Giuseppe Pinelli – Nessuna riconciliazione

riceviamo e pubblichiamo

"Diamoci la mano, figli della Nazione italiana! Diamoci la mano,
fascisti e comunisti, cattolici e socialisti, uomini di tutte le
opinioni. Diamoci la mano, e marciamo fianco a fianco per strappare il
diritto di essere dei cittadini di un paese civile quale è il nostro".
(Palmiro Togliatti, 1936)

Coerente con la propria italica tradizione stalinista, l’attuale
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha commemorato oggi il
"giorno della memoria", celebrando le vittime degli "anni di piombo" e
del"terrorismo". Senza distinzioni. Attrazione principale dell’evento
spettacolare, per la prima volta sui nostri teleschermi, la presenza
simultanea fra il pubblico delle vedove Calabresi e Pinelli. I media ce
le hanno mostrate insieme, mentre si abbracciavano e si baciavano (più
convinta la prima, un po’ imbarazzata la seconda). La moglie dello
sbirro assassino assieme alla moglie dell’anarchico assassinato, unite
ieri nel dolore e nel lutto, oggi negli inviti presidenziali. La
riconciliazione nazionale ha fatto un altro passo in avanti. Dopo che
ci è stato spiegato fino allo sfinimento che fra partigiani e
repubblichini non vi sono differenze, e che anche fra sfruttatori e
sfruttati non vi sono differenze, oggi veniamo avvisati che pure fra
servi dello Stato e nemici dello Stato non vi sono differenze. Ma
davvero? Scusate la malacreanza, ma un rigurgito ci sta salendo in
gola. Se non lo sputiamo fuori immediatamente, corriamo il rischio di
finire soffocati.
Innanzitutto l’ipocrisia di Napolitano, con le
sue lacrime di coccodrillo, ha di che lasciare esterrefatti. Ma
Pinelli, secondo la giustizia italiana, non era deceduto prima per
"morte accidentale", poi per "malore attivo"? Non si era sentito male
mentre veniva interrogato e, volendo prendere un po’ d’aria ed essendo
un po’ sbadato, era scivolato giù dalla finestra? Ma allora, perché
definirlo "vittima del terrorismo"? Ha avuto un incidente, tutto qui.
Questa perlomeno è la versione fornita dallo Stato di cui Giorgio
Napolitano è Presidente.
A meno che… a meno che il signor
Napolitano sia perfettamente consapevole che Pinelli non scivolò
affatto giù dalla finestra, ma venne scaraventato fuori da chi lo stava
interrogando. E chi lo stava interrogando? Il commissario Calabresi,
per l’appunto, con i suoi tirapiedi. Ora, qui bisogna decidersi. O
Pinelli è rimasto vittima di un tragico ma banale incidente, oppure è
stato ammazzato. Nel primo caso, lasua vedova può anche starsene a casa
a piangere il marito. Nel secondo, con quale faccia tosta la si invita
a una simile commemorazione? Se Pinelli è una vittima del terrorismo,
non sono stati di certo i comunisti delle Brigate Rosse ad ucciderlo e
neppure i fascisti dei Nuclei Armati Rivoluzionari. Terrorista è lo
Stato, quello Stato oggi rappresentato nella sua più alta carica da
Giorgio Napolitano. Sono stati questi terroristi ad uccidere il
ferroviere anarchico: i poliziotti della Questuradi Milano Luigi
Calabresi, Vito Panessa, Pietro Mucilli, Giuseppe Caracuta,Carlo
Mainardi, ed i carabinieri Savino Lo Grano e Attilio Sarti. Senza
dimenticare il questore Marcello Guida, il capo dell’Ufficio Politico
Antonino Allegra (questore di Trieste nel 1985, all’epoca
dell’esecuzione in strada dell’autonomo Pietro Greco, detto Pedro), il
suo vice Beniamino Zagari, ed il commissario Antonio Pagnozzi.
Probabilmente non si saprà mai chi fra questi terroristi abbia sferrato
il colpo mortale a Pinelli, ma non importa: sono tutti responsabili
della sua morte.
Quanto a Luigi Calabresi, soprannominato
"commissario Finestra" già prima della morte di Pinelli per la sua
mania di interrogare i sospetti facendoli sedere sul bordo del balcone
del suo ufficio, il minimo che si possa dire è che ha avuto quello che
si meritava. Che sua moglie e la sua prole lo piangano, è ovvio, è
umano, è comprensibile. Ma che si mettano pubblicamente sullo stesso
livello vittima e carnefice è disgustoso, è aberrante, è infame. Le
loro vedove potranno anche essere unite nel dolore, ma loro erano
divisi dalle scelte di vita: amante della libertà l’anarchico, servo
dello Stato lo sbirro. Per quanti sforzi faccia il vecchio stalinista
seduto al Quirinale, non vi è riconciliazione possibile. E mai vi sarà.
Dietro
il revisionismo oggi imperante si intravede l’intenzione di
disinnescare preventivamente la rabbia che potrebbe esplodere da un
momento all’altro nei confronti di un mondo sempre più intollerabile.
Come se le stragi sul lavoro, la povertà dilagante, le retate razziste,
le guerre continue, le devastazioni ambientali… dovessero essere
accolte con toni concilianti, potendo suscitare tutt’al più un
rassegnato ed ordinato disappunto. Ma la lingua batte dove il dente
duole. Le barricate erette in Argentina e ad Oaxaca, come i fuochi
accesi in Francia e in Grecia, sono un incubo per i nostri signori e
padroni. È per questo che oggi si affrettano a dispensare in dosi
massicce il bromuro della riconciliazione e la camomilla
dell’ecumenismo. Spetta a noi fare in modo che quelle barricate e quei
fuochi non rimangano solo un nostro sogno.

