E Silvio, subdolamente, invita a sparare ai “comunisti”…

In un periodo in cui il revisionismo sembra divenuto lo sport preferito degli italioti -dall’azzimata signora che ricorda come quando c’era lui i treni fossero puntuali (dimenticando per esempio le leggi raziali), ai politici come La Russa che equiparano la memoria dei repubblichini a quella dei partigiani (vada a Stazzema a sostenere queste tesi…)- il buon Silvio Berlusconi non poteva mancare…alla festa di AN il simpatico comico piduista, dopo aver magnificato le gesta di Balbo in Libia (miracoli del colonialismo imperialista!), racconta una barzelletta (vedi video qui sotto…) piuttosto macabra su dei carabinieri che a caccia uccidno chi una lepre, chi un fagiano, chi un comunista…ora, alla luce dei fatti più o meno recenti di aggressioni squadriste e che godono sempre più di coperture istituzionali o filoistituzionali, e ricordando che nel 2001, a Genova, un carabinere un sinistro lo ha ammazzato davvero rimanendo peraltro impunito beh, conoscendo la sagacia del nano di Arcore in fatto di comunicazione (da notare anche la non casuale camicia nera indossata per l’occasione), sembra quasi che il mafioso voglia suggerire una certa linea d’azione ai giovani nostalgici del ventennio, dando la sua benedizione a sì fatte imprese…questo è solo l’ultimo (per ora) tassello di un’operazione che da anni tenta non solo di riabilitare il fascismo (vedi i libri di Pansa tendenti ad infangare il ruolo della resistenza partigiana nella lotta contro la barbarie nazifascista), ma di sdoganare una mentalità di stampo autoritario che in Italia ha sempre bene o male alzato la testa nei momenti in cui nella terra della pizza ed i mandolini il potere ha dimostrato tentennamenti o difficoltà…sono esempi di ciò le apologie perpetrate nei mesi scorsi del BOIA Calabresi, il commissario finestra,  prezzolato della CIA, ASSASSINO di Pinelli ed in odor di santificazione, o il recente libro di Gremmo che tenta di distorcere la memoria su un personaggio come Camillo Berneri, tanto stimato ai suoi tempi da personaggi come Salvemini o i fratelli Rosselli, quanto dimenticato dalla storiografia ufficiale, facendolo passare per trafficante d’armi e ladro…questi sono due esempi, ce ne sarebbero mille altri.

Alla luce di tutto ciò risulta palese quanto non solo un antifascismo, ma anche un antiautoritarismo militante e di stampo Anarchico siano importanti oggi come non mai…

Evjenj Vassil’ev Bazarov.

http://www.youtube.com/watch?v=sUwLv_SV1Uk

Repressione Toscana – Aggiornamenti su Paola, Daniele e Francesco

Tratto da informa-azione:

 AGGIORNAMENTI SULL’OPERAZIONE ARDESIA [Pisa]

Paola è ancora rinchiusa nel carcere delle Sughere (Livorno) in
regime EIV, praticamente sono quattro mesi che è in isolamento dal
momento che non può avere contatti con le altre prigioniere del carcere.
Daniele è ancora nel carcere di Parma, in regime EIV e Francesco a Sollicciano, in Alta Sorveglianza.
A Luglio per Paola è stata chiesta la sorveglianza speciale e ad oggi
la corte non si è pronunciata. A Luglio è stata rigettata la richiesta
per gli arresti domiciliari per Paola e Daniele dalla PM. Il 3 Ottobre
per Paola si terrà l’udienza di ricorso contro la decisione della PM
presso il tribunale delle Libertà, in Via dell’Agnolo a Firenze, alle
ore 9. L’udienza si svolgerà a porte chiuse. Il 26 Settembre è stata
fissata sempre presso il tribunale delle Libertà l’ udienza in cui la
GIP Giuseppina Mione farà richiesta di custodia cautelare in carcere
per gli altri e altre otto indagati per 270 bis.

A Daniele, Francesco e Paola è stata tolta la censura della posta.
Invitiamo tutti e tutte a scrivere lettere, cartoline, e spedire libri
per far sentire la nostra solidarietà, il nostro affetto e la nostra
vicinanza. La solidarietà è un’arma.

