Grecia – Bloccate le armi americane dirette in Israele

Il 13 gennaio 2009, il popolo greco ha ottenuto una significativa
vittoria tattica lavorando solidalmente col popolo palestinese. È
infatti riuscito a fermare il carico di armi che, partendo dagli Stati
Uniti, era diretto ad Israele passando per un porto greco. Responsabili
militari statunitensi hanno annunciato che la spedizione è stata
fermata a causa di “preoccupazioni provenienti da Atene”, nate dopo che
il popolo greco si è mobilitato, ha manifestato e si è sollevato per
chiedere che le armi dirette agli assassini dei palestinesi a Gaza
fossero bloccate!

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina elogia il popolo
greco per la sua risposta all’appello, nostro e del popolo palestinese,
che chiedeva di bloccare quest’invio, e fa appello a tutte le forze
popolari e progressiste a livello internazionale affinché seguano
quest’esempio, fermando queste spedizioni di armi in tutti i modi
possibili, ostacolando ed isolando l’occupante, le sue istituzioni e le
sue forze armate.

Il 15 gennaio, attivisti greci hanno protestato al porto di Astakos
(presso il quale ci sarebbe dovuta essere l’operazione di carico delle
armi), chiedendo la fine di qualsiasi complicità greca nella guerra che
U.S.A. e Israele stanno combattendo contro il popolo palestinese di
Gaza ed esprimendo solidarietà col popolo e la causa palestinese. Il
movimento greco ha portato le proprie rivendicazioni al Parlamento,
nelle strade, ovunque, conseguendo un’importantissima vittoria.

Il Silvestre – Comunicato e nuovo contatto

Da informa-azione:

Gennaio 2009

Care compagne e cari compagni,
non ci dilungheremo a trattare le vicende repressive che in questi ultimi anni stanno interessando il “Silvestre” e in generale le/i compagne/i anarchiche/ci di Pisa,
queste sono già state trattate in vari comunicati. Con queste righe
vogliamo comunicare il nostro essere ancora presenti come situazione,
con la stessa volontà e determinazione di continuare i “vecchi”
percorsi di lotta e quelli che verranno, con particolare attenzione a
sviluppare ulteriormente il pensiero anarchico verde.
In questi ultimi due anni grazie alle compagne e compagni che ci hanno
sostenuto, in particolare da Pisa, è stato possibile distribuire un
numero del giornale “Terra Selvaggia – pagine anticivilizzatrici”,
e in un secondo tempo realizzare il ventesimo numero nonostante la
detenzione di tutta la redazione e le successive numerose restrizioni.
È nostra intenzione riprendere quello che era un progetto iniziale del
“Silvestre”: le “Edizioni Silvestre”, pubblicazioni di testi
sull’ecologismo radicale, liberazione animale, nocività e in generale
tutto ciò che riguarda l’anarchismo verde. Quindi un Silvestre anche
come progetto editoriale che riporti l’urgenza di una critica radicale
e di un intervento contro la macchina civilizzatrice in tutte le sue
molteplici forme. Questo anche portando avanti progetti e campagne su
questioni che ci stanno più a cuore, come avevamo fatto in passato
contro la vivisezione a Pisa.
Stiamo lavorando all’uscita del nuovo numero di “Terra Selvaggia” che
ci promettiamo di poter dare alle stampe al più presto. Stiamo
ricostruendo il nostro indirizzario fatto di numerosi contatti di
compagne/i e di situazioni dove abbiamo sempre distribuito il nostro
materiale. Le continue perquisizioni e sequestri nella vecchia sede di
via del cuore a Pisa e nelle nostre abitazioni hanno creato confusione
nei contatti a nostra disposizione, chiediamo quindi a chi ha sempre
letto e distribuito il giornale di contattarci e aiutarci a riprendere
il filo della diffusione.
Varie vicende, tra cui la chiusura della sede
ecologista anarchica di via del Cuore, ci hanno portato alla necessità
di un nuovo contatto che si avvicinasse geograficamente alle/ai
compagne/i della redazione sparse/i in più regioni.