[Firenze] PRESIDIO PRESIDIO Contro la Repressione nelle Scuole e per l’Autogestione degli Spazi

appuntamento lunedì 11 maggio ore 14.30 al liceo Michelangelo (via della colonna, pressi d’Azeglio) dalle 13.30 Merenda Autogestita

CONTRO LA REPRESSIONE NELLE SCUOLE PER L’AUTOGESTIONE DEGLI SPAZI
 
 
GLI STUDENTI NON SI ARRENDONO, L’AUTORGANIZZAZIONE NON SI ARRESTA

 

Mercoledì 6 maggio, dalle pagine di diversi giornali locali, si
apprende la notizia che non sarà più permesso agli studenti della Rete
dei Collettivi di riunirsi all’interno dell’aula autogestita del liceo
Michelangelo, adottando come pretesto i fatti del corteo studentesco
dello scorso 25 aprile.
Il divieto sarebbe stato ratificato dal preside dell’istituto, tale
Massimo Primerano (candidato alle elezioni comunali nella lista di
Renzi, e già fattosi conoscere ad ottobre per due sospensioni contro
due studentesse colpevoli di aver promosso l’occupazione della scuola),
anche se non è difficile intuire come questo grave fatto arrivi dopo
numerose pressioni provenienti dal mondo della politica, dalla digos e
dai giornali.
Ad essere sotto attacco non è solo la "Rete", come gruppo studentesco
autorganizzato, ma la stessa libertà degli studenti di vivere le
proprie scuole in un modo diverso ed autogestito e di lottare. Ad
essere colpita è la pratica stessa dell’autoganizzazione, che con il
movimento di ottobre e le occupazioni è tornata ad essere
“pericolosamente” radicata tra gli studenti: oggi tocca alla Rete e
all’aula del Miche, domani toccherà a qualcun’altro.
E’ impossibile non vedere come questo non sia che l’ultimo dei tanti
provvedimenti repressivi che da ottobre ad oggi si sono abbattuti
contro il movimento studentesco a Firenze, tra denunce, sospensioni e
continui fermi e provocazioni polizesche, nel tentativo di fermare le
lotte che gli studenti stanno portando avanti nelle scuole e in città.
Quest’ultimo, però, si presenta come ancora più grave: arrivando a
proibire agli studenti di riunirsi, viene minato alla base il loro
stesso diritto ad esistere dal momento in cui essi decidono di
auto-organizzarsi per cambiare il presente e sperimentare alternative
concrete.

In un momento in cui gli spazi autogestiti all’interno delle scuole
sono ormai in via d’estinzione, e in un periodo di campagna elettorale
in cui nei nostri quartieri vediamo spuntare come funghi sedi
elettorali, agli studenti viene negata ogni possibilità di
auto-organizzarsi a di fuori di circoli di partito o sindacato vivendo
quegli stessi luoghi che dovrebbero appartenergli.

