DA CHI E PER CHI LOTTA CONTRO LA REPRESSIONE
Su un’inchiesta per eversione a Firenze e altro
Il 29 novembre 2007, a Firenze, la Digos faceva sgomberare e perquisire
alla ricerca di armi da fuoco e chissà cos’altro due spazi autogestiti:
l’Asilo Occupato di via Bolognese e Villa Panico di S.Salvi, ed
eseguiva alcune perquisizioni domiciliari in Toscana, Liguria e
Piemonte. Contestualmente, consegnava ad otto persone (una compagna del
circolo anarchico pisano di via del Cuore e sette compagni di Villa
Panico) altrettanti avvisi di garanzia per associazione sovversiva con
finalità di terrorismo e eversione (art 270 bis). Se, in seguito a
numerose iniziative di agitazione sul territorio, Villa Panico veniva
rioccupata nel giro di tre settimane (ed è tutt’ora in buona salute),
se la mobilitazione e la notevole solidarietà da parte di diversi
individui e realtà del territorio facevano rientrare la canea mediatica
e la repressione poliziesca, questo evidentemente non è bastato a
tamponare l’accanimento persecutorio della sbirraglia e della pm della
procura antiterrorismo fiorentina Angela Pietroiusti, firmataria di
questa indagine e altre di simile stampo. Riguardo a questi fatti,
rimandiamo alla lettura dell’opuscolo Per farla finita con i fantasmi – Strategie repressive a Firenze e in Toscana (Villa Panico, febbraio 2008, scaricabile sul sito www.informa-azione.info).
In questi giorni, infatti, ci è stato notificato l’avviso di
conclusione delle indagini, datato 4 novembre 2008. Si andrà quindi a
processo. Sintetizziamo qui le principali novità:
1) La compagna di via del Cuore è stata stralciata dall’indagine, che
in compenso viene estesa ad altri 12 compagni dell’area anarchica e
libertaria fiorentina.
2) Oltre all’associazione sovversiva, vengono contestate ad alcune
persone (non stiamo a specificare quante) alcuni reati specifici:
interruzione di pubblico servizio e danneggiamento per un’irruzione in
un ufficio dell’ENEL in solidarietà agli anarchici arrestati di via del
Cuore e contro il nucleare, occupazione e imbrattamento dei muri della
palazzina di piazza Ghiberti, danneggiamento, istigazione a delinquere
e violazione delle leggi elettorali per alcune scritte sui seggi delle
primarie del partito democratico; il tutto aggravato dal concorso e
dalla finalità di eversione.
3) Almeno per quel che risulta dai fogliacci della procura, pare
saltato il collegamento con la rapina all’ufficio postale di Stazzema
(Lucca) per la quale sono attualmente detenuti i compagni Daniele
Casalini e Francesco Gioia. Tuttavia, viene sottolineata la vicinanza
col circolo pisano di Via del Cuore e viene genericamente ribadita la
disponibilità di armi da fuoco.
I fantasmi non vogliono saperne di sparire. Così, ancora una volta, una
realtà anarchica e libertaria – il Panico e più in generale l’area
antiautoritaria fiorentina – viene incasellata in un teorema
giudiziario che trasforma le sedi in "covi" e i rapporti di affinità,
comunanza e amicizia in vincoli associativi. E questo attraverso
l’abuso, divenuto oramai insopportabile, della neo-categoria dell’anarco-insurrezionalismo, grottesca
deformazione mediatico-giudiziaria delle teorie e delle pratiche
insurrezionaliste anarchiche. La tendenza anarchica insurrezionalista,
che in Italia e all’estero ha avuto (ed in parte ha) un suo percorso e
una sua storia, non ha fatto altro che propagandare e diffondere l’idea
della rottura insurrezionale, da praticarsi con ogni mezzo necessario e non solo con alcuni mezzi,
come via indispensabile alla rivoluzione. La propaganda mediatica,
imbeccata dagli apparati repressivi dello Stato, al contrario, ha
snaturato questo percorso, creando la figura dell’ anarco-insurrezionalista, sorta di specialista della lotta armata da
trascinare sotto le luci della ribalta ogniqualvolta si vuole
ostacolare e reprimere qualsiasi situazione libertaria anche
minimamente conflittuale.
