Sergej Butkov – “Le cime di Pietroburgo”.

Le cime di Pietroburgo di Butkov, contemporaneo di Gogol, esce nel 1845.

Attenta disamina della società russa di metà ottocento, il testo è ambientato nelle soffitte pietroburghesi, quelle “cime” a metà strada fra inferno e paradiso abitata soprattutto da piccoli funzionari pubblici, alcuni cinici arrivisti, altri sognatori disillusi, tutti cristallizzati in un’esistenza da Cinovnik fatta di stenti, speranze appassite e vite tradite.

L’opera, che si inserisce nel filone del naturalismo russo è figlia di una scrittura essenziale ma mai noiosa o arida, permeata da un’ironia amara che a tratti assume i lineamenti della disperazione che però si tramuta quasi subito, come ad esempio nel racconto “L’abito buono” in una “serena” accettazione della propria misera condizione.

Le storie sono popolate di personaggi le cui esistenza è segnata già alla nascita da un’organizzazione sociale staticamente divisa in classi dalle quali solo la fortuna, la benevolenza di un protettore o un matrimonio ben ponderato possono aprire uno spiraglio di felicità –comunque scontata a caro prezzo- rappresentata dal quantitativo di Rubli che si riusciranno a mettere assieme il primo del mese.

Nelle storie si rincorre una speranza tisica, una felicità di cartapesta legate ad un nastrino, un matrimonio d’interesse che puntualmente non arriva o se lo fa comunque pretende un duro scotto da pagare. Un orizzonte tutt’altro che rassicurante sotto il cielo grigio di una Pietroburgo che da città diviene quasi paesaggio di quell’anima della piccola Russia costellata di miseri funzionari statali, piccoli proprietari oppressi e la grande massa di diseredati che davanti a loro non hanno che un futuro piatto e ben nitido, granitico nella sua irreversibilità che stride in maniera dolorosa con quel benessere esclusivo appannaggio delle “persone per bene”, che sembra così vicino ma che nonostante gli sforzi probabilmente nessuno di loro riuscirà ad afferrare.

Un testo godibile che tratteggia in maniera esemplare un settore della società russa all’ombra della nascita dei movimenti rivoluzionari che animeranno il paese negli anni a venire e che oltretutto ci dimostra come pur in un’epoca lontana e ad esotiche latitudini le aspirazioni di una massa rassegnata siano sostanzialmente le stesse.

Lucca: cinque nazi contro un marocchino

“Erano cinque, tutti italiani”. Un marocchino di 23 anni, dal 2001 in Italia, un lavoro come cuoco in un ristorante di Lucca, racconta l’aggressione.
http://lombardia.indymedia.org/node/39045

Lucca, 29 maggio 2011. Picchiato da un gruppo di giovani, almeno cinque, tutti “italiani e con le teste rasate”, venerdì sera a Lucca. È la denuncia un marocchino di 23 anni, dal 2001 in Italia, un lavoro come cuoco in un ristorante di Lucca. Lo riporta oggi “Il Tirreno”. Al giornale il giovane nordafricano ha riferito che la sera del 27 maggio, uscito dal lavoro verso le 23, mentre stava tornando a casa, passando davanti a un bar in pieno centro a Lucca alcuni ragazzi che erano seduti si sono alzati e gli sono andati incontro, iniziando poi a colpirlo. “Non li avevo mai visti – ha raccontato il ventitreenne –. E non erano per niente ubriachi. Si sono avvicinati e hanno iniziato a colpirmi. Mi sferravano addosso calci, ovunque, violentemente”.

A salvare il marocchino è stato poi un gruppo di suoi amici che si trovavano non lontano: “I ragazzi che mi picchiavano li hanno visti e si sono dileguati in un attimo. Ma uno dei miei amici, anche lui non italiano, ne ha riconosciuti alcuni come suoi assalitori anni fa”. È stata chiamata la polizia e il marocchino è poi andato in ospedale: otto giorni la prognosi.

Bologna – A proposito di repressione e solidarietà (Martino dalla Dozza)

Dozza, 7/5/2011

Qualche considerazione dallo zoo

Ci risiamo, prima, i nostri arresti a Bologna, dopo, lo stesso copione con gli arresti a Firenze.

Ai compagni colpiti dall’ennesima inchiesta della procura fiorentina va tutta la mia solidarietà.

