Torino – Resoconto del fine settimana

fonte: macerie

Agnolotti

Pare che stessero mangiando agnolotti i clienti del lussuosissimo
ristorante “Il Cambio” in piazza Carignano, a Torino. Quando
all’improvviso hanno fatto irruzione nei locali alcuni anarchici – o
almeno così si dice – che hanno gettato a terra un secchio ripieno di
merda e alcuni volantini. All’arrivo delle forze dell’ordine, il
gruppetto se l’era già svignata. Così come la clientela, cui
probabilmente gli agnolotti erano rimasti sullo stomaco.
Guardate il servizio del TG3 Piemonte su questo fattaccio su:
http://www.autistici.org/macerie/?p=13993

 

Abbiamo provato a decifrare il testo del volantino dai pochi
fotogrammi disponibili, e ci pare che il senso sia più o meno questo:

«Guardate questo sangue. Questo è il sangue di due uomini rinchiusi
dentro il centro per stranieri senza documenti di Torino. Si sono
tagliati le braccia la mattina di sabato 14 marzo, per non essere
espulsi. Questo è il sangue di due uomini che combattono per la
libertà, e che sono pronti a morire per lei. Ora uno è detenuto presso
il carcere delle Vallette. L’altro è stato trasferito nel lager di
Ponte Galeria a Roma. La loro lotta non è finita. Altri stranieri
detenuti sono in sciopero della fame, ovunque. A Bari tre di loro si
sono cuciti la bocca, perché nessuno ascoltava la loro voce. A parte i
soliti libertari, due dei quali hanno pagato con l’arresto e una
condanna a 10 mesi di galera per aver osato volantinare in loro
solidarietà, proprio quel 14 marzo, a Bari. E allora, Signori, che ci
stiamo a fare noi qui? Noi non siamo qui per convincervi, perché noi e
voi siamo nemici. Noi siamo qui per attaccarvi. E stasera non
mangiate.»
Leggi i racconti dell’irruzione fatti da alcuni giornali e la reazione
di polizia, turisti veneti, ristoratori e politici su:

http://www.autistici.org/macerie/?p=13993


Mangia che ti passa

Domenica sera ad Eataly, il supermercato/ristorante frequentato dai
buongustai fighetti della città. Un folto gruppo di antirazzisti
entra, si sparpaglia tra i reparti e dissemina sugli scaffali migliaia
di fogliettini: «Mangiato bene? Io mi sono cucito le labbra», «Qui la
polizia ci picchia e la Croce Rossa non dice niente. Mangia che ti
passa!»… Poi si radunano, spunta uno striscione, un megafono e tanti
altri volantini. Un piccolo e inaudito corteo comincia a sfilare tra
le mensole ricolme e le tavole imbandite. Tra gli avventori c’è chi
chiede i volantini interessato e chi fa finta di nulla. Ma c’è anche
chi si volta con sdegno: in effetti molestare chi si sta succhiando
delle ostriche è segno di scarsa classe e urbanità. Da parte sua, il
personale non si scompone più di tanto – ed è una questione di classe
anche questa.
Per la prima volta dopo anni di cappelle, la polizia politica torinese
è sul luogo del delitto per tempo: un funzionario della Digos, in
effetti, è già seduto ad un tavolo in dolce compagnia ancor prima che
gli antirazzisti entrino nel supermercato/ristorante. Troppo impegnato
a mangiare, neanche lui si sbatte più di tanto per fermare i
contestatori.

Ecco il testo del volantino distribuito:

Siamo quello che mangiamo?
Se immaginassimo uno straniero che, ignaro sugli usi del nostro paese,
si facesse oggi un giro in questo supermercato del gusto, certamente
si farebbe l’idea di una società civile e raffinata, ove ciascuno è
libero di soddisfare come preferisce i propri appetiti e desideri.
Purtroppo le cose non stanno così, e gli stranieri in particolare non
se la passano affatto bene.
Per questo siamo qui oggi, affinché nessuno si dimentichi che questi
privilegi sono possibili solo al prezzo di vergognose diseguaglianze,
sulle quali non è più possibile tacere. Non è un mistero per nessuno
che ormai la stragrande maggioranza dei lavori più bassi e faticosi,
dalla raccolta nei campi alla cura dei nostri anziani, dai cantieri
edili alle pulizie, siano lasciati agli immigrati. Mal pagati,
sfruttati e denigrati dai padroni italiani, sono costretti a vivere a
testa bassa in cambio delle nostre briciole, col ricatto costante di
essere trovati senza documenti ed essere trattenuti in un CIE. In
questi luoghi i pestaggi da parte della polizia sono all’ordine del
giorno, come le omissioni di soccorso del personale medico e gli
psicofarmaci nascosti nel cibo per provocare un sonno lungo e
silenzioso. Con le nuove normative in materia di sicurezza ora la
prigionia è stata prolungata fino a sei mesi; poi c’è l’espulsione
coatta.
E tuttavia questo regime di paura e segregazione non sembra togliere
l’appetito agli italiani.
In questi ultimi giorni, da quando i reclusi del Centro di Lampedusa
hanno deciso di ribellarsi e bruciare quel lager, in molti CIE si
susseguono rivolte e gesti disperati, da Malta a Milano, da Bologna a
Gradisca d’Isonzo. A Torino alcuni detenuti del CIE di Corso
Brunelleschi si sono tagliati per protesta, qualcuno ha ingerito delle
batterie e ne è rimasto avvelenato, qualcuno prosegue lo sciopero
della fame e della sete, un altro ha cercato di impiccarsi, un altro
ancora siccome ha reagito contro il poliziotto che gli toccava la
ferita è stato arrestato e trasferito in carcere. A Bari si sono
cuciti le labbra, a Roma dopo l’ennesimo morto i reclusi di Ponte
Galeria sono entrati tutti in sciopero della fame. Il ragazzo algerino
diceva di sentirsi male, ma il medico non l’ha voluto visitare, e gli
è stato risposto che le medicine poteva andarsele a prendere al suo
paese. È stato picchiato dalla polizia e il giorno dopo, giovedì
mattina, è stato trovato morto.
Non staremo a guardare mentre politici di destra e di sinistra varano
leggi razziste e diffondono parole di odio e persecuzione. Non ci
rassegneremo all’indifferenza dei più, né al silenzio imposto
dall’informazione di regime, perché non possiamo più sopportare di
vedere gente perbene che assapora delizie mentre altri ingoiano ferri
e sono costretti allo sciopero della fame per essere ascoltati.
Chiedono di essere lasciati in libertà, ed hanno bisogno del nostro
aiuto. Siamo sicuri che tra un bicchiere di vino biologico ed un
risotto equo e solidale in molti avranno lo scrupolo di riflettere su
questi fatti gravissimi che succedono con sempre più drammatica
frequenza. Qualcuno forse ci griderà contro, altri vorranno sapere
come fare qualcosa, nessuno in ogni caso potrà rifiutarsi di fare un
piccolo esame di coscienza.
Se a ragione si dice spesso che siamo quello che mangiamo, non
possiamo più nascondere ai nostri occhi quel confine sempre più netto
che separa chi ha tutto da chi non è niente, chi è libero da chi è
schiavo.

Chiudiamo i lager!
Solidarietà con tutti gli immigrati in lotta per la libertà!

Assemblea Antirazzista di Torino
assembleaantirazzistatorino@autistici.org

Guarda i flier disseminati tra gli scaffali