I rosso-bruni: vesti nuove per una vecchia storia

Come si sa,
l’ideologia del Fascismo è nata storicamente da una rete di scambi e
ibridazioni fra “destra” e “sinistra”, combinando lotta di classe e
nazionalismo, dittatura del proletariato e stirpe eletta, socialismo e
razzismo. L’ideologia fascista da sempre si è alimentata di discorsi
rivoluzionari per virarli verso l’autoritarismo. Per questo la
resistibile ascesa dell’estrema destra porta con sé persistenti fenomeni
di collaborazionismo e mimetismo politico. Per questo i neofascisti
sono tanto interessati a fare discorsi “di sinistra”, “anticapitalisti”,
“rivoluzionari”, “antimperialisti”. Non da oggi è la loro strategia, tanto più in tempi di crisi economica e crescente disagio sociale. Ripubblichiamo da Carmilla un articolo che fa il punto sulle organizzazioni neofasciste “rosso-brune”.

I rosso-bruni: vesti nuove per una vecchia storia
di Valerio Evangelisti

[Questo breve articolo di tono divulgativo, apparso sul numero di giugno della rivista Su la testa,
legata al PRC, non doveva apparire su Carmilla. Esistono in rete
inchieste sullo stesso tema molto più accurate, di cui fornirò i
riferimenti. Se mi risolvo a pubblicarlo qui è perché, a scoppio
ritardato, ha causato nei diretti interessati reazioni scomposte, ai
limiti dell’isteria. In particolare, ciò è avvenuto per le tre righe
piuttosto neutre consacrate a Costanzo Preve, elencato tra i marxisti
sedotti dall’ipotesi rosso-bruna. In appendice, fornirò qualche
indicazione bio-bibliografica sui curiosi difensori che, per
l’occasione, l’illustre “filosofo marxista” ha trovato. Naturalmente, a
tutti è lecito cambiare idea, ma se la schiera dei “versipelle” è troppo
folta dà adito a sospetti.]

L’ultimo, sconcertante prodotto della strana famiglia che sto per
descrivere ha per nome “autonomi nazionalisti”. Si tratta in effetti di
giovani neonazisti che fanno propri alcuni simboli esteriori non tanto
dell’autonomia, quanto dell’anarchismo più radicale.

Vestono le tutine nere dei “Black Bloc”,
si fregiano della A cerchiata. Di recente hanno occupato una casa
rurale abbandonata nei pressi di Pavia, con l’intento di farne un centro
sociale. Inalberano l’insegna del movimento internazionale “Antifa
Aktion”, rappresentata da una bandiera rossa giustapposta a una nera, se
i militanti sono in prevalenza marxisti, o una nera su una rossa, se
prevalgono gli anarchici. L’emblema vuole comunque indicare l’unità di
anarchici e marxisti contro il fascismo. Non è così per gli “autonomi
nazionalisti”. Nella loro versione, la bandiera nera copre la rossa, ma
la scritta attorno è “Anti-Antifa Aktion”. Il nemico è dunque
l’antifascismo militante.

Si tratta, in Italia, di un pugno di giovanotti, per di più invisi a
Casa Pound, che li ha trattati a male parole. In realtà il piccolo
movimento è nato in Germania, dove, visto il successo degli “Antifa”,
alcuni militanti di estrema destra hanno pensato che fosse solo
questione di look; poi il nucleo iniziale si è ramificato,
raggiungendo persino l’Australia. Prassi di questi gruppi? Infiltrarsi
nelle manifestazioni degli Antifa e causare il maggior numero possibile
di danni insensati, con obiettivi certamente diversi da quelli dei Black
Bloc propriamente detti.

Restano comunque un’esigua minoranza, come gli “anarchici nazionalisti”
che li avevano preceduti. Ben diverso – anche se numericamente ancora
marginale – il peso esercitato dalla tendenza fascista detta
“rosso-nera”, o “comunitarista”, o “nazional-bolscevica”, o “socialista
nazionale”. In Italia è una lunatic fringe, eppure può contare
su un quotidiano, qualche rivista, diverse case editrici e molti siti
web, che alcuni, in buona fede, credono di estrema sinistra. Il fatto è
che questo filone ha una sua storia e, qui e là per l’Europa, persino un
suo radicamento.