Tutto questo suscita rabbia ed indignazione ma non stupisce.

Non stupisce perché la repressione “anti – anarchica” e contro quei compagni e quelle situazioni di lotta che si pongono in una prospettiva rivoluzionaria, non si è mai placata.

Non stupisce perché per chi comanda non esistono- e non potrebbero esistere- né “una gestione accettabile della crisi”, né, tantomeno, un’uscita da essa.

Difficile pensare a una supina accettazione del costante peggioramento delle condizioni di vita di tutti e dell’irreversibile rovina del pianeta. Non può quindi stupire che il potere, temendo le rivolte dei sudditi, giochi d’anticipo accanendosi con ogni mezzo contro le situazioni di dissenso che, di volta in volta, reputa particolarmente scomode.

Comunque va detto, quello che spaventa non è la “forza” del movimento anarchico, con buona pace di quei compagni che in qualche proclamo, tra uno slogan truculento e l’altro, se ne fregiano. Quello che turba i sogni di politici, padroni e sbirri è ciò a cui le idee e soprattutto le pratiche degli anarchici alludono, il loro potenziale, la loro diffusione tra arrabbiati ed esclusi: l’universale linguaggio della rivolta di cui in Italia si è avuto un assaggio il 14 dicembre a Roma.

Spaventano l’ostilità e il rifiuto di riconoscere- e farsi riconoscere- dalle istituzioni, la conflittualità permanente.

Spaventano l’autogestione e l’orizzontalità che caratterizzano le nostre lotte e l’informalità che caratterizza i nostri rapporti.

Spaventa il fatto che vengano riportate le notizie di quegli attacchi al dominio che, coscienti o meno che siano, suscitano simpatia in molti, ma di cui solo in pochi parlano pubblicamente. Pubblicazioni di articoli di giornale che, per qualche alchimia poliziesca, diventerebbe acrobaticamente una “prova” del coinvolgimento nei fatti riportati, poco importa se, ad un più attento esame la cosa finisca per non stare palesemente più in piedi anche per i professionisti del sospetto.

Del resto a vacillare è l’imputazione stessa che ci colpisce qui come a Firenze (e prima a Lecce e a Torino): l’associazione a delinquere strutturata ( con tanto di capi, lougotenenti e soldati semplici), rigida, con spazi aperti che diventano covi clandestini “perché solo i gestori ne hanno le chiavi” (per logica potrebbe derivare,allora, che per essere davvero pubbliche biblioteche e scuole dovrebbero distribuire le chiavi a tutti), ed il cui scopo sarebbe “compiere reati”.

Anche qui, purtroppo, non c’è da stupirsi. Leggendo alcuni articoli di Malatesta ( sì, qui ho tempo…), ho trovato un passaggio in cui già lui faceva considerazioni sull’uso dell’associazione a delinquere per reprimere gli anarchici: evidentemente non è una trovata innovativa.

Mentre scrivo queste righe apprendo dal telegiornale locale (purtroppo in carcere la televisione è sempre accesa) dell’ennesimo danneggiamento della sede bolognese della lega. Di ieri la notizia dell’imbrattamento della sede della UIL nel quartiere di San Donato. Per fortuna che ci dipingono una città pacificata in cui l’unica “voce fuori luogo è quella degli anarchici insurrezionalisti”…

Eppure poco importa agli inquirenti se inchieste come questa finiscono in un nulla di fatto, poiché il loro vero scopo è soprattutto fiaccare i compagni con custodie cautelari, divieti ed obblighi di dimora, intimidire chi si avvicina agli anarchici, stringendo al contempo sempre più la morsa, provando a cercare dei precedenti per schiacciare ogni forma di dissenso un domani.

Credo che quest’ultimo aspetto meriti particolare attenzione essendo di portata generale per chiunque porti avanti dei percorsi di lotta.

Questi tentativi non vanno lasciati passare sotto silenzio.

Di fronte ad attacchi di questo tipo, più ci si lascia spaventare, più si arretra, più il nemico avanza e guadagna terreno.

Credo che la scelta migliore di fronte all’incalzare della repressione sia quella di rilanciare le lotte ed allargare la solidarietà.

