Scritto di Adriano Antonacci

La violenza genera violenza. Indipendentemente da quanto sia giusto o sbagliato, da quanto astruso sia il confine tra gli opposti e da come questi possano convergere. La parola e il concetto stesso di violenza, da parte di chi ne detiene il monopolio, assume profonde mistificazioni. Il dissenso in ogni sua espressione viene sproporzionalmente represso…non che stupisca…”vagli a spiegare che è primavera”…

E’ tristemente noto il modus operandi della sbirraglia politica, nell’artistica architettura di fantomatici castelli e l’accusa di appartenere a fantasiose associazioni e quali le armi dell’apparato giudiziario dello Stao-Capitale, servile e funzionale al miserabile potere, fautore e praticante della logica dominante.

Tra il cemento e l’acciaio che mi imprigionano e la servitù carceraria ottemperante in tale sbirresca funzione (usciere – controllore) scrivo queste poche righe come un personale sfogo e rompo un silenzio soffocante.

Saluto e ringrazio di cuore gli amici e le amiche di sempre, tuttx i compagni, le compagne e le realtà solidali e vicine. Esprimo quindi la mia solidarietà a tuttx i/le ribelli e gli/le opprssx resistenti, dentro e fuori le galere e con fraterno affetto abbraccio forte Gianluca, compagno caro.

Considero l’anarchismo prima di tutto un sentimento, generatore di sentimenti contrastanti. Lo si può enfatizzare, sminuire, distorcere, teorizzare…un sentimento in quanto tale, lo si vive!

Ma non vi è nulla di sentimentale e non vi sono astrattismi alcuni, nell’insieme di strutture e pratiche attraverso cui avviene il controllo, la gestione, la sottomissione e lo sfruttamento della vita. Non sono certo astrattismi saccheggio e sistematica devastazione ambientale.

Tutte le istituzioni, siano esse politico-amministrative, economico-finanziarie o socio-culturali, sono indirettamente o direttamente responsabili della prosecuzione di questo stato di cose, attraverso la moltitudine dei mezzi coercitivi, nell’imposizione sopraffazione di volontà e quindi nell’esercizio di potere, legittimato dallo Stato di diritto.

La moderna civiltà imperialista si espande mediante l’illusione e la corruzione, il ricatto, la militarizzazione dei territori o dichiarando esplicitamente guerra. Vomita cemento e tossicità, inghiotte la natura, omologa e annienta popoli e culture, opprime con la forza ogni resistenza.

D’altra parte sono millenni che la tiranni civile caratterizza l’umanità, in quanto specie evoluta schiavizzatrice.

Nel calderone globale mercificatore le politiche liberali e le logiche del commercio dettano legge. Gli stessi Stati (facendo i doverosi distinguo) sottostanno ossequiosi ad organismi sovranazionali, trattati internazionali e al dominio finanziario strangolatore.

Le corporazioni e aziende multinazionali dei diversi settori detengono indefinibile potere. In nome del profitto e del progresso, con maschere da benefattori e la complicità dei governi saccheggiano, devastano e uccidono senza scrupolo alcuno.

Da tempo ormai gli sfruttatori e inquinatori di sempre nel solo intento di perpetuare il proprio status, il proprio operato e quindi i loro profitti, blaterano di sostenibilità, si riciclano come “amici dell’ambiente” e avendo particolarmente a cuore la causa ecologista, ne diventano sostenitori e promotori … l’energia e l’economia divengono “etiche” e si colorano di verde … l’ipocrisia diviene insostenibile!

I governanti hanno affinato i metodi e affilato le lame. Analizzano insulsi valori, parlano di crescita, sviluppo e mediante tecnicismi assumono fattezze sempre più totalitarie. Trovando placido consenso.

L’umana fauna civilizzata, ben addomesticata è drogata di informazioni e ammassata nelle città formicaio; è composta da individui spersonalizzati, psicotici, consumatori tendenti all’auto-addomesticazione. Degli automi full optional che sfoggiano insoddisfatti smart accessori, e ossessionati da tutto, in primis da loro stessi e ostili nei confronti del diverso, trascorrono il tempo “libero” solitari in mondi virtuali … insieme a tanti “amici”.

Gli individui del gregge, che siano onesti lavoratori o alla disperata ricerca di una occupazione – retribuzione, vivono sulla propria pelle la menzogna di un benessere illusorio, ora vacillante, ma prigionieri delle loro stesse menti, restano inermi e indifferenti. In altri casi si dà sfogo ai tristi teatrini dell’indignazione cittadina, con cani pastori che indirizzano al pascolo il flebile lamentoso belato. Quando invece vi è una reale presa di coscienza e la rabbia diventa rivolta, cade nell’immediato la maschera della democrazia e sempre rivela il vero volto: poliziesco, militare e sanguinario. Opportunità per testare nuove armi e apparecchiature, come anche per il rocambolesco evolversi della giurisprudenza, e riempire quindi le patrie galere.

Da quando gl’ingranaggi dell’industria iniziarono a girare, la complessità degli eventi susseguiti ha determinato precisi assetti di potere e prodotto epocali cambiamenti. Il saccheggio di vita è iniziato su larga scala.