VECCHIO INDIRIZZO: Il Silvestre, via del Cuore 1, 56121 Pisa

VECCHI CONTI CORRENTI non più da usare:

c.c.p. 48507156 intestato a Costantino Ragusa

c.c.p. 72208614 intestato a Luca Drovandi
(quest’ultimo conto rimane attivo per sostenere i compagni e le compagne di via del Cuore di Pisa)

 

Sull’aggressione di qualche giorno fa…

A onor del vero ci sentiamo di dare chiarimenti sul pestaggio ai danni di un giovane avvenuto qualche giorno fa dinnanzi all’Istituto pedagogico di Pistoia e del quale avevamo dato notizia. Le voci iniziali parlavano di un raid fascista ai danni di un ragazzetto ma poi, nei giorni seguenti, si è chiarita meglio la situazione: pare che una ventina di stronzetti italici, molti dei quali adoratori del busto del duce (si, proprio lui, l’ ariano alto, bello e biondo che tutti conosciamo), abbiano pestato un coetaneo (rompendogli un dente, c’è chi dice di averlo visto sanguinare in maniera molto evidente) non per motivi politici ma… per un contenzioso riguardante una ragazza. Finchè se le danno tra di loro…

Report corteo di ieri a Saronno

Circa 100 i compagni e le compagne presenti ieri al presidio contro
lo sgombero del Telos di ieri mattina. Numerosi sono quelli arrivati
dalle città e dalle province limitrofe.

In Piazza S. Francesco sono numerosissimi i poliziotti e i
funzionari delle questure. Quindi i compagni man mano preferiscono
radunarsi davanti alla stazione, che si trova a pochi metri.

Si sceglie di fare un corteo nelle immediate vicinanze. Il percorso
è corto, ma si va a passo lento, scandendo incessantemente slogan
contro lo sgombero e le speculazioni edilizie, politiche, economiche,
dei soliti noti che spadroneggiano a Saronno.

Nonostante l’ora tarda, qualcuno si affaccia alle finestre del suo
loculo, forse abbassando per qualche istante il volume della
televisione, per capire "cosa succede" nella vita reale.

TELOS SGOMBERATO? AUTOGESTIONE OVUNQUE!

Uno dei presenti

presto informazioni e aggiornamenti… questi i siti di riferimento:

http://collafenice.wordpress.com/

http://resist.noblogs.org/

Vedova Pinelli: Calabresi, mai creduto alla colpevolezza di Sofri

Mio marito ucciso in questura: e’ una ferita che va riparata’

Roma, 15 gen. (Apcom) – L’anarchico Pino Pinelli è stato ucciso in
questura e dell’omicidio del commissario Calabresi non è colpevole
Adriano Sofri. A ribadire le sue convinzioni, a quasi quarant’anni di
distanza da quei tragici episodi, è la vedova di Pinelli, Licia
Rognini, intervistata dall’Espresso per commentare il libro di Adriano
Sofri sull’assassinio del commissario Calabresi. "L’ho detto anche ai
giudici che me l’hanno chiesto, ne sono così convinta – dice – che è
come se l’avessi visto con i miei occhi. L’hanno colpito, l’hanno
creduto morto e l’hanno fatto volare dalla finestra. Solo qualcuno che
era in quella stanza può raccontare la verità, non ho mai smesso di
sperarlo".

Alla domanda se pensi che suo marito, che era stato arrestato come
indiziato della strage di piazza Fontana, abbia cercato di dire
qualcosa prima di morire, la vedova risponde: "Non ne ho nessuna prova.
Quel che so è che non hanno lasciato entrare nella stanza mia suocera,
che era corsa in ospedale mentre io portavo le bambine a casa di amici.
Finché Pino non è morto, vicino al suo letto ci sono stati i
poliziotti. Solo quando tutto è finito hanno aperto la porta".