Da questo punto di vista, rispetto all’operazione “outlaw” (fà troppo ridere sto nome per non citarlo almeno una volta) non ci si può certo lamentare. Ringrazio con tutto il cuore per le lettere, l’affetto e soprattutto la solidarietà che arrivano da Bologna, dall’Italia e da oltre i confini di questo maledetto paese.

A testa alta a dispetto di tutto

Per l’anarchia

xMartinOx

Costa Silvia Billy – Fissata data del processo e inasprimento censura

Da Informa-azione: Il processo per Silvia, Costa e Billy è stato fissato nei giorni dal 18 al 22 Luglio 2011, il presidente del tribunale che li giudicherà ha inasprito ulteriormente la censura sulla corrispondenza riducendo a 2 il numero di lettere a settimana in entrata e 2 in uscita. La prossimità dell’inizio del processo e la limitazione della possibilità di corrispondere sono un’ulteriore passo della procura verso l’obbiettivo mai raggiunto in più di un anno di ostacolare il confronto e la collaborazione tra dentro e fuori e tra di loro, di isolarli e bloccare la loro partecipazione alle lotte. A maggior ragione in vista delle udienze l’imperativo degli inquisitori è ostacolare l’organizzazione di iniziative  e il confronto fra i coimputati, affinché il processo si svolga in un contesto democraticamente pacificato.
Vogliamo ribadire quanto sia importante far sentire la nostra solidarietà a Silvia, Costa e Billy, perché questo processo non passi come se niente fosse, perché torni forte quel sentire che ci fa pensare e dire che quando colpiscono uno di noi intendono colpire tutti.

A breve divulgheremo le iniziative previste per quei giorni.

Accendiamo fuochi

Mentre le sedi destroidi in Firenze fanno la fine che ogni tana di politicante dovrebbe fare –ed è un augurio che ciò accada- i reietti investiti del compito abbietto di strozzare ogni anelito di Libera Vita compilano 10 inutili carte igieniche.

Nel momento nel quale miseri e strani esseri indossanti ufficiali vasi da notte allontanano dalle pudiche pietre di una piazza chi dalla disperazione trae forza e i ribelli della montagna si scontrano con i ruvidi ecce omo posti a difesa della futura(?) velocità dei padroni del fuoco, si annusa nell’aria un odore acre di deflagrazione che si prepara e quest’odore è qui ed altrove e non potrà essere certo l’olezzo dell’autorità che decompone a coprirne i delicati aromi.

Tremi l’obbedienza, ché balleremo sulle sue ossa che già sono polvere.

Atene – Un compagno anarchico ferito ed arrestato dopo una sparatoria con gli sbirri

fonte: culmine

Attenzione: quel che è esattamente accaduto lo scorso mercoledì nella zona di Pefki (Atene) lo sappiamo fino ad ora solo dalla stampa e dalla polizia. Questo è un riassunto di quel che dicono:
Alle 19 di mercoledì 18 maggio una cittadina ha chiamato la polizia allertando sulla presenza di alcuni personaggi sospetti nella zona di Pefki (municipio borghese e tranquillo nel nord dell’area metropolitana di Atene). Una pattuglia è giunta sul posto e (secondo la polizia) i “malfattori” che erano su una moto sono stati i primi ad aprire il fuoco. Entrambi i poliziotti ed uno dei perpetratori sono rimasti feriti, mentre il secondo è entrato nella volante ed è riuscito a fuggire. L’auto è stata trovata abbandonata in un’altra zona. Il giovane s’è qualificato come tal Stergiou, ma gli sbirri non l’hanno creduto e ne hanno pubblicato la foto (ritoccata in maniera piuttosto squallida con il Photoshop, probabilmente per non mostrare le ferite) chiedendo informazioni. Il giorno seguente si sono presentati i suoi genitori, rivelando i suoi dati: Theofilos Mavromihalis 21 anni, studente presso l’Università di Mitilene (isola di Lesbo) con specializzazione in scienze ambientali. I genitori hanno detto che da un anno il figlio non dava segnali di vita, che da diversi mesi aveva abbandonato gli studi e che non sapevano dove si trovasse. Gli sbirri hanno perquisito la casa dei genitori ed hanno effettuato altre perquisizioni e continuano ad indagare proprio a Mitilene. Da subito, la stampa ha parlato di “terrorismo”, anche considerando il fatto che il mercoledì pomeriggio le banche sono chiuse, escludendo così la possibilità di una rapina. Lo stesso partito neonazi Hrisi Avgi ha emesso un comunicato, considerando che il loro capo, lo schifoso fascista Nikos Mihaloliakos, vive in tale zona e quotidianamente passa nell’incrocio in cui c’è stata la sparatoria. In un miscuglio tra megalomania e vittimismo, tipici dei veri patrioti ha affermato di essere l’obiettivo di un ipotetico attentato. Sul posto sono stati anche trovati, oltre alla moto, un furgone (entrambi rubati nelle scorse settimane nel quartiere di Kipseli), una pistola Glock, uno zaino con caricatori e giravite) ed un bidone di benzina vuoto. Le autorità hanno anche rivelato che le impronte digitali di Theofilos sono state trovate in due degli “appartamenti” delle Cellule, perquisiti durante gli ultimi arresti collegati al caso (14 marzo, quando 5 compagni/e sono stati arrestati/e a Volos): la casa di Volos e quella di Kallithea (Atene), secondo l’accusa affittata da Hristos Tsakalos. Quelle impronte erano fino ad ora “orfane”, perché non si sapeva a chi appartenessero.

