Introduzione
Sull’importanza e
la necessità di rilanciare la lotta antimilitarista in Italia non
crediamo ci siano dubbi. L’esercito italiano ha le proprie truppe
dislocate in ventuno paesi del mondo, il territorio in cui viviamo è
letteralmente cosparso di servitù militari (basi NATO, USA, europee,
italiane, postazioni radar, sottomarini nucleari, centri di ricerca,
fabbriche di armamenti, ecc.), l’industria bellica italiana
(Finmeccanica in testa) fornisce le proprie micidiali armi agli
eserciti e alle polizie di mezzo mondo, e ci stanno abituando ad una
crescente presenza di militari nelle città. Alla guerra esterna
corrisponde (economicamente e socialmente) la guerra interna:
condizioni di vita e di lavoro imposte sempre più con il terrore,
militarizzazione preventiva dei territori, repressione del dissenso.
Gli stessi dispositivi razzisti (deportazione di migranti, lager,
aumento delle pene per i clandestini, legalizzazione delle ronde, ecc.)
non sono separabili dal fatto che siamo in guerra. Operazioni
neocoloniali, propaganda nazionalista, aggressioni fasciste, razzismo
democratico, esercito nelle strade e rilancio del programma nucleare
sono le meraviglie prodotte da un mondo che ci vuole portare – in righe ben allineate – verso l’abisso.
Sappiamo tutti
quali sono stati i limiti delle mobilitazioni contro le varie guerre
(pensiamo anche alle recenti manifestazioni contro i massacri di Gaza):
la macchina bellica non è stata inceppata. Avvicinare geograficamente e
socialmente il problema della guerra, dando al militarismo nome,
cognome e indirizzo (e agendo di conseguenza), è il solo modo per
spezzare la complicità con i signori dello sfruttamento e della morte.
Il progetto di costruire una base militare a sud di Trento è, da questo punto di vista, una iattura ma anche un’occasione: quella di una lotta senza compromessi contro gli ingranaggi della guerra.
Riuscire ad
impedire la costruzione di una base di morte (o, più modestamente,
provarci con tutte le proprie possibilità) avrebbe una ricaduta
positiva per tutti i compagni, non solo per noi.
La china
istituzionale del movimento di Vicenza – che ha portato quella che
poteva essere forse la lotta più importante che c’era in Italia ad
arrancare, dopo le manifestazioni internazionali, in una protesta
democratica locale che, così com’è, non può avere sbocchi – è lì a
dimostrare almeno due cose. Primo, che collaborando con le istituzioni
non si ferma nessuna base. Secondo, che una critica pratica
ai metodi istituzionali (intendendo per critica pratica la volontà
caparbia di provare ad inceppare concretamente il militarismo, con
altre prospettive e altri mezzi) dovrebbe essere un desiderio e un
impegno per chiunque si batta contro lo Stato e il capitale.
Siamo convinti che
il movimento anarchico, libertario e antimilitarista reale abbia
potenzialità inespresse. Che non stiamo facendo, per dirla più
semplicemente, tutto quello che potremmo.
Nelle note che
seguono illustreremo il progetto della base militare di Mattarello,
racconteremo quello che abbiamo fatto finora e quello che vorremmo fare
in futuro.
Diciamo fin da
subito che le condizioni in Trentino per una lotta di massa contro la
base di Mattarello non sono granché favorevoli, per ragioni che
spiegheremo. Non ci facciamo illusioni al riguardo. Pensiamo però che,
quale che sia il coinvolgimento raggiunto, sia necessario farsi carico
in prima persona di ciò che si sostiene. Chissà poi che, vedendo degli
individui che si battono con un minimo di capacità, anche chi è stato
alla finestra finora non decida di partecipare alla lotta.
Provare ad impedire
la costruzione di una base militare è probabilmente il progetto più
ambizioso e difficile con cui ci siamo confrontati. Per questo è molto
prezioso il contributo (di critica, stimolo, suggerimento) di altri
compagni. Questa avventura non la possiamo tentare da soli. Come
chiariremo meglio più avanti, siamo disponibili a presentare questa
lotta nelle varie città e situazioni in cui siano presenti compagni
interessati: per riflettere assieme, per costruire una solidarietà
attiva, per capire come intrecciare le varie lotte locali con la
questione della base di Mattarello e della guerra.