"La morte di mio marito, a 40 anni di distanza, è una ferita aperta,
un’ingiustizia – dice la signora Rognini – che deve essere riparata".
Secondo la vedova Pinelli "sono troppe le bugie di quei processi, le
contraddizioni fra Caizzi, il primo giudice che archivia il fatto come
morte accidentale, il giudice Amati che parla di suicidio e D’Ambrosio
che conclude per il ‘malore attivo’. Non posso credere che questa
tragedia sia sepolta senza una verità".

Quanto a Sofri, che è stato condannato per l’omicidio Calabresi dopo
una lunga serie di procedimenti, ha sempre negato la sua colpevolezza e
nel suo ultimo libro ammette una responsabilità ‘politica’ per la
campagna contro il funzionario di polizia che all’eopca fu ritenuto da
molti responsabile della fine di Pinelli, "non ho mai creduto – dice
Licia Rognini – alla colpevolezza di Sofri e dei suoi compagni, neanche
come ispiratori di quel delitto. E’ mia convinzione che i responsabili
vadano cercati altrove. So che è un’opinione poco condivisa, ma credo
che Calabresi sia stato ammazzato perché non potesse più parlare, come
tanti altri che avevano avuto a che fare con la strage di piazza
Fontana".

[Firenze] 2 anni di occupazione della Riottosa

bellafica per tutti
o un cazzo per nessuno

sabato 7 febbraio
secondo giubileo della Riottosazquat!
(occupata dal 9 feb. 07)

dalle 19.
*alias70, reading melodico
*teatre des senses presenta: "alice underground"

dalle 22.
*teatrino elettrico, bologna
*tristan tzara, dance.noise.core
*drunk implosion, briahi e basta
+ dj set

alle 17.30 merendozza tranquillozza con vicinato.
la sera aperivegan.

tutto esclusivamente bellafica: oh bellafica porta da bere! senza denaro,
senza bar baristi e avventori, tutti complici e autogestori.
lascia a casa
il portafoglio, porta quel che vuoi trovare, e condividi!
il bar ci sarà mettendo in mezzo tutti e tutto, tranne i soldi…

lariottosa è al galluzzo, firenze. dalla stazione fi.smn bus 37 o 68
(piazza santa maria novella), ferma "ponte bailey", torna indietro,
attraversa appena prima del ponte e scavalca il guardrail dove ci sono le
scalette.
dall’autostrada, esci firenze certosa, avanti verso firenze, dopo il
monastero parcheggia nello slargo a sin., prendi la discesa verso il ponte
bailey, sul lato dx. scavalca il guardrail quando trovi le scalette, appena
prima del ponte.

Cile – Comunicato dei compagni di Juan, anarchico assassinato

Alla fine ecco un comunicato sull’assassinio del compagno anarchico
cileno che cerca di far luce su quanto accaduto. Noi dell’Archivio
Severino avevamo già sollevato dei dubbi sulla ricostruzione fatta
dalla comunità di Temucuicui, adesso i nostri compagni ci aiutano a
dissipare alcuni dubbi.

Prima di entrare nel tema, da sottolineare il fatto che il centro
occupato "el Hogar", così come altri centri occupati di Santiago è
stato sottoposto ad una violenta perquisizione il 31 dicembre, alla
ricerca di prove e di autori dei tanti attentati anarchici che si
stanno verificando in Cile. Nessun arresto, ma molti danni. Quanto
prima diffonderemo un comunicato su quest’attacco repressivo.

L’assassinio di Juan: capiamo il dolore dei compagni cileni, ma
pensiamo che il termine "impunità" col quale concludono questo
comunicato sia improprio e foriero di cattive interpretazioni. Ciò non
toglie che essi facciano bene ad andare fino in fondo sul fatto e
sull’individuazione del responsabile. Come anarchici ci è estraneo il
sistema del diritto e della punizione da parte dello Stato, non ci
interessa affatto che un "regolare" processo stabilisca la
responsabilità penale di un eventuale colpevole. Ma certo siamo
interessati alla individuazione di colui che ha ammazzato un nostro
compagno e coloro che hanno manipolato la verità.