TERRORISTA E’ LO STATO

Libertà per Francesco, Daniele e Paola Solidarietà a tutti e tutte i ribelli della terra

Anarchici e anarchiche di Via del Cuore

Paola Gori C.C. Le Sughere Via delle Macchie 59 57124 Livorno

Daniele Casalini Casa Circondariale via Burla 59 43100 Parma

Francesco Gioia C.C. Sollicciano via Girolamo Minervini 2/R 50142 Firenze Sollicciano (FI)

 

Firenze – Infranta vetrina di una sede di Forza Italia

La vetrina della sede di Forza Italia presa a sassate nella notte in
Piazza Vettori. "Un grosso pezzo di asfalto è stato lanciato la scorsa
notte contro una foto di Silvio Berlusconi affissa a una delle tre
vetrine esterne della sede di Forza Italia di piazza Pier Vettori a
Firenze. Il vetro non è andato in frantumi ma è visibilmente
incrinato". Lo dice Tommaso Villa, coordinatore di Forza Italia Giovani
a Firenze (Ansa)

Agliana, si tra le proteste allo statuto ATO

L‘altra sera alcuni compagni hanno fatto un salto ad Agliana per dare il loro caloroso saluto al sindaco Magnanensi… ecco quanto riportato da La Nazione (un po’ in ritardo ma meglio di niente).

Con 12 sì della maggioranza di Centrosinistra e 7 no dell’opposizione (Noi insieme per Agliana, An, Rc), il consiglio comunale ha approvato, ad immediata eseguibilità, la convenzione e lo statuto dell’ Ato unico "Toscana centro". Una riunione consiliare disturbata dagli slogan di protesta del presidio "Giulio Maccacaro", che durante i lavori ha sostato in piazza del Comune per gridare "No all’accorpamento degli Ato e al raddoppiamento dell’inceneritore di Montale" e seguita in aula da numerosi e composti rappresentanti dei comiati contro lo stesso impianto. Le opposizioni disapprovano il nuovo organismo soprattutto perché è una decisione che arriva dall’ alto, senza possibilità di poterla respingere e perchè tiene in maggiore considerazione i comuni che producono più rifiuti, anziché premiare chi li riduce, li differenzia e li ricicla. Come ha spiegato il vice sindaco, Marcello Tesi, le quote di partecipazione tra i 73 comuni che fanno parte dell Ato "Toscana centro" sono così ripartite: 45% in base alla produzione dei rifiuti, 25% in base alla raccolta differenziata, il 30% riferito allo smaltimento sul proprio territorio. Per la ripartizione delle spese, il 70% è in base alla produzione dei rifiuti, mentre il 30% è stabilito sulla popolazione. Il comune di Agliana può partecipare alle decisioni nella misura dello 0,64% e concorrerà alle spese nella misura dell 1,12%. La lista civica "Noi insieme per Agliana" ha criticato il concetto di premiare chi produce più spazzatura e non produce benefici per i comuni che subiscono le ricadute degli impianti. "Abbiamo chiesto e ottenuto – ha annunciato il sindaco, Paolo Magnanensi – anche la previsione di finanziamenti dell’Ato a interventi di risanamento e riqualificazione ambientale dei territori circostanti agli impianti. Le quote devono mantenere un equilibrio: i comuni con più rifiuti non vogliono diminuire e il loro peso e nel complesso producono la materia prima per mandare avanti l’impresa".

Magnanensi e l’assessore Eleanna Ciampolini hanno inoltre  ricordato che questa operazione mira a scongiurare il proliferare d’impianti, richiesta avanzata anche dal consiglio comunale di Agliana quando si temeva il mega termovalorizzatore pratese al Calice. "Uno scenario – ha precisato l’assessore – non del tutto scongiurato".

 

Le Sughere (carcere di Livorno) odissea nello spazio: 8 nuove celle tra il 2100 e il 4671

 
Che Livorno sia un’anomalia orami lo sappiamo. Ma che i
rappresentanti istituzionali di uno dei peggiori carceri italiani (ed europei)
si permettano il lusso di prenderci in giro, questo è veramente troppo.