Non vogliamo essere complici di strutture di repressione e di morte: ecco tutto. Non abbiamo garanzie, pronti a ripetere a fine partita
ciò che un ribelle francese disse ai propri giudici: “Le nostre
disfatte non provano niente se non il fatto che eravamo troppo pochi
per resistere all’infamia”.
La base militare di Mattarello
Governo e Provincia
di Trento vorrebbero costruire, tra la concessionaria Dorigoni a sud di
Trento e l’aeroporto di Mattarello, una base militare in grado di
ospitare 1600 soldati di professione. Una base estesa su circa 30
ettari di campagna, un vero e proprio paese nel paese con alloggi, sala
convegni, cinema, campi sportivi, officine, armerie, poligono di tiro,
ecc., più un’area consistente (superiore al 30%) sottoposta a segreto
militare.
Per via del rischio
di esondazioni dell’Adige, la cittadella militare verrebbe rialzata con
migliaia di metri cubi di porfido, causa di emissioni nocive di radon:
possiamo renderci conto dell’impatto ambientale di un simile progetto,
calato sulla testa della popolazione.
Ma senza trascurare
l’aggressione al territorio (tutte le basi militari inquinano con
solventi e metalli pesanti), i costi (si parla di almeno 400 milioni di
euro) e i forti disagi creati ai suoi abitanti (convivere con 1600
soldati non è uno scherzo per via del controllo nel quotidiano, dei
continui abusi, ecc.), il punto fondamentale è che una simile
installazione serve ad uno scopo ben preciso: la guerra.
Finanziando
interamente la costruzione della base militare di Mattarello, la
Provincia di Trento è l’unica Provincia italiana ad avere a bilancio
una spesa di guerra.
Per ampiezza, costi
e caratteristiche (simili a quelle di un villaggio militare di tipo
americano), la base di Mattarello è uno dei progetti italiani più
importanti sostenuti dall’esercito.
Teniamo presente
che i soldati di stanza nelle attuali caserme di Trento hanno già
partecipato a diverse operazioni di guerra (in particolare nella ex
Jugoslavia). Inoltre, le truppe degli Alpini hanno e avranno un ruolo
strategico in diversi conflitti che vedono o vedranno presente
l’esercito italiano (pensiamo all’Afghanistan). Queste truppe trovano
in Trentino un terreno ideale di addestramento.
Benché l’accordo
tra governo e Provincia di Trento risalga al 2002, solo nell’autunno
del 2007 si è cominciato a saperne qualcosa di più. Come nel caso di
altre grandi opere (ad esempio il TAV), si è aggirata ogni discussione
persino nell’ambito formale del consiglio comunale e provinciale di
Trento. Nessuna sorpresa.
Il contesto in cui si inserisce
Siamo un po’ tutti
abituati a considerare il Trentino una provincia sorniona e periferica
rispetto ai grandi progetti tecnologico-militari. Ebbene, il futuro
prossimo ci costringerà a modificare radicalmente la nostra percezione.
Siamo convinti che si stiano progettando e in parte già realizzando delle trasformazioni profonde delle nostre valli.
Da una parte, le
nuove e gigantesche infrastrutture. La linea ferroviaria ad Alta
Velocità Verona-Monaco, l’inceneritore di Ischia Podetti, la base di
Mattarello, “metroland” (180 km di gallerie per una rete di
metropolitane di superficie). Dall’altra parte, gli intrecci tra
l’esercito, la ricerca tecno-scientifica e la produzione industriale.