Pur senza mai essersi definiti tali, diversi antiautoritari fiorentini
si trovano adesso inquadrati, dalla Digos e dalla PM Pietroiusti,
all’interno di un "gruppo d’affinità" con un "concreto ed attuale
programma" col fine di realizzare "azioni dirette violente", "in parte
attuato con la commissione di più reati" quali occupazioni di edifici,
minacce, danneggiamenti, resistenza a pubblico ufficiale,
manifestazioni non autorizzate e interruzione di pubblico servizio, il
tutto "con finalità di terrorismo e eversione". Eccola, la nuova
frontiera del terrorismo, altro
grande fantasma mediatico che copre oramai ogni forma di resistenza al
dominio del capitale e dello Stato, infinitamente più violento di ogni
azione rivolta contro di esso.
Noi non abbiamo peli sulla lingua. Abbiamo in comune -tutti noi
indagati ed altri amici, compagni e complici-un sentimento di
inimicizia verso questo esistente che si regge sullo sfruttamento universale, che vorrebbe trasformare il mondo intero in una riserva da saccheggiare e in merce da vendere, che intende ridurre gli individui a soldatini obbedienti della guerra economica. Diversi tra noi, poi, hanno anche la volontà di rovesciarlo, questo mondo, e prendono sul serio la rivoluzione più di quanto prendano sul serio se stessi.
Ma proprio per questo, no, non siamo un gruppo. Ma proprio per questo, no, non abbiamo un concreto ed attuale programma. Nè tantomeno abbiamo dirigenti, o capi, o promotori. E quanto alle finalità, ovvero alle intenzioni che
sbirri e giudici vorrebbero criminalizzare, ognuno di noi ha le
proprie, uniche e irripetibili come lo è ogni individuo che non sia
soldato d’una causa qualsiasi. Il resto, ovvero il come costruire
e diffondere l’ammutinamento, sta alla mutevolezza degli stati d’animo,
delle intese, degli affetti, delle voglie e pure delle affinità tra individui. Non riuscirete mai, signori sbirri, signori giudici, a programmare il nostro caos.
La repressione degli anarchici, degli antagonisti e degli antiautoritari sta prendendo la forma di una vera e propria caccia alle streghe, somigliando sempre più dappresso all’antica inquisizione dei movimenti ereticali, ed affiancandosi sempre più di frequente alla persecuzione dei moderni untori: gli stranieri "extracomunitari" diversi per colore di pelle, cultura, lingua ma, soprattutto, per censo e posizione sociale; i "comunitari" diversi per
stile di vita o perchè in contrasto con determinati aspetti del sistema
(vedi, ad esempio, i senza-dimora, gli occupanti di case, i
"punkabbestia", ma anche tutti quei "semplici cittadini" che lottano davvero, che sia contro una "grande opera", una "ristrutturazione aziendale" o un contratto precario poco importa…)
La repressione del dissenso e della diversità non è certo una novità
storica, è stata ed è praticata dal dominio di ogni tempo e luogo.
L’aspetto nuovo e relativamente recente è
che essa si attua sempre più con il concorso dei media – TV, giornali
ma anche, cosa da non sottovalutare, l’editoria libraria. Questo
concorso opera a due livelli: uno costante, attraverso il linciaggio
dei diversi, la costruzione di continue, rinnovate "emergenze", il
rimbecillimento puro dell’intrattenimento e del dibattito
pseudo-culturale, la manipolazione della storia che fa tutt’uno con
quella della cronaca; l’altro più mirato, volto a preparare il terreno
a manovre repressive specifiche e a magnificarle post-festum.
A nostro avviso, la chiarezza nello smontare le ignobili costruzioni di
questure, tribunali e giornalisti deve fare tutt’uno con l’inimicizia
permanente verso di essi: dobbiamo sforzarci di riportare la questione
della repressione nei suoi termini reali, sgombrare il campo (e le
teste nostre e altrui) dai fantasmi, diffondere la contro-informazione
al di fuori e contro il sistema dei media; e insieme riaffermare la
nostra spinta ribelle e la solidarietà tra tutti gli insubordinati.
Quest’ultimo punto merita un approfondimento.
Per diversi anni, in Italia, si è creduto spesso di potersi sbarazzare del fatto di essere un movimento. Benissimo, per quanto ci riguarda, se questo significa sbarazzarsi della politica e del politichese, delle
nomenklature più o meno mascherate, delle egemonie, dell’azzeramento di
ogni dibattito. Deleterio, se questo intende affossare ogni
riconoscimento reciproco tra gli antiautoritari e cassare la
solidarietà tra diversi, moltiplicando le sette di pari passo con la
loro rispettiva impotenza. Nell’incontro, nella solidarietà, nella
contaminazione, noi (ma noi chi?) non temiamo di perdere noi stessi,
perchè, come diceva qualcuno, la libertà altrui espande la mia all’infinito.