Al di là del piacere che può provocare l’idea che le Sughere
crescano in 92 anni di soli 8 posti (probabilmente il conto è stato fatto per
rinchiudere nelle carceri livornesi: Berlusconi, La Russa, Veltroni, Spinelli,
Bondi, Fini, Maroni, con una suite imperiale per Matteoli), se ritorniamo sul pianeta reale, il carcere di Livorno è un
ammasso di cemento dove non esistono spazi reali di sopravvivenza neppure per
coloro che in questo momento stanno scontando la condanna.


La data dell’11 gennaio 4671, ovvero tra non molto di più di
2.654 anni, è davvero significativa per comprendere come gli attuali
responsabili delle Sughere, tra i quali la gettonata Direttrice dell’Istituto
Penitenziario detentrice del record di morti in carcere, siano realmente degli inutili
rappresentanti istituzionali messi al servizio della legge.


Se gestiscono i piani di ristrutturazione così come i
progetti di rinserimento lavorativo e di risocializzazione per i detenuti, non
sorprende che l’Arci livornese sia l’unica associazione che lavora con Le
Sughere: la cogestione del silenzio sullo stato disastroso del carcere
livornese potrebbe durare altri 2 mila anni…


In questo senso, anticipiamo il silenzio dell’Arci e ci
azzardiamo a lanciare un appello: chiudere Le Sughere 2654 anni prima dei prossimi lavori di
restauro, potrebbe significare un segnale incoraggiante per i futuri piani
di sviluppo della nostra città.


Per il momento pubblichiamo la notizia riportata dal quotidiano di destra Il
Tempo attraverso due articoli. In questo caso, viste le malefatte della direzione de Le
Sughere, aspettiamo smentite, anche se il carcere livornese e chi con
lui ci lavora, ci ha abituato soltanto a silenzi. In attesa che qualcuno rompa il silenzio e ci racconti cosa sta
succedendo nel bunker livornese. (red.) 10 settembre 2008
 

—————–

Il
sistema giustizia va a rotoli. E quello carcerario è sull’orlo del
collasso. Due anni fa la scelta di promuovere l’indulto per liberare le
carceri e ora che l’effetto è finito, le celle sono di nuovo piene. Non
solo. Una volta mandati a casa i detenuti doveva partire un piano di
ristrutturazione delle case di reclusione per aumentarne la capienza.
Tutto abortito.

La
notizia è contenuta in un rapporto dello stesso Ministero della
Giustizia e degli uffici del Dap, il Dipartimento Amministrazione
Penitenziaria che facendo il punto dello stato dei lavori di fatto
rivela il fallimento dell’intero progetto.

L’elaborato
tiene conto dello stato dell’arte al 30 giugno 2008. Un impegno di
spesa che oscilla di diversi milioni di euro. Questi fondi hanno subito
un ulteriore taglio del 30 per cento nella Finanziaria approvata lo
scorso agosto. Solo per le piccole manutenzioni l’amministrazione
penitenziaria avrebbe già contratto debiti per circa 600 mila euro.

Dal
dettaglio dei numeri emerge anche una certa diffusa sciatteria
burocratica che impegna gli uffici centrali del ministero a sollecitare
gli istituti di pena per ottenere i dati "sui metri quadri delle celle
soggette a lavori". Il rapporto viene redatto mediamente ogni trimestre
ma i tempi di risposta degli uffici periferici resta la stessa: lunga.

I
lavori dovevano produrre l’aumento della ricettività delle carceri,
compresi gli ospedali psichiatrici giudiziari, portando così i posti
cella da 47.457 a 48.678: un incremento di 1.221 da realizzarsi in due
anni. Ma la scadenza è surreale perché nel compilare le schede inviate
al ministero i vari istituti hanno segnato date di fine lavori che
rasentano la chiusura del terzo millennio. La più gettonata è infatti
il 2099 ma si trova, nel caso di Livorno, anche 11 gennaio 4671.
Si
legge che sempre a Livorno è stata avviata l’istruttoria il 1 settembre
2007 per realizzare nel 2100, otto nuovi posti letto. Un escamotage,
quello delle date impossibili, per mantenere aperti i capitoli di spesa
così da non perdere i finanziamenti. In molti casi i lavori sono già
sospesi. E in altri non è neppure previsto un vero e proprio
ampliamento ma una semplice e ordinaria operazione di manutenzione di
celle.


