Torino. Striscione antimilitarista dalla Mole

Da indymedia Piemonte:

Via l’esercito dalla città

Una giornata movimentata all’ombra
della Mole. Il luogo simbolo di Torino da qualche anno ospita il museo
del Cinema. Pochi metri più in là c’è il Massimo, dove si svolgono
parte delle proiezioni del Torino film festival.
Sono le sei di sera del 26 novembre. Mentre un gruppo di antirazzisti,
aperto lo striscione “Fuori i militari dai quartieri”, volantina di
fronte all’ingresso del Cinema Massimo, altri antirazzisti raggiungono
in ascensore la terrazza panoramica della Mole e vi fissano saldamente
uno striscione di 30 metri su cui campeggia la scritta “Via l’esercito
dalla città”.

Gli
esponenti della GTT – l’azienda che gestisce il trasporto pubblico
nonché l’ascensore del Museo – bloccano l’ascensore, sequestrando
quattro antirazzisti sulla terrazza.

Mentre
i guardiani della GTT – gli stessi che ogni giorno collaborano su tram
e autobus alle retate contro gli immigrati senza carte – tentano
inutilmente di farsi consegnare le chiavi dei lucchetti che serrano lo
striscione, un antirazzista se la fila alla chetichella dalle scale di
sicurezza. Una ventina di minuti più tardi si esibirà nel salto dalla
terrazza del primo piano sotto gli occhi esterrefatti dei guardiani del
Museo che lo indicano allibiti con il dito.

Al
loro arrivo sulla scena i carabinieri tentano invano di strappare dalle
mani di due antirazzisti lo striscione aperto in strada: si dovranno
poi accontentare di identificarli.

I
tre “striscionisti” rimasti sulla terrazza vengono trattenuti lì dalla
Digos sopraggiunta nel frattempo, mentre sotto i loro compagni entrano
nell’atrio del Museo, chiedendo a gran voce il loro dissequestro. Alla
fine i tre saranno rilasciati e lo striscione sulla Mole portato via da
un corpulento maresciallo.

 

Di seguito il volantino distribuito ai passanti.

 

Il razzismo non è un film

Via l’esercito dalla città

 

A
Torino da mesi l’esercito pattuglia le strade. La chiamano sicurezza ma
ha il sapore acre di ogni occupazione militare, lo stesso che hanno
provato le popolazioni della Somalia, dell’Iraq e dell’Afganistan. Del
resto i protagonisti sono i medesimi.

Sono
i reduci dalla battaglia dei ponti di Nassirya, dove un’ambulanza con
una partoriente e i suoi parenti venne crivellata di colpi, sono i
reduci dell’Afganistan, dove sono normali le irruzioni nelle case e le
uccisioni dei civili, sempre tutti terroristi, bambini compresi. Sono
quelli della Somalia con le torture fotografate per diletto e vanteria.
Sono assassini di professione.

Qui
a Torino sono gli alpini della Taurinense, che alternano la guerra
afgana con la sorveglianza al CPT/CIE e le ronde in vari luoghi tra cui
il mercato di Porta Palazzo.

 

In
questa nostra città ci sono tanti mercati rionali, dove la gente della
zona fa le compere, cercando di spendere il meno possibile, in questi
tempi di salari bassi, lavoro precario, istruzione, salute, trasporti
sempre più cari.

Uno
di questi mercati è in via Cottolengo: è un mercato domenicale dove
vendono e comprano e si incontrano gli abitanti della popolosa zona di
Porta Palazzo.

 

Da
lungo tempo media, partiti xenofobi e comitati "spontanei" ne invocano
la chiusura. Dicono che il mercato è abusivo, incontrollabile.

 

A
due passi dalla più grande piazza commerciale della città, dove lavoro
nero e sfruttamento bestiale non provocano interpellanze né proteste,
il pericolo pubblico numero uno è rappresentato da qualche decina di
banchi senza licenza. Il fatto veramente intollerabile per i razzisti è
che il mercato è gestito e vissuto soprattutto dai tanti immigrati che
abitano in zona.

 

A
partire dall’inizio di ottobre, quando le autorità hanno fatto
schierare duecento uomini armati per impedirne lo svolgimento,
ambulanti, antirazzisti e semplici frequentatori del mercato sfidano
ogni domenica l’esercito e la polizia per riconquistare metro per metro
la strada. Scene da occupazione nazista, con le truppe in mezzo alle
case, ma anche scene di gente che sta trovando il coraggio e
l’intelligenza di resistere e reagire.

La
scorsa domenica, i cosiddetti "comitati spontanei" – un pugno di
commercianti e torinesi razzisti che si attribuisce ogni giorno il
diritto di parlare a nome di interi quartieri – hanno organizzato,
proprio in via Cottolengo, una festa per ringraziare le truppe di
occupazione per il lavoro che hanno svolto fino ad oggi.

 

Ma
hanno fatto i conti senza i tanti torinesi, quelli nati qui e quelli
nati altrove, che non vogliono una città in guerra, che non vogliono
che venga chiuso uno spazio che serve al quartiere. Chi è fuori posto
sono le truppe di occupazione, chi è fuori posto sono quelli che
vogliono la guerra tra poveri. Così domenica 23, pochi razzisti chiusi
dietro un imponente schieramento di polizia e carabinieri, hanno
celebrato il loro triste rito militarista, mentre – complici una
partita di pallone e la scatenata satira antimilitarista della Samba
Clown Army – decine di banchi abusivi hanno animato il mercato nel bel
mezzo di piazza della Repubblica.

 

A
chi pensa che il razzismo sia solo una roba da film, suggeriamo di dare
un’occhiata alle strade della nostra città, dove è storia di ogni
giorno. Retate contro i senza carte, pestaggi e roghi razzisti,
violenza di polizia e carabinieri, sfruttamento bestiale e salari da
fame subiti sotto il ricatto dell’espulsione, prigionia e deportazione
nei CPT/CIE sono il duro pane quotidiano per chi è nato in un paese
povero ed è venuto qui in cerca di un’opportunità di vita.

A
chi pensa che la guerra sia solo una roba da film, lontana da noi,
ricordiamo che l’Italia è in guerra. Una guerra feroce che si combatte
tra i monti afgani non meno che nei nostri quartieri.

 

A cura dell’Assemblea Antirazzista di Torino

assembleaantirazzistatorino@autistici.org

338 6594361

 

L’appuntamento per la difesa del mercato spontaneo di via Cottolengo/piazza della Repubblica è ogni domenica dalle 11.

 

La prossima riunione dell’Assemblea Antirazzista si svolgerà martedì 2 dicembre alle 21 a radio Blackout, in via Cecchi 21.