Genova – Nuovo spazio liberato

volantino distribuito dai compagni di Genova

SALTARE IL RECINTO

Agosto 2009.

Abbiamo preso possesso – occupandola – della casa situata in
Salita Aldo Li Gobbi 11. Una delle tante case lasciate all’incuria in
nome delle speculazione: ce ne siamo appropriati e non intendiamo
restituirla.
In sostanza, abbiamo deciso di saltare il recinto del
diritto, un recinto di filo spinato atto a mantenere al proprio esterno
fasce sempre più ampie di popolazione condannate allo stento, alla
costante umiliazione, a crepare.
Tranquillizziamo i politici di sinistra: non siamo qui per rivendicare diritti.
Non
abbiamo intenzione di elemosinare nulla a questo sistema infame ed ai
suoi rappresentanti, non chiediamo alcun diritto a coloro che col
Diritto esercitano la tirannia, non intendiamo trattare con un potere
che, ormai dovrebbe essere per tutti evidente, si regge
sull’esclusione, sul ricatto e sulla violenza. Quello di cui abbiamo
bisogno o pensiamo possa essere d’aiuto alla nostra causa ce lo
prendiamo.
Dal momento che volenti o nolenti di questa occupazione
se ne parlerà, tanto vale che incominciamo noi col presentarci. Che
almeno le idee, le posizioni gli accordi ed i disaccordi per quello che
riguardano le nostre scelte si formino ed avvengano su basi chiare.

Abbiamo occupato perché ci serve un posto dove vivere.
La
politica e l’economia hanno distrutto ogni residuo di vita comune, e
con essa hanno fatto scordare i principi di solidarietà e mutuo
appoggio.
Gli uomini e le donne sono stati ammassati l’uno vicino
all’altro in quartieri dormitorio dove regnano sovrani l’alienazione e
l’isolamento: si vive fianco a fianco senza conoscersi, senza parlarsi,
senza capirsi. Dopo aver perso la conoscenza dei luoghi e delle persone
intorno a noi, ora, lo spauracchio che il potere ama chiamare crisi e
il generale impoverimento delle classi subalterne ci portano a
rinunciare anche al senso ed al concetto di dimora.
Non solo
ammassati ed isolati nei quartieri ma anche nell’intimità della casa.
Di fatto, i prezzi imposti dalla speculazione, costringono sempre più
persone a condividere per forza spazi sempre più ristretti,
appartamenti sempre più piccoli, in nome della necessità di suddividere
i costi d’affitto e di gestione divenuti sempre più insostenibili.
Non
si sta parlando di scelta o di risparmio ma del tentativo di cancellare
lo spazio vitale, di negare ogni ritaglio di solitudine (non quella
dell’alienazione ma quella del pensiero e della riflessione),
dell’impossibilità, per molti, di scegliere con chi condividere
l’intimità. In sintesi si tratta di strappare un altro pezzo dagli
spiriti già martoriati degli uomini, un altro passo verso la
dis-umanizzazione degli individui.
Non staremo qui ad agitare lo
spettro della miseria o a far leva sugli ipocriti “buoni sentimenti”
verso chi non ha un tetto. Preferiamo dire che è l’ora di organizzarsi,
di riscoprire la solidarietà, di agire. Che è l’ora di ricominciare a
strappare dalle mani dei politici e degli sfruttatori ciò di cui
abbiamo bisogno: che sia il cibo, la casa, i vestiti, il denaro.
Insomma ciò che ci serve.
Non abbiamo preso la casa di un povero,
abbiamo preso una casa di proprietà municipale, nello specifico
dell’ASP Istituto Emanuele Brignole, che fino all’anno scorso risultava
possederne 205, di immobili, molti dei quali inutilizzati e abbandonati
da tempo, come questo. Ce la siamo “restituita”.
Non possiamo che
sperare che la pratica della riappropriazione delle case ed il mutuo
appoggio fra sfruttati si estendano e riprendano ad essere minaccia per
il regime e punto di partenza per il rovesciamento della società.

Abbiamo occupato perché ci serve un posto dove discutere, incontrare ed incontrarci, lottare.
Vogliamo
che un pezzo della nostra casa sia un luogo aperto. Uno spazio in cui
lo scontro e l’incontro possano essere contributo per affinare la
critica pratica e teorica contro il regime e contro ogni autorità ed
oppressione.
Ci auguriamo che questo pezzo di dimora venga vissuta
come dimora di tutti gli amanti della libertà e come laboratorio di
lotta in cui cominciare a sovvertire i rapporti che ci vengono imposti.
Per
amore di chiarezza sottolineiamo che lo spazio che abbiamo scelto di
riprenderci non è un centro sociale, né un pub, né una sala concerti,
né tanto meno un albergo. È casa nostra con in più – separatamente –
uno spazio adibito al confronto ed alla discussione aperto e che
vorremmo condiviso. Al suo interno non si effettuano commerci di alcun
tipo (al di fuori della distribuzione di materiale informativo e
culturale), non vi è alcuna somministrazione
di bevande e – lo
vogliamo sottolineare – non vi entrano né gratuitamente né a pagamento
droghe di alcun tipo: rifiutiamo e ricacciamo al potere i suoi
strumenti di controllo, distruzione e coercizione.