la totale mancanza di una politica sull’edilizia penitenziaria –
sostiene Leo Beneduci segretario del’Osapp, agenti penitenziari – In
soli 15 giorni le carceri hanno registrato un aumento dell’affluenza di
circa 600 detenuti. Il totale presenze è ora 55.647, su una capienza
regolamentare di 43 mila. Quasi mille detenuti al mese. E i lavori per
garantire maggiore capienza sono praticamente bloccati. I posti nelle
carceri sono così pochi, fittizi e neppure sicuri".

Secondo
le valutazioni del Dap, costruire un padiglione nuovo da 200 posti in
una struttura carceraria esistente costerebbe all’incirca, euro più
euro meno, 9 milioni contro i 45 di una struttura nuova con la medesima
capienza. Per non parlare, poi, dei tempi di costruzione che oggi, per
una nuova struttura, vanno dai 7 ai 10 anni. Per coprire una carenza di
20 mila posti occorrerebbe uno stanziamento di circa 3,5 miliardi di
euro.

Fra
il 2000 e il 2002 le varie Finanziarie hanno stanziato circa 450
milioni di euro per la costruzione di nuove carceri. Le prime quattro
sono state appaltate a dicembre 2005 e le stanno costruendo tutte in
Sardegna: a Oristano, Cagliari, Tempio Pausania e Sassari. Altre due,
Marsala e Reggio Calabria, sono da completare. A Savona e Rovigo i
progetti sono stati approvati. Con un finanziamento straordinario del
2002 sono state avviate le procedure per l’acquisizione in leasing
delle nuove carceri di Varese e Pordenone. Da ricordare che la
costruzione delle nuove carceri è di competenza del ministero delle
Infrastrutture.

(Il Tempo, 9 settembre 2008)

————— 

Chi
dice che la pubblica amministrazione non è lungimirante di certo non ha
letto la relazione sullo stato dei lavori di ampliamento e
ristrutturazione dei penitenziari italiani. Non si allarmino ad esempio
i detenuti del carcere di Livorno dato che i lavori in sette celle per
ottenere altrettanti posti letto non inizieranno prima del 4 ottobre
4670, anche se, sempre secondo i dati della relazione, parte dei lavori
dovrebbe già essere in corso.

Ma,
se per Livorno è solo questione di millenni, la situazione è
decisamente più stressante per i detenuti del San Lazzaro di Piacenza.
L’istruttoria per sistemare 13 celle dava il via ai lavori 208 anni fa,
prevedendone il termine nel 2999. Risultato: 1199 anni di lavori e
nessun posto letto in più dopo l’intervento. Per non parlare del
carcere di San Gimignano che, se per sistemare 50 stanze con
altrettanti posti letto concluderà i lavori nel 2011, per ottenerne
altri 10 è in attesa dal 1800 di qualcuno che gli consegni i lavori
1.800 contando di concluderli poi nel 2.100. Infine
una sorte simile è toccata all’Ucciardone, il famoso carcere di
Palermo, che su 358 posti letto previsti dopo i lavori, 50 sono
previsti in consegna tra 92 anni.

Queste
sono solo alcune delle stranezze che le carceri hanno spedito ai
rispettivi provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria
(Prap) inseguito raccolti dal dipartimento nazionale. Significativo è
anche vedere come su 210 strutture carcerarie 55 non hanno risposto
all’invito del Prap ad inserire i metri quadrati relativi alle singole
celle. Se infatti gli istituti detentivi di Liguria, Umbria e Sardegna
hanno nella loro totalità segnalato il dato, in Calabria ben 7 su 12
non lo hanno fatto e nelle Marche ben 5 istituti su 7 hanno glissato il
dato.

Inoltre,
ciò che più colpisce, è vedere come alcune carceri italiane non stiano
provvedendo minimamente a sistemare le celle. Se l’indulto, voluto
dall’ex Guardasigilli Mastella, le aveva svuotate, oggi il problema di
sovraffollamento è tornato alla ribalta. Umbria, Marche, Abruzzo,
Molise, Basilicata e Calabria non hanno preventivato alcun lavoro per
adeguare le strutture esistenti, a fronte invece di regioni come la
Sicilia e la Toscana che prevedono di incrementare rispettivamente di
624 e 299 posti letto le loro strutture.