Per ora presentiamo due testi comparsi sul compagno, il primo scritto dai suoi compagni:

Testo dei Compagni dell’arrestato a Pefki

L’anarchico rivoluzionario, il nostro compagno Theofilos Mavropoulos si trova in ospedale, ferito, dopo uno scontro armato con i fottuti porci della Polizia, scontro avvenuto nella zona di Pefki. Lì, assieme ad un altro compagno, hanno scelto di non consegnarsi quando una pattuglia ha tentato di identificarli. Durante lo scontro sono rimasti feriti i due sbirri, ma è stato ferito anche il nostro compagno. Allo stesso tempo, l’altro compagno lì presente è riuscito a fuggire utilizzando la volante della polizia.
Si tratta di un attivo membro del movimento anarchico-rivoluzionario e ci appelliamo a qualsiasi anarchico-rivoluzionario, come a chiunque si percepisce come parte di un vasto ambito sovversivo a prendere l’iniziativa dell’azione, con qualsiasi mezzo che ritenga adeguato ed essenziale, per stare al suo lato. In questo momento il nostro fratello si trova ferito e rinchiuso in una camera, sorvegliato da sbirri d’ogni genere. Consideriamo come qualcosa di notevole importanza la realizzazione di un presidio davanti all’ospedale in cui si trova il nostro compagno ferito, per spezzare l’isolamento imposto e rompere la morsa dei vermi dell’antiterrorismo e degli altri servizi che lo stanno “proteggendo” nell’unica maniera che sanno fare. Per le difficoltà dovute alla situazione in cui ci troviamo e la condizione in base alla quale agiamo e ci muoviamo, purtroppo noi non possiamo stare al suo fianco (cioè nell’ospedale), in modo da dar forza e coraggio al nostro orgoglioso compagno.
Dobbiamo mostrare al nemico che NESSUN COMPAGNO E’ SOLO, che qualsiasi arresto di un compagno non resterà senza risposte, che nessun nostro compagno se lo possono mangiare vivo. Perché il rapporto tra compagni e la solidarietà non si definiscono secondo stipendi e ranghi, ma sulla base di relazioni che portiamo avanti e proponiamo contro le schifose relazioni sociali dominanti. Non vediamo l’arresto di Theofilos alla luce di una “molto pubblicizzata” e a sua volta schifosa logica di vittimizzazione, che permetta di protestare contro gli sbirri che hanno sparato e ferito il nostro compagno. Inoltre, secondo tale logica la solidarietà perderebbe il suo senso essenziale. La posizione orgogliosa del compagno ed i suoi valori si sono scontrati con la rinuncia e la consegna. Egli ha mostrato che il conflitto e la guerra non hanno martiri né persone che ne nutrano un culto, bensì che ci sono combattenti preparati a tutto. Il tesoro che ha lasciato si converte in arma nelle mani di noi tutti.

