vita, di coloro che devono risultare colpevoli di qualcosa che serva allo Stato per confermare le proprie verità.
Questa volta però è stato diverso: quest’attesa fortunatamente non è stata fatta passare inosservata. La storia qualcosa insegna e Livorno, almeno quella Livorno che non abbassa la testa davanti alle verità dello Stato, non è disposta a tollerare che il carcere della città uccida coloro che per ragioni di povertà ci finiscono dentro. Così, mentre l’anatomista dissezionava le varie ipotesi e verificava con i differenti responsabili istituzionali, qual’era la verità migliore da confermare, centinaia di persone si sono piazzate davanti ai cancelli di quell’ammasso di cemento rosato di vergogna ed hanno processato il carcere, i suoi funzionari, i suoi secondini, le loro squadrette, i loro metodi, le loro omertà, i loro silenzi, i loro traffici, i loro malori attivi. “Assassini”. E con questa semplice parola, il popolo, quello che ancora decide di rappresentarsi senza intermediari, mediatori e spacciatori di democrazia, ha deliberato.
Ora che il primo atto della tragedia penitenziaria si è concluso con l’anatomista che dichiara il suo verdetto medico, inizia il secondo: la farsa.

2º atto
Marx, analizzando il colpo di stato con il quale il cugino di Napoleone, il 18 brumaio del 1799, prese il potere in Francia, stabilì una formula che ancora oggi è valida per avere una percezione di quello che ci sta accadendo intorno. Diceva Marx che mentre Napoleone Bonaparte conquistò tutta l’Europa con epiche e sanguinarie battaglie che uccisero migliaia di persone, il cugino, Luigi Bonaparte, tentando di imitarlo, esaurì in un anno la sua carriera di dittatore con la sconfitta della Francia davanti al potente esercito prussiano di Bismarck. E aggiungeva: “Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per cosí dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa”.
Ora, davanti alla tragedia quotidiana delle Sughere, con i suoi organi direttivi che cambiano e che non pagano mai penalmente le responsabilità dei morti che restano, la morte di Yuri ci proietta nella farsa politica delle istituzioni livornesi, che davanti alla morte di venti persone in dieci anni è riuscita di nuovo a cavarsela premendo il “play” del disco democratico.
Abbiamo letto che il senatore Filippi e il Garante dei detenuti Solimano sono arrivati di soqquatto al carcere livornese. “Senza preavviso”, dicono. Come se noi livornesi fossimo tutti ignoranti, ci raccontano che sono arrivati alle Sughere e quasi quasi ci sono entrati saltando il muro di recinzione. In pratica vogliono farci credere che i loro occhi hanno visto la verità dei fatti. Ma visto che non tutti votiamo PD, c’è da ricordarsi che i loro occhi, anche se autorizzati a entrare “senza preavviso” (questa è una dei cosidetti privilegi che vengono concessi ai Garanti e ai parlamentari) sono entrati in quel mattatoio soltanto quando l’amministrazione penitenziaria ha chiamato la medicina forense, ha avvisato la polizia locale, ha riunito la popolazione carceraria, ha isolato il corpo di Yuri, ha attraversato il luogo del decesso, ha stabilito la sceneggiatura ed ha garantito che la trama che porta alla verità avrà bisogno di giorni (perchè?) per essere dichiarata ai parenti più stretti, per essere immessa nei circuiti mediatici, per essere registrata giuridicamente come l’unica e vera.
Poi, per confermare che all’origine di tutto c’è pur sempre una tragedia che è difficile convertire in farsa, ci viene detto attraverso la stampa che “i detenuti” (chi, quali, come, perchè, con che forme, in che modo?) hanno protestato per le proprie condizioni di reclusione e lo hanno fatto smentendo l’ipotesi che potesse essere accaduto qualcosa di simile a quello che accadde con Marcello Lonzi. Insomma, ci fanno sapere che c’era del nervoso nell’aria. Tutti erano preoccupati a dire che Yuri non è morto come Marcello. Invece di dire com’è morto, si diceva come non è morto. E visto che la tragedia ritorna sempre come farsa, oggi si può confermare: Lonzi è morto come Yuri. Ovvero Yuri è morto come Lonzi.
Per entrambi vale il “virus” del malore attivo, del volo per infarto dalla branda. No anzi: dell’inalazione della bomboletta di gas. O forse del colpo che hanno picchiato in terra cadendo. O chissà inalando il gas e volando dal letto. O magari volando dal letto, picchiando in terra, rialzandosi, inalando il gas… Insomma, non stiamo ora a fare gli schizzignosi: il malore attivo può funzionare in diversi modi. L’anatomista aspetta gli esami tossicologici però intanto circola la notizia che “forse Yuri è ucciso dal gas inalato”. Questa notizia si trasforma in notizia Ansa e la notizia Ansa si trasforma in verità. Intanto però gli esami tossicologici non arrivano e in fin dei conti – penserà l’amministrazione penitenziaria – “l’importante è che si dimostri che noi non c’entriamo… Che non l’abbiamo picchiato”.

