Ieri, Domenica 16 Novembre, in una bella giornata di sole ci siamo ritrovati con alcuni compagni a Prato, per festeggiare, anche se con qualche giorno di ritardo (era nato il 10) il compleanno del caro Gaetano Bresci, colui che il 29 Luglio del 1900 appose tre plumbei argomenti alle ragioni di Umberto I di Savoia.
La giornata è cominciata verso le 16 In Piazza del castello da dov’è partito un volantinaggio per le vie del centro a ricordare ai pratesi cotanto concittadino. Poco dopo le 17, in una trentina, ci siamo spostati in via Gaetano Bresci dove, dopo aver deposto una corona d’alloro ed una targa "integrativa" a quella giè esistente con su scritti alcuni passi di una poesia di Pietro Gori, abbiamo brindato e bevuto alla salute del nostro compagno.
Qualcosa anche a Prato si sta muovendo e siamo certi che non si tratti soltanto di un fuoco di paglia. Ringraziamo i compagni di Firenze che sono venuti a Portare la loro solidarietà, e quelli di Prato con cui abbiamo organizzato l’iniziativa.
Anarchici Pistoiesi.
Di seguito i testi di volantino, lapide e qualche foto. Clicca le immagini per ingrandirle.
Fronte Retro
Il Volantino:
La memoria Sepolta
Viviamo un periodo in cui gli attacchi del potere contro il diritto allo studio e al mondo del lavoro vorrebbero sancire la precarietà a vita per la maggioranza delle persone; un periodo in cui il modello di sviluppo propinatoci porta inevitabilmente alla disgregazione dei rapporti sociali e alla distruzione dell’ambiente, in cui la limitazione delle libertà personali invade sempre più la sfera privata. Ci siamo ormai abituati all’inasprimento del controllo sociale attraverso i mille occhi elettronici che ci guardano ogni giorno, alla sempre maggiore presenza di polizia ed esercito nelle strade; ci siamo assuefatti al terrorismo psicologico dei fabbricatori di consenso che creano ogni giorno la fobia contro il diverso, sia l’emarginato, l’immigrato, il ribelle, al fine di poter motivare ogni stretta autoritaria sulle nostre vite.
In una fase in cui il potere mostra tutto il suo volto autoritario ed il suo vero ruolo di difensore del privilegio, è necessario riannodare i fili della memoria, un’“altra” memoria rispetto a quella ufficiale buona solo come strumento per rinsaldare e continuamente rifondare le basi dell’autorità.
Spesso il potere si appropria delle figure “ribelli” per rileggere la loro storia in maniera tale da depotenziare il loro portato rinnovatore (quando non rivoluzionario) ed utilizzarlo a proprio piacimento; di esempi potremmo farne molti, ma basti citare l’esempio di Arsenio Lupin, trasfigurazione letterario-cinematografica di un personaggio realmente esistito, Alexandre Jacob, proletario, Anarchico, finanziatore del movimento operaio, coevo di Bresci, un Robin Hood del 19° secolo, altro che il ladro gentiluomo, sguazzante nel lusso tra donne e fiumi di champagne, snob fino al midollo, passato alla memoria delle masse; o l’esempio di Pietro Gori, rivoluzionario senza se e senza ma, recentemente vittima di un’apologia di regime che lo vuole figura quasi francescana, l’anarchico buono, lasciando intendere implicitamente che sia stato -e sia tutt’ora- qualcosa di diverso dai crudeli e sanguinari anarchici dei tempi che furono, che sono e che saranno…
Poi ci sono “gli altri”, quelli che, pur impastoiati nelle trame della storiografia ufficiale, non possono essere “recuperati” come figure strumentalizzabili e che quindi vengono consegnati all’oblio della memoria; è il caso, questo, di Gaetano Bresci, Anarchico pratese, nato a Coiano il 10 Novembre 1869 famoso per essere ricordato come “quello del regicidio”, colui che uccise Umberto I , chissà perchè chiamato il “re buono”, tanto buono da aver fatto cannoneggiare nel 1898 per mano del generale Bava Beccaris, la folla affamata che protestava per l’aumento del costo del pane (che era arrivato a cifre vergognose, circa la metà di uno stipendio giornaliero per chilo…)
Dichiarerà Bresci al processo: “Ho attentato al capo perché a parer mio egli è responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta e fa difendere”, insomma Bresci, colpendo tre volte “Umberto unico”, ha voluto colpire un simbolo, un simbolo che rappresentava la gerarchia, l’oppressione del potere che si esercita sul corpo e nelle menti degli oppressi, il privilegio di pochi su molti. Il gesto di Bresci è stato ed è importante perché ha ricordato a chi subisce che non si è mai troppo abbrutiti per accettare passivamente ogni cosa, e di contro ha dimostrato al potere che per quanto la repressione si faccia forte non riuscirà mai ad arrestare l’idea di libertà che molti portano in seno. La libertà balena nel buio.
Il gesto di Gaetano rivive nelle lotte degli studenti, i suoi occhi fissano con decisione gli scudi della polizia dalle barricate di Chiaiano, Bresci rivive in ogni lotta contro le nocività ambientali e sociali e in ogni azione di chi si oppone all’arroganza e alla violenza del potere, dello stato, del capitale.
BRESCI VIVE!
…e la targa:
par cosa strana la disinteressata opra del cuore,
o non par cosa umana…E innanzi a voi, tremanti,
sorgerà un urlo d’odio e letizia;
“Pé lunghi, amari pianti, vigliacchi,
questo è il dì della giustizia!”
P.Gori.