In
conclusione non si possono tacere quelle 10 richieste di istruttoria, o
addirittura lavori siglati come "in corso", che prevedono l’inizio dei
lavori e la loro fine nello stesso giorno per sistemare in totale 80
celle e creare 65 posti letto in più.

(Il Tempo, 9 settembre 2008)

Verona – Carabinieri massacrano famiglie di origine rom

fonte: Carta del 10 settembre 2008

Si erano fermati fuori del paese, vicino Verona, solo per mangiare.
Sono stati picchiati, sequestrati e torturati dai carabinieri per ore.
La loro testimonianza

Venerdì 5 settembre 2008, ore 12. Tre famiglie parcheggiano le
roulotte nel piazzale delle giostre a Bussolengo [Verona]. Le famiglie
sono formate da Angelo e Sonia Campos con i loro cinque figli [quattro
minorenni], dal figlio maggiorenne della coppia con la moglie e altri
due minori, infine dal cognato Cristian Udorich con la sua compagna e i
loro tre bambini. Tra le roulotte parcheggiate c’è già quella di Denis
Rossetto, un loro amico. Sono tutti cittadini italiani di origine rom.

Quello che accade dopo lo racconta Cristian, che ha trentotto anni
ed è nato a San Giovanni Valdarno [Arezzo]. Cristian vive a Busto
Arsizio [Varese] ed è un predicatore evangelista tra le comunità rom e
sinte della Lombardia. Abbiamo parlato al telefono con lui grazie
all’aiuto di Sergio Suffer dell’associazione Nevo Gipen [Nuova vita] di
Brescia, che aderisce alla rete nazionale «Federazione rom e sinti
insieme». «Stavamo preparando il pranzo, ed è arrivata una pattuglia di
vigili urbani – racconta Cristian – per dirci di sgomberare entro un
paio di ore. Abbiamo risposto che avremmo mangiato e che saremmo subito
ripartiti. Dopo alcuni minuti arrivano due carabinieri. Ci dicono di
sgomberare subito. Mio cognato chiede se quella era una minaccia. Poi
cominciano a picchiarci, minorenni compresi».

La voce si incrina per l’emozione: «Hanno subito tentato di
ammanettare Angelo – prosegue Cristian – Mia sorella, sconvolta, ha
cominciato a chiedere aiuto urlando ‘non abbiamo fatto nulla’. Il
carabiniere più basso ha cominciato allora a picchiare in testa mia
sorella con pugni e calci fino a farla sanguinare. I bambini si sono
messi a piangere. È intervenuto per difenderci anche Denis. ‘Stai zitta
puttana’, ha urlato più volte uno dei carabinieri a mia figlia di nove
anni. E mentre dicevano a me di farla stare zitta ‘altrimenti
l’ammazziamo di botte’ mi hanno riempito di calci. A Marco, il figlio
di nove anni di mia sorella, hanno spezzato tre denti… Subito dopo sono
arrivate altre pattuglie: tra loro un uomo in borghese, alto circa un
metro e settanta, calvo: lo chiamavano maresciallo. Sono riuscito a
prendere il mio telefono, ricordo bene l’ora, le 14,05, e ho chiamato
il 113 chiedendo disperato all’operatore di aiutarci perché alcuni
carabinieri ci stavano picchiando. Con violenza mi hanno strappato il
telefono e lo hanno spaccato. Angelo è riuscito a scappare. È stato
fermato e arrestato, prima che riuscisse ad arrivare in questura. Io e
la mia compagna, insieme a mia sorella, Angelo e due dei loro figli, di
sedici e diciassette anni, siamo stati portati nella caserma di
Bussolengo dei carabinieri». «Appena siamo entrati,erano circa le due –
dice Cristian – hanno chiuso le porte e le finestre. Ci hanno
ammanettati e fatti sdraiare per terra. Oltre ai calci e i pugni, hanno
cominciato a usare il manganello, anche sul volto… Mia sorella e i
ragazzi perdevano molto sangue. Uno dei carabinieri ha urlato alla mia
compagna: ‘Mettiti in ginocchio e pulisci quel sangue bastardo’. Ho
implorato che si fermassero, dicevo che sono un predicatore
evangelista, mi hanno colpito con il manganello incrinandomi una
costola e hanno urlato alla mia compagna ‘Devi dire, io sono una
puttana’, cosa che lei, piangendo, ha fatto più volte».