A FIANCO DEL RIVOLUZIONARIO ANARCHICO THEOFILOS MAVROPOULOS LOTTA PER LA LIBERTA’ CON OGNI MEZZO

ps: Vogliamo inviare al nostro compagno i più sinceri ringraziamenti per le lotte che abbiamo condotto assieme, per tutte le contrarietà ed i contrattempi che abbiamo fronteggiato, per tutto il bene e il male. Infine, gli ricordiamo che manteniamo la promessa per quel che riguarda gli impegni informali che abbiamo preso, i sogni incompiuti e le esagerazioni. Tutto e nulla. Adesso, fratello, può essere che cambierà la condizione in cui vivrai, ma non cambierà lo stato non pentito della tua mente.

Dichiarazione della O.R. Cospirazione delle Cellule di Fuoco

“Pensavo che se avessi corso rapidamente e con l’impeto fossi caduto sul recinto, anche se questo non si fosse piegato, io non mi sarei arreso, né pentito di nulla. Anche se le pallottole degli sbirri avessero fermato la mia marcia, se il tessuto dei miei vestiti si fosse impigliato nel filo spinato ed essi mi avessero arrestato, anche togliendomi i vestiti non riuscirebbero a togliere tutti i fili del recinto. E il recinto cadrebbe e si ossiderebbe, ma i fili resterebbero lì, sarebbero il mio tracciato, un segnale che c’è ancora gente che ad oggi lotta ancora per la rivoluzione. Questo è il fermo immagine di una persona che con impeto ha corso verso la libertà invece di consegnarsi al silenzio ed alla rinuncia, propri della nostra epoca. E’ una pura traccia del futuro, di un mondo migliore… ”
Dedicato al compagno rimasto ferito durante lo scontro a fuoco con gli sbirri a Pefki.
Dalle carceri gli inviamo, con tutta l’anima, la nostra completa solidarietà ed il nostro appoggio.
Organizzazione Rivoluzionaria Cospirazione delle Cellule di Fuoco
19/5/2011

QUESTA FIRENZE NON SOGNA…

Riceviamo e diffondiamo: ALL’ALBA DEL 24/05/2011, UNA CINQUANTINA DI VIGILI URBANI UNITAMENTE A MANIPOLI DI POLIZIOTTI E CARABINIERI HANNO “ASSALTATO” LA TENDOPOLI DEI RICHIEDENTI ASILO PRESENTE DA SABATO MATTINA IN PIAZZA BAMBINI DI BESLAN. UNA AZIONE VIOLENTA CHE PORTA LA FIRMA DIRETTA DEL SINDACO DI FIRENZE, CHE HA FATTO CAPIRE A TUTTI COME INTENDE PORTARE AVANTI LE POLITICHE DELL’ACCOGLIENZA… INNUMEREVOLI GLI EPISODI DA ASCRIVERE ALL’IMBECILLITÀ UMANA CHE COPRE DI VERGOGNA IL CORPO DELLA POLIZIA MUNICIPALE. DALLA DEVASTAZIONE DELLE TENDE, AI CALCI E ALLE MINACCE, AL FURTO DI VETTOVAGLIE, STRISCIONI, PENTOLE E FINANCO GENERI ALIMENTARI…SINO ALLA DISTRUZINE SISTEMATICA DI PALLONI DA CALCIO… MA LA UMANA REAZIONE DEGLI OCCUPANTI DELLA TENDOPOLI E IL SOPRAGGIUNGERE DI NUMEROSI ATTIVISTI DEI MOVIMENTI HA COSTRETTO A PÌÙ MITI CONSIGLI IL PATTUGLIONE DI VIGILI, MILITI DELLA BENEMERITA E SIMILIA. INFATTI ALLE ORE 7 TUTTA LA TRUPPA PRESENTE SE NE È ANDATA SENZA PROFFERIRE PAROLA… UNA VERA E PROPRIA FIGURACCIA, QUELLA DI STAMANI. IN POCHE ORE LA TENDOPOLI È STATA RICOSTRUITA E LE VARIE ATTIVITÀ SONO RIPRESE. RESTA IL RAMMARICO PER LA COSTANTE OTTUSITÀ CHE ACCOMPAGNA LA POLITICA DELLA GIUNTA, INCAPACE DI ASCOLTARE DESIDERI, BISOGNI E ASPIRAZIONI DI CENTINAIA DI GIOVANI, UOMINI E DONNE, CHE PROVENGONO DAI TERRITORI DELLA GUERRA INFINITA. RESTA LA RABBIA PER POLITICHE DEL NUMERO CHIUSO E DELLE REGOLE DISCIPLINARI. MA RESTA, ANCORA E IRRIDUCIBILE LA VOLONTÀ DI ANDARE AVANTI A TUTELA DEI DIRITTI DEI RICHIEDENTI ASILO.                                                                                                                                                                                   L’ASSEMBLEA DEI RICHIEDENTI ASILO UNITAMENTE AL MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA E AL CSA NEXT EMERSON PRESENTERÀ UNA DENUNCIA ALL PROCURA DELLA REPUBBLICA PER I REATI DI FURTO, DANNEGGIAMENTO E ABUSO DI UFFICIO CONTRO IL CORPO DELLA POLIZIA MUNICIPALE. INVITIAMO TUTTI A PORTARE IN PRIMA PERSONA LA SOLIDARIETA’ ALLA TENDOPOLI RICOSTRUITA IN PIAZZA BAMBINI DI BESLAN L’ASSEMBLEA DEI RICHIEDENTI ASILO SOMALI E ERITREI, CON LA SOLIDARIETA’ DEL MOVIMENTO DI LOTTA PER LA CASA, DEL CSA NEXT EMERSON, DELLE BRIGATE DI SOLIDARIETA’ ATTIVA

