“la canzone della non appartenenza (continuo)

( . . )carenza
tutto quello che provo è una vana protesta,
è solo questa mia coscienza che non mi basta.

Quando non c’è nessuna appartenenza,
la mia normale, la mia sola verità
è una parvenza di altruismo,
magari compiaciuto,
che noi chiamiamo solidarietà.

Ma se guardo il mondo intero,
che è solidale e si commuove in coro,
i filmati di massacri osceni
con tanti primi piani di mamme e bambini,
mi vien da dire che se questo è amore ,sarebbe molto meglio
non essere buoni.

Se provo a guardare il mondo civile
così sensibile con chi sta male,
il cinismo di usare la gente,
col gusto più morboso di un corpo straziante,
mi vien da urlare ,che se questo è amore io non amo nessuno
non sento proprio niente.

E invece siamo nati per amare proprio tutti
indiani, russi, americani, schiavi, papi, cani e gatti,
è proprio il mondo della grande fratellanza,
per nuove suffragette piene d’isteria,
o peggio ancora è, quella sporca convenienza
come sempre mascherata dalla grande ipocrisia
la nostra ipocrisia.

Quando non c’è nessuna appartenenza
la mia normale, la mia sola verità,
è una gran dose di egoismo,
magari un po’ attenuata
da un vago amore per l’umanità.

E non ci salva l’idea dell’uguaglianza,
né l’altruismo o l’inutile pietà,
ma un egoismo antico e sano,
di chi non sa nemmeno
che fa del bene a sé e all’umanità.

Un egoismo antico e sano,
di chi non sa nemmeno
di fare il bene dell’umanità.

gaber/luporini