Vorremmo che ogni iniziativa promossa o proposta fosse discussa
orizzontalmente, fra pari, senza nessun tipo di mediazione. Invitiamo i
nemici dell’autorità e gli arrabbiati genovesi a quello che speriamo un
proficuo confronto ed una reciproca crescita.

Con la stessa determinazione invitiamo i giornalisti, i
politicanti d’ogni colore, le autorità, a tenersi alla larga: come
abbiamo detto non c’è nessun confronto possibile con i sostenitori di
questo regime. L’unico dialogo concepibile è quello fra oppressi, fra
pari, senza mediazioni. Per quello che riguarda il potere, i suoi
politici ed i suoi speculatori,
non si può far altro che rispondere
alla guerra che costoro hanno dichiarato alle classi povere con il
coraggio e la determinazione, con la solidarietà fra oppressi e
l’azione.
Senza fare, né pretendere, alcuna concessione.

Al “vicinato” Perdonerete certo se siamo stati un po’ bruschi in
questa parziale presentazione d’intenti ma, lo ribadiamo, preferiamo la
chiarezza alla confusione (già tanto alimentata dai media) e
all’ipocrisia.
Nessuno qui ha la pretesa che le nostre pratiche
vengano a priori condivise: quello che vorremmo è comunque una
conoscenza ed un incontro che avvengano direttamente, senza
intermediari e senza pregiudizi.
Non abbiamo intenzione di turbare
la sopravvivenza di nessuno dunque che non si tema per dicerie e
sciocchezze: non vorremmo affrontare incomprensioni su presupposti
fasulli e che non hanno ragion di esistere.
Siamo disposti a
batterci per ciò che sono i nostri intenti ed i nostri princìpi così
come siamo disposti ad incontrarci e discutere serenamente su quelli
che possono essere gli eventuali problemi legati alla quotidianità,
alle differenze, ai bisogni reciproci.
Vorremmo contrapporre a ciò
che sono state la “democratizzazione” e la delegazione dei rapporti (e
dunque la falsificazione degli stessi) l’autenticità e l’onestà
intellettuale.
Il primo passo, come giusto, spettava a
noi…Attendiamo critiche, consigli, dibattiti e diverbi. Attendiamo di
demolire il vecchio per costruire il nuovo.

Distinti saluti

Alcuni Anarchici e Libertari a Genova

Per contatti: lasfrontata@anche.no

Rovereto – Carabinieri assassini – blocchi

In risposta alla morte in carcere di un uomo di
48 anni (vedi il volantino allegato), oggi una trentina di compagni – a
cui via via si sono uniti solidali e amici – ha bloccato per due ore
diverse vie della città, mentre venivano fatti interventi al megafono,
distribuiti volantini e affissi manifesti. Sullo striscione c’era
scritto "Stefano è stato ucciso. Carabinieri e carcere assassini". Dopo
le strade, per circa venti minuti sono stati bloccati due treni in
stazione e poi di nuovo un corteo spontaneo ha chiuso corso Rosmini (il
viale principale di Rovereto) con materiale vario recuperato nei
cantieri a fianco. Non poteva mancare un saluto solidale ai detenuti. I
carabinieri non si sono fatti neanche vedere (un’auto dei militi è
rimasta bloccata dai manifestanti e se ne è andata in tutta fretta…).
La polizia, benché avesse indossato minacciosamente i caschi e
impugnato i manganelli, si è tenuta sempre a distanza. Oggi non era
aria. Solidale la reazione di molti passanti e automobilisti e anche
dei passeggeri dei treni. Questa morte non passerà nel silenzio.
In allegato il volantino distribuito.

anarchiche e anarchici


STEFANO È STATO UCCISO
CARABINIERI ASSASSINI

Martedì scorso, verso sera, Stefano Frapporti, detto “Cabana”, viene
fermato a Rovereto da due carabinieri in borghese perché era passato
col rosso in bicicletta. I militi cominciano subito a strattonarlo e a picchiano davanti ad amici e conoscenti; lo trascinano in caserma e poi perquisiscono casa sua, dove trovano un po’ di fumo.
Lo arrestano senza permettergli – né in caserma né in carcere – di avvisare l’avvocato oppure qualche parente. La mattina dopo lo trovano impiccato in cella, al collo il cordino della tuta (che per regolamento non potrebbe avere con sé). Ai famigliari non viene
mostrato il corpo, che viene trasportato in fretta, subito dopo il
funerale, verso la camera di cremazione (non sappiamo se la salma sia
già stata cremata).

Questa storia fa acqua da tutte le parti. Due carabinieri in
borghese che aggrediscono qualcuno per un semaforo rosso non
rispettato, un arresto non comunicato, un “suicidio” compiuto con parti
di vestiti che un detenuto non potrebbe avere quando arriva in cella,
una salma che non viene mostrata ai famigliari, una cremazione non
decisa dalla famiglia. A questo aggiungiamo che un’altra persona è
stata arrestata subito dopo Stefano, sempre per fumo, e che in carcere
aveva sul corpo i segni evidenti di un pestaggio.
Da notare infine il silenzio dei giornali, rotto solo quattro giorni dopo il “suicidio” per dire
che la “procedura dell’arresto è stata ineccepibile” (mettiamo le mani
avanti?), salvo poi rivelare – vedi il “Trentino” di oggi – alcune
perplessità (affermando però allo stesso tempo che i risultati
dell’autopsia confermeranno “fuori di dubbio” che Stefano si è
impiccato).