Mark Twain, una voce scomoda nella cultura americana

Esistono nella storia dell’Arte, come del resto nella storia umana tout court, personaggi che nel corso degli anni subiscono, ovviamente post mortem, un’edulcorazione della propria figura, mondata in maniera artificiosa da quegli elementi di disagio, non allineati, che in vita li avevano portati a scontri più o meno violenti con l’intellighenzia ufficiale, le convenzioni sociali ed i gruppi di potere (in essere o in potenza) del periodo nel quale la loro vicenda umana si è dipanata.

La “normalizzazione” operata su questi personaggi ufficialmente è servita a “restituire alla collettività” l’opera del grande artista o personaggio “finalmente riconciliato” ed elevato ad esempio e simbolo del genio umano.

In realtà questa operazione di spoliazione ed impoverimento di queste figure, spesso precorritrici e cassandre di avvenimenti contemporanei, non è servita ad altro che a depotenziare il loro portato Rivoluzionario (nell’accezione più ampia del termine) o a cristallizzare in forma iconica, quindi semplificando e banalizzando elementi “non riconducibili”.

La voracità dei miseri ha spolpato la carcassa esanime di grandi personaggi per vestirli –ora che non possono più opporsi-  dei panni che preferiscono trasformandoli in figurine buone per tutte le stagioni.

Di esempi ne sono piene le pattumiere politiche, artistiche e sociali, basti citare un autore come Albert Camus, la cui figura è stata per anni esemplificata nel ruolo di scrittore/autore teatrale con sfumature sociali, passando sotto silenzio o relegando a ruoli marginali i suoi impegni come pubblicista, che in vita lo scagliarono in un isolamento dovuto alle sue posizioni impopolari sia all’interno della sfera politico/sociale (le sue invettive contro il colonialismo in Africa e per l’indipendenza dell’Algeria) istituzionale, che in una certa sinistra transalpina filo-russa (le sue feroci polemiche contro l’imperialismo sovietico che portarono fra l’altro alla rottura con l’amico ed intellettuale “organico” Sartre). Eppure eliminando o sottacendo la sua dimensione di impegno politico e sociale, mal si comprendono –a mio vedere- opere fondamentali come “Lo straniero”, “La peste” o ancor più “L’uomo in rivolta”, che senza questa prospettiva mancano del retroterra ideologico sul quale innestarsi e svilupparsi.

 

Sorte simile è toccata al grande romanziere americano Samuel L. Clemens, più noto con lo pseudonimo di Mark Twain, celebre come scrittore di romanzi per “ragazzi” come “Tom Sawyer” o “Le avventure di Huccleberry Finn” eppure Twain è stato anche altro, una sagace osservatore della propria contemporaneità affrontata con una prosa mai banale, asciutta e irriverente, a tratti comica e sarcastica ma (quasi) mai livorosa, sempre ricca di spunti.

Dagli articoli di giornale al racconto breve, dal paradosso alla favola.

