AL SAN PAOLO COME ALLA DIAZ: LO STATO SI ASSOLVE

7 maggio 2009 Roma: Cassazione del processo “San Paolo”.
Si chiude così il capitolo giudiziario relativo alla notte del 16 marzo
2003, la notte in cui morì Dax, assassinato dalle lame fasciste, mentre
ai suoi compagni ed amici accorsi al pronto soccorso del San Paolo
toccarono le cariche di polizia e carabinieri.

Già in via Brioschi la presenza massiccia dei mezzi delle forze
dell’ordine aveva di fatto rallentato l’arrivo dei soccorsi. Dopo che
le ambulanze avevano portato via Davide e un altro compagno gravemente
feriti, un plotone di poliziotti si presentò in tenuta anti-sommossa
per “contenere la disperazione” dei presenti, provocazione culminata poi con cariche e manganellate all’interno dell’ospedale.
Prima le risate sprezzanti di fronte al dolore di chi aveva appena
appreso la notizia della morte di Dax., poi un’aggressione, premeditata
e finalizzata a renderci inermi per impedire qualsiasi tipo di reazione.
Hanno approfittato della situazione per compiere una mattanza contro quei “rossi di merda” da sempre detestati, “uno di meno”, “vi ammazziamo tutti”,
spingendosi fin dentro i reparti dell’ospedale per rincorrere chi
tentava di sottrarsi alla loro furia. Il “caso” ha poi voluto che le
telecamere del pronto soccorso in quelle ore non funzionassero e non
abbiano così potuto documentare in diretta i pestaggi selvaggi e le
urla delle persone arrestate, dopo essere state picchiate a sangue. Un
bilancio fatto di volti tumefatti, teste aperte, braccia e denti rotti,
sommati alla tragica morte di Davide.

Già all’indomani della mattanza era pronta la versione del questore Boncoraglio per giustificare i proprio uomini: “Stavamo solo impedendo che i ragazzi portassero via la salma”.
Un grottesco tentativo di legittimare la brutalità, dipingendoci come
selvaggi o barbari (cosa avremmo dovuto fare con la salma?!?) che
meritavano di essere picchiati in quel modo.
Contemporaneamente la stampa da un lato ha cercato di spoliticizzare l’agguato fascista parlando di “rissa tra balordi” in cui “la politica non c’entra”, dall’altro ha avvallato la delirante versione della Questura sugli scontri del S. Paolo.
Fin da subito è stato, ed è ancora oggi, necessario riaffermare la verità sui fatti del 16 marzo 2003.

Il capitolo giudiziario rappresenta un’altra ferita aperta.
Le indagini, infatti, portarono alla sbarra quattro compagni e tre esponenti delle forze dell’ordine.
La sentenza d’appello, emessa nel febbraio 2008, ha confermato la
condanna di un anno e otto mesi per due compagni e il risarcimento
complessivo di oltre 100.000 euro. Ha inoltre portato alla piena
assoluzione dei membri delle forze dell’ordine, che in primo grado
avevano visto la condanna di un poliziotto a quattro mesi per abuso di
ufficio (ripreso da un video amatoriale mentre manganellava una persona
a terra) e di un carabiniere a sette mesi per possesso di una mazza da
baseball (reato caduto in prescrizione). Nulla hanno contato le
testimonianze del personale medico-sanitario che ha assistito alle
cariche indiscriminate dentro e fuori il Pronto Soccorso, intervenendo
tempestivamente per curare i feriti. Ancora meno hanno pesato le
evidenti lesioni riportate dagli amici e dai compagni di Davide, gli
unici, invece, ad essere stati condannati.
Lo Stato, ancora una volta, si è assolto, tentando di stravolgere la
verità nelle aule dei tribunali, aggiungendo alle violenze di quella
notte le menzogne della sentenza.
La Magistratura si è resa così complice del comportamento, in stile
scuola Diaz, delle forze dell’ordine, che ha legittimato a sua volta
l’aggressione fascista.

Con l’avvicinarsi della chiusura del processo sui fatti del S.
Paolo, ribadiamo con ancor più forza la verità su quella notte nera.
Sotto processo non ci sono solo i quattro compagni – che in caso di
conferma vedrebbero le condanne diventare definitive – ma la memoria e
il ricordo di ciò che è accaduto.
Stringendoci intorno a tutti coloro che sono colpiti dalla repressione e dalla brutalità poliziesca.
Nessuna giustizia nessuna pace.

Con Dax nel cuore