L’autogestione è pericolosa per chi ci governa, e la repressione è
l’unico modo che hanno per provare a fermarla… MA GLI STUDENTI NON
GLE LO PERMETTERANNO!

E’ per questo che, convinti della necessità di continuare ostinatamente
a lottare, facciamo appello a tutti gli studenti amanti della propria
libertà e desiderosi di difendere i propri spazi, a dare una risposta a
tutti questi tentativi di reprimere le nostre esperienze, per mostrare
a chi ci governa che non staremo a guardare davanti a ogni loro
sopruso, ma che ci ribelleremo con la stessa determinazione dello
scorso Ottobre, e non ci piegheremo alle loro logiche repressive e di
annientamento di ogni libero pensiero.

PRESIDIO

appuntamento lunedì 11 maggio ore 14.30 al liceo Michelangelo  (via della colonna, pressi d’Azeglio) dalle 13.30 Merenda Autogestita

CONTRO LA REPRESSIONE NELLE SCUOLE PER L’AUTOGESTIONE DEGLI SPAZI

 

Roma – Suicidio nel cie di Ponte Galeria | Aggiornato

da indymedia roma

In un intervista al Messaggero on line Claudio Iocchi, a nome della Croce Rossa di Roma di cui è direttore, si dice "profondamente addolorato per la scomparsa di Nabruka Mimuni".

Nabruka è morta impiccata questa notte al Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, gestito proprio dalla Croce Rossa. Doveva essere espulsa questa mattina.

Vale la pena sapere che Claudio Iocchi, direttore del comitato provinciale della Cri di Roma, vive a Roma in via Trasaghis, 11. E risponde al numero 06.332.09.29. E la sua mail è caludio.iocchi@tin.it

Roma – Suicidio nel cie di Ponte Galeria

Roma, 7 mag. – (Adnkronos) – ”Alle 6.45 di oggi il medico della Cri in
servizio presso il Cie di Ponte Galeria, chiamato d’urgenza dalle
nostre operatrici, non ha potuto far altro che constatare la morte di
M.M., una cittadina tunisina di 49 anni ospite del Centro dallo scorso
24 aprile. Il decesso e’ avvenuto per suicidio". Lo ha dichiarato il
Direttore del Comitato Provinciale di Roma delle Croce Rossa Italiana,
Claudio Iocchi.

Dalle gabbie dell’impero

Napoli – a Poggioreale detenuto si suicida; nel 2009 è il quarto

Comunicato stampa, 5 maggio 2009
Si è tolto la vita Gennaro I., 41 anni, il primo maggio, nel carcere napoletano di Poggioreale. È il quarto suicidio nel corso del 2009 in questo istituto, il sesto nella regione. "In poco più di quattro mesi – ha dichiarato Dario Stefano Dell’Aquila portavoce di Antigone Campania – abbiamo superato il numero di suicidi (5) dell’intero 2008.
È una tragedia prevedibile. Il sistema penitenziario della Campania conta 7.425 presenze a fronte di una capienza di 5.348 posti.
Poggioreale, che ha una capienza ufficiale di 1.387 posti e che registra oltre 2.500 presenze, è solo il simbolo più evidente di un sistema in forte crisi che progressivamente da un lato perde risorse e dall’altro vede incrementare la presenza di detenuti." "Di fronte – conclude Dell’Aquila – a questo scenario bisogna intervenire subito.
Rinviare la soluzione dei problemi al piano di edilizia penitenziaria significa rassegnarsi a lasciare le cose così come sono".

Livorno – 21enne si impicca in carcere | Aggiornato

Ion, si è tolto la vita dopo poche ore dal suo ingresso in carcere. Vergate su dei fazzoletti con una forchetta, unico strumento a sua disposizione, gli ultimi messaggi prima di impiccarsi:"Sono innocente" e altri in lingua rumena.
L’autopsia del corpo è stata affidata al dott. Bassi Luciani, ancora in condizioni di esercitare la professione di squarta morti dopo aver falsificato la prima verifica sul corpo di Marcello Lonzi, indicandone la morte naturale e un paio di costole rotte. Maggiori informazioni in questo articolo del Corriere di Livorno.