A noi sembra invece “fuori di dubbio” che se non è stato ucciso in carcere, è stato pestato in caserma (motivo per cui
i famigliari non sono stati avvertiti prima ed è stato poi impedito
loro di vedere il corpo). Di fronte alla denuncia della famiglia, ora
corrono ai ripari aprendo un’inchiesta. Una bella inchiesta. Come quelle sulle torture a Genova…

Sappiamo per certo che non è la prima volta che nella caserma dei carabinieri di Rovereto – come nelle caserme e questure di tutto il mondo – avvengono pestaggi. Per noi le responsabilità della morte di “Cabana
ricadono sui carabinieri che hanno condotto questa “brillante
operazione”. Se non hanno stretto il cordino attorno al collo di
Stefano, hanno fatto tutto il possibile perché se lo stringesse da sé. È entrato in caserma vivo martedì sera, mercoledì mattina è uscito morto da una cella di via Prati. Punto.
Per questo diciamo che sono degli assassini.
Non possiamo accettare tutto questo. Accettarlo vorrebbe dire rinunciare ad ogni slancio del cuore, ad ogni sussulto di dignità, ad ogni sentimento di solidarietà.
Non possiamo permettere che la normalità cittadina proceda come se niente fosse.

Rovereto, 28 luglio 2009
anarchiche e anarchici


Aggiungiamo: a Nassiriya ne son morti troppo pochi…morte alla divisa!

 

Alessandria – Dal Carcere

AI LAVORI FORZATI PER UN PEZZO DI SEITAN…

Da poco è stata riformata la
classificazione dei/lle detenuti/e. Il vecchio E.I.V. Che toccava ai
compagni e alle compagne quando finivano dietro le sbarre non esiste
più. Adesso i/le detenuti/e più “pericolosi” vengono divisi in A.S. 1,
A.S. 2, A.S. 3.

L’A.S.2 è riservata ai politici, che
vengono anche divisi in base all’orientamento ed assegnati a delle
sezioni speciali in alcuni carceri in cui ci sono particolari
descrizioni. Una sorta di carcere nel carcere il cui obiettivo è quello
sia di fiaccare gli spiriti, sia di isolare del tutto una certa
categoria di detenuti/e rispetto agli/lle altri/e e contrastare sia gli
“episodi di proselitismo”, tali vengono definiti, sia quella
condivisione di sapere che negli ultimi arresti ha reso evidente come
chi vuole veramente lottare contro lo stato non si lascia certo
sfuggire l’occasione di trovare forme di sopravvivenza altre rispetto
alla prostituzione del lavoro, né va troppo per il sottile nel
procurarsi i propri strumenti d’azione.

In particolar modo il carcere di
S.Michele ad Alessandria è la meta designata per i ribelli classificati
come “anarco-insurrezionalisti”, ci troviamo così ad essere attualmente
reclusi in cinque, in una sezione blindatissima.

Questo, per quanto nelle limitate menti
dei nostri persecutori dovrebbe avere un intento afflittivo, ci ha
permesso di reincontrarci dopo anni e di trovare nell’energie degli
altri eco ed amplificazione alle pulsioni e alla rabbia individuale.

Forse non a caso siamo tre vegani ed un
vegetariano e da subito è stato richiesto il vitto vegetariano e la
possibilità di acquisti esterni per evitare carenze alimentari.

La direttrice ha rifiutato qualsiasi richiesta e ad oggi si è sottratta ad ogni confronto.

La nostra risposta non è potuta essere
altra all’infuori delle forme di protesta che la nostra condizione ci
lascia, ma ad oggi l’unico risultato sono stati un’infinità di note
alla direzione ed il generalizzato nervosismo tra sbirri e personale
medico.

Ma al peggio non c’è mai fine, così
prima è stato vagamente suggerito, poi apertamente dichiarato: se
vogliamo qualcosa, dobbiamo offrire qualcosa, nello specifico pare che
la disponobilità al lavoro in carcere sarebbe gesto di sottomissione
molto gradito all’ego della direttrice.

Inutile dire che da parte nostra questo
non potrà portare ad altro che ad un intensificazione delle nostre
proteste, ma quello che speriamo che questa vicenda stimoli nei
compagni e nelle compagne è il desiderio di saper dar fondo a tutta la
gamma degli strumenti di cui dispongono per dimostrare alla direttrice
che la sua scelta non è così furba.

Andando oltre la vicenda specifica
faremo di tutto per non diventare elemento passivo nella realtà
carceraria come questa riforma vorrebbe, e speriamo di non ridurci ad
essere solo una meta per i presidi, ma che i compagni e le compagne ci
offrano l’occasione di continuare ad essere parte del percorso di lotta
dentro e fuori le mura.

“Perchè noi anarchici siamo soprattutto pratici”

Severino Di Giovanni

collettivo prigionieri di guerra anarchici

 

Perquisiti gli Antifascisti.