Continua il racconto Giorgio, che ha diciassette anni ed è uno dei
figli di Angelo: «Un carabiniere ha immobilizzato me e mio fratello
Michele, sedici anni. Hanno portato una bacinella grande, con
cinque-sei litri di acqua. Ogni dieci minuti, per almeno un’ora, ci
hanno immerso completamente la testa nel secchio per quindici secondi.
Uno dei carabiniere in borghese ha filmato la scena con il telefonino.
Poi un altro si è denudato e ha detto ‘fammi un bocchino’». Alle 19
circa, dopo cinque ore, finisce l’incubo e tutti vengono rilasciati,
tranne Angelo e Sonia Campos e Denis Rossetto, accusati di resistenza a
pubblico ufficiale. Giorgio e Michele, prima di essere rilasciati, sono
trasferiti alla caserma di Peschiera del Grada per rilasciare le
impronte. Cristian con la compagna e i ragazzi vanno a farsi medicare
all’ospedale di Desenzano [Brescia].

Sabato mattina la prima udienza per direttissima contro i tre
«accusati», che avevano evidenti difficoltà a camminare per le
violenze. «Con molti familiari e amici siamo andati al tribunale di
Verona – dice ancora Cristian – L’avvocato ci ha detto che potrebbero
restare nel carcere di Verona per tre anni». Nel fine settimana la
notizia appare su alcuni siti, in particolare Sucardrom.blogspot.com.
La stampa nazionale e locale non scrive nulla, salvo l’Arena di Verona.
La Camera del lavoro di Brescia e quella di Verona, hanno messo a
disposizione alcuni avvocati per sostenere il lavoro di Nevo Gipen.

Gianluca Carmosino

Poi si chiedono come mai qualcuno inneggi a Nassiriya…fanculo…

…Ma noi non siamo preti.

No, noi non siamo preti, non siamo messia, non siamo predicatori. Noi siamo la scintilla che appicca il fuoco, noi siamo la tempesta che distrugge, noi siamo lo tsunami delle coscienze, noi siamo il sole che squarcia il grigiore delle nubi, noi siamo il baleno che offende i vostri occhi e che giammai videro il colore della libertà, noi siamo la paura, noi siamo la speranza e la disperazione di chi cerca vita e trova catene, noi siamo il rosso della passione ed il nero della rabbia, noi siamo il nulla, il nulla creatore.
Questo siamo. Contro ogni stato, contro ogni autorità, contro ogni coscienza schiava.

A Sole e Baleno e a tutti i ribelli.

Viva l’Anarchia.

Evjenji Vasil’ev Bazarov

Livornesi e Folgore, un’antipatia lunga 50 anni

 
La politica italiana durante il febbraio del 1960 fu sconvolta da una
grave crisi di Governo che terminò solamente un mese dopo con la
formazione del Gabinetto Tambroni, il quale riuscì ad avere la fiducia
grazie ai voti decisivi del Movimento Sociale. Questo non fece altro
che gettare di nuovo il paese in una situazione di stallo,
contrapponendo i vari partiti; da una parte il partito di maggioranza,
la D.C., dall’altra P.C.I. e P.S.I. che auspicavano un’apertura verso
sinistra per cercare di risollevare la politica italiana. La città di
Livorno non stava attraversando un periodo felice dal punto di vista
lavorativo, le numerose crisi del Cantiere ne erano la dimostrazione
più lampante.