Un recente numero del Bollettino Aurora di Alex Lattanzio –
pubblicazione “rosso-bruna” in rete molto ben dissimulata, tanto che
prende nome dal famoso incrociatore che appoggiò gli insorti della
Rivoluzione d’Ottobre – rievocava i “padri nobili” in quei comunisti
nazionalisti che negli anni ’20, in Germania, ebbero un qualche seguito,
fino a venire cancellati dai nazisti hitleriani. In realtà, l’origine
della corrente è più recente. Il fondatore autentico è il belga
Jean-François Thiriart (1922-1992), ex combattente delle SS valloni,
collaborazionista in nome di gruppuscoli provenienti dall’estrema
sinistra approdati al sostegno al Terzo Reich. Nel dopoguerra, Thiriart
pagò le sue scelte con alcuni anni di carcere. Tornato in libertà, fondò
alla fine degli anni ’50 il movimento Jeune Europe (avente per simbolo
la croce celtica, poi divenuta di uso comune a destra), che si opponeva
alla decolonizzazione del Congo belga, dell’Algeria e degli altri
possedimenti europei in Africa. In Italia, Jeune Europe ebbe quale primo
referente Ordine Nuovo, mentre all’interno dell’OAS (Organisation Armée
Sécrète) franco-algerina, trovò un discepolo brillante e intelligente
in Jacques Susini, l’ideologo del gruppo terroristico.

Lentamente, tuttavia, le idee di Thiriart, inizialmente tanto
antiamericane quanto antisovietiche e centrate sulla nozione di Europa
quale culla della civiltà, mutarono. Cominciò a leggere l’URSS quale
baluardo nazionalista, specialmente nella figura di Stalin, e a
considerare con simpatia la Cina. Formulò la nozione di “Eurasia”,
entità politica e culturale in fieri capace di dare scacco
all’imperialismo americano, ormai quasi il solo nemico (con la sua
appendice ebraica, Israele). Accantonò il filocolonialismo per
appoggiare i movimenti di resistenza dell’America Latina e del Medio
Oriente.

In Italia i referenti cambiarono. Per i dettagli rimando a un saggio di Claudia Cernigoi, La strategia dei camaleonti: comunitarismo e nazimaoismo,
apparso nel 2003 sulla rivista triestina La Nuova Alabarda e facilmente
reperibile sul web. Vi si trova anche un dizionario con i nomi più
significativi, sempre ricorrenti. Riassumendo almeno tre decenni, chi
traspose in Italia le nuove idee di Thiriart fu in primo luogo “Lotta di
popolo”, il più noto gruppo detto nazi-maoista. Seguirono “Lotta
Studentesca”, in parte “Terza Posizione”, la rivista “Orion” di Milano
(facente capo alle edizioni Barbarossa e alla Libreria del Fantastico di
viale Plinio), fino all’ala estrema e armata, i NAR di Giusva
Fioravanti. Più raggruppamenti minori, misticheggianti o aventi
radicamento locale, in forma di circoli e associazioni culturali.

Più interessante vedere gli sviluppi attuali. Non senza avere notato che
quella componente, sicuramente minoritaria, del fascismo “di sinistra”,
ha comunque contagiato l’intero arco della destra extraparlamentare, o
parzialmente extraparlamentare in quanto associata elettoralmente ai
partiti del centrodestra. Se ne trovano tracce in Fiamma Tricolore, in
Forza Nuova, in Casa Pound-Blocco Studentesco (l’espressione più
“moderna” e originale) e in molte formazioni assenti dalla scena
nazionale. Una rassegna dei gruppi e dei siti che sto per citare è
compresa in un saggio, L’arcipelago della destra radicale, presente nel
sito web L’Avamposto degli Incompatibili (ora qui). Quello che tento ora è un rapido aggiornamento.

Anzitutto è d’obbligo il rimando a una delle maggiori formazioni che
agiscono a livello europeo, a dimostrazione che siamo di fronte a una
piccola Internazionale. Si tratta del Partito Comunitario Nazional-Europeo,
i più diretti eredi di Jean-François Thiriart. Quando si accede in rete
al loro sito, si è accolti dall’inno sovietico. Si passa poi a una
pagina fitta di ritratti di Stalin e Che Guevara. Il partito sembra
avere molte filiazioni soprattutto nell’Est europeo, e, quanto
all’Europa occidentale, in Francia. Qui pubblica un periodico, Les
Causes du Peuple. Fa il verso a La Cause du Peuple, il noto settimanale
maoista francese diretto, negli anni successivi al ’68, da Jean-Paul
Sartre. Per comprendere l’ispirazione autentica basta esaminare il
dossier dedicato a Thiriart, in termini osannanti.

