grave crisi di Governo che terminò solamente un mese dopo con la
formazione del Gabinetto Tambroni, il quale riuscì ad avere la fiducia
grazie ai voti decisivi del Movimento Sociale. Questo non fece altro
che gettare di nuovo il paese in una situazione di stallo,
contrapponendo i vari partiti; da una parte il partito di maggioranza,
la D.C., dall’altra P.C.I. e P.S.I. che auspicavano un’apertura verso
sinistra per cercare di risollevare la politica italiana. La città di
Livorno non stava attraversando un periodo felice dal punto di vista
lavorativo, le numerose crisi del Cantiere ne erano la dimostrazione
più lampante.
La difficile situazione politica italiana fu la cornice ai così detti
“fatti di Livorno” che colpirono la nostra città nell’aprile del 1960.
Non è facile scrivere la cronaca di quelle sere furibonde, tanti furono
gli avvenimenti che si susseguirono presso il centro cittadino di
Livorno. Cinque giorni di scontri che animarono la città e lasciarono
una serie di strascichi anche a livello nazionale. Nel tardo pomeriggio
del 18 aprile 1960, giorno di “Pasquetta”, alcuni paracadutisti di
stanza presso la caserma Vannucci di Ardenza, situata alla periferia
della città, molestarono una ragazza che si trovava in compagnia del
fidanzato in via Grande. Questo episodio, la cui notizia era circolata
velocemente nel centro cittadino, venne indicata da molti periodici
dell’epoca, come causa degli avvenimenti che seguirono.
Un gruppetto di giovani livornesi infatti aveva subito reagito al
momento delle molestie, era volato qualche pugno e tutto era finito in
una breve rissa. Un episodio da dimenticare in fretta, se non ci fosse
stato, il giorno dopo, il 19 aprile, in piazza Grande il ritorno dei
paracadutisti su due camionette, con l’aria di chi vuole dare una
dimostrazione di forza. I parà stavano uniti in previsione dello
scontro, i giovani erano invece schierati di fronte al caffè Gambrinus.
Di lì a poco, infatti, cominciò nella piazza una violenta
colluttazione. Molti esercizi commerciali, per lo più bar della zona,
abbassarono le saracinesche, offrendo così rifugio ai molti passanti,
soprattutto donne, colti di sorpresa dall’accaduto. Fu a questo punto
che intervennero sia la “Celere” che le pattuglie della Mobile.
Cominciò un movimentato carosello di camionette e mezzi della polizia
che tentavano di disperdere i nutriti gruppi di giovani che accorrevano
da ogni parte. Questi scontri continuarono anche nei giorni seguenti,
soprattutto tra i ragazzi del posto, accorsi anche dai rioni più
popolari di Shangay e Corea e le forze dell’ordine in primis. In
conclusione all’ospedale civile e a quello militare si presentarono
ventidue civili e otto paracadutisti. Inoltre gravi danni sarebbero
stati riportati anche ai negozi di via Grande, di via del Giglio e via
della Madonna e alle abitazioni del centro cittadino, dove vennero
create addirittura delle “barricate” per contrastare le forze
dell’ordine. Tutte le autorità cittadine, dal vescovo Mons. Andrea
Pancrazio, al sindaco Nicola Badaloni, all’indomani di questi disordini
consigliarono di non conservare rancore.
Dopo poco venne festeggiato l’anniversario per il 25 aprile in cui
grazie ad una manifestazione presso il Teatro “La Gran Guardia” i
membri del PCI “inneggiarono” all’esercito e alla concordia.