LO SCIOPERO DELLA FAME DI ROMANOS E LA REAZIONE ANARCHICA
“Il carcere è l’espressione più brutale e immediata del potere e come il potere va distrutto, non può essere progressivamente abolito. Chi pensa di poterlo migliore per poi distruggerlo ne rimane prigioniero per sempre. Il progetto rivoluzionario degli anarchici è quello di lottare insieme alla gente per farla insorgere contro ogni sopruso e ogni repressione, quindi anche contro il carcere. Quello che muove gli anarchici è il desiderio di un mondo migliore, di una vita migliore, di una dignità e una morale che l’economia e la politica hanno distrutto. In questa società non può esserci posto per il carcere. E’ per questo che gli anarchici fanno paura. E’ per questo che vengono rinchiusi in carcere.”
Alfredo M. Bonanno, Carcere di Rebibbia, 20 marzo 1997 [tratto da “Chiusi a chiave. Una riflessione sul carcere”]
Se Romanos avesse scelto l’attacco frontale senza un domani avrebbe usato la sua arma – incurante delle vittime – per evitare il proprio arresto dopo la rapina, e sarebbe probabilmente morto combattendo. La suddetta scelta ipotetica appartiene all’ampia corrente insurrezionalista/nichilista e ha la sue giustificazioni, è rispettabile e rilevante per le sue convinzioni esistenziali, che non voglio qui analizzare. Ma Romanos ha fatto una scelta diversa. Quindi, la sua carcerazione è una graduale e tormentosa procedura effettuata dallo Stato, che difatti si sta vendicando, per rispondere a certe persone (Schockault in un post su Athens Indymedia di due giorni fa), anche se loro non ci credono. Questo perché l’assimilazione autoritaria e l’alienazione sono sempre accompagnate dalla vendetta violenta, tradotta in un esempio deterrente che raggiunge dei livelli estremi.
Da questo punto in poi Romanos avrebbe accettato il proprio destino, lasciandosi trasportare da esso (questo è l’addomesticamento), o avrebbe combattuto con ogni mezzo a sua disposizione. Lui ha deciso di combattere, non per migliorare le condizioni carcerarie, ma per migliorare la propria condizione di sopravvivenza. Ora, se la Sinistra si unisce a lotte simili o decide di sostenere simili battaglie (qualcosa che fanno ogni tanto) per dei motivi propri, bassi o meno, egoistici, non ci interessa affatto (almeno adesso).
Questo perché, quando attacchi per prima cosa guardi verso il nemico che ti sta di fronte nel momento dell’attacco, e solo dopo ti volgi indietro, verso colui che ti segue o si unisce alla battaglia. Ad esempio, se i comunisti avessero attaccato le forze della repressione in piazza Syntagma tre anni fa, gli anarchici sarebbero stati accanto a loro (ho detto “accanto”, non con loro), un atto parallelo di attacco, e non avrebbero mollato, come hanno fatto.
A coloro che sostengono che il procedere dello sciopero della fame ha contribuito alla formazione del consenso sociale riguardo ai progetti dello Stato (braccialetti carcerari, videoconferenza ecc.), la risposta giace nella scelta intransigente delle guerriglie urbane ovunque dove è in questione la vendetta.
Tuttavia, la risposta degli anarchici/nichilisti insurrezionalisti è che l’esaltazione della vendetta e della repressione intensificano lo slancio ribelle e per questo lo cercano. E così anche il conflitto. In modo più fragoroso.
“Violenza, distruzione e morte” non devono essere sempre le ostetriche della Storia (Shockault), ma sono sicuramente le ostetriche dell’Anarchia. Immaginate la corrente anarchica in tutte le sue forme senza la morte nel corso della storia! Sarebbe una battuta che divertirebbe solo coloro che la ritengono un’esaltazione di morte.
Nessuna lotta seria è senza sangue ed è ridicolo cercare delle cause psicopatologiche che hanno una forte rassomiglianza con i metodi della propaganda statale. A meno che non si creda che lo Stato e le strutture autoritarie possono essere distrutte con gli scherzi o sbattendo le pentole sulle piazze.
Romanos, con la sua determinazione, ha raggiunto un significativo arretramento, o piuttosto un ripiegamento dell’apparato autoritario. Questo di per sé ha un molteplice significato. Tutti coloro che sono aperti alla pratica anarchica aggressiva, conflittuale, insurrezionalisti o meno, sottolineano questo fatto e continuano. Per il resto, sarebbe bene ripensare la questione della solidarietà (con tutti e con ciascuno degli oppressi con la stessa intensità e con i loro compagni), e specialmente la questione della metodologia di azione.
Nicolas Nessounos
Traduzione: RadioAzione [Croazia]
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