Oggi il cittadino ben”pensante”, incosciente e povero di spirito, è illuminato da una “nuova” dipendenza ideologica, venerabile come una divinità, nuovo dio salvatore: la “ziggurat tecnologica” che con la promessa di un comodo e paradisiaco avvenire avanza mostruosamente e con spaventose accelerazioni, artificializzando l’ambiente, automatizzando la vita e con l’applicazione delle tecno-scienze, sterilizzandola anche, eliminando o modificando gli elementi che naturalmente la generano. Con tutte le mostruosità che questo comporta.

La realtà nucleare incombente, la compromissione, anche irreversibile, degli ecosistemi e delle capacità rigenerative di questi, il drastico impoverimento della biodiversità, la manipolazione della natura e quindi della stessa vita, segnano come prossimo un punto di non ritorno.

I consumi e gli stili di vita indotti, il controllo delle “risorse” (energetiche, alimentari, idriche) e la tecnologia applicata come forma di controllo agl’individui, al tessuto sociale, nonché all’avanguardia militare, determinano e presagiscono l’integrità di un dominio totale e assoluto.

Nell’oscuro pantano in cui è immerso l’esistente si perde la ricerca dell’irrazionale bellezza e l’imminente futuro, limpidamente appare ancor più grigio e desolante, asettico e sterile, calcolabile e misurabile, quanto putrido e maleodorante. La società civile è lo specchio di questo assurdo luogo dove mi trovo costretto: una galera dalle invalicabili mura e invisibili galere.

Il progresso, produttore di rifiuti e imbecillità, è una grande discarica.

Tutto imprigionato, tutto avvelenato, sanguina la terra, zampilla il percolato, impazziscono le cellule…oppressione, sfruttamento e morte…

Di fronte a questo stato di cose l’indifferenza e la rassegnazione meritano il giusto rispetto. Mi piace pensare che in ogni tempo e in ogni luogo gli oppressori sempre troveranno fratelli e sorelle fierx e resistenti.

Occorre ribellarsi e farlo con passione, portando nelle strade le molteplici tensioni dell’agire, collettivamente o individualmente, non riducendo il tutto a sterile analisi politica o masturbazioni cerebrali su giostre assembleari, che in alcuni casi inibiscono le individualità. Ma ognuno con i propri dubbi e convinzioni, “armato” della propria volontà.

Considerando sempre fondamentale il libero incontro e confronto in liberi spazi.

Nutro personalmente diverse perplessità riguardo a mire progettuali e spettacolare propaganda, in quanto, pur riconoscendone un potenziale, risultano concetti propri della società delle apparenze, fondata sul nulla sconfinato, in questo tempo di sovrainformazione dove la centralizzazione della volontà comunicativa, o un suo eccesso, rischia di confondere e compromettere nel momento in cui prevale sulle altrui coscienze, degenerando in esaltazione fine a se stessa.

Non trovo in nessun dove la ricetta della totale libertà, tanto meno nelle mie tasche, e non credo in nessuna società a venire, sia pure liberata, priva da ogni ingiustizia. La mia visione è intimamente individualista, funambolica, esistenziale.

Certo teoria e pratica, in qualsivoglia contesto, sono e sempre saranno imprescindibili. Convinto che ogni individuo, mosso esclusivamente dalle proprie percezioni e dalla volontà-passione, possa trovare la propria libertà nell’autodeterminarsi.

Da prigioniero non smetto di sognare né d’immaginare un mondo libero dalla violenza autoritaria, e dai binomi oppressi-oppressori, sfruttati-sfruttatori. Libero da freni morali e sociali regolatori-inibitori di appetiti e delimitatori di orizzonti. Un mondo libero da ogni gabbia…

…vergogna dell’umanità. Un mondo dove l’umana arroganza venga messa da parte per una simbiotica ed empatica coesistenza con i viventi tutti, nel rispetto dei naturali equilibri e dove la ricerca della libertà individuale sia l’unico percorso da tracciare per una reale e collettiva autodeterminazione.

La civiltà industriale, scientifica, tecnologica, dietro le sue tante maschere cela il suo aberrante volto genocida, ecocida…inventano cure per malattie inventate…in questo sistema di dominio c’è ben poco di naturale, rispetto a ciò che è funzionale. E sabotare l’esistente diviene necessario.

Le lotte di liberazione sono i diversi sentieri confluenti in un’unica lotta. Nello stomaco brucia il fuoco di un sentimento caloroso. Nella compulsiva mobilità di questo tempo che corre ad alta velocità, le maglie della repressione-oppressione si fanno inesorabilmente sempre più fitte…ma la loro arma, la loro cura è soltanto la paura…sequestrati i miei occhi e il mio corpo prigioniero, oltre queste infami mura gli orizzonti, ribelle e indomito lo spirito, sempre integro il pensiero.

Cielo plumbeo e mare in burrasca…soffia un vento di tempesta…
Trema la terra gridando vendetta, resistenze ancestrali in lontananza…
Per amore della vita, per l’anarchia…nessuna pretesa…nessuna attesa!

Con fanciullesca passione e anarchica tenacia

Un abbraccio,
Adriano