Alla luce di quanto comunicano i compagni de "el Hogar" viene
fuori che l’impatto del proiettile difficilmente si concilia con un
colpo accidentale, mentre farebbe propendere per un colpo sparato a
distanza ravvicinata, dalle spalle.

La questione dell’arma è molto delicata. Un reo confesso che non
ricorda dove abbia gettato l’arma e che si prende tutto il tempo per
ripulire la scena del crimine dal sangue! Brutta anche la tesi
difensiva di far cadere su Juan la responsabilità dell’arma, che lui
avrebbe portato per difendere la comunità. La verità è che nel corso
del 2008 ci sono state delle rapine finite con delle sparatorie ad
Ercilla, nei pressi della comunità in questione. Le armi non sono mai
state trovate, ma gli inquirenti sospettano che una di queste sia la
stessa che ha provocato la morte di Juan. Quindi, far ricadere la
responsabilità su Juan, significa venir fuori da altre accuse. In sé
nulla di eccezionale. Nel passato, molte volte ci si è comportati in
questa maniera. E’ più che legittimo che un gruppo rivoluzionario
decida di far ricadere responsabilità su compagni deceduti, per
continuare la lotta. Ma tutto ciò va fatto quando si sta già lavorando
sullo stesso terreno. Nel caso in questione, sembra che la morte del
compagno sia stata utilizzata per altri scopi.

Peccato! Nei fatti, la comunità autonoma di Temucuicui adesso è
più isolata che mai; ma non si può avere la solidarietà se ci si
comporta in questa maniera.

Archivio Severino Di Giovanni



Comunicato dal centro occupato "el Hogar" sulla confusa morte di Juan Orangu in circostanze che non si sono potute chiarire

OKUPA “el hogar”

Alla data dell’8 gennaio:

per la prima volta ci rivolgiamo a voi compagne e compagni. Siamo
gli occupanti che diamo vita alla casa occupata "el hogar". In primo
luogo vi chiediamo di comprenderci per non averlo fatto prima, sappiamo
che in tanti si sono chiesti cosa ci è accaduto, ma per via della
sequela di fatti di repressione e di dolore, in cui siamo rimasti
coinvolti da circa un mese, siamo stati nella impossibilità di
comunicare. Noi come voi non ancora siamo riusciti a sapere tutta la
verità su quanto accaduto, perché siamo stati costantemente privati di
essa, l’informazione era manipolata e c’è chi si è approfittato dei
fatti per far cadere tutto il peso della repressione su di noi, come se
fosse poco tutto il dolore provocato dalla perdita del nostro fratello,
del nostro compagno, del nostro guerriero, el orangu, com’era
conosciuto da tutti i suoi amici, che continueremo e rivendicarlo come
tale nella nostra lotta. Egli, a 28 anni, non si tirava indietro nel
cammino della rivoluzione, era un lavoratore, un guerriero, un compagno
fedele sia nelle strade che nella lotta. Oggi, in sua assenza,
raccontiamo i fatti accaduti e l’informazione ricevuta fino ad ora:

Domenica, 7 dicembre 2008, due nostre compagne, una di esse la
compagna di Orangu, si sono recate alla comunità di Temucuicui, con gli
zaini carichi di alimenti non deperibili in appoggio alle poche persone
che restavano nella comunità autonoma, trattandosi per la gran parte di
donne e bambini, in quanto il resto della comunità era perseguitata e
fortemente repressa dalla forza della legge. Il viaggio era stato
pensato come un viaggio di un sol giorno ma le compagne, preoccupate
dalle costanti minacce verso le donne della comunità autonoma da parte
della vicina comunità di Ignacio Queipul, hanno deciso di restare un
altro giorno per accompagnare le donne al centro di Ercilla, il 9
dicembre. Una volta lì, sia le due nostre compagne che le tre
comunitarie sono state violentemente attaccate da un gruppo di circa
una ventina di donne dell’altra comunità. Per tal motivo esse si sono
recate a denunciare i fatti, ma lì sono state trattenute in stato di
fermo dalla polizia, in quanto considerate colpevoli dell’aggressione.
Nemmeno una delle altre 20 è stata fermata. Non solo, ma in seguito
sono sopraggiunti gli uomini di quella comunità e di fronte agli sbirri
le hanno minacciate di morte. La qualcosa ha messo ulteriormente in
evidenza la corruzione che c’è in quel luogo. Una delle nostre
compagne, mentre badava ai bambini, è stata direttamente minacciata di
morte sulla pubblica strada da Mijael Carbone, appartenente alla
comunità di Ignacio Queipul, il quale le ha inoltre gridato che
avrebbero ucciso tutti coloro che fossero giunti da fuori ad aiutare la
comunità autonoma.

Quello stesso giorno le compagne chiamano noi, a Santiago, per
raccontare quanto accaduto e per chiedere aiuto. Conosciuti fatti Juan,
Orangu, decide di viaggiare verso Temucuicui quella stessa notte, dopo
aver partecipato ad una manifestazione. Nel frattempo le compagne
decidevano di tornare a Santiago per raccogliere altri aiuti e tornare
al sud entro una settimana. Juan, giunto sul posto, preoccupato per la
difficile situazione che stava vivendo la comunità e motivato dai
bisogni per le necessità dei piccoli lì presenti, decide di restare
tutta la settimana per badare a questi bambini in assenza dei loro
genitori.

Fino a sabato 13 dicembre, la situazione era "normale". Juan nella
notte aveva parlato per telefono con quelli che lo attendevano a
Santiago. Ma verso mezzogiorno di domenica 14 dicembre una compagna de
"el hogar" riceve una chiamata da parte un’altra ragazza che si trovava
a Temucuicui, come Juan, avvisando che avevano trovato il cadavere di
Juan con il viso disfatto all’interno della casa di Omar Huenchullan.
Da quel momento la versione che ci è stata data da Temucuicui era che
Omar Huenchullan aveva trovato Juan dopo averlo lasciato solo facendo
la guardia per un paio di ore. Non appena vede il corpo si reca ad
avvisare suo fratello Jorge Huenchullan e il resto della comunità su
quanto accaduto, in seguito si mettono in contatto con gli sbirri per
avvisarli del fatto.

Lunedì 15 dicembre, il padre di Juan ritira il corpo dall’istituto
medico-legale di Temuco, ma non gli permettono di vedere il volto del
figlio perché sarebbe molto impattante. Lo informano a parole che il
proiettile è entrato dalla nuca ed è uscito dall’occhio sinistro, ma il
referto autoptico potranno consegnarlo solo dopo venti giorni.

E così, senza capire nulla su quanto accaduto abbiamo seppellito il
nostro compagno, mercoledì 17 dicembre. Intanto Omar Huenchullan
restava in stato di fermo ed in isolamento per 10 giorni come
principale sospettato del delitto, assieme a Jorge Huenchullan,
anch’egli in stato di fermo, sospettato di esserne il complice. Fino ad
allora sembrava trattarsi di un arresto ingiustificato, perché i due
fratelli sostenevano che avevano solo informato la polizia sul
rinvenimento del cadavere. In quei dieci giorni d’isolamento tutta
l’informazione che ci giungeva da Temucuicui era sempre la stessa.
Nessuna sapeva cos’era accaduto con la morte di Juan. Noi chiamavamo
periodicamente la gente di Temucuicui, e loro ci assicuravano che Omar
era innocente, non solo ma essi sostenevano i nostri sospetti sul fatto
che i colpevoli fossero nella comunità di Ignacio Queipul. Abbiamo
perfino ricevuto una chiamata durante il funerale di Juan in cui ci
chiedevano un aiuto urgente perché le donne della comunità autonoma
venivano interrogate e spinte ad ammettere la loro complicità nei
fatti, colpevolizzando Omar. Al rifiuto delle donne, queste sarebbero
state condotte in prigione e avrebbe perso la custodia dei propri figli.