Ateo ed anticlericale convinto, coscienza scomoda dell’America bigotta e puritana, ipocrita ed imperialista, irriverente libertario nonché antirazzista, caratteristiche queste che soprattutto nell’ultima parte della sua esistenza gli provocarono non pochi grattacapi ed attirarono su di lui sguardi non proprio benevoli da parte di varie chiese, personaggi pubblici, colleghi, ecc…

Eppure questo suo portato si può individuare anche nei suoi lavori più noti. La voglia e l’amor di Libertà di Huck Finn, la figura del suo amico, il nero Jim che si lega ai temi della schiavitù e del razzismo sono alcuni degli ambiti cari all’autore che permeano l’opera twainiana e che la rendono per questo ricca di testi leggibili su vari piani e quindi fruibili da individui di tutte le età/sensibilità.

Un autore complesso quindi, con una gran capacità di non perdere mai la sua vena di sarcasmo comicheggiante, anche trattando temi scabrosi come le ipocrisie palesi contenute nelle religioni con il loro portato di credulità, furbizia che gioca sull’ignoranza, utilizzata in ultima sintesi per mantenere i più in una condizione di minorità forzata, indotta e coltivata, temi che quindi fanno il paio con la sua critica al democratismo acritico (come se bastasse un termine a sancire dignità ed uguaglianza) e dello stato.

Articoli come “Alla persona che vive nelle tenebre”, critica ferocissima e senza mezze misure dell’ “esportazione del vangelo” , dito ossuto dietro al quale si nascondono ben altri interessi che non la salvezza forzata delle anime dei popoli africani “infedeli” è un ottimo esempio (consigliato) per comprendere meglio il Twain “sconosciuto” e un pezzo di tragica attualità se solo si sostituisce alla parola vangelo quella di democrazia, un termine rassicurante e condiviso da tutte le persone “per bene”, utilizzato come specchietto per le allodole al fine di occultare i reali interessi imperialisti.

Twain era un intellettuale tanto scomodo quando per noi attuale, che dovrebbe insegnarci un metodo inedito per attaccare il potere e che dovrebbe farci ricordare che dietro ogni icona c’è spesso una dimensione d’impegno civile sul quale si innesta (spesso) la sua opera e senza la quale non avremmo potuto godere del frutto di pagine ed inchiostro.

 

Evjenj Vasil’ev Bazarov

Firenze: IL MOVIMENTO NON SI PROCESSA! corteo 21 maggio

Il 4 maggio 2011, 22 studenti sono stati svegliati da uomini in divisa che, ordinanze alla mano, dopo aver perquisito le loro case, hanno provveduto a schedarli e ad imporre 5 arresti domiciliari e 17 obblighi di firma.

Se questo non bastasse, i media hanno sbattuto sulle prime pagine, anche nazionali, la notizia dell’arresto per associazione a delinquere di pericolosissimi criminali, presentando l’operazione come grande successo… della collaborazione tra polizia e servizi segreti. Gli zelanti giornalisti non hanno, però, voluto farci sapere che i 22 “pericolosi studenti” sono rei di aver partecipato attivamente ai movimenti studenteschi del 2009-2010 contro la devastazione della scuola e dell’università, contro l’apertura di Casapound, contro la costruzione di un CIE in Toscana e contro la presenza dell’On. Santanché al Polo di Novoli.

Questi studenti sono inquisiti perché lottano insieme, riuscendo a tessere legami ed essendo parte attiva nelle lotte politiche e sociali che attraversano questa città: da quelle sui posti di lavoro a quelle contro i Centri di Identificazione ed Espulsione, dalle lotte contro per la difesa della scuola e dell’università pubblica fino alle lotte per il diritto all’abitare.

Per questo, al fianco dei 22 studenti, tra gli altri 78 indagati, troviamo molti compagni che hanno condiviso le mobilitazioni dell’ultimo anno, indipendentemente dall’appartenenza al mondo universitario.

E’ però chiaro, al di là dei nomi che compaiono nei fascicoli dell’indagine, che ad essere sotto processo sono le pratiche quotidiane e comuni a tutti quei movimenti che cercano realmente di incidere sul proprio territorio: manifestazioni spontanee, occupazioni e blocchi del traffico.

Se da un lato vediamo sempre più attaccati i diritti collettivi, dall’altro chiunque provi a lottare e organizzarsi insieme contro questo stato di cose viene colpito dalla repressione che è proprio lo strumento che lo Stato utilizza per ridurre gli spazi di azione e agibilità politica a chi pratica il conflitto.