Che rapporti esistono – ad esempio – tra la cittadella militare di
Mattarello (che vorrebbero costruire a fianco di un aeroporto civile),
il progetto di un centro di ricerca in Trentino della Finmeccanica (il
più grande produttore italiano di armi, in particolare aerospaziali) e
un nuovo stabilimento a Grigno della Forgital (ditta vicentina
specializzata nella produzione di componenti aerospaziali, per lo più a
scopo militare)? E ancora, che rapporti esistono tra la base di
Mattarello, quella vicentina al Dal Molin e la Pi.ru.bi (l’autostrada
Schio-Trento)? Senza contare che rimane aperto il progetto di un centro
turistico per Marines nel Tesino e che una delle tratte all’aperto del
TAV in provincia di Trento (la sola tratta, tra l’altro, in cui è
progettata l’interconnessione con la linea ferroviara attuale) è
prevista proprio di fronte alla zona individuata per costruire la base
di Mattarello. Come si può notare, siamo di fronte a qualcosa di ben
più ampio e inquietante di una semplice “razionalizzazione
urbanistica”, come continuano a sostenere in modo grottesco sindaco e
assessori di Trento a proposito delle “caserme di Mattarello”.
Per quanto riguarda
la ricerca tecno-scientifica, il Trentino sta diventando un importante
terreno di conquista. Stanno assemblando i vari pezzi delle cosiddette
tecnologie convergenti (facoltà di scienze cognitive a Rovereto, il
centro Microsoft più importante d’Europa sulla bio-informatica vicino a
Trento, nuova facoltà di biotecnologia e, da poco, un laboratorio di
nanotecnologie – settore, questo, in cui è ben presente Finmeccanica).
Sembra un mosaico degli orrori. Un ultimo esempio è che l’ex IRST (oggi
Fondazione Bruno Kessler) sta lavorando, in accordo con l’università di
Gerusalemme, alla creazione di un computer atomico le cui applicazioni
sarebbero principalmente militari (dai vari ministeri della Difesa
arrivano infatti i finanziamenti maggiori). Trentino: terra delle mele
e dell’uva?
Finmeccanica in Trentino?
È di qualche mese
fa la notizia di un dialogo per un accordo tra la Provincia di Trento e
Finmeccanica (colosso italiano dell’industria militare). Si tratta di
un progetto di ricerca, in collaborazione con la Fondazione Bruno
Kessler, nel campo delle cosiddette “energie alternative” e dei
satelliti. Ma perché aprire una sede proprio in Trentino? Perché, come
afferma il presidente di Finmeccanica, “qui le leggi potete farvele voi
[il Trentino-Alto Adige è una regione a statuto speciale] e questa è una sicurezza per le imprese interessate a svilupparsi”. E Finmeccanica di affari e di sviluppo se ne intende.
Posseduto per il
32, 45 % dallo Stato, questo gigante industriale è il primo produttore
italiano di armi e il settimo a livello internazionale, con sedi in
tutto il mondo, un organico di circa 60.000 addetti e un fatturato
annuo che si aggira sui 15 miliardi di euro. Il gruppo è costituito da
19 imprese, tra cui spiccano leader europei nel campo della produzione
di velivoli militari, come l’Alenia Aermacchi; di missili, come la
MBDA; di artiglieria navale e terrestre, come la OTO MELARA; di aerei
militari, come la Alenia Aeronautica. Il peso di questa multinazionale
italiana è tale da aver condizionato tutte le manovre finanziarie in
fatto di spese militari. La ragione non è poi così misteriosa. Un
produttore di armi ha costantemente bisogno di nuove commesse e di
nuovi campi di ricerca. Un produttore di armi ha bisogno di guerre per
vendere i propri prodotti, di usare gli armamenti per rilanciare la
produzione. E il mercato funziona, come dimostra il coinvolgimento di
tutte le più grosse banche italiane e internazionali.
Con l’investimento
annuo di 1,836 miliardi di euro nella ricerca e nello sviluppo,
Finmeccanica è all’avanguardia nelle tecnologie belliche e di
controllo, specie quelle aerospaziali. Non solo. Assieme alla canadese
Bombardier (un nome, un programma), Finemeccanica si è aggiudicata
un’importante commessa per la costruzione di treni ad alta velocità.
Guarda caso in Trentino vorrebbero costruire una nuova linea del TAV.
I confini tra la
ricerca civile e quella militare (pensiamo proprio ai satelliti, o
anche alle nuove fonti di energia) sono estremamente labili. Nei
laboratori high tech, d’altronde, chi controlla chi?