La confusione cresceva giorno dopo giorno, al punto che mentre in
rete circolavano diversi comunicati da Temucuicui, in cui pian piano si
faceva intendere che il fatto sarebbe stato accidentale, fino a
giungere ad affermare che sì sarebbe stato Omar -nel comunicato del 22
dicembre-, a noi veniva sostenuta l’altra versione. Persino di persona,
il 25 dicembre, una delle comunitarie parla con noi e con la famiglia
di Juan, sostenendo che Omar fino ad allora non aveva ancora confessato
nulla e che lei stessa era presente quando questi aveva avvisato la
comunità di averlo trovato morto. Oltre a tutto questo, la scena del
crimine era stata pulita e l’arma non si trovava, come non si trova
fino ad ora. Una volta concluso il periodo d’isolamento di 10 giorni
per Omar e per Jorge Huenchullan, la nostra compagna e compagna
sentimentale di Juan si trasferisce ad Angol ed ottiene un colloquio
con Omar, il 29 dicembre nel carcere di quella città. Ed è lì che Omar
confessa che quanto avvenuto è stato un incidente mentre egli stava
maneggiando l’arma, arma portata nella comunità da Juan. La qualcosa a
noi risulta essere falsa. D’altra parte Omar dice di non ricordare dove
ha lasciato l’arma. Jorge Huenchullan, da parte sua, non ha fatto
nessuna menzione sulla morte di Juan, non dando alcuna importanza a
quanto avvenuto.

Di fronte a questi indizi di confusioni, compagne e compagni noi dichiariamo che:

– questa versione dell’incidente non convince nessuno, che ci sembra
insolito l’atteggiamento della comunità, in quanto per un minimo
rispetto verso l’appoggio che noi costantemente abbiamo dato loro, Juan
in particolare, disposto a dare la sua vita per difendere quella
resistenza, la quale sentiva come propria perché considerava le
famiglie di Temucuicui come la sua stessa famiglia, essi avrebbero
dovuto mettersi in contatto da subito con i sui genitori per chiarire
quanto accaduto.

– che non riposeremo fino a che non si sappia tutta la verità, che
ripudiamo qualsiasi atteggiamento di complicità e di copertura su
quanto accaduto, che continueremo contrattaccando i mezzi di
informazione che lucrano sulla spalle del dolore estraneo manipolando
la verità, e che innalziamo il nome del nostro fratello Juan, Orangu,
quale coraggioso lottatore sociale la cui morte non permetteremo che
resti nell’impunità.

Affinché la lotta continui giorno dopo giorno, OKUPA “el hogar”.

Pistoia, presentazione libro sull’estrema destra

Riceviamo e pubblichiamo: Il comitato antifascista S. Lorenzo organizza per Sabato 17 Gennaio la presentazione del libro "la comunità escludente", di Pietro Stara, ed. Zero in condotta.
 
IL QUARTIERE DI SAN MARCO RIPUDIA IL FASCISMO*


SABATO 17 GENNAIO 2009 Circolo 1°MAGGIO, Via San Marco N°38*
ORE 20:00 Cena conviviale*

ORE 21 : 30

La Comunità Escludente – La nuova destra tra piccole patrie ed europa nazione
di Pietro Stara, sar presente l’autore. 


