Silvio alla guerra, una possibile lettura.

Ebbene sembra che ci stiamo avvicinando ad una nuova stagione calda della storia dello stivale, cominciata lontano, sette anni fa a Genova, dove la violenza del potere si è rovesciata come un fiume in piena su centinaia di migliaia di manifestanti uccidendo, come dicono alcuni, il movimento no global, ma che come controindicazione (per il potere) ha altresì dimostrato (a molti) i limiti –politici e strutturali- di quel movimento, avviando un lungo periodo di ripensamento e riorganizzazione di chi in quell’esperienza aveva creduto e di chi invece la aveva sempre criticata.
Ora in un momento in cui il capitalismo mondiale –e quindi anche quello italiota- sta rantolando, Silvio, sempre lui, ha deciso, con vecchia consuetudine tricolore di alzare la tensione, metodo spesso utilizzato un po per motivare l’involuzione autoritaria del paese, un po per sviare –estremizzando una tematica- l’attenzione dei potenziali portatori di criticità (movimenti di base, soggetti rivoluzionari, sindacati di base) su tematiche non strettamente afferenti al progetto d’intervento del potere.; si è trattato per il magnate di Arcore, se accettiamo questa lettura, di trovare il grimaldello giusto per scardinare la serratura della tensione sociale, punto di rottura individuato tra quelli classici, da libro di storia verrebbe da dire, ovvero la scuola.
Una riforma che ucciderebbe la già sciagurata istruzione pubblica italica, con licenziamenti sconsiderati nella scuola primaria, i tagli alla ricerca, la trasformazione delle università in fondazioni (che diverranno così schiave dei capitali privati, come negli usa), ecc…Certo, questo scempio non è e non può essere soltanto uno specchietto per le allodole, ma certamente così Silvietto è riuscito a prendere due piccioni con una fava.
Nonostante tutto ciò possiamo trovare una chiave di lettura rispetto ciò che potrebbe accadere dietro l’angolo analizzando alcuni accadimenti del recentissimo passato: se guardiamo al comportamento del governo nei confronti del problema rifiuti a Napoli beh, è impossibile non notare delle similitudini con quello che sta accadendo nella scuola…Le provocazioni continue al fine di inasprire il conflitto tra popolazione e ordine costituito, le minacce di pugno di ferro ed infine l’invio della sbirraglia contro le popolazioni…precisamente quello che sta accadendo con la scuola, come se Napoli non fosse stata altro che la palestra del potere per studiare modi, tempi e metodologie della repressione. In questi giorni si sente parlare molto, moltissimo (ed è bene) della riforma Gelmini e di ciò che vorrebbe dire per l’istruzione pubblica in Italia, dall’altro sembra passata in secondo piano la drammatica crisi che sta avvolgendo il capitalismo mondiale che si direbbe quasi al capolinea (ma sappiamo bene che senza una spallata decisa e decisiva non imploderà mai) e che sta sbugiardando se stesso attraverso nazionalizzazioni camuffate –leggasi USA e Regno unito- o aiuti di stato alle aziende –leggasi Italia-.
Di fronte a tutto ciò l’interesse dei governi, che se giova ricordarlo non sono altro che il mastino dei poteri forti siano economici o politici, è quello di smantellare o quanto meno depotenziare il più possibile quelle istanze sociali in grado di creare e “gestire” le conflittualità. Per portare a termine questo progetto però ogni governo ha bisogno di tempo, tempo guadagnato attraverso la creazione di sacche di dissenso volte a sviare l’attenzione delle suddette istanze dalla riorganizzazione autoritario/repressiva in atto.
Attaccare frontalmente la scuola poi ha almeno tre vantaggi fondamentali.

1- Valutare la reale combattività e consistenza dei movimenti antagonisti, che verosimilmente appoggeranno le mobilitazioni studentesche.

2    in caso di “vittoria” della reazione governativa, oltre ad aver smantellato ogni possibilità di innesco di potenziali criticità, si potrà dare il via all’organizzazione di una scuola fatta da pochi per pochi in modo da poter creare da un lato i nuovi padroni del mondo che uscirà da questa  crisi mondiale in corso, e dall’altro la nuova manovalanza asservita ad i loro scopi.

3    In caso di “vittoria” del movimento degli studenti si avrà la scusa per non toccare per molto tempo il problema dell’istruzione (quella pubblica) in Italia. Giova ricordare che se la riforma Gelmini è realmente irricevibile, anche la situazione attuale della scuola italiana è piuttosto vergognosa…

Quale dunque il ruolo dei Rivoluzionari (utilizzando il termine Rivoluzione nell’accezione più ampia del termine) all’interno di questa fase storica, potenzialmente rispondente quantomeno ad una parte delle nostre aspettative?
Premessa l’impossibilità di preconfezionare ricette adatte a tutte le stagioni e a tutte le situazioni –lasciamo volentieri ad altri il ruolo di pontefici- quello che realmente possiamo fare è partecipare attivamente alle mobilitazioni mettendo in campo tutto il nostro portato ideologico in maniera chiara ed inequivocabile, restando certo sui temi contingenti ma tentando di fare un passo in più tentando –per quanto possibile- di analizzare la mobilitazione all’interno del contesto nella quale è nata e si sviluppa, “aprendo” la tematica a tutte le correlazioni ch’essa ha con altre tematiche sensibili anche apparentemente lontane (economicizzazione esasperata dell’esistente, militarizzazione del territorio, inasprimento della piramide sociale, restringimento degli spazi di libertà e di azione, ecc…), al fine di poter contribuire alla nascita di un movimento cosciente sia di se che del ruolo che può avere in un reale cambiamento di rotta di questa società odiosa e priva di Libertà. Questo è quanto, ma ora fuori di qui, le strade ci aspettano.

Evjenij Vassil’ev Bazarov.

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