21/05/10
In
40 salgono sui tetti del Cie, 17 fuggono
GRADISCA Rinchiusi in
40 in una stanza da otto, sono riusciti a fuggire dal Cie. È iniziata
così la seconda evasione di massa dalla struttura per immigrati in
appena due settimane. L’episodio si è verificato nella notte fra
mercoledì e giovedì, attorno alle 3. Ancora una volta gli immigrati
rinchiusi nel Cie – in larga parte tunisini – sono riusciti ad
arrampicarsi sul tetto del complesso e a tentare la fuga lanciandosi
oltre il muro di cinta, nel vuoto, da oltre 4 metri d’altezza: questa
volta è andata bene a 17 di loro, riusciti a far perdere rapidamente le
proprie tracce nella campagna circostante avvolta dall’oscurità. Le
ricerche che ne sono seguite non hanno prodotto risultati. Più o meno
altrettanti, 19, sono stati invece immediatamente ripresi dalle forze
dell’ordine. Nella notte fra il 5 e 6 maggio erano riusciti a darsi alla
macchia in nove. Ma questa volta, oltre che per i numeri, l’evasione è
clamorosa anche per la ricostruzione che ne è stata fatta nel primo
pomeriggio di ieri. Un folto gruppo di clandestini, sembra in tutto 39,
di etnia maghrebina e apparsi particolarmente “caldi” nelle ore
precedenti, sarebbe infatti stato rinchiuso in una stanza da appena 8
posti allo scopo di limitarne le velleità di rivolta e – chissà – le
possibilità di fuga. E invece la scelta si è rivelata un’arma a doppio
taglio. I nordafricani – altro fatto incredibile – sono riusciti a
raggiungere il tetto forzando la stessa, medesima grata utilizzata nella
fuga di due settimane prima. Si tratta di un pertugio collocato in una
sorta di atrio d’ingresso della cella vera e propria. Quella grata
l’hanno forzata facendo leva tutti assieme, a turno, probabilmente anche
grazie a qualche spranga nascosta con cura nella stanza. A quel punto,
hanno agevolmente avuto accesso al tetto della struttura e hanno potuto
portarsi in un attimo davanti all’ultima barriera, lasciandosi andare
nel vuoto prima di correre a perdifiato nella notte. Fra loro anche
l’immigrato che nei giorni scorsi si era cucito per protesta la bocca
con ago e filo, venendo ricoverato d’urgenza al nosocomio goriziano. A
differenza di altre occasioni, nessuno ha rimediato conseguenza nel volo
oltre il muro di cinta. Solo l’immediato intervento della vigilanza,
invece, ha scongiurato un’evasione più massiccia. «Essere riusciti a
riprenderne la metà è già un ottimo risultato per come si era messa la
situazione», riflette il segretario provinciale del Sap, Angelo Obit.
Che pone l’accento sulle responsabilità dell’ente gestore, il consorzio
Connecting People: «Non solo la scelta di rinchiudere 40 immigrati in
una stanza da otto persone si è rivelata un autogol, anche perchè il
tutto è avvenuto nello stesso atrio di due settimane prima – afferma –
ma la decisione non era neppure stata comunicata al personale deputato
alla sorveglianza esterna. Solo la prontezza delle forze dell’ordine ha
limitato i danni: bloccare tutti i fuggitivi sarebbe stato fisicamente
impossibile».