Nella
notte di martedì 26 maggio alcuni compagni che trascorrevano la serata
passeggiando per le vie di Bologna sono stati fermati dalla Digos
davanti allo Spazio di Documentazione Fuoriluogo in via San Vitale per
una “normale” identificazione. Questo fermo si è trasformato, per due
di loro – un ragazzo e una ragazza – in arresto, e di lì a poco, in
processo per direttissima per resistenza a pubblico ufficiale e
lesioni. L’esito del processo ha confermato i capi d’accusa arrivando
fino alla condanna, con una pena effettiva di sei mesi di carcere per
il ragazzo, e di tre mesi – momentaneamente sospesa – per la ragazza.
Le
pene suddette trovano la loro presunta ragion d’essere nella resistenza
al fermo – che perfino negli atti del processo è stata definita blanda
– da parte del ragazzo, che essendo già noto e stranoto alle forze
dell’ordine, non vedeva ragioni per le quali dovesse essere
identificato di nuovo anche in quel momento, e nel possesso di uno
spray urticante e di un coltellino che la ragazza portava con sé. La
giustizia di Stato, in vena di rappresaglie, ha fatto il suo corso con
la mano abbastanza pesante.
Ma
in questo come in mille altri casi non c’è vittimismo che tenga: non ha
alcun senso perdersi nelle solite considerazioni, più o meno lagnose,
più o meno rassegnate, su quanto sia bastarda la polizia e su quanto
faccia schifo la repressione. Spesso si sente dire che la polizia e le
forze dell’ordine in generale “fanno semplicemente il loro lavoro”, e
chi sostiene questo, in buona o in malafede, ha ragione.
Questo lavoro, il più indifendibile, servile e merdoso che sia dato di
svolgere su questa terra, consiste appunto nella difesa armi alla mano
dell’ordinamento sociale vigente, nella salvaguardia degli interessi
degli sfruttatori, nel controllo di ogni forma di “devianza” sociale;
senza dimenticare la repressione di coloro che si oppongono
coscientemente al sistema dominante nella sua totalità e senza
mediazioni. Per levare di torno questi ultimi, i cani da guardia del
potere si aggrappano talvolta anche alle bazzecole più insulse, come è
avvenuto in questo caso, davvero intollerabile, in cui sono stati dati
6 mesi di carcere senza che uno sbirro uno si sia pigliato – cosa assai
auspicabile – una mazzata in testa, né un cazzotto ben assestato, né
alcunché di simile.
A
queste condanne, che dovrebbero valere come monito contro tutti gli
oppositori, ha senso rispondere in un solo modo: non arretrando di un
millimetro ed esprimendo la massima inimicizia verso l’infamia
dell’esistente e di chi lo difende, che è anche la miglior maniera di
portare la propria solidarietà al compagno incarcerato. Alla fantasia e
alle inclinazioni di ognuno la maniera più adeguata per farlo.
NON UN PASSO INDIETRO DI FRONTE AI SERVI DELLO STATO E DEL CAPITALE!
NICU LIBERO! LIBERI TUTTI!
anarchici
per telegrammi e lettere
Roman Nicusor
via del Gomito 2
40127 bologna