Il PCN non sembra avere relazioni dirette con il russo Partito Nazional-Bolscevico
fondato dal poeta e scrittore Eduard Limonov (eccellente, va detto, in
entrambe le sue espressioni artistiche). Questo è un partito slavofilo,
aggressivo, trasgressivo, che di comunista non ha molto, a parte il
solito richiamo alla grandezza di Stalin. Raccoglie giovanissimi sotto
bandiere curiose: falce e martello in un cerchio rosso (o nero) che
ricorda le insegne naziste, o, addirittura, l’immagine di Jean Marais
con maschera verde nel film “Fantomas ‘70”.
Gli italiani sono più seri e, pur condividendo in certa misura le idee
dei loro confratelli dell’Europa orientale, sono più abili a camuffarsi.
Prima di catalogarli, vediamone le idee di fondo (non comuni a tutti i
nuclei, ma alla maggior parte):

– L’unione di Europa e Asia (“Eurasia”) è in grado di sconfiggere
l’imperialismo statunitense. Chiaramente, l’attuale Unione Europea non è
un passo avanti in quella direzione (e qui mi sento di concordare);

– A questo fine, va bene l’alleanza con tutti gli Stati e le forze che
perseguono il medesimo obiettivo, dagli integralisti islamici, ai
nazionalisti slavi, a paesi socialisti o socialisteggianti come Cuba, il
Venezuela o altri dell’America Latina;

– Il capitalismo è aborrito, ma identificato in sostanza con le banche e
i grandi fondi di investimento. Nella maggior parte dei casi nelle mani
di ebrei;

– Il conflitto di classe è taciuto o considerato “superato”. Non rientra
negli schemi interpretativi. I rapporti di forza sono diventati
“geopolitici”, e la Russia di Putin, la Cina o il Vietnam che promuovono
il neocapitalismo, l’Iran ecc. sono oggettivamente oppositori del
sistema globale. Le classi escono dal quadro. Si parla di “nazioni”,
“etnie” o “popoli” come surrogato delle classi;

– Nessun “comunitarista” si definirebbe razzista. Ogni comunità deve
mantenere la sua identità culturale, e nel proprio ambiente va più che
bene. Gli esodi di massa verso i paesi più ricchi sono dovuti non a
miseria, ma un piano americano per piegare l’Europa – e la futura
Eurasia. Ovviamente con l’appoggio della finanza internazionale e dei
suoi organi di controllo, che mirano a soffocare la nostra cultura e ad
averci in pugno per debolezza di fronte all’invasione;

– Israele è identificato con gli ebrei in toto, e comanda in
pratica il mondo intero. La resistenza alla politica del governo
israeliano è indifferenziata. Contro gli israeliani, per i rosso-bruni,
va bene di tutto: i palestinesi veri e propri (in tutte le loro
componenti, spesso assai diverse), i talebani, gli estremisti islamici,
Ahmadinejad, fino ai naziskin di quartiere. Il nemico sono “gli ebrei”
in genere. Controllano il sistema finanziario, si sono inventati
l’Olocausto per tenerci sotto ricatto perenne. Ciò li coinvolge come
“genus” potenzialmente pericoloso, a prescindere da età, sesso, cultura,
fede religiosa o non religiosa effettiva, ecc.

Questo “corpus” di idee, condiviso in larga misura ma raramente in ogni
punto, connota vari piccoli gruppi esistenti in Italia, maestri di
confusione.

Il sito Aurora, già citato, è apparentato con la rivista Eurasia, che
fin dal nome denuncia i suoi riferimenti nascosti. Quando Arcoiris TV
trasmetteva via satellite, dedicò a Eurasia anche una rubrica
settimanale, forse senza sospettare che si trattasse di “rosso-bruni”.
Sia Aurora che Eurasia svolgono una cospicua attività editoriale. Sono
fascisti almeno quanto a estrazione, ma lo nascondono con notevole
abilità.

Ancora meglio lo nasconde il sito Comedonchisciotte. Chi lo seguì dalla
nascita, ricorda che in principio offriva da scaricare I protocolli dei
Savi di Sion. Adesso pare un sito di estrema sinistra, che colleziona
articoli di ogni tendenza. Fulvio Grimaldi, la cui collocazione a
sinistra non è in discussione, lo linka sul suo blog, quasi fosse
affidabile. In effetti converge su molte valutazioni. Ma questo è un suo
problema. In equivoci analoghi cade abbastanza spesso Giulietto Chiesa,
che con i rosso-bruni condivide l’interpretazione – fondata o meno che
sia – degli attentati dell’11 settembre 2001 come complotto maturato
all’interno degli Stati Uniti. Antiamericanismo viscerale e antisionismo
(da leggersi come detto sopra) sono i punti di forza di
Comedonchisciotte, un sito che gode di una certa popolarità.