Quest’inchiesta non può e non deve essere un problema solo di coloro che oggi sono costretti ai domiciliari o sottoposti all’obbligo di firma e neanche degli indagati o delle realtà di cui fanno parte.

Deve essere un problema di tutti coloro che, in questi mesi, hanno sostenuto o partecipato alle lotte degli studenti, dei lavoratori, degli immigrati e per il diritto alla casa sviluppatesi in lungo e in largo in questo paese.

Deve essere un problema di tutti coloro che ritengono che le libertà che pensavano acquisite e che in questo momento vengono rimesse in discussione, vadano difese con un’azione comune.

Questi sono i motivi che ci spingono a invitare tutt* a manifestare

SABATO 21 MAGGIO

ALLE ORE 15.30 IN PIAZZA S.MARCO

PER L’IMMEDIATA REVOCA DI DOMICILIARI E OBBLIGHI DI FIRMA!

VITTORIO, DANI, MASSI, LUCA, PIETRO LIBERI! TUTT* LIBER*

Assemblea cittadina contro la Repressione

L’uomo di marmo – di Andrzej Wajda

Il film, ambientato nella Polonia di fine anni ’70, parla di una laureanda in cinema che come sua tesi decide di girare un documentario sulla vita di Birkut, un operaio “campione del lavoro” negli anni ‘50, eroe della propaganda comunista che poi, quasi da un giorno all’altro scompare dalle cronache, fagocitato dall’oblio della storia. Di lui rimangono solo qualche filmato ed un’enigmatica scena, unica testimone della caduta, nella quale il suo ritratto viene tolto dal pantheon dedicato appunto a questi campioni.

La ricerca della giovane, archetipo in certi casi quasi caricaturale della nuova gioventù polacca che comincia in qualche misura ad assumere in sé i nuovi “valori” d’oltre cortina (il jeans diventa qui un simbolo profano d’occidentalismo) non è facile, Birkut è diventato come un fantasma consegnato all’oblio delle memorie, tanto da risultare molto difficile anche solo riuscire a sapere se sia vivo o morto. Non voglio approfondire ulteriormente la trama del film, che evidentemente va visto, mi limiterò quindi a qualche considerazione legata soprattutto al significato di questa pellicola, che attraverso l’occhio del regista è riuscita a fotografare in maniera sorprendente sia quella che era la situazione sociale di quegli anni in un paese dominato da un regime comunista, sia il prossimo futuro, che si sarebbe palesato di li a poche decine di anni con la “vittoria” dei paradigmi occidental/capitalisti.

Il film alterna scene contemporanee a stralci di vecchi filmati di propaganda, il ritmo frenetico impresso ai movimenti ed ai dialoghi della giovane protagonista si contrappongono e si integrano con i ritmi dell’idustrializzazione forzata mostrata negli spezzoni di pellicola in una sorta di frenetica rincorsa ad un futuro in entrambi i casi sconosciuto ed affascinante.

È palese in questo lavoro la denuncia dell’oscurantismo di regime rappresentato attraverso l’opera di cancellazione della memoria e della difficoltà nel reperire anche un minimo tassello che permetta di ricostruire le vicende di un individuo assurto agli allori dal niente e con la stessa velocità consegnato all’oblio delle memorie, com’è altrettanto lampante di come attraverso le vicende narrate (e la stessa uscita del film) si rappresenti non un apertura “democratica” alle voci discordi e non allineate, ma piuttosto  un segno dell’aprirsi delle prime crepe nell’impianto autoritario sovietico; ma a saper leggere più a fondo le immagini ed i personaggi si può intravedere anche un monito nei confronti dei nuovi (dis)valori veicolati dalle influenze occidentali infatti l’atteggiamento frenetico del la giovane regista, il suo ricercare elementi utili alla propria ricerca anche a discapito dei sentimenti altrui (indicativa in questo caso la visita a casa dell’ex moglie di Birkut), il suo voler raggiungere l’obbiettivo ad ogni costo sono il presagio di un futuro prossimo venturo nel quale una nuova dittatura, più subdola, si sta preparando. Un film decisamente anticomunista ma che non stenta a mostrare i pericoli –poi mostratisi esatta predizione- della nuova way of life. Da vedere.