Il primo maggio 2008
una banda di fascisti della Verona bene, componenti delle ronde
veronesi uccidono un ragazzo colpevole di capelli lunghi ed orecchino.

Questi fascisti,
coccolati dal sindaco leghista Tosi, bramosi di sangue ed ordine,
uccidono spinti da quell’odio xenofobo finanziato e sostenuto
culturalmente da tutti i partiti parlamentari. Lo stesso odio che
vivono ogni giorno sulla loro pelle gli immigrati.

 

Il 17 maggio 2008 in risposta all’omicidio di Tommasoli si è svolta a Verona una manifestazione antifascista.

 

In data odierna, 23 luglio 2009
decine di agenti della polizia politica, agli ordini del PM Carlo
Villani, hanno condotto decine di perquisizioni in tutta Italia contro
alcuni partecipanti di quella manifestazione.

 

È interessante notare che la magistratura veronese ha già scarcerato gli assassini di Tommasoli.

 

La magistratura e la
polizia politica svolgono il loro ruolo storico di sostegno al fascismo
che avanza cercando contemporaneamente di indebolire l’antifascismo con
azioni repressive.

 

E’ interessante notare
che lo stesso magistrato è quello che ha fatto assolvere i vertici
Glaxo dalle accuse di peculato e corruzione.

 

Speriamo che queste
perquisizioni aiutino tutti a trovare le giuste risposte su quali sono
i legami fra le multinazionali come la Glaxo, la magistratura, la
polizia politica ed il fascismo!

 

E trovata la giusta risposta si comportino di conseguenza!

 

 

Alcuni antifascisti/e

Nuovi trasferimenti di alcuni compagni sequestrati dallo stato

Francesco Domingo è stato trasferito dal carcere di Nuoro a quello di Iglesias
Ha fatto richiesta di poter essere trasferito in Sicilia dove sarebbe più vicino alla famiglia.
Francesco
avendo scontato più di un terzo della pena gli spetterebbero dei
permessi ma fino a oggi non ha usufruito di nessun "premio" anzi,
quando sembra avvicinarsi la possibilità che gli concedano qualche
permesso viene trasferito.


Francesco e la sua famiglia hanno bisogno di noi.
Facciamoci sentire!

Per scrivergli :

Domingo Francesco

Casa Circondariale di Iglesias

Località Sastoia

09016  Iglesias


Da ieri Gianfanco uno dei compagni arrestati il
10 Giugno si trova nel carcere di Marassi (Genova). Il motivo pare che
sia dovuto a delle cure che Gian stava facendo all’ ospedale San
Martino prima di essere arrestato. Non sappiamo se lo lasceranno a
Genova.
Comunque in questo momento per scrivergli l’indirizzo è:

Gianfranco Zoja

Piazzale Marassi 2

16100 Genova

Invece
Ricardo Massimo Porcile
Via Tre Fontane 28
88100 SIANO

 

