Un racconto tremendo, e un appello, dal Cie di Ponte Galeria.
Nella
serata di lunedì arriva nel Centro un gruppetto di algerini, appena
trasferiti da Bari Palese. Tra di loro c’è anche un ragazzo gravemente
malato di cuore, che si lamenta e protesta: la polizia non ha
provveduto a portare da Bari le medicine che deve prendere ogni giorno.
Invece di procurare i farmaci, i poliziotti lo portano in
infermeria
e poi nella cella di sicurezza. Lì lo massacrano di botte, stufi di
tutti questi stranieri sempre pronti a lamentarsi.
Quando lo riportano in sezione è pieno di lividi e sangue. Lui è
malato di cuore per davvero e durante la notte si sente malissimo: i
suoi compagni danno l’allarme, e il malato lascia il Centro a bordo di
una ambulanza. La mattina dopo i suoi compaesani, che stanno
raccontando in giro gli avvenimenti della notte, vengono raggruppati e
portati via. Tutti pensano ad un rimpatrio, e solo la sera si scoprirà
che in realtà il gruppo è stato messo in “isolamento” nel reparto delle
donne. Intanto, durante tutto il giorno, del ragazzo malato di cuore
non si ha più alcuna notizia.
Passano le ore, e i reclusi del Centro
si ricordano di Salah Soudami, morto soltanto cinque mesi fa in
circostanze pressoché identiche, e pensano al peggio.
Così chiedono
aiuto ai solidali che stanno fuori dai Centri e lanciano un appello dai
nostri microfoni: vogliono avere notizie del loro compagno. Vogliono
sapere come sta, se è vivo o morto, e dov’è. Lo hanno chiesto alla
Croce Rossa e non hanno avuto risposta. Lo hanno chiesto pure agli
agenti, e anche loro sono stati zitti: del resto, si sa, i poliziotti
sono buoni solo a massacrare di botte i malati di cuore.
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