Da Pistoia sul processo agli antifascisti

Volantino attacchinato nei giorni scorsi in città in relazione al processo agli antifascisti accusati dell’attacco a casa pound.

IL MONOPOLIO DELLA VIOLENZA E LO SPETTACOLO DELLA GIUSTIZIA
(dall’attacco a casa pound al processo agli antifascisti)

Lo Stato, si sa, non può tollerare alcuna violenza che non sia la sua.
Ma questo dato di fatto nasconde una sostanziale differenziazione. In
una società disumanizzante, dove alienazione e velocità meccanica sono
i motori della riproduzione, la violenza, oltrechè inestinguibile, è il
mezzo che diventa fine di desideri sempre più frustrati. Ciò deve
essere nascosto, ma entro certi limiti tollerato. Esiste altresì un
altro tipo di violenza endemica, prodotto di quel residuo di umanità
che reagisce al sistematico processo di riduzione della vita in mera
sopravvivenza. E’ slancio spontaneo o opposizione (auto)organizzata al
potere che in variegate forme si palesa. Questo secondo tipo di
violenza non può assolutamente essere tollerato e deve essere represso
con ogni mezzo o ricondotto entro altre forme. L’attacco alla sede di
Casa Pound ha colpito, più o meno efficacemente, ma indiscutibilmente
in maniera chiara e diretta una delle protesi del potere sul
territorio. Quella che di fatto rappresenta una succursale di Caserma e
Questura, da cui svolgere, in nome di un tacito accordo basato
sull’autoritarismo, quelle stesse funzioni di repressione e controllo.
Questo attacco pertanto ha rappresentato non solo uno smacco nei
confronti dei fascisti buoni di Caserma Pound (quelli delle aggressioni
nelle ultime settimane a Napoli, Ferrara, Verona, o per essere ancora
più chiari dell’aggressione in città dell’anno scorso allo Spazio
Liberato Ex Breda Est, dove si presentarono con catene, tirapugni e
coltelli ferendo un giovane al volto e alla nuca. Aggressione poi
rivendicata senza alcuna conseguenza nei loro confronti, ma che vide 8
aggrediti denunciati per rissa), ma anche al sistema poliziesco e
politico. Era pertanto fin troppo naturale che lo Stato mettesse in
moto la sua macchina repressiva cieca e brutale per ribadire il proprio
monopolio della violenza, l’univocità dell’interpretazione e
dell’applicazione di ciò che perfino la sua stessa legge prevede:
l’inesistenza delle sedi fasciste. Ma se oltre lo smacco c’è anche la
beffa? Se i cosiddetti colpevoli hanno agito a volto scoperto, in
centro ed in pieno giorno e sono pure riusciti a darsela a gambe
(verità di cui tutti sono a conoscenza, perfino la stessa digos..), che
fare? All’aggiustizia non interessano le categorie di innocenza o
colpevolezza. Quanti individui giuridicamente innocenti affollano le
carceri dell’Italia, del mondo? Quanti? Del resto si sa, le carceri
esistono per il solo scopo di essere riempite. Il rito democratico che
si espleta nei tribunali come sempre è anticipato dal processo
mediatico orchestrato dai giornalisti-giullari di corte sulle note del
coro di condanna dei politici. E’ questa sinfonia funebre la colonna
sonora dello spettacolo della giustizia. Se non ci sono i colpevoli, si
creano. Tutti sono potenzialmente colpevoli, anche se alcuni possono
esserlo meglio di altri. Il macellaio ha bisogno della carne, ma se
questa non è “addomesticata” è di maggior pregio. La fava della
giustizia anche stavolta è riuscita a prendere due piccioni per il
solito risotto da scodellare al giudice.