da "bello come una prigione che brucia" [trasmissione di radio
Blackout]
Apprendiamo da Maria, madre di Marcello,
che la procura di Livorno ha scelto di archiviare l’indagine sulla morte
del figlio conseguente al pestaggio subito nel luglio 2003 in una cella
del carcere delle Sughere di Livorno. Un’archiviazione di cui la madre è
venuta a conoscenza in seguito alle telefonate di alcuni giornalisti,
un’archiviazione che, quanto le altre mosse della procura di Livorno, è
funzionale alla prescrizione di eventuali reati imputabili agli aguzzini
in divisa che hanno massacrato e ucciso Marcello.
La lotta per la verità sulla morte di Marcello Lonzi non è una
sterile causa da tribunale, è una lotta sociale che non può essere
fermata dalle scadenze o dai dictat degli ingranaggi della stessa
"giustizia" che ha macinato la vita di Marcello. E’ una lotta contro gli
omicidi di stato, contro l’ipocrisia di un capitalismo autoritario che
costantemente uccide attraverso una facoltà di condannare a morte a
discrezione dei suoi vari piccoli servi in divisa, per poi farsi
promotore di campagne contro la pena di morte in sedi internazionali.
In Italia esiste la pena di morte. Un’esecuzione non inflitta da un
tribunale, ma dalla libera iniziativa di un qualunque membro delle forze
dell’ordine. Un’esecuzione per la quale non esistono appelli o ricorsi,
perchè avviene, per la maggioranza dei casi, nei luoghi dell’esclusione
o della segregazione: nelle carceri, nelle camere di sicurezza delle
questure, negli stanzini delle caserme dei carabinieri.
Per questo, oggi più che mai, è importante portare il contrasto a queste
pratiche fuori dai tribunali, fuori dai luoghi del privilegio e
dell’autoassoluzione dello stato.
Per Marcello, contro tutti gli omicidi di stato e la violenza del
regime democratico