Condivido e rilancio, è necessario mettere l’accento su quelle che parafrasando un noto anarchico potremmo definire “le influenze borghesi sull’antispecismo”.
Aggiungo una breve parentesi anche sul nome del dato blog e del dato gruppo. Le parole hanno un peso ed hanno nel proprio bagagaglio tutto un portato di senso ed ideologia cui sono riferite; il termine “Riot” è da sempre utilizzato negli ambienti di critica radicale (cui i nostri sembrerebbero riferirsi) e rivoluzionari per connotare un certo tipo di approccio alla lotta contro il dominio, attacco diretto e non mediato alle sue strutture. Riferire questa “rivolta” ad una semplice manifestazione di opinione, tra l’altro veicolata utilizzando i mezzi che il dominio stesso offre come legittimi per la propagazione delle proprie idee come petizioni, social network e quant’altro purché sia inserito nell’alveo della protesta “legittima” e democraticamente rispettabile: leggasi pura testimonianza funzionale al mantenimento dell’immagine bonaria del dominio stesso, significa fare il suo gioco, in una operazione Orwelliana di rimodulazione di senso del linguaggio che all’interno dei movimenti di critica radicale di stampo anarchico (e vista la bandiera di cui Earth riot si fregia sembrerebbe questo l’ambito di riferimento) non ci aspetteremmo certo. Il concetto di Riot rompe con il teatro della rappresentazione per portare lo scontro sul terreno della contrapposizione diretta e fattiva, non mediata contro il dominio e le sue manifestazioni materiali, si tratti di un allevamento, di una banca e degli apparati posti a loro guardia, riferirlo quindi ad un movimento che sembra figlio di una sorta di antispecismo da localetto radical chic mi sembra quantomeno scorretto e pericoloso….
NESSUNA CONVIVENZA PACIFICA CON GLI SFRUTTATORI!
A proposito del comunicato “Antispecismo in evoluzione” di Earth Riot e altre realtà antispeciste sul corteo NoExpo del primo maggio a Milano
Il 22 aprile 2015 il gruppo antispecista Earth Riot ha pubblicato sul proprio blog un comunicato intitolato “Antispecismo in evoluzione” a proposito del corteo NoExpo che si svolgerà il primo maggio a Milano.
Come individualità che lottano per la liberazione animale, umana e della terra da una prospettiva anarchica non possiamo lasciare che posizioni come quelle espresse nel comunicato in questione passino inosservate e senza nessuna critica.
Nel testo diffuso da Earth Riot, e sottoscritto da altre realtà animaliste/antispeciste, ci sono parecchi punti con i quali ci troviamo in totale disaccordo e ai quali vorremmo controbattere brevemente.
Come spesso accade nella retorica pacifista, nel comunicato vengono equiparati due piani di violenza in realtà opposti, ossia viene fatto un parallelo tra la violenza strutturale del sistema e la violenza rivoluzionaria usata per resistere e attaccare il sistema stesso ed i suoi complici. In questo modo le distinzioni tra oppressore e oppressx e sfruttatore e sfruttatx vengono confuse, e la violenza assume un significato pericolosamente equivocabile che non tiene in considerazione le condizioni e le forme nelle quali essa si manifesta.
Vi è una differenza abissale tra la violenza sulla quale la civilizzazione, il capitalismo e l’eteropatriarcato si reggono e si fondano, e la violenza perpetrata da chi queste strutture le vuole vedere ridotte in macerie, che è quindi una violenza perfettamente legittima. Esperienze di lotte rivoluzionarie passate e presenti ci insegnano che la nonviolenza é il privilegio di pochx, e che quando il sistema oltrepassa un certo limite l’unica risposta per sopravvivere e per ottenere dei risultati è l’azione violenta, che a seconda dei casi può esprimersi in forme diverse.
Accusare quindi chi usa violenza di fare il gioco del sistema ci sembra un insulto a tutte quelle persone che, dentro e fuori le mura di ogni tipo di prigione, lottano contro il dominio con qualsiasi mezzo necessario mettendo a rischio la loro stessa libertà.
Questa logica del pacifismo ad ogni costo porta chi ha scritto il comunicato ad affermare che qualsiasi tipo di azione violenta, fisica e verbale, ridurrebbe chi la compie “alla pari dei mostri che tentiamo di combattere”. Tralasciando il fatto che di norma é proprio il potere ad usare questo tipo di terminologia per descrivere sia i/le suoi/e nemici/che che tutte le categorie di oppressx come “mostrx”,”incivili”,
“terroristx”, “animali”, “sub-umani”, e per screditare ogni lotta di resistenza, non possiamo accettare questa posizione elitaria ed autoritaria che considera la non-violenza come unica forma di lotta legittima, sminuendo e squalificando tutti gli altri modi di agire.
L’attacco alle strutture del dominio e alle sue innumerevoli manifestazioni non é solamente “uno sfogo dell’ego” ma anche una tattica legittima al pari di altre che non delegano alle istituzioni eventuali “soluzioni” di riforma del sistema.
Dal comunicato in questione emerge inoltre che la scelta dell’attivismo nonviolento deriva anche da una preoccupazione rispetto a quanto possono scrivere i media, o a cosa può pensare l’opinione pubblica. Chiunque sia almeno in parte critico nei confronti di questo sistema non può che rendersi conto di come sia a dir poco ingenuo usare come metro di valutazione delle proprie azioni ed efficacia ciò che dicono i media, asserviti agli stessi poteri che contemporaneamente si intende attaccare.
A creare divisioni tra manifestanti (o attivistx, antispecistx, ecc.) “buoni/e” e “cattivi/e” e a parlare di “infiltrati” nei cortei ci pensano infatti già i giornalisti e le questure, ed é proprio su questi discorsi che lo stato poi fa leva quando deve colpire dei movimenti, dei collettivi o delle individualità in lotta. Avallare questo tipo di discorsi e dissociarsi preventivamente da eventuali azioni che possano essere messe in atto durante un corteo significa quindi fare il gioco del potere e generare i presupposti per pratiche come la delazione.
Nella pratica: come dovrebbe comportarsi - secondo i gruppi antispecisti che hanno sottoscritto questo comunicato - “l’attivista antispecista responsabile” durante un corteo? Munirsi di smartphone e riprendere chi fa scritte o danneggiamenti? Interporsi fisicamente tra chi sta spaccando delle vetrine? Agevolare la polizia per permettergli di effettuare degli arresti? O comunque, pur non arrivando alla delazione, delegittimare in un successivo momento chi compie questi atti?
E infine: cosa ne pensano i firmatari di questo comunicato di azioni ritenute “violente” come il sabotaggio e le liberazioni di animali, da sempre parte della storia e delle pratiche dei movimenti di liberazione animale e della terra? Tagliare le reti e distruggere le gabbie di animali imprigionati, dare fuoco a un macello o a un centro di ricerca sono quindi atti da condannare e da cui dissociarsi?
Distruggere la vetrina di una macelleria o di una banca è un modo diretto di ribellarsi ad un’oppressione attaccando gli strumenti del suo dominio. Non deleghiamo né elemosiniamo niente a chi è interessato solo a proteggere i propri profitti, non ci può essere nessuna “convivenza pacifica” con chi mantiene la struttura gerarchica e capitalista che aliena le nostre vite e che sfrutta, devasta e uccide.
_Individualità per la liberazione animale, umana e della terra_
Milano, 29 aprile 2015