Torino. Antirazzisti alla lavanderia del CIE

Siamo in via Santhià, nel cuore di un vecchio rione operaio di Torino, dove i nuovi immigrati si mescolano con quelli arrivati dal sud trent’anni fa. Al numero 34 c’è la lavanderia ‘La Nuova’. Nel pomeriggio di venerdì 20 marzo un gruppo di antirazzisti suona alla porta e chiede di parlare con il responsabile.
Sul marciapiede altri aprono uno striscione ‘Nessuna pace per chi lavora al CPT’, viene distribuito ai passanti un volantino in cui si spiegano le ragioni dell’iniziativa.

‘La Nuova’ ha un appalto molto speciale, un appalto per lavare i panni che vengono dal CPT di Torino. È il lager dove il 23 maggio dello scorso anno è morto di polmonite un immigrato lasciato senza cure, la prigione pochi giorni fa due tunisini si sono tagliati sino a rimanere in un lago di sangue per non essere deportati in un paese dove non possono e non vogliono più vivere.
I gestori della lavanderia non vogliono sentire ragioni, inveiscono, si agitano, dicono che quello è un lavoro come un altro, che i loro panni sono puliti. Già puliti. Puliti del sangue di chi si taglia per non
partire, del vomito di chi mangia pile per sfuggire all’espulsione. Ma il puzzo, quello della vergogna che marca questa nostra città, resta, perché quei panni dovrebbero essere mostrati a tutti, perché quelle lenzuola insanguinate sono un atto di accusa a chiunque chiuda gli occhi davanti al muro che chiude i senza documenti.
Arriva la polizia, i lavandai nella concitazione si sono persi le chiavi del portone ed accusano gli antirazzisti. Arrivano altri poliziotti e fanno le perquisizioni di rito, ovviamente senza alcun esito se non un pò di spettacolo da strada.
Fuori la gente si ferma, chiede, prende il volantino. Una coppia giovane con il proprio bambino si ferma a lungo. Lui è figlio di immigrati di ieri, gente arrivata dalla Sicilia con la valigia di cartone, lei è tunisina, un’immigrata di oggi. Ci raccontano dell’inferno per fare le carte necessarie a sposarsi. Il CPT lo conoscono bene: il fratello di lei ha perso il lavoro, è stato preso in strada, chiuso in una delle gabbie e deportato. Loro alla lavanderia ‘La Nuova’ non ci vanno più.

Di seguito il volantino distribuito in via Santhià.

Panni puliti, coscienze sporche

Per impiccarsi: a questo servono le lenzuola pulite e stirate impeccabilmente della lavanderia ‘La Nuova’ di via Santhià 34 a Torino.

E sì, perché la lavanderia ‘La Nuova’ le lenzuola le lava e le stira per il CPT-CIE di Torino, il centro dove vengono rinchiusi gli immigrati senza documenti: la lavanderia ‘La Nuova’ lava e stira panni sporchi senza chiedersi se provengano da un ostello della gioventù o da una gabbia
disumana.

"Fare la corda", così si dice dentro le gabbie del Centro quando dalle lenzuola si ricava un cappio. L’ultima "corda" è stata fatta, solo lunedì scorso – per fortuna senza esito.

Solo tre giorni prima tre prigionieri del Centro di nome Mohammed, Faìs e Arabiyah si erano opposti al rimpatrio imminente nell’unico modo che avevano a portata di mano: tagliandosi, tagliandosi dappertutto e riempiendo le gabbie e le lenzuola di sangue. Sangue sparso per non partire, per non dover ritornare in un paese dal quale erano fuggiti tra mille pericoli. Sangue di chi è lasciato solo a lottare, sangue di chi urla a squarciagola senza che nessuno lo voglia ascoltare. Faìs, trasportato in ospedale, è stato arrestato con l’accusa di aver tentato di scappare dall’ambulanza; gli altri due hanno continuato ogni giorno ad urlare e a protestare, ad inghiottire pile e pezzi di ferro, a farsi del
male pur di essere ascoltati. Un altro loro compagno di gabbia, intanto, ha iniziato uno sciopero della fame e della sete, deciso a farsi morire piuttosto di stare ancora mesi dentro alle gabbie del Centro.

Solo nel maggio scorso, un altro prigioniero del Centro, Fathi Hassan Nejl, è morto nella sua branda, lasciato morire dalla Croce Rossa e dalla Polizia. Lo hanno ammazzato, come ieri hanno ammazzato, nel Centro di Ponte Galeria a Roma, un ragazzo algerino che da due giorni stava male e che al posto delle cure ha ricevuto solo botte: «valle a prendere al tuo paese, le medicine» – gli hanno detto.

Siamo stanchi di sangue e di morti, siamo stanchi del razzismo di Stato!
Siamo stanchi di tutti quelli che, sul sangue e sui morti e sul razzismo ci guadagnano dei quattrini.

Libertà per tutti gli stranieri! Libertà per tutti!

Assemblea Antirazzista Torino
assembleaantirazzistatorino@autistici.org