Messico – Lettera del compagno Carlos Lopez “Chivo”

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Comincio questa lettera mandando un saluto sincero ai compagni e le compagne che sono all’esterno di queste mura, sperando che nei vostri cuori continui a battere all’unisono il ritmo della ribellione e che si rifletta nelle azioni quotidiane.

La scorsa settimana ho ricevuto con gran piacere un piccolo pensiero che previamente i compas mi avevano anticipato. Nel mezzo della monotona e pesante vita quotidiana del carcere uno si aspetta che succede “qualcosa” fuori dalla routine ed è per questo che più o meno alla ora segnalata ho cominciato a guardare fissamente il cielo ed il saluto è arrivato in forma di fuochi d’artificio.

In ognuno dei fuochi che scoppiava ho potuto sentire il vostro saluto e affetto.

È stato impossibile vederli fisicamente, però li ho sentiti talmente vicini, che in quel momento ho potuto sentirmi complice con la vostra azione/solidarietà e sono riuscito a immaginare le vostre facce sorridenti e dispettose, burlandovi di qualsiasi rischio; e a riguardo mi è chiaro che quando una compagna o un compagno sono sequestrati dalla stato, la lotta si estende ad entrambi i lati, dentro e fuori delle mura e, secondo le possibilità, si può attaccare in ogni lato nelle forme più funzionali alla lotta (qui chiarisco che parlando di attacco non mi riferisco solo al distruggere qualcosa di materiale, ma anche alla disobbedienza iconoclasta dell’imposto dentro un sistema).

Nello stesso senso è chiaro che quando avviene una detenzione non è solo il/la prigioniero/a l’unica persona danneggiata, infatti a seconda della durezza del colpo ricevuto, il danno si può estendere ad altri compagni che si possono ritrovare nella stessa situazione della prigioniera, e anche più dura degli stessi reclusi.

Per questo, mentre vedevo e ascoltavo i fuochi d’artificio, pensavo che mi piacerebbe condividere l’allegria che ho sentito con alcuni compagni, nello specifico Bruja, Tripa, Skin, Benja e Justine – essendo questi gli/le uniche per quello che so – che in una maniera o nell’altra, forse non se la stanno passando bene essendo stati relazionati al caso 5E (5 di gennaio), caso che riguarda solamente Amelie, Fallon e me.

Approfittando della missiva, mando un gran abbraccio a tutte e 5 e a tutti quelli che hanno dovuto sopportare perquisizioni e pressioni, a voi tutta la solidarietà e ricordandovi che qua non vi dimentichiamo e sempre vi teniamo presente. Non siete soli, non siamo soli!!!

Riguardo il tema organizzativo non ho molto da dire…

Come rivoluzionari sentiamo la necessità di essere sempre in conflitto in tutti i posti dove la dominazione cerchi di istallare la sua presenza schifosa, non solo nelle carceri ma anche in tutti i posti nei quali esistano relazioni di potere e autoritarismo.

Per questo non è necessario essere una massa ardente con voglia di cambio, io penso che con piccoli gruppi organizzati si possano ottenere risultati soddisfacenti, però…

Cosa accade quando invece di lottare per riuscire ad essere veramente fastidiosi per il nemico, ci incastriamo in litigi personali, polemiche non costruttive e tradimenti fra gli stessi rivoluzionari?

Il risultato è ovvio, divisione non solamente fra gruppi, ma anche fra compagni affini, rottura di progetti, mancanza di solidarietà fra uni e altri, viene fuori il/la “giudice” che alcuni si portano dentro e si cominciano a cercare colpevoli dentro lo stesso movimento, confusione, etc, etc è dunque ovvio che stiamo facendo il lavoro dello stato, debilitando un qualcosa che era sicuramente in crescente aumento.

È che qui nessuno vuole fare l’angioletto e non generare problemi fra compagni – perché questi ci saranno sempre -, però considero che sia necessario discuterli quando è il momento e, se necessario, rompere completamente le relazioni o risolvere, però non permettere che accada quando si sta con la corda al collo e complicando così lo sforzo altrui.

Non esiste, come ho già detto, la ricetta magica per risolvere le cose ma senza dubbio considero che la prima fase dell’attacco è la coscienza immediata.

A volte mi faccio una domanda, forse un po’ stupida, però mi sembra logica: Perchè se ci diciamo così contestatari e non possiamo star zitti di fronte alle ingiustizie, perché lo facciamo fra compagni? E che resti nella coscienza di ognuno, però davanti a situazioni di questa magnitudine ci sono molte cose da fare, la ristrutturazione è sempre possibile e i progetti riprendono ad andare avanti.

È per questo che io continuo a scommettere sull’informalità come tipo di organizzazione concretamente anarchica ed è mediante le tensioni, i dibattiti e gli approfondimenti (di carattere personale e di problematiche sociali) che identifichiamo le nostre affinità, vale a dire le persone con cui ci sarà una conoscenza mutua e sicuramente metteremo a frutto uno o più progetti.

Io vedo abbastanza complicato mettere in pratica qualcosa tra chi non ha affinità. Una volta un’amica mi chiese come si misurava la affinità ed io le risposi che a maggior profondità e mutua conoscenza, con maggiore confidenza, più azioni assieme e così maggiore affinità.

Approfitto infine per mandare un saluto fraterno alla banda di Mexicali, per l’appoggio ricevuto e ¡¡Fierro Cabronxs!!

Per il momento è tutto, sperando di poter essere in contatto con molti di voi (certo vorrei con tutti ma non si può) e mando baci a abbracci a tutti.

Guerra Sociale per Sempre!!!
Viviamo la Anarchía!!!

Carlos López “Chivo”
1 Luglio