Per questo viene
automatico collegare un centro di ricerca di una società che fa della
sperimentazione militare il proprio cavallo di battaglia (pensiamo alla
costruzione di velivoli di attacco), con l’aeroporto di Mattarello e la
base militare che vorrebbero costruirgli davanti.
Teniamo presente
che la Forgital ha vinto qualche mese fa, assieme alla torinese TCS
Group, un appalto per produrre componenti per i cacciabombardieri
F-135. Si tratta di cacciabombardieri concepiti apposta per poter
decollare e atterrare anche su piccole superfici (proprio come
l’aeroporto civile di Mattarello…).
A che punto siamo?
Per il momento, i
lavori veri e propri per costruire la base non sono ancora cominciati:
si parla del 2010 (da concludere entro il 2015). Sono però già
cominciati alcuni lavori preliminari (sbancamento di una parte di
meleti, costruzione di un terrapieno). Entro l’autunno del 2009
vorrebbero completare la recinzione dell’area (che costerebbe, da sola,
più di 360 mila euro e che è stata assegnata alla ditta di Trento e
Verona Nuova Bitumi s.r.l.). Non si è ancora conclusa la gara di
appalto per l’assegnazione dei lavori veri e propri della base.
La mobilitazione contro la base
Sarebbe piuttosto lungo raccontare cosa è stato fatto finora. Ci limiteremo a sottolineare alcuni passaggi.
Nel novembre del
2007 si svolgono, ad opera di alcuni abitanti, le prime serate
pubbliche a Mattarello sulla questione della cittadella militare. La
buona partecipazione spinge gli organizzatori a dare vita ad un
comitato. Fin da subito partecipiamo alle iniziative (non al comitato)
portando un chiaro contenuto antimilitarista e sostenendo la necessità
dell’azione diretta.
A giugno del 2008
le prime ruspe vengono fermate a Mattarello da un gruppo di oppositori
e nell’area agricola nasce un piccolo presidio. Qualche giorno dopo il
presidio viene sgomberato con la forza da polizia e carabinieri. In una
quarantina finiamo in Questura, denunciati per una serie di reati. La
sera stessa nasce a Mattarello un’assemblea contro la base militare,
autonoma da partiti e sindacati, a cui partecipano circa 150 persone.
Alcuni del comitato esprimono già le loro perplessità sulla pratica dei
blocchi. Il giorno dopo viene di nuovo bloccata la strada davanti al
cantiere in costruzione e poi si susseguono per diverse settimane varie
iniziative (affissioni di manifesti, striscioni, presìdi, biciclettate
di disturbo, incursioni in “convegni sulla pace”, ecc.). L’assemblea è
fin da subito una spina nel fianco di disobbedienti e altri
politicanti, che fanno di tutto per farla fallire (il motivo è presto
detto: il metodo dell’unanimità non permette loro di far passare
proposte semi-istituzionali a nome dell’assemblea). Si arriva comunque,
non senza difficoltà, alla manifestazione del 4 ottobre a Trento, a cui
partecipano circa 800 persone. Dopo averne parlato anche in assemblea,
distribuiamo al corteo un volantino che invita, per il lunedì dopo, a
bloccare i lavori a Mattarello. L’accordo è che nessuno si deve
dissociare dalle iniziative altrui, anche se decide di non
parteciparvi. L’esplosione di qualche petardo durante la manifestazione
è il pretesto per attaccare gli anarchici. Il lunedì dopo il cantiere
viene comunque bloccato per l’intera giornata da una cinquantina di
persone (compagni ma anche studenti e altre persone conosciute al
corteo). Sia il comitato che i disobbedienti si dissociano dal blocco.
La rottura (che sapevamo inevitabile e salutare) avviene sul terreno
della lotta.
Apriamo
un’assemblea antimilitarista settimanale a Rovereto con cui
continuiamo, pressoché da soli, la mobilitazione (contestazione di
convegni, un corteo organizzato assieme agli studenti medi, incontri
pubblici, presìdi davanti alla Nuova Bitumi, partecipazione alle
manifestazioni contro i massacri di Gaza con contenuti antimilitaristi
e contro la base, ecc.).
