Come scrivevamo ieri i responsabili della strage abruzzese hanno dei nomi e cognomi ben precisi.
Ad
essi rispondono i manager e gli amministratori delle imprese che hanno
speculato costruendo senza osservare le norme antisismiche e impiegando
materiali scadenti. E a questi vanno aggiunti poi i nomi e i cognomi
degli amministratori locali cui spettava l’obbligo del controllo e
della verifica, ma che hanno chiuso entrambe gli occhi dietro laute
mazzette, nonché quelli dei politicanti “nazionali” che hanno
determinato il quadro generale di relativa impunità che ha permesso che
tutto questo avvenisse, attraverso i condoni, le deroghe e i “piani
casa”. Questo non è populismo, ma accertamento puntuale delle
responsabilità per una strage che poteva essere evitata, o quanto meno
contenuta nei numeri e dell’entità dei crolli.
Questa mattina, ad esempio, abbiamo appreso che la ditta che ha costruito l’ospedale de L’Aquila è la Impregilo Spa.
Un nome tristemente noto agli osservatori più attenti, che ricorderanno
come più volte sia stato tirato in ballo dai servizi di “Report” sullo
scandalo rifiuti in Campania. Il nome di una delle imprese di
costruzioni più grandi del nostro Paese, se non la più grande, che è
legata mani e piedi alle speculazioni sulla TAV, sulla Salerno-Reggio
Calabria e a cui il governo Berlusconi vorrebbe affidare l’edificazione
di quell’altro ecomostro del ponte sullo Stretto (sempre in zona
sismica) e delle fantomatiche centrali nucleari.
Quindi il primo nome e cognome di un responsabile c’è.
Una notizia importante, direte voi, o quanto meno “succulenta” in
questo clima di costernazione generale. Eppure questa mattina per
leggerla avreste dovuto comprare dei giornali minori (Il Manifesto,
circa 30.000 copie e Liberazione, circa 6000 copie) perché sui due più
diffusi giornali italiani, il Corriere della Sera e La Repubblica, che
insieme tirano quasi due milioni di copie, di questa notizia non c’era
la benché minima traccia. Come mai? Sarà forse perché esiste un
collegamento diretto tra la Impregilo Spa e sia RCS Multimedia che il
Gruppo L’espresso? Nel caso del giornale diretto da Pirani il link
passa attraverso la Pirelli e la Atlantia, mentre nel caso del Corsera
la catena è ancora più corta, ed è rappresentata dalla Premafin
Finanziaria. Siamo noi che siamo “ideologici”? ma soprattutto, c’è
ancora qualcuno che crede alla balla che in Italia esista la libera
informazione?