18/02/2009: Lettera dal carcere di Montorio

(…) Mi trovo ristretta al femminile di Montorio dove divulgare all’esterno quello che succede qui è praticamente impossibile.
Sono
venuta a conoscenza della parola “ergastolo” tramite gli opuscoli di
Ampi Orizzonti, Scarcerando, La Bella, ho fatto una ricerca di
informazioni per capirne di più.
Sono vicina di cella di Maddalena,
isolata, con la posta censurata, ma nonostante tutte queste barriere
abbiamo aderito allo sciopero della fame dal 12 al 18 gennaio
coinvolgendo detenuti del maschile e associandoci a detenuti di Due
Palazzi di Padova. Adesso mi chiedo, come posso fare per far
comprendere al mondo fuori quello che sta succedendo all’interno di
queste mura?
Ho portato i vari opuscoli a un insegnante che lavora
con i detenuti sulla stesura di un giornalino titolato “Microcosmo”, ma
senza risultato. Le mie possibilità sono limitate sia a livello
informativo che divulgativo, chiedo aiuto a voi che avete i mezzi per
poter pubblicare sul vostro opuscolo quello che scrivo e per tenermi
aggiornata; per avere aiuto nell’impostazione di un articolo diretto a
sensibilizzare la massa all’esterno per portarla alla conoscenza
dell’ergastolo, della burocrazia lenta e delle ingiustizie che subiamo
all’interno di queste istituzioni penitenziarie.
Facendo un mio
piccolo sondaggio all’interno del carcere, sez. femminile, ormai pieno
di reati minori, di extracomunitarie con una cultura e conoscenza
ristretta rispetto a tematiche inerenti la parola “ergastolo” o ai
semplici diritti e doveri che riguardano detenute e detenuti, ho
cozzato contro un’ignoranza spaventosa. La maggior parte agisce sotto
la “paura”, tutto ciò porta gli agenti ad instaurare un regime con
regole proprie.
Come fare per cambiare le cose?
Di mio cerco sia
di informare le detenute sia di lanciare appelli al maschile affinché
resistano di fronte agli oltraggi, alle minacce, che non si facciano
plagiare dalla “paura”. Ma è come parlare con i muri. Non ho mai avuto
a che fare con tante orecchie sorde!
Potete aiutarmi con la vostra
esperienza ed indicarmi quali metodi adottare per poter fare circolare
le informazioni da me citate in questa lettera?
Il mio obiettivo
sarebbe quello di far capire a queste detenute che non sono “burattine”
dell’istituzione, telecomandate per lavorare con “sfruttamento”, per
rispettare degli orari e diventare in questo modo succube di questo
regime.
Possibile non poter far niente!? (…)
Sono con voi, aspetto una vostra risposta e i vostri opuscoli, tenendoci a farne parte.
Daniela, una vostra compagna, sempre avanti.

1° febbraio 2009

http://www.autprol.org/