Nuovo circuito penitenziario per detenuti Alta Sicurezza

Ministero della Giustizia
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria
Circolare 3619/6069, del 21 aprile 2009
Oggetto: nuovo Circuito Penitenziario per detenuti Alta Sicurezza
La materia dei circuiti penitenziari, allo stato regolata da diverse circolari, risponde alla
necessità di dare attuazione ai contenuti della legge di ordinamento penitenziario n. 354 del
1975, ed obbedisce pertanto a principi di diretta derivazione costituzionale, essendo in grado
di incidere sulle modalità di esecuzione e sulle finalità della pena detentiva. Con specifico
riferimento al circuito di Alta Sicurezza sono tutt’ora in vigore, per le parti non in contrasto
con quelle successive, le circolari n° 606895 del 20.1.1991, n° 3359 del 21.4.1993, n° 3449
del 16.1.1997, n° 3479 del 9.7.1998 ed infine n° 20 del 9.1.2007.
L’Amministrazione Penitenziaria, nell’esercizio del potere discrezionale inerente la gestione
dei detenuti e degli internati, in linea con i criteri individuati dagli artt. 13 e 14 dell’O.P1.,
opera garantendo che la popolazione carceraria sia suddivisa per categorie omogenee.
Ciò sia al fine di assicurare al meglio l’osservazione scientifica della personalità ed il
trattamento individualizzato, indefettibili presupposti del buon esito di un programma
risocializzante; sia allo scopo di evitare “influenze nocive reciproche”, e dunque per
impedire che la comune permanenza, all’interno delle strutture penitenziarie, si ponga a
presupposto per l’ulteriore commissione di reati.
Il richiamo dell’art. 14 ai criteri indicati dall’art. 42 dell’O.P.2 impone d’altra parte di tenere
in considerazione, nella scelta delle assegnazioni e dei raggruppamenti dei detenuti, anche i
delicati profili di sicurezza connessi alla gestione penitenziaria. La creazione di appositi
circuiti penitenziari che garantiscano elevati livelli di sicurezza è inoltre prevista dall’art. 32 del
regolamento penitenziario approvato con D.P.R. 230 del 20003.
Il circuito Alta Sicurezza è stato, pertanto, tradizionalmente dedicato ai detenuti ed internati
appartenenti alla criminalità organizzata. La ratio del circuito va rinvenuta nella necessità di
impedire che la detenzione indifferenziata nel medesimo istituto, di detenuti comuni e di soggetti
appartenenti a consorterie organizzate di tipo mafioso o terroristico, possa provocare fenomeni di
assoggettamento dei primi ai secondi, di reclutamento criminale, di strumentalizzazione a fini di
turbamento della sicurezza degli istituti. Sul punto si richiamano le considerazioni già espresse nella
lettera circolare n. 20 del 9.1.2007. L’individuazione dei soggetti da assegnare a tale circuito è stata
innanzitutto operata facendo riferimento al titolo detentivo, avvalendosi della selezione che il
Legislatore ha effettuato nel primo periodo del primo comma dell’art. 4 bis dell’O.P., che esclude
dai benefici penitenziari i detenuti ed internati per alcuni delitti.
Ai soli fini della collocazione in A.S., con nota del 18.3.2009 della d.g. dei detenuti e del
trattamento, da tale catalogo erano stati esclusi i detenuti che rispondono dei delitti di stupro
recentemente inseriti con D. L. 23 febbraio 2009, n. 11, e d’ora in poi lo saranno anche i
_______________________________________________________________________
1 Per ciò che concerne l’attuazione dei principi ordinamentali di individualizzazione del trattamento ed organizzazione
delle aree educative, si fa rinvio a quanto previsto nella lettera circolare n. 3593.6043 del 09.10.2003
2 L’art. 14 espressamente prevede: “Per le assegnazioni sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo e al
secondo comma dell’art. 42”, il quale a sua volta prevede che “i trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati
motivi di sicurezza”.
3 L’art. 32 del D.P.R: 230.2000 prevede infatti: “I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede
particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi
istituti o sezioni dove sia più agevole adottare le suddette cautele”.
Partecipi delle associazioni previste dall’art. 74 D.P.R. n. 309.90, che non rispondano delle
aggravanti previste per i capi e promotori e che non siano inseriti o collegati ad associazioni
di tipo mafioso. In definitiva, coerentemente con la funzione del regime, specificata in
premessa, il criterio di assegnazione in AS risponde alla necessità di separare i detenuti
appartenenti alla realtà della criminalità mafiosa e del terrorismo da tutti gli altri detenuti.
La selezione dei detenuti e degli internati da destinare al circuito in esame può dunque
avvenire sia sulla base del titolo detentivo, come è previsto dalla lettera A) e B) della citata
lett. Circolare del 9.1.2007; sia sulla base di altri elementi valutativi, come avviene per le
lettere C) e D), che appunto consentono l’inserimento nel circuito dell’Alta Sicurezza di
detenuti per fatti non formalmente compresi nell’art. 4 bis, ma nei cui confronti emergano
ulteriori elementi che consentano all’Amministrazione di ritenerli organicamente
appartenenti ad associazioni di stampo mafioso o terroristiche.
E sempre utile ribadire che la ratio giustificatrice che impone all’Amministrazione una
gestione particolarmente attenta di tali detenuti, sotto gli evidenziati profili di sicurezza
attiva e passiva, non implica una differenza nel regime penitenziario in relazione ai loro
diritti e doveri e alla possibilità di applicare le regole e le opportunità del trattamento
penitenziario, se non quelle espressamente previste dalla normativa con riferimento alla
natura del titolo di detenzione.
