Ieri un detenuto del carcere di Pistoia si è impiccato, ora è grave all’ospedale. Se è vero, e vero è che la situazione di sovraffollamento del carcere Santa Caterina è drammatica, con i reclusi costretti in 10, 12 in una cella da 6 e quindi spinti a dover organizzare i turni per dormire su un materasso, con dormitori di fortuna allestiti nelle sale colloquio ecc, noi crediamo che parlando di carcere si debba allargare il discorso non tanto alle modalità della sua gestione, ma più in profondità alla sua reale (in)utilità e funzione. Se Michael Focault ha spiegato –nel suo “sorvegliare e punire”- l’evoluzione storica del carcere e delle sue funzioni, occorre anche notare come le case di reclusione siano utilizzate come strumento di disciplinamento sociale in prima battuta contro le fasce più disagiate della società, è più facile rinchiudere chi ruba per fame che analizzare ed affrontare i nodi strutturali che creano e perpetuano le miserie sociali; in seconda battuta invece il carcere, con tutte le sue problematiche che devono necessariamente rimanere irrisolte per garantirne la funzione, serve anche da monito per tutti coloro che in qualche maniera possono entrare in conflitto con l’impianto sociale esistente, le sue istituzioni (economiche e politiche) e le sue convenzioni, si tratti di “delinquenti comuni” o “sovversivi”, entrambi –anche se in diversa maniera- potenzialmente destabilizzanti per Quello che si suol chiamare “status quo”.
Noi per conto nostro ribadiamo che l’unico carcere tollerabile è quello che brucia, che l’unica gabbia preferibile è quella scassinata…Un noto poeta e cantante genovese ci ricorda che “non ci sono poteri buoni…”, noi aggiungiamo che nemmeno i mezzi che il potere usa per garantirsi autoconservazione lo sono, né possono esserlo e le carceri sono uno di questi aberranti strumenti.
Anarchici Pistoiesi.