Fonte: Liberazione, 3 maggio 2009

Un detenuto romeno di 21 anni si è suicidato impiccandosi nella sua cella nel carcere delle Sughere, a Livorno, venerdì sera intorno alle 21. Non sono ancora chiari i motivi che avrebbero spinto il giovane a compiere il gesto: sull’episodio sta indagando la squadra mobile della questura di Livorno. Ion Vassiliu, questo il nome del ragazzo, era stato arrestato il pomeriggio di giovedì per una presunta violenza sessuale ai danni della sua ragazza. Dopo alcune settimane di indagini
gli agenti lo avevano arrestato nei giorni scorsi in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dalla procura di Livorno e accolta dal Gip dopo le denunce della fidanzata.
Il giovane era rinchiuso in una cella singola e si è ucciso nel bagno con un cappio al collo fatto con le lenzuola. A fare la macabra scoperta è stato un agente della polizia penitenziaria durante un normale giro di controllo nella sezione penale dove era rinchiuso. Non vedendo l’uomo all’interno della cella, ha aperto ed è entrato trovandolo già privo di vita in bagno. Non si conoscono i motivi che hanno spinto il detenuto a compiere il gesto, nè trapelano altri particolari sull’accusa di violenza sessuale che lo aveva portato in carcere. Sul caso indaga la squadra mobile della questura livornese. La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo di inchiesta con «atti relativi per far luce sull’accaduto». Il pm di turno, Antonella Tenerani, ha inoltre disposto l’autopsia della salma. Il ragazzo aveva un precedente per un piccolo furto per il quale aveva scontato 2 mesi e 20 giorni di arresti domiciliari.
L’ennesimo suicidio in carcere, peraltro di un giovanissimo, viene reso noto nel giorno in cui il ministro della giustizia Angelino Alfano ricorda che sono una sessantina i bambini da 0 a 3 anni che vivono in carcere con le loro mamme detenute. […]

 

Cile – Consulenze italiane contro gli anarchici cileni?

Da una e-mail inviata anonimamente, il 5 maggio ’09, al sito Hommodolars, s’informa della consulenza che alcuni sbirri italiani starebbero prestando alla repressione contro gli anarchici cileni e le decine di azioni esplosive e incendiarie che si susseguono in quel paese, azioni ancora addebitate ad ignoti. Repressori italiani sono stati negli anni scorsi in Argentina, dove hanno pedinato e fotografato i compagni più attivi, come dimostrato dal libro di un docente di criminologia de L’Aquila. Gli stessi repressori, tra i quali personaggi di spicco dell’antiterrorismo nazionale, sono stati nell’ottobre del 2008 nel carcere di Aachen (Germania) per interrogare Gabriel Pombo Da Silva sui suoi contatti con i compagni anarchici italiani. Oltre ad augurarci altri meravigliosi disastri aerei, come quello che ha colpito il capo dei carabineros cileni a Panama, non possiamo che salutare con gioia ogni scoppio di felicità che proviene dall’esplosivo movimento anarchico cileno.
 Archivio Severino Di Giovanni

 

Sul bisogno di stare attenti: la strategia poliziesca cilena ed i suoi legami con la razzia repressiva italiana

e-mail anonima invita a Hommodolars il 5 maggio 2009

Non è una novità per noi, o meglio non dovrebbe, il fatto che i gruppi d’intelligence delle polizie dei diversi stati siano strettamente collegati tra di loro e che lavorino insieme non solo per scambiarsi informazioni specifiche, ma con l’idea di apprendere i diversi meccanismi e strumenti di repressione, sia ideologici, che tecnologici e legali.

E’ in tal senso che dobbiamo stare attenti ed informare che la polizia cilena sta ricevendo il sostegno, tra gli altri, da parte degli organismi d’intelligence della polizia italiana, così come è noto che qualche subordinato del magistrato Marini è stato in Cile. Non sappiamo da quando, ma può essere da sempre (non è un caso che in Italia gli sbirri si chiamino carabinieri). Questa consulenza viene fornita per le indagini relative agli oltre 90 attacchi alle istituzioni del potere degli ultimi anni, rivendicate da anarchici. La polizia cilena è disperata per non riuscire a mostrare risultati.

Il perché della consulenza della polizia italiana ha a che vedere con la razzia repressiva attuata da quegli sbirri nei cosiddetti “caso Marini” (1994) e “caso Cervantes” (2004).