Qui va detto, per inciso, che non riconoscere il conflitto di classe
come centrale priva la destra “nazional-bolscevica” della filosofia
della storia propria della sinistra. A ciò sopperisce cercando il motore
degli eventi in cospirazioni raffinate (a volte credibili in parte,
altre volte no), e in gruppi di potere che nascostamente guidano le
scelte palesi di Stati e coalizioni tra nazioni (Gruppo Bildeberg, Club
di Roma, ecc.). Se l’11 settembre è il cavallo di battaglia, attraverso
“personalità” come il saggista americano di estrema destra Webster
Griffin Tarpley (autore tra l’altro di un libro contro Toni Negri,
visto, tanto per cambiare, come manovratore delle BR), in siti che
costeggiano l’area senza appartenervi integralmente, come Luogo Comune,
ciò si estende anche a eventi come la spedizione dell’Apollo 11 sulla
luna, frutto di manipolazione cine-televisiva. L’importante è che ci sia
qualcuno che complotta nell’ombra, dai banchieri ai Savi di Sion
attualizzati.

Malgrado simili bizzarrie, alcuni transfughi della sinistra sono finiti
per approdare alle sponde rosso-brune, con maggiore o minore
consapevolezza. È il caso dell’economista Gianfranco La Grassa, allievo
di Antonio Pesenti (firmò con lui un cospicuo Manuale marxista di
economia politica), sempre citato dai “nazional-bolscevichi”; di un
altro economista radicale, Vittorangelo Orati, che a suo tempo
collaborava alla Monthly Review (1); ma soprattutto è il caso del
“filosofo marxista” Costanzo Preve, divenuto un autentico teorico del
“comunitarismo”. Ha un suo sito, Comunismo e Libertà (prima si chiamava
Comunitarismo.it), da cui divulga il nuovo verbo, sempre richiamandosi a
Marx.

Tornando all’ala “militante” dei rosso-bruni, ecco Socialismo Nazionale e
Gerarchia, vincolati a Militia, gruppuscolo (un tempo denominato
Movimento Politico Occidentale) che di recente ha avuto guai giudiziari,
anche per le sue connessioni con alcune curve calcistiche di tifosi; ed
ecco Rinascita – Quotidiano di Sinistra Nazionale (da non confondere, è
chiaro, con La Rinascita del PdCI). Il giornale ha una versione
cartacea, non facile da reperire in edicola. Accanto al titolo riporta
una citazione di Nietzsche; i contenuti sembrano di estrema sinistra. In
realtà i fondatori hanno vecchi percorsi che ben poco hanno a che fare
con la storia del movimento operaio. Rimandano invece al terribile
vecchietto ex SS, Jean Thiriart, e alla sua Jeune Europe.

Potrei continuare pagine e pagine con l’elencazione. Mi limito invece a
fare un breve riferimento a un’altra corrente rosso-bruna, di origini
differenti. Si tratta dei seguaci, che si potrebbero definire “fascisti
ecologisti”, del filosofo francese di destra Alain de Benoist. Costoro
hanno circoli, siti e riviste, nonché una casa editrice di dimensioni
non piccole, con sede a Bologna: Arianna Editrice (appoggiata a una
catena distributiva, Macrolibrarsi). Arianna pubblica testi di medicina
alternativa, libri su cospirazioni varie, saggi sulla decrescita e su
forme di illuminazione interna, pamphlet contro il “signoraggio
bancario”. Diffonde quotidianamente un bollettino in rete, in cui hanno
ampio spazio il negazionismo dell’Olocausto, le tesi sul superamento
delle distinzioni tra destra e sinistra, la geopolitica di impostazione
“eurasiatica”.

Cosa pensare di tutto ciò? Ho inteso limitarmi a una semplice, sommaria
rassegna. La mia idea è che la “crisi delle ideologie” non si sia
abbattuta solo sulle forze del movimento di classe, ma abbia lasciato
orfana anche parte della destra più aggressiva, desiderosa di scendere
sul terreno del sociale a occupare le piazze lasciate vuote da una
sinistra sfiancata. Lo fa ripescando teorie ambigue e tutt’altro che
nuove, come si è visto. Vi riuscirà? Non ci si faccia illusioni sui
numeri, i “rosso-bruni” sono pochi ma non mancano di potenziale di
crescita. L’unico modo per impedirlo è che quelle piazze tornino a
riempirsi di bandiere rosse.(?o bandiere nere anarchiche..A.P.)