Le montature, i teoremi, le criminalizzazioni giudiziarie sono rese
possibili, tra le altre cose, da questa mancanza di una risposta
solidale, determinata, generalizzata di tutti gli antiautoritari. Se ci
guardiamo in faccia, dobbiamo riconoscerlo: non siamo stati capaci di
strappare i nostri compagni al carcere, non siamo riusciti ad arginare
le manovre della repressione. E, forse, non ci abbiamo nemmeno
realmente provato. Agitando
la palude di un "sociale" che non ha nessuna voglia di scomporsi (salvo
esservi costretto dall’insostenibile pesantezza dell’esistente), siamo
bestie rare. In via di estinzione, se continueremo ad affilare un’arma spuntata.
In tanti, in Italia, ci siamo esaltati di fronte alla rivolta greca di
questo inverno, in tanti abbiamo detto, scritto, fatto, solidarizzato
con gli insorti, e in tanti ci siamo detti, amaramente, che l’Italia
non è la Grecia, che le condizioni sociali e culturali sono diverse,
che là non c’è la distinzione tra un movimento "buono" e gli anarchici
"cattivi" ecc. Tutto vero, ma manca qualcosa, forse la cosa più
importante: se il movimento anarchico greco, in questi anni, è tanto
cresciuto qualitativamente e quantitativamente da divenire il
detonatore di un’esplosione sociale generalizzata, è perchè esso ha
avuto negli anni la capacità di reagire in modo compatto e determinato
agli attacchi della repressione, riuscendo spesso, ben prima di questo
tumultuoso dicembre, a strappare allo Stato i compagni incarcerati (per
esempio i 7 di Salonicco), a difendere le occupazioni sotto attacco, a
tenere gli sbirri fuori dagli spazi "agibili" (come Exarkia e il
Politecnico).
Come inquisiti, non chiediamo solidarietà. Piuttosto, invitiamo tutti (compresi noi stessi) a rilanciarla.
Firenze, febbraio 2009
anarchici e antiautoritari
laboratorio contro la repressione
Su un’inchiesta per eversione a Firenze e altro
Il 29 novembre 2007, a Firenze, la Digos faceva sgomberare e perquisire
alla ricerca di armi da fuoco e chissà cos’altro due spazi autogestiti:
l’Asilo Occupato di via Bolognese e Villa Panico di S.Salvi, ed
eseguiva alcune perquisizioni domiciliari in Toscana, Liguria e
Piemonte. Contestualmente, consegnava ad otto persone (una compagna del
circolo anarchico pisano di via del Cuore e sette compagni di Villa
Panico) altrettanti avvisi di garanzia per associazione sovversiva con
finalità di terrorismo e eversione (art 270 bis). Se, in seguito a
numerose iniziative di agitazione sul territorio, Villa Panico veniva
rioccupata nel giro di tre settimane (ed è tutt’ora in buona salute),
se la mobilitazione e la notevole solidarietà da parte di diversi
individui e realtà del territorio facevano rientrare la canea mediatica
e la repressione poliziesca, questo evidentemente non è bastato a
tamponare l’accanimento persecutorio della sbirraglia e della pm della
procura antiterrorismo fiorentina Angela Pietroiusti, firmataria di
questa indagine e altre di simile stampo. Riguardo a questi fatti,
rimandiamo alla lettura dell’opuscolo Per farla finita con i fantasmi – Strategie repressive a Firenze e in Toscana (Villa Panico, febbraio 2008, scaricabile sul sito www.informa-azione.info).
In questi giorni, infatti, ci è stato notificato l’avviso di
conclusione delle indagini, datato 4 novembre 2008. Si andrà quindi a
processo. Sintetizziamo qui le principali novità:
1) La compagna di via del Cuore è stata stralciata dall’indagine, che
in compenso viene estesa ad altri 12 compagni dell’area anarchica e
libertaria fiorentina.
2) Oltre all’associazione sovversiva, vengono contestate ad alcune
persone (non stiamo a specificare quante) alcuni reati specifici:
interruzione di pubblico servizio e danneggiamento per un’irruzione in
un ufficio dell’ENEL in solidarietà agli anarchici arrestati di via del
Cuore e contro il nucleare, occupazione e imbrattamento dei muri della
palazzina di piazza Ghiberti, danneggiamento, istigazione a delinquere
e violazione delle leggi elettorali per alcune scritte sui seggi delle
primarie del partito democratico; il tutto aggravato dal concorso e
dalla finalità di eversione.