Pubblichiamo da giugno 2008 un foglio antimilitarista (“Rompere le righe”) che distribuiamo in ogni occasione utile.
La risposta sociale
Come già detto
nell’introduzione, la risposta della “gente” alle varie iniziative di
lotta non è stata ampia. Il terreno più favorevole è stato ed è
senz’altro quello degli studenti medi. Il Trentino, come noto, non è
una terra di grandi resistenze né di forti contraddizioni sociali.
Aggiungiamo a questo il fatto che la vendita dei terreni a Mattarello
(pagati profumatamente ai contadini) ha steso un forte velo di
complicità tra gli abitanti del sobborgo e le istituzioni (quando il
padre o lo zio o il cugino hanno intascato dei soldi in cambio del
silenzio, è difficile che qualcuno, in un piccolo paese, alzi poi la
voce contro un’opera che è stata fonte indiretta di guadagno). Le
serate informative erano partecipate, ma con quest’umore di fondo:
ormai è tardi. Le posizioni ambigue del comitato non hanno certo
aiutato. La nota subalternità delle varie associazioni per la pace
finanziate dalla Provincia ha fatto il resto (si può andare alla marcia
Perugia-Assisi, ma è meglio non ricordarsi che un progetto di guerra…
ce l’abbiamo in casa).
Senza una
comprensione più ampia, l’impatto ambientale della base tocca una
popolazione molto più limitata rispetto, poniamo, al TAV (e infatti su
quest’ultimo problema la risposta nei paesi è più significativa). Anche
per questo abbiamo fin da subito insistito sull’aspetto etico (una
struttura di morte) e sociale (militarizzazione del territorio, uso dei
soldati anche per difendere le altre nocività, economia di guerra,
ecc.), lasciando in secondo piano quello ambientale.
Avendo sempre
sostenuto che le azioni in piccoli gruppi e le lotte di massa non si
escludono, ma, al contrario, si intrecciano, è logico che per noi la
partita non sia affatto chiusa. I movimenti specifici (in questo caso
quello anarchico e libertario) possono esercitare fino in fondo la
propria spinta propulsiva, mantenendo il coraggio delle proprie idee e
affinando le proprie forze. La lotta contro la base di Mattarello è in
tal senso, per noi, un’occasione notevole.
Il nostro progetto
È, come abbiamo
sempre sostenuto pubblicamente, impedire la costruzione della base
militare. I mesi a venire saranno molto importanti. L’agitazione
permanente sul problema della base, l’opposizione pratica a chi si
vuole arricchire grazie alla sua costruzione (diffonderemo l’elenco
delle ditte appena noto), l’allargamento e l’affinamento di una rete di
contatti tra persone disposte a battersi.
In particolare, stiamo pensando a due scadenze grazie alle quali valutare e verificare possibilità e prospettive pratiche:
– un convegno antimilitarista internazionale a Trento per sabato 2 maggio
– un campeggio di lotta in provincia di Trento per fine giugno.
Nel corso del primo
appuntamento vorremmo confrontare analisi ed esperienze tra lotte
(italiane e non solo) contro la guerra esterna e contro la guerra
interna. Nel secondo vorremmo rilanciare con forza l’opposizione senza
compromessi alla base militare.
Soprattutto in
vista del secondo appuntamento, è importante per noi discutere nelle
varie città con tutti i compagni interessati, di modo da oltrepassare
l’ambito della solidarietà e della partecipazione ad iniziative già
decise, per sperimentare insieme un progetto di lotta antiautoritaria
contro l’esercito, braccio armato dello Stato e del capitale. La
presenza di compagni solidali in alcuni momenti darebbe maggior forza
alla nostra “propaganda antimilitarista”, mentre in altri sarà
addirittura decisiva.
La posta in gioco,
come si vede, è alta. Faremo del nostro meglio per esserne all’altezza.
D’altronde, senza progetti apparentemente “folli”, la vita e la lotta
non ci appassionano.
febbraio 2009
anarchici di Rovereto e di Trento
navedeifolli@gmail.com