La differenziazione, oltre che essere finalizzata al buon esito delle attività trattamentali
anzidette, comporta altresì l’adozione, per tale circuito, di strutture sicure dal punto di vista
logistico e di apparati e dispositivi elettronici finalizzati alla massima sorveglianza
possibile. Sul punto si richiamano e si confermano le disposizioni impartite con la circolare
n. 3359 del 21.4.1993.
______________________________________________________________________________________
4 Sulla scorta di quanto previsto dall’art. 4 bis dell’O.P. è precluso l’accesso ai benefici penitenziari – fatta eccezione
per la liberazione anticipata – per i detenuti non collaboratori di giustizia, che rispondano delle seguenti fattispecie:
delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante
compimento di atti di violenza, delitto di cui all’art. 416 bis c.p., delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste
dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli artt. 600,
601, 602 e 630 del codice penale, all’art. 291 quater del T.U. delle disposizioni in materia doganale di cui al D.P.R.
43/1973, e all’art. 74 del D.P.R: 309.1990;.e da ultimo, – in base al disposto del D.L. n. 11.2009 – delitti a sfondo
sessuale previsti dagli artt. 600-bis, primo comma, 600-ter. primo e secondo comma, 609-bis, escluso il caso previsto
dal terzo comma, 609-ter, 609-quater, primo comma, 609-octies.
Il Circuito ad Elevato Indice di Vigilanza (E.I.V.)
La Circolare n. 3479 del 9.7.1998 ha istituito il circuito ad elevato indice di vigilanza
(E.I.V.) L’assegnazione a tale circuito è stata prevista per quanti rispondono dei delitti
commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine
democratico mediante compimento di atti di violenza, nonché per i soggetti provenienti dal
circuito di cui all’art. 41 bis dell’O.P. a seguito di revoca e quindi già ritenuti organicamente
inseriti al vertice delle associazioni mafiose. A tale circuito – secondo quanto previsto dal
cit. art. 32 del D.P.R. 230.2000 – sono stati inoltre assegnati detenuti che,
indipendentemente dal titolo detentivo, hanno avuto un “comportamento allarmante” in
costanza di detenzione: trattasi dei ed. “soggetti dall’elevata pericolosità individuale ed
intramuraria”, autori di tentativi di evasione, di violenza grave commessa in danno di altri
detenuti o di operatori penitenziari o di fatti di grave nocumento per l’ordine e la sicurezza
penitenziaria.
Il regime penitenziario dell’EIV, come è noto, non si differenzia per contenuti, offerte
trattamentali e modalità di gestione dalle regole penitenziarie vigenti per l’Alta Sicurezza,
da cui si distingue unicamente per la diversa collocazione logistica. Questa
Amministrazione è dunque solita definire l’EIV non un regime ma un circuito. Ciò
nonostante esso viene costantemente percepito come maggiormente afflittivo, specie presso
gli organismi giudiziari europei che, investiti dai ricorsi di detenuti ex 41 bis, hanno avuto
già modo di accoglierne le doglianze dichiarando la violazione dell’art. 6 par. 1 della
Convenzione5.
Il circuito EIV si presenta eterogeneo, per le differenti caratteristiche dei detenuti presenti.
Esso non di meno ha garantito in questi anni il mantenimento di un buon livello di
sicurezza, assicurando separazione logistica dei detenuti rispetto alla restante popolazione
detenuta ad alta sicurezza. Da qualche tempo l’Amministrazione penitenziaria ha peraltro
operato la scelta di mantenere distinti, all’interno del medesimo circuito, i soggetti
provenienti da contesti diversi di criminalità organizzata. Ciò anche allo scopo di prevenire
eventuali aggregazioni, potenzialmente pericolose, tra criminalità mafiosa e terrorismo.
Ragioni di opportunità, in relazione ai citati profili di ottimizzazione del trattamento, e di
sicurezza attiva e passiva, consigliano pertanto una rivisitazione dell’attuale assetto che: da
un lato assicuri una nuova regola organizzativa che, adeguando la disciplina alla prassi già
adottata, preveda una differente ripartizione logistica dei detenuti – attualmente EIV, ma
appartenenti a categorie differenti – la cui compresenza nelle medesime sezioni non è allo
stato interdetta dalle vigenti circolari; dall’altro – ribadendosi l’unicità di trattamento tra i
detenuti attualmente ristretti in AS ed in EIV – consenta di superare il predetto circuito, e la
sua denominazione foriera di fraintendimenti, evitando che essa possa far pensare, sia pure
solo in via teorica ad osservatori esterni, ad una diversificazione ovvero ad una modifica
delle regole trattamentali.
Una più razionale gestione dei detenuti a vario titolo ritenuti omogenei per l’elevata
pericolosità, impone dunque l’adozione di un unico circuito, che sarà per tutti definito Alta
Sicurezza, con l’abolizione conseguente del circuito E.I.V., la cui permanenza finirebbe per
ridursi ad una denominazione priva di reale contenuto, nel momento in cui – essendo in esso
vigenti le medesime norme dell’Alta Sicurezza – sia venuta meno anche la sua funzione
logistica, con l’assegnazione in sezioni diverse di detenzione delle distinte categorie di
appartenenza criminale che lo componevano.
__________________________________________________________________________
5 Corte Europea dei Diritti dell’uomo, IV sez., 11 gennaio 2005 ricorso n. 33695/96 (Musumeci contro Italia) che ha
condannato l’Italia per la violazione dell’art. 6 par. 1, della Convenzione, per aver violato il diritto di accesso ad un
Tribunale in relazione all’applicazione del regime E.I.V., sul presupposto della sua maggiore afflittività.
I profili di omogeneità dei detenuti da assegnare al circuito A.S., come più volte ribadito,