La difficile situazione politica italiana fu la cornice ai così detti
“fatti di Livorno” che colpirono la nostra città nell’aprile del 1960.
Non è facile scrivere la cronaca di quelle sere furibonde, tanti furono
gli avvenimenti che si susseguirono presso il centro cittadino di
Livorno. Cinque giorni di scontri che animarono la città e lasciarono
una serie di strascichi anche a livello nazionale. Nel tardo pomeriggio
del 18 aprile 1960, giorno di “Pasquetta”, alcuni paracadutisti di
stanza presso la caserma Vannucci di Ardenza, situata alla periferia
della città, molestarono una ragazza che si trovava in compagnia del
fidanzato in via Grande. Questo episodio, la cui notizia era circolata
velocemente nel centro cittadino, venne indicata da molti periodici
dell’epoca, come causa degli avvenimenti che seguirono.

Un gruppetto di giovani livornesi infatti aveva subito reagito al
momento delle molestie, era volato qualche pugno e tutto era finito in
una breve rissa. Un episodio da dimenticare in fretta, se non ci fosse
stato, il giorno dopo, il 19 aprile, in piazza Grande il ritorno dei
paracadutisti su due camionette, con l’aria di chi vuole dare una
dimostrazione di forza. I parà stavano uniti in previsione dello
scontro, i giovani erano invece schierati di fronte al caffè Gambrinus.
Di lì a poco, infatti, cominciò nella piazza una violenta
colluttazione. Molti esercizi commerciali, per lo più bar della zona,
abbassarono le saracinesche, offrendo così rifugio ai molti passanti,
soprattutto donne, colti di sorpresa dall’accaduto. Fu a questo punto
che intervennero sia la “Celere” che le pattuglie della Mobile.
Cominciò un movimentato carosello di camionette e mezzi della polizia
che tentavano di disperdere i nutriti gruppi di giovani che accorrevano
da ogni parte. Questi scontri continuarono anche nei giorni seguenti,
soprattutto tra i ragazzi del posto, accorsi anche dai rioni più
popolari di Shangay e Corea e le forze dell’ordine in primis. In
conclusione all’ospedale civile e a quello militare si presentarono
ventidue civili e otto paracadutisti. Inoltre gravi danni sarebbero
stati riportati anche ai negozi di via Grande, di via del Giglio e via
della Madonna e alle abitazioni del centro cittadino, dove vennero
create addirittura delle “barricate” per contrastare le forze
dell’ordine. Tutte le autorità cittadine, dal vescovo Mons. Andrea
Pancrazio, al sindaco Nicola Badaloni, all’indomani di questi disordini
consigliarono di non conservare rancore.

Dopo poco venne festeggiato l’anniversario per il 25 aprile in cui
grazie ad una manifestazione presso il Teatro “La Gran Guardia” i
membri del PCI “inneggiarono” all’esercito e alla concordia.

Firenze – Democratici da impazzire

 Da informa-azione.info:

Ieri, durante il comizio del sindaco Domenici
alla festa del pd, alcuni compagni hanno manifestato il loro disprezzo
verso le politiche securitarie attuate dalla sinistra giunta in linea
col sinistro governo.
Appena è stato esposto lo striscione "I CPT SONO SEMPRE FASCISTI",
durante la distribuzione di alcuni volantini, i simpatici piddini non
c’hanno visto più e hanno tentato goffamente di aggredire i pericolosi
anti-democratici. Subito dopo, sbirri, Digos e servizio d’ordine gli
hanno dato manforte improvvisando una carica.
Nel parapiglia nove persone vengono fermate e una di questa viene presa da parte e picchiata dalla polizia.
Tutti vengono poi portati in questura, dove si raduna un presidio di
solidali che, venuti a conoscenza dei capi d’accusa dei fermati, si
spostano all’ingresso della "festa" per informare i democratici
festaioli dell’accaduto.
I nove vengono rilasciati alla chiusura della festa dopo aver passato
sei ore in questura. I capi di imputazione sono: manifestazione non
autorizzata, resistenza e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità,
il tutto in concorso. La persona picchiata è stata inoltredenunciata
per lesioni…
Lo stronzo ha detto:”Capisco la loro arrabbiatura, sono anni che
lavoriamo per tenere questa gente fuori dal governo della città”…
rifognarolo sarà il becco di tu pà!!!
C’hanno accusato di essere fascisti o al soldo del cavaliere, quando
Bossi e Fini ed altre merde sono state invitate nel loro salotto,
confondendo il dialogo col pensiero unico.
Ma ormai sappiamo che le loro politiche sono le stesse. Un esempio per
tutti la costruzione, anche in regione che ne erano sprovviste come la
Toscana, di nuovi Cpt. Altri lager battezzati con nomi diversi nel
patetico tentativo di nascondere l’orrore che rappresentano. Uno dei
temi portanti della serata era la cosiddetta governabilità. Quale
migliore occasione per mostrare come funziona?
Ancora una volta la democrazia ha fatto cadere la maschera e mostrato la faccia.
Fascista è chi bombarda
Fascista è chi rinchiude e deporta
Fascista è lo stato dove lavorare vuol dire morire
Fascista è chi ha bisogno di ordini per vivere
Fascista è chi indossa una divisa, qualunque essa sia

