Articolo originale comparso su Hors Service N21 -http://journalhorsservice.blogspot.com
trad.NoBo – lereveil.ch
FAR SALTARE LE STRADE SENZA USCITA
Ci sono problemi per i quali non esistono soluzioni in questa società. Viviamo in una strada senza uscita. Quando ci troviamo un posto per vivere e avere un “da me”, bisogna trovare dei soldi per pagarlo. Quando riusciamo ad attraversare le frontiere in cerca d’una vita migliore, bisogna ottenere dei documenti per vivere in questo nuovo paese. Allora camminiamo per le vie, camminiamo in questa strada senza uscita abbandonando la nostra volontà, limitandoci a cercare di sopravvivere.
Ci sono dei problemi per i quali non esistono soluzioni in questa società. Lo sappiamo tutti e però?
Se conserviamo un pò di speranza, spesso quella non ci dà altro che il desiderio d’essere, un giorno, forse, accettati finalmente in questa società, Vorremmo essere integrati nelle strutture di questa società che ci schiaccia, che ci opprime, che ci sputa sopra. La necessità di sopravvivere ci fa accettare che la vita sia dura e pensiamo d’essere forti se siamo capaci di subirla fino all’infinito. Ci sentiamo male quando la società ci colpisce, ma siamo felici quando ci coccola. E continuiamo a camminare in questa strada senza uscita perché, comunque, si sta meglio che laggiù. Continuiamo a camminare in questa strada senza uscita, sbattendo la testa contro i suoi muri fino a perdere la testa.
Forse è l’ora di far saltare questa strada. Questa via che si chiama Via dell’ Oppressione, Via della Dominazione, della Sopravvivenza, dell’Ineguaglianza, dell’Autorità, dello Stato, della Polizia, della Giustizia, via della Crudeltà, della Prigione, dell’Espulsione. Via della Monotonia, dell’Abbrutimento, della Noia, della Disperazione. Della Sottomissione, della Rassegnazione, della Concorrenza. Questa via che fa parte di tutte le città del mondo perché questo mondo di capi si alimenta della nostra miseria, ovunque e sempre.
Se camminiamo come dei prigionieri in questa stradina, è in parte a causa dell’ideologia del potere. L’ideologia che ci dice che uno schiavo capace di portare chili e chili sulla schiena è un buono schiavo. La paura di rappresaglie del padrone fa in modo che non ci rivoltiamo. In egual misura i capi utilizzano il ricatto e l’isolamento per tenerci buoni. Il ricatto e le promesse. Promesse d’una sanatoria, promesse d’una pensione dopo anni di lavoro duro, promesse di vacanza, d’una bella macchina o d’un avvenire per i nostri figli. E allora, ci dimentichiamo la rabbia. La soffochiamo perché finiamo per credere che è meglio non innervosirsi, che bisogna semplicemente fare ancora uno sforzo, che bisogna sorridere ancora una volta, e pensare che va tutto bene così.
Certe volte, si possono vedere delle scritte sui muri di queste stradine. Delle scritte che si esprimono con una voce chiara contro questo mondo d’umiliazione. Fuoco alle prigioni! Sabotiamo la macchina delle espulsioni! o ancora Viva la rivolta, le evasioni, gli ammutinamenti! Solidarietà con gli insorti! In mezzo al grigiore, queste tracce scritte ci ricordano di restare umani davanti a questo mondo di sbarre e cemento. Rivoltarsi.
Questi ultimi mesi, delle voci circolano nelle stradine delle nostre vite. Delle voci che parlano di scontri, di sollevazioni e d’insurrezioni. Delle voci sulla possibilità d’insorgere contro il potere, di distruggere i palazzi dei responsabili della miseria, d’essere solidali gli uni con gli altri nelle lotta. E cominciamo a realizzare, lentamente, che l’arma più potente del potere è il fatto che ci ha levato la nostra stessa immaginazione. Se tutto questo è possibile adesso, perché non lo era prima? Se tutto questo è possibile laggiù, allora perché non qui? Il potere ci lascia come unico sogno quello d’integrarci alla perfezione. Essere qualcuno che lavora (il mestiere dei suoi sogni) e che spende i suoi soldi in cose. La cosiddetta bella vita.
Ma ora, abbiamo capito bene che non dobbiamo aspettarci più nulla dal potere. Il potere è così com’è : gli piacciono i soldi e il controllo; punto e a capo. Allora perché non sbarazzarci di questi sogni che ci incatenano? Perché non strappare via i nostri sogni al potere, levandoli dal suo armamentario? I nostri sogni ci spingono a cercare dei complici rivoltosi. Ci permettono di guardare al di là di questa strada senza uscita, e visto che nell’immaginazione tutto è possibile, l’immaginazione ci motiva a raggiungere quel tutto. Il potere c’ha fatto credere che la miseria è lì per sempre, ma non ci crediamo più. Un altro mondo, un’altra vita è possibile.
La maggior parte di noi abitano queste stradine della miseria, ma comunque non abbiamo bisogno d’essere numerosi per cominciare a lottare. Invece, ciò di cui abbiamo davvero bisogno è di cominciare a vivere ogni giorno come un invito alla rivolta. E sì, per una rivoluzione, abbiamo sicuramente bisogno d’essere numerosi, ma anche d’avere idee solide. Delle idee di base che ci permettano di rifiutare la politica, di rifiutare la presenza della polizia, la collaborazione con le istituzioni che mantengono l’ordine attuale. Delle idee d’uguaglianza, quindi di anti-autorità, delle idee che impediscano una contro-rivoluzione, delle idee di cui abbiamo bisogno per vivere in libertà. Sradichiamo i rapporti di dominazione dalla nostra società, sennò dei nuovi capi continueranno ad imporsi. Sradichiamo i rapporti ineguali, perché è anche a causa del fatto che siamo abituati alle relazioni di potere da quando siamo bambini che le accettiamo, le riproduciamo, le troviamo normali.
Abbiamo bisogno di confrontarci, d’urlare la nostra rabbia, d’essere incazzati. Un’anestesia c’ha fatto dimenticare che il male che c’infliggono non è un dettaglio da relegare nel dimenticatoio. Abbiamo ragione a fare casino, abbiamo assolutamente ragione. Lo facciamo perché desideriamo une via che si chiama libertà e un’altra che si chiama solidarietà. Ci battiamo per la strada dell’individualità e dell’autonomia, dell’avventura e della meraviglia. La strada della volontà e del crederci, la via della reciprocità e quella della scoperta. Del sorriso, dell’intimità, dell’apertura e della canzone a squarciagola.