Nei media di regime si parla delle morti in
carcere solo quando l’argomento è sostenuto da famiglie, avvocati e
preferibilmente qualche aggancio politico. Poi, per la tranquillità di
tutti, con la coscienza a posto, queste e altre storie finiscono
accuratamente nello spazio della non-memoria, tanto funzionale alla
letargia collettiva promossa dal dominio e dai suoi giornalisti. Solo
la tenacia di alcune madri, di poche famiglie distrutte, persiste nel
lottare senza tregua per portare alla luce la verità sugli omicidi di
stato dei giorni nostri, nelle carceri, nelle camere di sicurezza delle
caserme, nelle strade.
Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi, da oltre 6 anni combatte contro la violenza e l’omertà dello stato.
In
questa ultima intervista tratta da "Bello Come una Prigione che Brucia"
su Radio Blackout, Maria racconta dell’evolversi delle perizie sul
corpo di Marcello: da quando lo volevano morto per attacco di stress,
all’affermare che un secchio di plastica possa avergli sfondato la
testa, passando per i dettagli emersi e celati dai medici di regime.
Tutti gli aggiornamenti e le macchinazioni su una morte che dal 2003
non vogliamo dimenticare.
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