Nel “caso Marini”, tra le altre, le accuse sono state suddivise in “associazione sovversiva”, “banda armata” e “ricettazione”. Ciò ha permesso che la razzia repressiva raggiungesse non solo coloro che ipoteticamente avevano effettuato i diversi attacchi al capitale, ma anche coloro che sono stati considerati come “rete d’appoggio”. S’è così configurata l’esistenza di una “organizzazione” con due livelli: “il primo livello aperto e pubblico, rappresentato dall’attività politica nell’ambito del movimento, dai dibattiti nei denominati centri sociali occupati, alle manifestazioni, le pubblicazioni e gli incontri”; ed un secondo livello “compartimentato ed occulto, la cui finalità è la commissione di attività illegali come attentati, rapine, sequestri di persona ed altri delitti…”.

Lo “stato italiano ha scatenato una operazione di razzia su quegli anarchici arcinoti per la continua attività durante anni. L’etichetta di colpevole è stata affibbiata a diversi compagni che già avevano pendenze giudiziarie.”

I dettagli giuridico-polizieschi in ambo i casi sarebbero piuttosto lunghi da narrare, oltre ad essere noiosi, ma in sintesi è importante sapere che hanno provocato un alto numero di perquisizioni e di arresti. L’intenzione era quella di costruire nella società l’immagine di una organizzazione anarchica insurrezionale, giustificando una “operazione punitiva, intimidatoria, non solo contro gli anarchici, ma contro tutti quelli che cercano di vedere oltre il pensiero unico e la domesticazione quotidiana. Chi si oppone al sistema è perquisito, schedato e può persino essere arrestato con accuse esorbitanti. Punire alcuni, quelli che sono a portata di mano, a qualsiasi costo, con la vana speranza che magari il resto apprenda. Tutto ciò sta a dimostrare che lo Stato/Capitale si fonda sulla diffusione del terrore e della paura; più in là della monotonia quotidiana non ci può essere nulla, solo la punizione per chi osa guardare oltre…”.

Riteniamo sia necessario che circoli quest’informazione e che sia conosciuta. Sappiamo già che la “nostra” ignoranza è una delle armi che hanno i potenti per mantenerci sotto il giogo. L’idea non è quella di cadere in una paranoia immobilizzante, in una specie di psicosi collettiva (anche se i codardi ci sono sempre stati), questo è quel che essi vogliono. Bisogna stare attenti, capire i chiari messaggi inviati dalla polizia per mezzo del suo storico alleato: la stampa. Sarebbe immorale (come minimo) che un anarchico, un sovversivo o un rivoluzionario si smarcasse da tutta questa storia. Ciascuno deve sapere bene sul lato della barricata in cui stare.

“…Per noi non ci sono colpevoli né innocenti, queste distinzioni sono valide solo per quelli che hanno assimilato i ‘valori’ del dominio capitalista…” 

 

“La Battaglia” del 1° Maggio a Irkutsk.

Il primo Maggio circa 40 anarchici di Irkutsk sono arrivati al presidio davanti al Palazzo dello Sport mettendo gli striscioni contro la crisi,il capitalismo etc.
Dopo il presidio si sono uniti al corteo spontaneo, alcuni di loro declamavano " Liberta all’Olesinov !"(antifascita moscovita detenuto nel carcere per il fatto di essere antifascista).
A quel punto sono arrivate le squadre della polizia russa(chiamati "Мусора" cioè spazzatura).e hanno attaccato i manifestanti disarmati, poi li hanno trascinati sull’ asfalto continuando a prenderli a manganellate nel pulmino(c’erano anche dei pensionati fra loro),l’ altra metà si è salvata grazie al partito "L’atra russia" che li ha "nascosti" fra loro.
Ma non sono finite le violenze della pUlizia, dopo, le persone fermate (20) sono state sottoposte alla strage dentro la caserma e all’interogatorio.

Traduzione di Abdul e 30 Livornesi

1° maggio – Scontri in Germania, Grecia e Turchia | Aggiornato

fonte: rainews24

Scontri in Germania
Scontri tra manifestanti e polizia
hanno caratterizzato le prime ore della festa del primo maggio in alcune citta’
della Germania con un bilancio di decine di agenti feriti. Lo hanno reso noto le
autorita’ tedesche.