3) Almeno per quel che risulta dai fogliacci della procura, pare
saltato il collegamento con la rapina all’ufficio postale di Stazzema
(Lucca) per la quale sono attualmente detenuti i compagni Daniele
Casalini e Francesco Gioia. Tuttavia, viene sottolineata la vicinanza
col circolo pisano di Via del Cuore e viene genericamente ribadita la
disponibilità di armi da fuoco.
I fantasmi non vogliono saperne di sparire. Così, ancora una volta, una
realtà anarchica e libertaria – il Panico e più in generale l’area
antiautoritaria fiorentina – viene incasellata in un teorema
giudiziario che trasforma le sedi in "covi" e i rapporti di affinità,
comunanza e amicizia in vincoli associativi. E questo attraverso
l’abuso, divenuto oramai insopportabile, della neo-categoria dell’anarco-insurrezionalismo, grottesca
deformazione mediatico-giudiziaria delle teorie e delle pratiche
insurrezionaliste anarchiche. La tendenza anarchica insurrezionalista,
che in Italia e all’estero ha avuto (ed in parte ha) un suo percorso e
una sua storia, non ha fatto altro che propagandare e diffondere l’idea
della rottura insurrezionale, da praticarsi con ogni mezzo necessario e non solo con alcuni mezzi,
come via indispensabile alla rivoluzione. La propaganda mediatica,
imbeccata dagli apparati repressivi dello Stato, al contrario, ha
snaturato questo percorso, creando la figura dell’ anarco-insurrezionalista, sorta di specialista della lotta armata da
trascinare sotto le luci della ribalta ogniqualvolta si vuole
ostacolare e reprimere qualsiasi situazione libertaria anche
minimamente conflittuale.
Pur senza mai essersi definiti tali, diversi antiautoritari fiorentini
si trovano adesso inquadrati, dalla Digos e dalla PM Pietroiusti,
all’interno di un "gruppo d’affinità" con un "concreto ed attuale
programma" col fine di realizzare "azioni dirette violente", "in parte
attuato con la commissione di più reati" quali occupazioni di edifici,
minacce, danneggiamenti, resistenza a pubblico ufficiale,
manifestazioni non autorizzate e interruzione di pubblico servizio, il
tutto "con finalità di terrorismo e eversione". Eccola, la nuova
frontiera del terrorismo, altro
grande fantasma mediatico che copre oramai ogni forma di resistenza al
dominio del capitale e dello Stato, infinitamente più violento di ogni
azione rivolta contro di esso.
Noi non abbiamo peli sulla lingua. Abbiamo in comune -tutti noi
indagati ed altri amici, compagni e complici-un sentimento di
inimicizia verso questo esistente che si regge sullo sfruttamento universale, che vorrebbe trasformare il mondo intero in una riserva da saccheggiare e in merce da vendere, che intende ridurre gli individui a soldatini obbedienti della guerra economica. Diversi tra noi, poi, hanno anche la volontà di rovesciarlo, questo mondo, e prendono sul serio la rivoluzione più di quanto prendano sul serio se stessi.
Ma proprio per questo, no, non siamo un gruppo. Ma proprio per questo, no, non abbiamo un concreto ed attuale programma. Nè tantomeno abbiamo dirigenti, o capi, o promotori. E quanto alle finalità, ovvero alle intenzioni che
sbirri e giudici vorrebbero criminalizzare, ognuno di noi ha le
proprie, uniche e irripetibili come lo è ogni individuo che non sia
soldato d’una causa qualsiasi. Il resto, ovvero il come costruire
e diffondere l’ammutinamento, sta alla mutevolezza degli stati d’animo,
delle intese, degli affetti, delle voglie e pure delle affinità tra individui. Non riuscirete mai, signori sbirri, signori giudici, a programmare il nostro caos.
