fonte: Carta del 10 settembre 2008
Si erano fermati fuori del paese, vicino Verona, solo per mangiare.
Sono stati picchiati, sequestrati e torturati dai carabinieri per ore.
La loro testimonianza
Venerdì 5 settembre 2008, ore 12. Tre famiglie parcheggiano le
roulotte nel piazzale delle giostre a Bussolengo [Verona]. Le famiglie
sono formate da Angelo e Sonia Campos con i loro cinque figli [quattro
minorenni], dal figlio maggiorenne della coppia con la moglie e altri
due minori, infine dal cognato Cristian Udorich con la sua compagna e i
loro tre bambini. Tra le roulotte parcheggiate c’è già quella di Denis
Rossetto, un loro amico. Sono tutti cittadini italiani di origine rom.
Quello che accade dopo lo racconta Cristian, che ha trentotto anni
ed è nato a San Giovanni Valdarno [Arezzo]. Cristian vive a Busto
Arsizio [Varese] ed è un predicatore evangelista tra le comunità rom e
sinte della Lombardia. Abbiamo parlato al telefono con lui grazie
all’aiuto di Sergio Suffer dell’associazione Nevo Gipen [Nuova vita] di
Brescia, che aderisce alla rete nazionale «Federazione rom e sinti
insieme». «Stavamo preparando il pranzo, ed è arrivata una pattuglia di
vigili urbani – racconta Cristian – per dirci di sgomberare entro un
paio di ore. Abbiamo risposto che avremmo mangiato e che saremmo subito
ripartiti. Dopo alcuni minuti arrivano due carabinieri. Ci dicono di
sgomberare subito. Mio cognato chiede se quella era una minaccia. Poi
cominciano a picchiarci, minorenni compresi».
La voce si incrina per l’emozione: «Hanno subito tentato di
ammanettare Angelo – prosegue Cristian – Mia sorella, sconvolta, ha
cominciato a chiedere aiuto urlando ‘non abbiamo fatto nulla’. Il
carabiniere più basso ha cominciato allora a picchiare in testa mia
sorella con pugni e calci fino a farla sanguinare. I bambini si sono
messi a piangere. È intervenuto per difenderci anche Denis. ‘Stai zitta
puttana’, ha urlato più volte uno dei carabinieri a mia figlia di nove
anni. E mentre dicevano a me di farla stare zitta ‘altrimenti
l’ammazziamo di botte’ mi hanno riempito di calci. A Marco, il figlio
di nove anni di mia sorella, hanno spezzato tre denti… Subito dopo sono
arrivate altre pattuglie: tra loro un uomo in borghese, alto circa un
metro e settanta, calvo: lo chiamavano maresciallo. Sono riuscito a
prendere il mio telefono, ricordo bene l’ora, le 14,05, e ho chiamato
il 113 chiedendo disperato all’operatore di aiutarci perché alcuni
carabinieri ci stavano picchiando. Con violenza mi hanno strappato il
telefono e lo hanno spaccato. Angelo è riuscito a scappare. È stato
fermato e arrestato, prima che riuscisse ad arrivare in questura. Io e
la mia compagna, insieme a mia sorella, Angelo e due dei loro figli, di
sedici e diciassette anni, siamo stati portati nella caserma di
Bussolengo dei carabinieri». «Appena siamo entrati,erano circa le due –
dice Cristian – hanno chiuso le porte e le finestre. Ci hanno
ammanettati e fatti sdraiare per terra. Oltre ai calci e i pugni, hanno
cominciato a usare il manganello, anche sul volto… Mia sorella e i
ragazzi perdevano molto sangue. Uno dei carabinieri ha urlato alla mia
compagna: ‘Mettiti in ginocchio e pulisci quel sangue bastardo’. Ho
implorato che si fermassero, dicevo che sono un predicatore
evangelista, mi hanno colpito con il manganello incrinandomi una
costola e hanno urlato alla mia compagna ‘Devi dire, io sono una
puttana’, cosa che lei, piangendo, ha fatto più volte».
Continua il racconto Giorgio, che ha diciassette anni ed è uno dei
figli di Angelo: «Un carabiniere ha immobilizzato me e mio fratello
Michele, sedici anni. Hanno portato una bacinella grande, con
cinque-sei litri di acqua. Ogni dieci minuti, per almeno un’ora, ci
hanno immerso completamente la testa nel secchio per quindici secondi.
Uno dei carabiniere in borghese ha filmato la scena con il telefonino.
Poi un altro si è denudato e ha detto ‘fammi un bocchino’». Alle 19
circa, dopo cinque ore, finisce l’incubo e tutti vengono rilasciati,
tranne Angelo e Sonia Campos e Denis Rossetto, accusati di resistenza a
pubblico ufficiale. Giorgio e Michele, prima di essere rilasciati, sono
trasferiti alla caserma di Peschiera del Grada per rilasciare le
impronte. Cristian con la compagna e i ragazzi vanno a farsi medicare
all’ospedale di Desenzano [Brescia].
Sabato mattina la prima udienza per direttissima contro i tre
«accusati», che avevano evidenti difficoltà a camminare per le
violenze. «Con molti familiari e amici siamo andati al tribunale di
Verona – dice ancora Cristian – L’avvocato ci ha detto che potrebbero
restare nel carcere di Verona per tre anni». Nel fine settimana la
notizia appare su alcuni siti, in particolare Sucardrom.blogspot.com.
La stampa nazionale e locale non scrive nulla, salvo l’Arena di Verona.
La Camera del lavoro di Brescia e quella di Verona, hanno messo a
disposizione alcuni avvocati per sostenere il lavoro di Nevo Gipen.
Gianluca Carmosino
Poi si chiedono come mai qualcuno inneggi a Nassiriya…fanculo…