3º atto
Allora proviamo ad uscire dalla farsa e a dire qualcosa in più, in attesa che gli esami tossicologici confermino la verità della verità che è stata data per verità. Alle Sughere le bombolette sono state più volte additate come responsabili di vari decessi eppure nessuno dei responsabili dell’amministrazione penitenziaria che ne autorizzano la vendita e la circolazione è mai stato portato a processo per concorso in omicidio. Perché? Non c’è bisogno di essere un Garante per rendersi conto che la circolazione delle bombolette di gas ha una funzione paradigmatica nel contesto di un carcere.
Come sostanza che attiva un rituale di modificazione di coscienza, il gas della bomboletta ha assunto un valore di scambio all’interno delle sezioni carcerarie. Com’è facile comprendere, la modificazione della coscienza è una delle risorse indispensabili per sostenere le torsioni mentali e fisiche della reclusione. Attivando uno stato di transe incosciente (ben differente da quello cosciente che può essere attivato dal detenuto in grado di produrre, mediante la respirazione, la yoga, il sogno, la lettura, la scrittura, il disegno… degli sdoppiamenti che gli consentono di conservare, mediante un’osservazione attiva, la sua lucidità) il gas funziona come una droga ed è di fatto considerata tale nel mercato di droghe a disposizione della popolazione più povera delle sezioni carcerarie. La bomboletta, venduta legittimamente nei market delle sezioni come strumento per scaldarsi gli alimenti nella propria cella, ha in realtà questa funzione principale: produrre degli stati modificati di coscienza, tra i più incoscienti possibili di quelli a disposizione di un portafogli di una persona di 28 anni che arriva in galere per furto e non dispone di altre risorse che gli permettano di attingere “merce” migliore nel mercato delle droghe dei cortili. In questo senso, la bomboletta è il secondo livello di sballo garantito dallo Stato. Al primo livello troviamo psicofarmaci e metadone, somministrati a fiumi per mantenere disattivata la gran parte della popolazione tossicodipendente che popola le carceri italiane. Queste merci vengono immesse gratis nei mercati carcerari, grazie al ricettario degli staff psicologici e psichiatrici sempre disposti a sedare i possibili conflitti dei reclusi più agitati. Mercati che per le grandi aziende farmacologiche rappresentano, ovviamente senza avviso previo, degli enormi laboratori di sperimentazione degli effetti devastanti delle sostanze che vengono inserite nelle bocche delle cavie recluse. Al secondo livello troviamo la bomboletta: potremmo definirla come una specie di droga sovvenzionata dallo Stato visto che non arriva gratis ma per garantirne il consumo e la legittimità della vendita, viene chiesto un contributo da parte del prigioniero. Chi la vende? Chi la distribuisce? Chi ci guadagna? Chi l’autorizza? Chi la consuma? Poi si sale di livello e si arriva all’erba e al fumo. Potenzialmente le meno dannose ma di fatto le più pericolose per gli odori che distribuiscono nei corridoi, sono sostanze che si trovano nel mercato, anche quello delle Sughere, ma vanno nelle mani di chi viene lasciato fumare in pace: ovvero per fumarle devi essere in condizioni di potere per non essere scalfito dalla visibilità che produce l’odore. Si arriva poi alle pasticche, gli acidi, i “cartoni”, la lisergica: un mercato abbastanza fornito visto che il consumo è inodore e la distribuzione raggiunge delle velocità e dei circuiti più ampli che garantiscono maggiore tranquillità. Gli effetti sono devastanti ma non i profitti: di fatto è il livello di coloro che, giovani, arrivano in galera per traffico e vengono inseriti nel mercato direttamente, per consumo o per capacità di “movimento”. Passiamo poi alla coca, tagliata da schifo e con enormi sostanze additive, la sostanza circola, come no, ma ha dei prezzi che superano l’impensabile per una persona che non dispone di economie proprie o familiari. Dunque resta la sua presenza ma la circolazione è ridotta. Resta sempre il fatto che per chi viene dai mondi della tossicodipendenza la coca, specie con le bassissime percentuali di sostanza pura, viene iniettata in quantità: e se la quantità non viene garantita, la coca non è un buon commercio perchè chi è consumatore non spende patrimoni per restare con un effetto che è infinitamente più ridotto, a un prezzo enormemente maggiore di quel che si trova fuori che si trova. E la lista finisce nella roba, l’eroina, che è una merce fluttuante perchè attraversa una quota di popolazione sempre meno numerosa. Perlopiù inalata, continua ad essere una sostanza d’eccezione, perchè, come la coca, con le qualità ridottissime e i costi altissimi, non è certamente una sostanza che può essere consumata con la frequenza che richiede.
Ritorniamo allora a bomba: anche davanti alla versione ufficiale, che Yuri è morto per inalazione di gas, qualcuno (non lo chiedete al Garante perché non lo sa) dovrebbe spiegare com’è che le bombolette continuano a girare. Com’è che per scaldarsi il caffè o il mangiare la direzione del carcere non abbia ancora previsto (come avviene altrove), dei microonde o delle piastre elettriche? Chi sono i più interessati allo sballo di gas? I detenuti poveri che non hanno altre risorse? I secondini che con il giro di bombolette sanno che chi inala si addormenta di schianto “senza rompere i coglioni” al loro turno di guardia? O la direzione del carcere, che tutto sommato per ridurre un problema di spaccio, ne consente uno che è garantito dalla legge, a basso costo, di bassa qualità e di “ridotti” rischi? Sono vere le tre versioni, ma a morire sono sempre i soliti…
Il miglior garante dei detenuti è il detenuto che conosce e comprende le sue condizioni di detenzione. Qualcosa che in tempi di crisi, con un paio di bombolette al giorno, si neutralizza con costi ridotti di personale.
Ogni morto di carcere è sempre un omicidio di Stato.