sono infatti relativi, più che alla pericolosità individuale, alla appartenenza degli stessi ad
una organizzazione, e dunque alla potenzialità di interagire con le compagini criminali
operanti all’esterno della realtà penitenziaria, ovvero di determinare fenomeni di
assoggettamento e reclutamento criminale. A meritare una attenzione maggiore e dunque
una “elevata” o “maggiore sicurezza” non è quindi solo l’individuo in sé, ma la compagine
cui egli appartiene, con la sua capacità di condizionare, dentro e fuori il circuito
penitenziario, l’ordinario svolgersi dei rapporti sociali, e di fungere da moltiplicatore dei
fenomeni criminali.
Con riferimento alla futura destinazione degli attuali appartenenti all’EIV, ai fini della loro
riassegnazione a nuovo circuito, valgono le seguenti disposizioni:
a) Per quanto attiene ai soggetti ai vertici delle associazioni mafiose o di stampo mafioso
giacché provenienti dal regime 41bis, essi andranno contenuti, nell’ambito del nuovo
circuito AS, in sezioni a loro specificamente dedicate, diverse dalle sezioni nelle quali sono
detenuti gli attuali appartenenti al circuito AS e da quelle in cui saranno ristretti gli ex EIV
appartenenti all’area terroristica.
b) Anche per gli esponenti della criminalità terroristica, sia nazionale che internazionale, possono
evidenziarsi motivazioni peculiari alla base dei delitti commessi, che evidenziano una tendenziale,
irriducibile, adesione a valori contrapposti a quelli tipici di uno stato di diritto, con una marcata
propensione al proselitismo. Essi vanno ascritti al nuovo circuito AS in sezioni diverse da quelle
dedicate ai detenuti mafiosi, e tenendo distinte le diverse appartenenze a organizzazioni
terroristiche.
c) I detenuti che hanno commesso gravi fatti di violenza negli istituti penitenziari, o che hanno
mostrato una spiccata tendenza all’evasione, tradizionalmente assegnati al circuito E.I.V., devono
certamente esser gestiti con particolare cautela, ciò non di meno, deve evidenziarsi una loro
eterogeneità rispetto alle anzidette tipologie di detenuti provenienti dall’area della criminalità
organizzata e terroristica. Sono infatti individui che non hanno aderito a logiche criminali
organizzate, finalizzate ad obiettivi criminali comuni, ma hanno posto in essere fatti di reato,
espressione di spiccata individualità criminale, anche in connessione occasionale con altre realtà
criminali.
I gravi comportamenti posti in essere da tale tipologia di detenuti, saranno pertanto tenuti in
considerazione per una gestione attenta dal punto di vista della sicurezza attiva e passiva, che
consiglierà un’allocazione in istituti idonei al loro contenimento, in apposite sezioni protette e in
cella singola, al fine di evitare che operino aggressioni e sopraffazioni, secondo la regola imposta
dall’art. 32 del D.P.R. 230.2000.
Per coloro i quali avranno manifestato un pervicace tendenza all’evasione saranno di conseguenza
adottate le cautele del caso per l’individuazione di istituti penitenziari che offrano le adeguate
garanzie.
Per tutte le categorie anzidette, in relazione alle traduzioni, sono sempre imposte le regole previste
dalle circolari n° 344975 del 16.1.1997, 533760 del 13.2.1997 e 581021 del 4.12.2000.
La gestione dei detenuti ed internati che, allo stato, sono inseriti nel circuito E.I.V. per le ragioni
esposte, continuerà ad essere di esclusiva competenza dipartimentale. Continuerà pertanto ad essere
onere delle direzioni segnalare il comportamento di tali detenuti ed internati, che verranno di
conseguenza gestiti dalla direzione generale dei detenuti e del trattamento.
Il nuovo Circuito Alta Sicurezza
Il nuovo circuito Alta Sicurezza continuerà a svolgere il delicato compito di gestire i
detenuti ed internati di spiccata pericolosità, prevedendo al proprio interno, tre differenti
sottocircuiti con medesime garanzie di sicurezza e opportunità trattamentali.
A tali tre sottocircuiti saranno dedicate sezioni differenti, che prevedano impossibilità di
comunicazione, essendo destinate a contenere altrettante tipologie di detenuti, come da
ripartizione che segue. I primi due sottocircuiti saranno dedicati ai detenuti di elevata
pericolosità provenienti dal vecchio circuito EIV.
Rispetto ad essi dovrà rimanere invariata la logistica e l’attenzione custodiale, fondata,
come in passato, sulla necessità di applicare le medesime regole del regime Alta Sicurezza.
A.S. 1
Il primo sottocircuito sarà dedicato al contenimento dei detenuti ed internati appartenenti
alla criminalità organizzata di tipo mafioso, nei cui confronti sia venuto meno il decreto di
applicazione del regime di cui all’art. 41 bis dell’O.P. comma 1 dell’art. 4 bis O.P., e
comunque per esser stati considerati elementi di spicco e rilevanti punti di riferimento delle
organizzazioni criminali di provenienza.
È d’altra parte opportuno, in relazione ai principi generali cui si è fatto riferimento in
premessa, che tali soggetti, che hanno rivestito ruoli di primaria importanza nelle
organizzazioni criminali, non siano ristretti unitamente agli altri appartenenti ad
organizzazioni criminali ma con ruoli di minore rilievo. Ciò al fine di evitare influenze
nocive reciproche, anche in relazione alle possibili attività di proselitismo, ed impedire
infine sopraffazioni dovute alla differenza di molo criminale. Ristabilito pertanto il quadro
delle opportunità trattamentali, in conseguenza del venir meno del Decreto ministeriale, – e
dunque senza arrecare pregiudizio alle stesse – il perseguimento delle finalità prevenzionali
rimarrà affidato alla scelta logistica al fine di impedire la trasmissione di notizie e limitando