A Berlino la conclusione di una festa organizzata in strada, nel quartiere
orientale di Friedrichshain, ha visto circa 200 dimostranti, che scandivano
slogan contro il capitalismo, lanciare bottiglie e pietre contro la polizia,
auto e tram.

Il bilancio e’ stato di 29 agenti feriti e di 12 persone fermate. Diversi
contenitori per i rifiuti sono stati dati alle fiamme e alcune pensiline alle
fermate degli autobus sono state distrutte. La polizia ha detto che in
precedenza la festa, cui avevano partecipato circa 2.000 persone, era stata
pacifica. Ad Amburgo gli agenti feriti in scontri con i manifestanti sono stati
tre.

La polizia a Berlino e’ pronta ad affrontare nuovi problemi nella giornata di
oggi in cui sono in programma raduni e marce organizzate da partiti di estrema
destra, sindacati e formazioni di sinistra.

TAFFERUGLI IN GERMANIA, DESTRA ATTACCA CORTEO – Circa mezzo
milione di persone si sono riunite in Germania per i cortei del Primo Maggio,
esprimendo il loro malcontento in un paese in preda alla peggiore recessione dal
dopoguerra. Gli scontri in citta’ come Berlino e Amburgo tra la polizia e i
manifestanti che protestavano contro la crisi economica si sono conclusi con
almeno 50 agenti feriti. A Dortmund il corteo della confederazione sindacale Dgb
e’ stato attaccato da circa 200 militanti di estrema destra: quasi 150 le
persone fermate.

SCONTRI A ISTANBUL, 11 AGENTI FERITI – Undici agenti sono
rimasti feriti a Istanbul, dove gruppi di centinaia di manifestanti si sono
scontrati per parecchie ore con la polizia, lanciando pietre, bottiglie molotov
e bulloni, infrangendo vetrine di banche e negozi nel centro citta’. Sessantotto
le persone arrestate. Per disperdere i manifestanti, la polizia e’ ricorsa
all’uso di idranti, veicoli blindati e gas lacrimogeni. Circa ventimila gli
agenti mobilitati nella citta’.
I poliziotti antisommossa hanno fatto tre
cariche usando anche idranti contro gruppi di centinaia di manifestanti che
lanciavano pietre, nel quartiere di Sisli. Un numero imprecisato di persone sono
state fermate.
I manifestanti sotto le bandiere della confederazioni
sindacali Disk e Kesk, dei partiti di sinistra e della formazione filocurda Dtp
scandivano slogan come "mano nella mano contro il fascismo", "la repressione non
ci fermera"’,"lunga vita al primo maggio", "lunga vita alla rivoluzione e al
socialismo".
Il parlamento turco ha adottato mercoledi’ una legge che
ripristina la festivita’ del primo maggio abolita dopo il colpo di stato
militare del 1980. Il primo maggio del 1977 uomini armati, sospettati di essere
militanti di estrema destra folla uccidendo 34 persone sulla piazza Taksim.

SCONTRI E INCIDENTI AD ATENE E SALONICCO – Incidenti e
scontri con la polizia hanno turbato, ma non troppo, le celebrazioni per il
primo maggio ad Atene e Salonicco svoltesi all’insegna della denuncia del
carovita e a difesa dell’occupazione. Il partito di opposizione socialista ha
denunciato in un messaggio la crisi del ‘capitalismo casino" e denunciato la
politica economica del governo. Nella capitale, alcune centinaia di giovani
radicali hanno lanciato bottiglie incendiarie contro la polizia che ha reagito
con lancio di gas lacrimogeni. Non sono segnalati feriti. A Salonicco incidenti
sono segnalati dai media, provocati da gruppi di anarchici che hanno tirato
oggetti e uova contro i leader sindacali. La giornata e’ stata caratterizzata
anche da un servizio funebre al cimitero di Atene per commemorare il
trentatreesimo anno della morte in un incidente stradale sospetto, il primo
maggio 1976, di Alessandro Panagoulis simbolo dell’opposizione democratica al
regime dei colonnelli.

RUSSIA, CENTO FERMATI A SAN PIETROBURGO – La polizia russa
ha fermato un centinaio di simpatizzanti di estrema destra e di militanti contro
l’immigrazione che cercavano di manifestare a San Pietroburgo. Sfilate si sono
svolte in altre citta’ russe.