per Senza Soste, Jacob

10 gennaio 2011

[LIVORNO] bloccata l’aurelia e occupato provveditorato

Da Indy Toscana:

comunicato stampa sul corteo di stamani a Livorno

Questa mattina circa 1000 studenti delle varie scuole di Livorno sono scesi in piazza per il corteo organizzato dal Coordinamento Studentesco Livornese.
Mentre il movimento studentesco in tutto il paese sta dando una grande prova di forza per ottenere il blocco del DDL Gelmini per l’università, attualmente in discussione al senato, anche nella nostra città, ancora una volta gli studenti sono scesi in piazza decisi e uniti per lottare contro la politica del governo.
Il corteo ha attraversato il centro della città, e uno striscione è stato appeso sulle scalinate del comune, anche in segno di protesta nei confronti del sindaco e delle forze di polizia che avevano impedito la sua esposizione qualche settimana fa durante un corteo studentesco notturno.
La manifestazione è proseguita raggiungendo l’incrocio tra viale carducci ed il tratto urbano dell’aurelia.
Nonostante il corteo fosse pacifico ed autorizzato, all’incrocio erano schierati provocatoriamente decine di agenti antisommossa della polizia e dei carabinieri.
Uno spiegamento di forze che ha spaventato anche molti passanti, che hanno solidarizzato con il corteo, fermandosi ad ascoltare gli interventi che si susseguivano al megafono.
Gli studenti, dopo aver bloccato a lungo l’incrocio, si sono spostati sotto le finestre della redazione del Tirreno, principale quotidiano locale, per denunciare pubblicamente l’ennesimo episodio repressivo e provocatorio da parte delle forze dell’ordine.
Da mesi anche a Livorno si fa sentire la stretta autoritaria del governo nei confronti di chi lotta, in particolare con la criminalizzazione del movimento studentesco.
Denunce, condanne, identificazioni, provocazioni, militarizzazione della città, questa è la risposta del governo a chi protesta.
Un Governo che va avanti a testa bassa con Confindustria contro i lavoratori e gli studenti per una scuola ed un’università sempre più classiste ed autoritarie.
La polizia oggi era in piazza per caricare gli studenti, come oggi è successo a Firenze e come ieri è successo a Roma, dove erano stati fermati anche due studenti e feriti decine di giovani.
Il corteo ha saputo respingere ogni provocazione della Questura, allontanandosi dal Tirreno per raggiungere la sede del Provveditorato (USP) in Piazza Vigo. Là un centinaio di studenti hanno occupato per circa mezz’ora il piano terra dell’Ufficio Scolastico Provinciale.
Il corteo si è concluso con l’affissione di uno striscione sulla facciata del Provveditorato.
Riteniamo fondamentale, oltre che rilanciare la protesta per i prossimi giorni a Pisa al fianco degli universitari, richiamare l’attenzione pubblica sul clima di intimidazione e criminalizzazione alimentato anche a Livorno, come in tutta Italia, dalle questure e dal governo.
Un clima che il governo sta esasperando, mettendo in serio pericolo la libertà di espressione e manifestazione.

LA NOSTRA LOTTA NON SARA’ MAI DOMATA!

Coordinamento Studentesco Livornese
Collettivo Studentesco Universitario Livornese

25/11/10