Firenze: detenuto suicida nel carcere di Sollicciano

FIRENZE – Un nuovo caso di suicidio oggi nel carcere di Sollicciano a Firenze. Un detenuto magrebino di 40 anni si è tolto la vita nella sua cella all’interno della 13ª sezione.

A renderlo noto è Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, secondo il quale si tratta del «61° morto in carcere dall’inizio dell’anno e il 19° per suicidio».

L’uomo si sarebbe barricato nel bagno della cella che condivideva con altri due detenuti ed ha inalato il gas di una bomboletta che serviva ad alimentare un fornellino. A nulla è servito il tentativo degli agenti di polizia penitenziaria e del medico del carcere che hanno cercato di rianimarlo.

«Il suicidio – dice Beneduci –  si è verificato in una sezione protetta, nella quale doveva anche realizzarsi la cosiddetta sorveglianza dinamica, a riprova di un modello detentivo destinato a fallire prima di realizzarsi».

Incontro anticarcerario con J.M. Rouillan e concerti HC alla Ripa dei Malfattori

 

7-giugnoripa

SABATO 7 GIUGNO h.18
INCONTRO ANTICARCERARIO CON JANN-MARC ROUILLAN @RIPADEIMALFATTORI
co-fondatore di Action Directe in Francia, ha passato 25 anni prigioniero delle carceri francesi.
Nè dissociato nè pentito, ha scritto diversi libri tra cui “Odio la Mattina” pubblicato in Italia da Nautilus/El Paso.

A seguire (A)pericena contro le sbarre e concerti Hc con Petroleum, Negot e Logica di morte
«Ti senti invischiato in una palude nebbiosa, senza contorni, senza punti di riferimento, mentre i giorni passano.
Molti non resistono all¹isolamento, spesso si tolgono la vita o escono di senno, come il mio compagno Cipriani.
Si pensa molto. Si pensa tutto il giorno. Il cervello è sempre in moto. È un viaggio all’interno di sé stessi.
I muri della cella diventano una seconda pelle. E il pensiero diventa circolare. Rarissimi gli stimoli durante il giorno.
Così il passato, il presente e le fantasie si confondono, in una riflessione senza fine che si avvita su sé stessa,
spesso con sofferenza. Perciò si parla di tortura.
La gente non capisce come si possa equiparare alla tortura il fatto di dover restare immobili su uno sgabello.
Ma è un’autentica tortura. È una tortura perché sei solo».
J.M.Rouillan