 

La "Nuova Destra", o meglio la "Nouvelle Droite", nasce in Francia nel 1968 da diverse esperienze della destra radicale e neofascista francese, nel tentativo di rinnovare, anche energicamente, i paradigmi ideologici e gli orizzonti politici di un movimento che era entrato in profonda crisi di pensiero. Questo tentativo di rinnovamento porta una parte dei maggiori intellettuali di riferimento a staccarsi sempre più dalle aree politiche di provenienza e li conduce a cercare una "sintesi"quanto mai difficoltosa tra temi solitamente ad uso della sinistra radicale ed una lettura "a destra"degli stessi. 

Questo testo analizza alcuni temi cari alla Nuova Destra, ormai diffusa, almeno dal punto di vista intellettuale, in molte parti dell’emisfero "Occidentale", cercando di riportarli alla loro origine, che non è tanto quella appartenente a gruppi o gruppuscoli che si richiamano al fascismo od al nazismo, quanto ad una visione specificatamente "a destra"del mondo. 
Nello stesso tempo l’autore si interroga su categorie politiche utilizzate spesso, ed in maniera disinvolta, "a sinistra", esplorando non soltanto il loro utilizzo, ma anche il significato delle definizioni prese in questione.

stamattina Telos blindato dalle forze dell’ordine

STAMATTINA CARABINIERI, P.S. (in assretto antisommossa) E DIGOS, HANNO BLINDATO IL TELOS CON LAMINE D’ACCIAIO

fonte: varesenews.it

Carabinieri e polizia “blindano” l’edificio occupato

Saronno  – Maxi operazione delle forze dell’ordine nel palazzo occupato per protesta da mesi dai giovani del Gruppo Telos: lamine d’acciaio a porte e finestre, cancellato il murales sulla facciata

 

Maxi operazione di carabinieri e polizia all’edificio abbandonato di via Concordia, da mesi occupato dai giovani del Gruppo Telos. Le forze dell’ordine, che sono giunte sul posto intorno alle 8 di giovedì mattina chiudendo tutto l’isolato, hanno “blindato” tutte le entrate con lamine di acciaio e hanno imbiancato la facciata dell’edificio, dove era stato realizzato un grande murales. Sul posto almeno cinque pattuglie dei carabinieri, coordinati dal capitano della Compagnia di Saronno, Paolo Degrassi, e almeno due auto della polizia. Tutto l’isolato è stato chiuso per permettere i lavori di chiusura e sgombero dell’edificio. Al momento dell’intervento non era presente alcun giovane nell’edificio. I ragazzi che lo occupano, di solito, si trovano in quel luogo a partire dal pomeriggio.
La decisione dell’intervento è probabilmente stata presa a causa all’aumentare delle tensioni in città, in seguito a questa occupazione, iniziata lo scorso settembre come protesta per la mancanza di spazi in città dedicati ai giovani. Il Gruppo Telos, infatti, aveva preso possesso di questo stabile abbandonato e ne aveva fatto un vero e proprio centro di aggregazione, con tanto di incontri, proiezioni, musica, gruppi di discussione. Ma le tensioni in città e le polemiche sono cresciute nel tempo, finendo anche sui banchi della politica.
Anche la proprietà del palazzo aveva cercato di chiudere le entrate in qualche maniera, con alcuni blocchi di cemento, ma i ragazzi avevano comunque trovato il modo di entrare. Nei giorni scorsi, poi, l’intrusione di vandali nell’edificio e il verificarsi un incendio, probabilmente di origine dolosa, all’interno della struttura. Questi ultimi fatti potrebbero aver fatto scattare il maxi intervento delle forze dell’ordine.

 

 

Giovedi 15 Gennaio 2009
M.S.
 
 
 

 

In questo istante . .PRESIDIO AL COMUNE

Ieri Pomeriggio c’è stata una aggressione Fascista alla sede di rifondazione di Prato,

un ragazzo è all’ospedale .

In questo momento al municipio di Prato c’è in corso un presidio x protestare dell’accaduto,

è URGENTE per chi può si precipiti!