la instaurazione di contatti all’interno degli istituti penitenziari.
A.S. 2
In tale sottocircuito saranno inseriti automaticamente i soggetti imputati o condannati per
delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine
democratico mediante il compimento di atti di violenza (delitti di cui agli artt. 270, 210bis,
270ter, 270quater, 270quinquies, 280, 280bis, 289bis, 306 c.p.). Per i soggetti detenuti per
altri fatti, cui sia contestato a piede libero uno o più dei delitti citati, ovvero nei cui
confronti sia venuta meno l’ordinanza di custodia cautelare o, infine, imputati di tali delitti
ma scarcerati solo formalmente per decorrenza dei termini di custodia cautelare,
l’inserimento nel circuito, previa acquisizione da parte delle Direzione di informazioni
assunte dagli organi investigativi, sarà valutato da questa Direzione Generale, cui sarà
conseguentemente attribuita anche la successiva gestione.
Per i soggetti imputati o condannati per fatti non ricompresi fra i citati articoli, ma per i
quali gli organi investigativi evidenziano elementi tali da farli ritenere organici a gruppi
organizzati eversivi, ovvero se i fatti per i quali sono detenuti sono stati posti in essere con
finalità dì terrorismo od eversione, l’inserimento nel circuito sarà valutato da questa
Direzione Generale (cui sarà conseguentemente attribuita anche la successiva gestione),
previa acquisizione da parte delle Direzioni degli istituti delle informazioni degli organi
investigativi. Per quanto concerne le declassificazioni e la gestione, si applicheranno anche
a tali detenuti le disposizioni contenute nella circolare n° 20 del 9.1.2007.
A.S. 3
Il terzo sottocircuito dell’Alta Sicurezza sarà dedicato alla popolazione detenuta ai sensi
della circolare n° 20 del 9.1.07, cui pertanto si rimanda per la puntuale osservanza.
Alla circolare in questione erano seguite, con circolare n° 75 del 2.2.2007, ulteriori
indicazioni da parte di questa Direzione Generale in ordine alle auspicate proposte di
declassificazione che le Direzione degli istituti avrebbero dovuto avanzare, in particolar
modo per coloro i quali avessero rivestito ruoli marginali nelle fattispecie di cui all’art. 74
D.P.R. 309.1990, e 291 quater DPR 43.1973. Nel rivalutare la questione, anche alla luce
della constatata carenza di tali proposte di declassificazione, non essendo coerente con le
finalità del circuito Alta Sicurezza la presenza di soggetti che hanno avuto ruoli marginali
nelle anzidette fattispecie di reato, si prevede espressamente la destinazione al circuito di
media sicurezza di tutti i partecipi a dette associazioni, mentre continueranno ad essere
automaticamente inseriti nel circuito dell’Alta Sicurezza i capi, promotori, dirigenti,
organizzatori e finanziatori di tali fattispecie.
Per quanto attiene ai futuri ingressi per tali titoli detentivi, le Direzioni dovranno
attentamente vagliare il capo d’imputazione al fine di discernere a quali soggetti sia, in fatto
e nel corpo del capo d’imputazione, specificamente contestata l’aggravante di cui al comma
1 dell’art. 74 D.P.R. 309.1990 relativa all’aver promosso o diretto l’associazione finalizzata
al traffico illecito di sostanze stupefacenti6, e quella di cui all’art. 291 quater D.P.R.
43.1973. La automatica classificazione in A.S. avverrà dunque soltanto per i capi e
promotori delle anzidette fattispecie, mentre i partecipi saranno inseriti nel circuito di media
sicurezza, fatto salvo il potere di sollecitare la classificazione ad opera di questa Direzione
Generale ai sensi della lett. D) della circolare n° 20 del 9.1.2007.
Per ciò che riguarda la popolazione ad oggi detenuta, le Direzioni degli istituti avranno
invece l’onere – al più presto – di porre all’attenzione di questa Direzione Generale l’elenco
dei detenuti che, alla luce delle nuove disposizioni, non hanno più titolo per permanere nel
circuito Alta Sicurezza, avendo cura di trasmettere un elenco nominativo – del quale si
allega modello – comprensivo di matricola AFIS, sintetica posizione giuridica con
l’indicazione del provvedimento restrittivo da cui poter rilevare il capo d’imputazione.
Qualora dagli atti non sia agevole identificare il ruolo singolarmente rivestito, sarà cura
delle Direzioni consultare il competente
Procuratore Distrettuale prima di inviare il fascicolo completo. Ai fini della esclusione dalla
declassificazione andranno poi segnalati i nominativi di quanti, agli atti del fascicolo,
risultino comunque inseriti in associazioni mafiose, ovvero si trovino nelle condizioni
previste dalla circ. del 9.1.2007 per l’inserimento discrezionale in A.S. È altresì prevista
l’esclusione dal circuito A.S., con le medesime modalità sopra descritte, per i detenuti ed
internati per i delitti di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p., che dovranno pertanto essere
allocati nel circuito di media sicurezza. Nel trasmettere l’elenco di tali detenuti ed internati,
le Direzione avranno l’onere di valutare attentamente i singoli fascicoli ed evidenziare i
soggetti che hanno avuto ruoli di primaria importanza, soprattutto se collegati a fattispecie
associative (con contestazione quindi anche del delitto di cui all’art. 416 c.p.) e sollecitare,
anche per il futuro, l’inserimento degli stessi nel circuito A.S. ai sensi della lettera D) della
circolare n° 20 del 9.1.2007. Si allegano infine i modelli (2 schede + 4 allegati) che
dovranno essere compilati dalle Direzioni degli istituti.
Si trasmette per l’esatto adempimento e per assicurazione.
Il Capo Dipartimento, Franco Ionta
Il Direttore Generale, Sebastiano Ardita