Chi ha paura della Grecia?

La Grecia bla, bla, bla, L’Italia bla, bla, bla…è scoppiata la Grecia mania, tutti solidali, tutti ammirati, ma molti -riflessivi ed accorti intellettuali post insurrezionalisti- attenti a notare le profonde differenze tra società e movimento della terra di Socrate, e società e movimento della terra di Dante…Tornate a discutere di strategie per rimettere (o mettere per la prima volta) piede in parlamento! Noi preferiamo parlare, e farlo mentre ci affacendiamo, di ciò che sta accadendo nella terra di Alexis e di ciò che dobbiamo fare e facciamo nella terra di Sole e Baleno. Ci siamo stufati dell’esterofilia che porta a magnificare ciò che accade in giro per il mondo "disperandosi" della situazione italiana, che poi non è altro che un buon modo per scongiurare che anche nel bel paese qualcosa accada rimandando alle calende…greche del momento propizio -le masse che ci seguiranno, la crisi che si acquirà…- il salto di qualità del "movimento" italiota…e un modo ancora migliore per evitare di mettersi in gioco. Non solo a parole.
Le cose accadono se ci sforziamo di farle accadere, se aspettiamo che la storia si diriga verso una qualsiasi ineluttabilità -basta con i preti, tutti!- verosimilmente -ce lo insegna la vostra storia- la direzione sarà quella delle gabbie dei padroni.
Quanti hanno taciuto sulle rivolte di Chiaiano e parlano ora della Grecia -abbastanza lontani da non sentire il tepore del fuoco-? Quanti tacciono la solidarietà verso i compagni sequestrati dallo stato e piangono e glorificano Alexsis o i caduti di Oaxaca -abbastanza lontani per non passare da complici-?
Il miglior contributo di lor signori al movimento italico sarebbe quello di farsi da parte smettendola di prendere distanze da questo e quello…continuino poi, se voglono, a pontificare di rivoluzione…
La Grecia è lontana o vicina, dipende da noi, la forma italiota forse non sarà quella Greca, in questo senso sì, ogni territorio ha le sue specificità, ma aver paura non aiuta e aspettare che il sol dell’avvenire sorga da sé vorrebbe dire condannarsi all’inazione.
Lavoriamo nelle nostre città, nei nostri paesi, nelle nostre case, nelle nostre teste e facciamolo con coraggio; allora forse in Grecia parleranno dell’Italia.
Evjenij Vassil’ev Bazarov.