Ormai sono settimane che da più parti viene agitata come possibilità quella di detassare gli straordinari, sventolando questa “novità” come un aiuto ai lavoratori ed alle loro famiglie che sempre più difficilmente riescono ad arrivare alla “quarta settimana”. Ma la verità qual è? A mio avviso questa misura rientra a pieno titolo nelle misure del capitale per massimizzare il profitto riducendo i costi di produzione, al pari delle esternalizzazioni e delle delocalizzazioni. Mi spiego meglio. Si è deciso di sfruttare l’evidente inadeguatezza degli stipendi dei lavoratori come mezzo per aumentare la loro produttività e ridurre gli eventuali costi di quest’aumento, infatti si è deciso di incentivare il lavoratore allo straordinario offrendogli una detassazione del 10% delle ore di lavoro in eccesso…si, perché di questo si tratta, lavoro in eccesso, che avrebbe dure ripercussioni sul mercato del lavoro già di per sé disastrato provocandone un’atrofia facilmente preventivabile, è infatti innegabile che a fronte delle difficoltà di chi lavora un provvedimento del genere spingerebbe molti che già magari fanno ore di straordinario, ad incrementare questa pratica, evitando per esempio all’azienda in cui lavorano l’onere di nuove assunzioni risolvendo il problema della forza lavoro mancante attraverso lo sfruttamento intensivo della manodopera interna; lor signori hanno calcolato un aumento medio mensile di 480 euro a lavoratore, possibilità allettante per chiunque, soprattutto per chi il lavoro lo “offre”, che attraverso le ore di straordinario guadagnate può evitare di assumere altro personale, nella misura (circa) di un lavoratore non assunto ogni 2,5 crumiri, con evidente risparmio in termini di contributi e quant’altro…Tutto questo cosa significa? Significa meno assunzioni e radicalizzazione della precarietà; significa incentivo non solo dell’aumento smodato delle ore di lavoro pro capite, ma anche all’estrema competizione tra i lavoratori, che correranno al massimo per scavalcare il collega/nemico nella gerarchia dei papabili di ore in eccesso; Significa meno sicurezza sul lavoro, come si può mantenere alta la soglia d’attenzione dopo 10/12 ore di fabbrica? E su chi ricadrà poi la colpa degli eventuali incidenti? Ma sui lavoratori distratti, logico; Significa corsa verso il basso degli stipendi, che verranno calcolati considerando nel computo finale dell’importo anche tot ore di straordinario; significa discriminazione nei confronti di quelle categorie –donne con figli piccoli, lavoratori con genitori anziani a carico, lavoratori meno giovani, ecc…- che non possono permettersi di protrarre l’orario di lavoro; significa condannare tanti giovani e meno giovani alla disoccupazione o ad un accesso al lavoro estremamente difficile; significa trasformare i lavoratori in “macchine da lavoro”; significa vincolare la vita delle persone al lavoro che fanno; significa maggiori profitti per il padrone –sia esso una potente multinazionale o un grasso e tronfio signorotto del nord-est- e più sacrifici per i lavoratori; significa che a vincere sarà di nuovo il capitale.
Accanto a questa norma, ed in perfetta continuità con essa, si parla anche della possibilità di poter cumulare pensione e stipendio, secondo loro per eliminare la piaga del lavoro nero post pensionamento, secondo noi per legare fino all’ultimo respiro di vita gli individui al profitto e per restringere ancor più il mercato del lavoro, spingendo chi non ha lavoro alla precarietà o al malaffare.
Il problema è meno scontato di quello che può sembrare, perché se da un lato è palese la volontà che sta dietro a questo provvedimento, dall’altro sarà un problema affrontare la questione con chi innanzi tutto vede davanti a se la possibilità di guadagnare meglio, se pur con maggiori sacrifici…Il nodo da affrontare, forse ancor prima del ribaltamento delle logiche di profitto in logica dei bisogni degli individui, tema comunque irrinunciabile e che dev’essere esposto con massima chiarezza da subito, è quello dell’abitudine dei lavoratori al vivere lo sfruttamento lavorativo come una normalità ineluttabile e a delegare ogni loro istanza a quei sindacati di stato sempre più simili alle corporazioni di fascista memoria; il compito di tutti coloro che hanno a cuore non solo la liberazione del lavoro, ma la costruzione di una nuova società libera e liberata, dev’essere quello di attivarsi non solo negli ambiti lavorativi, dov’è stringente il bisogno di rilanciare una conflittualità dura e reale, ma in ogni ambito di socialità al fine di creare quell’orizzonte di libertà autogestionaria irrinunciabile, senza il quale ogni progetto più o meno rivoluzionario nascerebbe già irrimediabilmente minato. Guadagnare i lavoratori all’autorganizzazione sindacale, creare ed incentivare la nascita di luoghi di socialità svincolati dalle logiche del profitto, rilanciare la solidarietà fra le varie categorie del mondo del lavoro, mettendo in luce quelle dinamiche di sfruttamento che non hanno né colore né professione specifica ma che fanno tutte parte dell’armamentario del profitto e di coloro che ne sono gli alfieri, Gridare con forza che, casomai, si lavora per vivere e non si vive per lavorare…
Accanto a questa norma, ed in perfetta continuità con essa, si parla anche della possibilità di poter cumulare pensione e stipendio, secondo loro per eliminare la piaga del lavoro nero post pensionamento, secondo noi per legare fino all’ultimo respiro di vita gli individui al profitto e per restringere ancor più il mercato del lavoro, spingendo chi non ha lavoro alla precarietà o al malaffare.
Il problema è meno scontato di quello che può sembrare, perché se da un lato è palese la volontà che sta dietro a questo provvedimento, dall’altro sarà un problema affrontare la questione con chi innanzi tutto vede davanti a se la possibilità di guadagnare meglio, se pur con maggiori sacrifici…Il nodo da affrontare, forse ancor prima del ribaltamento delle logiche di profitto in logica dei bisogni degli individui, tema comunque irrinunciabile e che dev’essere esposto con massima chiarezza da subito, è quello dell’abitudine dei lavoratori al vivere lo sfruttamento lavorativo come una normalità ineluttabile e a delegare ogni loro istanza a quei sindacati di stato sempre più simili alle corporazioni di fascista memoria; il compito di tutti coloro che hanno a cuore non solo la liberazione del lavoro, ma la costruzione di una nuova società libera e liberata, dev’essere quello di attivarsi non solo negli ambiti lavorativi, dov’è stringente il bisogno di rilanciare una conflittualità dura e reale, ma in ogni ambito di socialità al fine di creare quell’orizzonte di libertà autogestionaria irrinunciabile, senza il quale ogni progetto più o meno rivoluzionario nascerebbe già irrimediabilmente minato. Guadagnare i lavoratori all’autorganizzazione sindacale, creare ed incentivare la nascita di luoghi di socialità svincolati dalle logiche del profitto, rilanciare la solidarietà fra le varie categorie del mondo del lavoro, mettendo in luce quelle dinamiche di sfruttamento che non hanno né colore né professione specifica ma che fanno tutte parte dell’armamentario del profitto e di coloro che ne sono gli alfieri, Gridare con forza che, casomai, si lavora per vivere e non si vive per lavorare…
Evjenji Vasil’ev Bazarov.