RIVOLTA!!

La Grecia è in rivolta permanente, La Francia è bloccata da giorni dagli scioperi e le manifestazioni, lo sfondo è sempre la crisi, che secondo media e politicanti vari si avvia verso la fine ma che in realtà –lo sa bene chi si barcamena ogni giorno tra stipendi da fame e contratti da medioevo- morde sempre più in attesa della bolla speculativa che secondo alcuni dovrebbe scoppiare a breve.

In Italia la situazione è drammatica, tra lavoro che manca e che se c’è è pagato poco dal padronato (sia il vecchio possidente o una multinazionale) e tantissimo –in termini di sfruttamento- da chi lavora. A fronte di tutto ciò si sente parlare soltanto di Santoro e trasmissioni minacciate di chiusura, ragazzine ammazzate, Lodo Alfano e scuole “griffate” con il sole delle Alpi…

 

Qualche giorno fa una grande manifestazione della FIOM ha fatto gridare al miracolo l’asfittico cadavere di una sinistra che ha vissuto questo evento come una scarica d’elettroshock ma che a breve ricadrà nel suo torpore generato da avidità, mancanza di idee ed ideali.

Eppure una manifestazione, per quanto grande, se non è preceduta e seguita da una mobilitazione permanente e radicale nelle pretese risulta essere soltanto una passerella per futuri leader politici e la medicina sociale per evitare deflagrazioni più potenti ed incontrollabili.

 

Le grandi messe popolari celebrate da preti in tuta (solo in tuta) da operaio rappresentano, come quelle officiate dai preti, la messa in scena simbolica di un desiderio che diviene così richiesta ad un’entità superiore, trascendente e metastorica (Dio, lo Stato…) che sola può concedere o negare la grazia e che di fatto priva (ma è una privazione autoinflitta, roba da martiri paleocristiani) gli individui di buona parte della forza del loro intelletto e della propria volontà. La prece, in chiesa o nelle piazze, non è altro che uno strumento di legittimazione dello status quo, cui si rivolge, alberghi esso nell’alto dei cieli o nel chiuso di stanze riccamente decorate.

 

La Grecia brucia, e la benzina che arde parla la lingua di una nuova società nella quale siano gli individui e non il mercato a decidere della propria esistenza; in Francia c’è, per ora, solo la volontà di non cedere il proprio futuro in cambio di un pugno di mosche senza però una particolare volontà di rivolgimenti che mirino ad un orizzonte che rompa con quello attuale, ma è comunque un inizio.

 

In Italia tra un Grande fratello, giornalisti egomartiri con il portafoglio ben gonfio e delitti maturati in un “sano contesto familiare” la quotidianità degli italioti è tutta assorbita tra telecomando e poltrona, tra social network e nuovi cellulari, tra un piagnucolare da romanza meroliana ed un urletto –da parte dei più “attivi”- in una piazza romana, poi tutto finisce, le porte si chiudono sulle piazze che si svuotano e le bandiere che si ripongono meste negli zaini…il corteo è finito, siamo stati bravi, niente cambia, ed alla fine cosa si vorrebbe cambiare?

 

Eppure ci sono anche in questo paese sacche di resistenza, sia individuali che collettive, che prefigurano una possibilità, quella di cambiamento reale e dirompente slegato da logiche di potere.

Sono quelle mobilitazioni che mettono in difficoltà i sinistri che si sentono scavalcati, inutili, impossibilitati, nella loro granitica immobilità, a seguire anche da lontano la fluidità della rivolta.

Sono quelle mobilitazioni che con le pietre in mano fanno inorridire i piccolo borghesi pacifisti e non violenti, reazionari in bandiera arcobaleno.

Sono quelle mobilitazioni che strappano la maschera da agnellini ai veri violenti –politicanti e cagnetti in divisa vari-, che manu militari vogliono imporre scelte dannose per la salute e le esistenze di tantissimi ma lucrose per le tasche di pochi, quelli che contano.

 

Le rivolte di Terzigno contro lo sversamento di tonnellate di rifiuti in un territorio già fortemente contaminato, la resistenza di intere valli del nord contro lo sventramento del territorio (con tutto quello che comporta) a mezzo TAV, i singoli ed i gruppi che lottano contro i lager per migranti e la militarizzazione del territorio, sono piccole scintille, piccoli spiragli di luce che a patto di non volersi voltare dalla parte opposta possono rappresentare una possibilità reale per un orizzonte futuro realmente alternativo che rompa con lo sfruttamento capillare ed intensivo cui siamo ad oggi soggetti. La rivolta è possibilità collettiva, ma  appannaggio di una collettività di individui coscienti, non c’è bisogno del fedele –lo sia in Dio, lo stato, Marx, Bakunin- ma di una nuova categoria umana che forse non ha ancora nome ma che sta germinando sulle barricate di tutto il mondo…e ce ne sono, nonostante quel che raccontano le tv.