La repressione degli anarchici, degli antagonisti e degli antiautoritari sta prendendo la forma di una vera e propria caccia alle streghe, somigliando sempre più dappresso all’antica inquisizione dei movimenti ereticali, ed affiancandosi sempre più di frequente alla persecuzione dei moderni untori: gli stranieri "extracomunitari" diversi per colore di pelle, cultura, lingua ma, soprattutto, per censo e posizione sociale; i "comunitari" diversi per
stile di vita o perchè in contrasto con determinati aspetti del sistema
(vedi, ad esempio, i senza-dimora, gli occupanti di case, i
"punkabbestia", ma anche tutti quei "semplici cittadini" che lottano davvero, che sia contro una "grande opera", una "ristrutturazione aziendale" o un contratto precario poco importa…)
La repressione del dissenso e della diversità non è certo una novità
storica, è stata ed è praticata dal dominio di ogni tempo e luogo.
L’aspetto nuovo e relativamente recente è
che essa si attua sempre più con il concorso dei media – TV, giornali
ma anche, cosa da non sottovalutare, l’editoria libraria. Questo
concorso opera a due livelli: uno costante, attraverso il linciaggio
dei diversi, la costruzione di continue, rinnovate "emergenze", il
rimbecillimento puro dell’intrattenimento e del dibattito
pseudo-culturale, la manipolazione della storia che fa tutt’uno con
quella della cronaca; l’altro più mirato, volto a preparare il terreno
a manovre repressive specifiche e a magnificarle post-festum.
A nostro avviso, la chiarezza nello smontare le ignobili costruzioni di
questure, tribunali e giornalisti deve fare tutt’uno con l’inimicizia
permanente verso di essi: dobbiamo sforzarci di riportare la questione
della repressione nei suoi termini reali, sgombrare il campo (e le
teste nostre e altrui) dai fantasmi, diffondere la contro-informazione
al di fuori e contro il sistema dei media; e insieme riaffermare la
nostra spinta ribelle e la solidarietà tra tutti gli insubordinati.
Quest’ultimo punto merita un approfondimento.
Per diversi anni, in Italia, si è creduto spesso di potersi sbarazzare del fatto di essere un movimento. Benissimo, per quanto ci riguarda, se questo significa sbarazzarsi della politica e del politichese, delle
nomenklature più o meno mascherate, delle egemonie, dell’azzeramento di
ogni dibattito. Deleterio, se questo intende affossare ogni
riconoscimento reciproco tra gli antiautoritari e cassare la
solidarietà tra diversi, moltiplicando le sette di pari passo con la
loro rispettiva impotenza. Nell’incontro, nella solidarietà, nella
contaminazione, noi (ma noi chi?) non temiamo di perdere noi stessi,
perchè, come diceva qualcuno, la libertà altrui espande la mia all’infinito.
Le montature, i teoremi, le criminalizzazioni giudiziarie sono rese
possibili, tra le altre cose, da questa mancanza di una risposta
solidale, determinata, generalizzata di tutti gli antiautoritari. Se ci
guardiamo in faccia, dobbiamo riconoscerlo: non siamo stati capaci di
strappare i nostri compagni al carcere, non siamo riusciti ad arginare
le manovre della repressione. E, forse, non ci abbiamo nemmeno
realmente provato. Agitando
la palude di un "sociale" che non ha nessuna voglia di scomporsi (salvo
esservi costretto dall’insostenibile pesantezza dell’esistente), siamo
bestie rare. In via di estinzione, se continueremo ad affilare un’arma spuntata.
In tanti, in Italia, ci siamo esaltati di fronte alla rivolta greca di
questo inverno, in tanti abbiamo detto, scritto, fatto, solidarizzato
con gli insorti, e in tanti ci siamo detti, amaramente, che l’Italia
non è la Grecia, che le condizioni sociali e culturali sono diverse,
che là non c’è la distinzione tra un movimento "buono" e gli anarchici
"cattivi" ecc. Tutto vero, ma manca qualcosa, forse la cosa più
importante: se il movimento anarchico greco, in questi anni, è tanto
cresciuto qualitativamente e quantitativamente da divenire il
detonatore di un’esplosione sociale generalizzata, è perchè esso ha
avuto negli anni la capacità di reagire in modo compatto e determinato
agli attacchi della repressione, riuscendo spesso, ben prima di questo
tumultuoso dicembre, a strappare allo Stato i compagni incarcerati (per
esempio i 7 di Salonicco), a difendere le occupazioni sotto attacco, a
tenere gli sbirri fuori dagli spazi "agibili" (come Exarkia e il
Politecnico).
Come inquisiti, non chiediamo solidarietà. Piuttosto, invitiamo tutti (compresi noi stessi) a rilanciarla.
Firenze, febbraio 2009
anarchici e antiautoritari
laboratorio contro la repressione