Alcuni ingovernabili

Firenze – Denunce a gogo

Da informa-azione.info:

9 febbraio 2007: nasce la Riottosa Zquat (al Galluzzo). 6 solidali si sono visti di recente recapitare altrettante denunce per occupazione.

ottobre 2007: dopo l’ordinanza anti-lavavetri (a gloria
nazionale del tirannello di provincia Cioni), volantinaggio e
lavavetraggio in p.za della Libertà. 8 denunciati per manifestazione
non autorizzata. Altri ragazzi negli stessi giorni vengono denunciati
per un volantinaggio analogo.

dicembre 2007: in seguito agli sgomberi di Villa Panico (poi
rioccupata) e dell’Asilo Occupato, festa sull’autobus 25, che portava
all’Asilo. 7 ledenunce per interruzione di pubblico servizio.

8 dicembre 2007: corteo contro gli sgomberi di cui sopra, con
lancio di uova sulle gioiellerie di Ponte Vecchio e occupazione finale
dell’ex casa del popolo di v. S. Agostino (mantenuta per un paio di
settimane). I giornali parlano di 12 denunciati per manifestazione non
autorizzata, danneggiamento e invasione di edifici.

31 maggio 2008: presidio antifascista e corteo spontaneo
degli studenti medi e altre realtà contro l’ipotesi di ronde ventilata
dalle merde di Azione Giovani. I giornali parlano di decine di denunce
(sempre per manifestazione non autorizzata), le prime sono state
notificate in questi giorni.

Nel frattempo a due compagni del Panico arriva anche un simpatico
avviso orale, con intimazione a "cambiar condotta", pena la proposta
per la Sorveglianza Speciale. Questo mentre si avvicina l’inizio del
dibattimento (fissato per il 14 novembre) per i fatti di Vicolo del
Panico, costati a una ventina di compagni un profluvio di capi di
imputazione (occupazione,danneggiamento, resistenza e lesioni a
pubblico ufficiale, tentatoincendio) e fogli di via gioiosamente
violati in quasi tre anni di occupazioni, iniziative e lotte.

La strategia è chiara: si denuncia (e si processa) sempre e
comunque, pertutto e per niente. Soprattutto in una Firenze dove il
nuovo regolamento di polizia municipale ha permesso ai vigilotti di
accanirsi anche su mutilati, venditori ambulanti e massaie che
appendono la biancheria ad asciugare alle finestre: una città che si
vuole asettica, incolore, e assolutamente a pagamento.
Nel frattempo gli scontenti agiscono e si dis-organizzano: pretendono
addirittura di diffondere le loro idee senza avvisare la questura, e a
volte basta un volantino, una scritta, un giro di sms per far affiorare
un brivido alla superficie delle cose: ovvero, al mondo della merce.
Cosa antipatica, per chi vorrebbe una città completamente sotto
controllo, non sapere mai cosa ci si può aspettare; insopportabile, per
chi pretenderebbe di regolare ogni tuo attimo, trovarsi di fronte chi
non vuol saperne di trattare. Preoccupante, terribilmente preoccupante
realizzare come, in un mondo sempre più amministrato e in una città
sempre più asfittica, lieviti il numero di chi non vuol saperne di
"chiedere permesso". Ma se a preoccuparli è qualche volantino troppo
colorito e qualche sfilata un po’ più movimentata, stiano tranquilli:
faremo tutto il possibile per dargli sempre nuovi grattacapi.

Firenze, primi di settembre 2008

Alcuni che non devono chiedere. Mai.