Spartacus è tornato. Evviva Spartacus!
schiavo smette di essere tale nel momento in cui tenta di strappare le
proprie catene. E’ in quell’istante che, incurante delle conseguenze
dell’intento, riemerge liberatrice la dignità, il desiderio, la rabbia
ed il profondo senso di ingiustizia verso il padrone, verso colui che
costringe alla schiavitù.
La rivolta dello schiavo è un atto supremo, è – sopra ogni cosa – gesto
d’amore verso se stessi e verso l’umanità intera. La rivolta dello
schiavo è speranza e giustizia che si fanno arma per divenire
possibilità concreta di emancipazione, è, semplicemente, l’affermarsi
di una volontà di vita diversa, forse felice.
Gli schiavi di Rosarno ci hanno parlato. Ci hanno parlato attraverso i
loro gesti e la loro rabbia. E nell’incendio, nelle vetrine frantumate,
nei cartelli divelti, nelle spranghe sulla polizia, vi è racchiusa la
poesia di un amante.
Forse, l’amore senza calcolo, l’amore disperato, l’amore capace di
volo, è cosa vecchia. Così come è cosa vecchia la schiavitù. Forse, per
questo, sono in pochi oggi a capire, a saper leggere la poesia degli
schiavi di Rosarno.
In questa Italia squallida, assopita nella paura del “diverso” e
impregnata di ipocrisia, governata da cialtroni sostenuti da folle
ancor più imbecilli, corrotta dall’odio e cresciuta nel miraggio
dell’accumulo e della ricchezza, si grida oggi allo scandalo. Lo
scandalo per la violenza, per l’immigrazione clandestina, per le
condizioni di lavoro, per l’insicurezza e l’esasperazione.
Ebbene, Signori scandalizzati, Cittadini onesti, che siate di destra o
di sinistra, che siate cosparsi di melassa cristiana o forgiati fra le
rigide maglie del Diritto, Voi siete cadaveri.
Perché solo un “morto nell’animo” può dibattere in seno al diritto e
fra le pagine dei giornali intorno alla dichiarazione d’un amante. Ad
esso o ci si concede o lo si rifiuta.
Coloro che accettano ogni giorno il giogo di uno Stato sempre più
insopportabile così come coloro che baciano la mano all’imperversare
delle mafie, coloro che leccano i piedi al padrone – per poi ringhiare
contro quelli che sono più poveri o più sfortunati – così come coloro
che dalla miseria altrui traggono vantaggio, tutti questi, di certo,
rifiuteranno le avances degli immigrati di Rosarno. Ma costoro non
meritano discorso, non è a loro che si vuole parlare.
Chi di certo ascolterà sono i “libertini”, quegli spiriti che ancora
sanno desiderare, che ancora sanno quale è la differenza fra vivere e
sopravvivere, fra la libertà e la schiavitù. Che sanno che mille auto
incendiate non valgono la libertà e la dignità di un uomo.
La schiavitù è fatta di uomini e di merci, di imprese e di rapporti.
Essa è possibile attraverso una politica ogni giorno più xenofoba e
classista ed è sostenuta da eserciti in uniforme e mafiosi in
doppiopetto.
L’amore per la libertà è fatto di complicità e fantasia. La rivolta
degli immigrati africani di Rosarno è un dono fatto a noi tutti, ora
spetta a noi ricambiarlo.
Perché nessun uomo sarà mai libero finché l’ultima catena non verrà spezzata.