Ci chiamano terroristi
perché così vengono etichettati i combattenti rivoluzionari e i
guerrieri che si oppongono alla arroganza del capitalismo o dei singoli
stati in ogni parte del mondo.
Ci chiamano rapinatori
perché così vengono etichettati coloro che stanchi dello sfruttamento
proprio e del prossimo, decidono di prendere senza chiedere una piccola
parte delle ricchezze accumulate nelle tasche di pochi e di riportare
passo dopo passo l’uguaglianza sociale.
Tutto ciò non può certo
offenderci, noi sappiamo bene da che parte stare. Dall’imputazione di
aver rapinato un ufficio postale e di averlo fatto per finanziare
un’associazione sovversiva ci penseranno gli avvocati a difenderci.
Noi, se il primo ottobre saremo in aula non sarà di certo per assistere
all’insulso teatrino della giustizia ma solo ed unicamente per vedere
voi, compagni e compagne, che non vediamo da più di due anni e chissà
per quanto altro tempo ancora non potremo riabbracciare dato che
l’esito del processo e tutt’altro che scontato.
Ma se c’è una cosa certa
è che le inchieste e gli anni di galera non scalfiscono minimamente la
nostra voglia di combattere contro lo sfruttamento dell’uomo, della
natura e degli animali.
Non combattere per paura della galera vuol dire essere in galera anche fuori da queste mura.
Non combattere per paura
di rovinarsi la vita o un futuro da sfruttato vuol dire aver condannato
se stesso e gli altri ad una vita squallida e ad una morte prematura.
Non possiamo fare
calcoli da ragionare e valutare il nostro impegno nella lotta con il
codice penale in mano, non vale forse la pena di rischiare la miseria
che stringiamo tra le mani per conquistarci la libertà!
Francesco e Daniele
Giovedì 1° ottobre ore 9:00
Aula bunker Firenze