La solidarietà è un arma

Ieri sera 01.07 a Prato, nella cornice del castello dell’imperatore, si è svolto il concerto de Les Anarchistes; la band carrarina ha interpretato, spesso reinventandoli, molti brani della tradizione Anarchica e Libertaria, da stornelli d’esilio a Sante Caserio passando dal Galeone a Les Anarchistes di Leo Ferré. Al termine del concerto un gruppo di solidali ha intonato cori chiedendo la liberazione di Paola, da un mese sequestrata nel carcere di Livorno, e ha attaccato adesivi in solidarietà di Michele Fabiani.

Ancora una volta:

LIBERI TUTTI!!! TERRORISTA E DEVASTATORE E’ LO STATO!!! 

Evjenji Vasil’ev Bazarov.

Paola libera! Una giornata davanti al carcere di Livorno

Sabato pomeriggio un centinaio di solidali si sono dati appuntamento davanti al carcere le sughere di Livorno, tristemente noto per l’assassinio di Marcello Lonzi, ammazzato nella struttura dalle botte dei secondini nel 2003.

Dalle 17, ma molti erano già li da prima, i convenuti hanno alleviato, almeno per qualche ora, la giornata dei sequestrati dallo stato grazie all’ausilio di un sound sistem che ha sputato note e parole sotto il sole battente; alla musica si sono alternate le parole, tutti gli interventi ricordavano -oltre l’inutilità e la barbarie dell’istituzione carceraria- i veri motivi per cui Paola è stata sequestrata: il suo impegno in campo antispecista e contro la costruzione del rigassificatore al largo delle coste livornesi.

Da un mese Paola è rinchiusa alle sughere con l’accusa di associazione sovversiva, accusata di aver dato appoggio logistico ad altri due compagni (Gioia e Casalini) "colpevoli" di una rapina d’autofinanziamento ad un ufficio postale.

La nostra compagna è reclusa in regime EIV (elevato indice di vigilanza), ha quattro ore mensili di colloquio e deve svolgere l’ora d’aria isolata dalle altre detenute. I problemi sono legati all’alimentazione, poiché il grand hotel le sughere non prevede menù vegano; fortunatamente potendo ricevere pacchi dall’esterno i compagni livornesi e pisani provvedono a fargli arrivare -ogni qual volta sia possibile- seitan, tofu, ecc…

Nonostante tutto il morale di Paola è alto ela sua lotta continua anche dall’interno del carcere.

Solidali com Paola e con tutti i sequestrati dal vero ecoterrorista: Lo stato.

Paola libera, Michele Fabiani Libero…Liberi tutti!!! Fuoco alle galere!!!

Evjenji Vasil’ev Bazarov.

 

Di seguito la prima lettera di Paola dal carcere:

Ci risiamo! Non hanno fatto trascorre nemmeno 1 mese dall’ultima assoluzione…ed è già pronta un’altra inchiesta,
stessi argomenti, stessi riferimenti, stesso tentativo di fermarci.
Guardoni stupidi, continuano a spiarci ed ascoltarci. Peccato non
abbiamo un briciolo di cervello..perchè se lo avessero a forza di
ascoltarci almeno qualcosa lo capirebbero, almeno quel minimo per
rendersi conto che sono servi di un sistema nel quale essi stessi sono
carne da macello.
Ma probabilmente se si nasce servi, servi si rimane e si fanno
volentieri anche figure da idioti, se si crede di avere un po’ di
potere.
In ogni caso se si intende non essere inermi spettatori di un mondo al
devasto ma attori di un cambiamento radicale, la repressione non è
certo una sorpresa, ma qualcosa che prima o poi arriva.
Il conflitto attualmente esiste ed è palpabile, sta a noi esserci
affinché si riversi verso il vero nemico di tutti e di ciascuno, ovvero
lo Stato, espressione del Capitale, della devastazione, dello
sfruttamento..in una parola del dominio.
Quello che sto vivendo adesso e che altri compagni e altre compagne
hanno vissuto e stanno vivendo è un attacco alle nostre lotte e a noi
stessi e deve essere quindi da sprone per intensificarle. Non sono
accettabili le torture inflitte a miliardi di animali, anche in questo
istante prigionieri negli allevamenti, nei macelli e nei laboratori,
non è accettabile l’addomesticamento continuo ed incensante della
Natura e della Terra, non è accettabile lo sfruttamento dei popoli, i
pacchetti di sicurezza del Capitale, né le bombe intelligenti su
popolazioni inermi.
E’ necessario agire e non fermarsi mai.
Fino alla totale liberazione
Per l’antispecismo

Paola
Le Sughere, Livorno
2/06/2008

 

Antispecismo

Quello che segue è un articolo tratto dal numero 8 del nostro opuscolo (che potete scaricare cliccando, nella colonna di destra, sulla sezione "Opuscolo pistoiese d’Anarchismo e cultura"):

Alla voce "Antispecismo" Wikipedia riporta questa definizione:**"L’antispecismo è il movimento filosofico, politico e culturale che lotta contro lo specismo, l’antropocentrismo e l’ideologia del dominio. Come l’antirazzismo rifiuta la discriminazione arbitraria basata sulla presunta diversità razziale umana, l’antispecismo respinge quella basata sulla specie e sostiene che la sola appartenenza biologica ad una specie diversa da quella umana non giustifichi moralmente o eticamente il diritto di disporre della vita, della libertà e del lavoro di un essere senziente. Gli antispecisti lottano affinché gli interessi dei non umani vengano considerati fondamentali tanto quanto quelli degli umani, cercando di destrutturare e ricostruire la società umana in base a criteri ecocentrici che causino il minor danno e la minor interferenza possibili sulle altre specie viventi e sul pianeta. L’approccio antispecista ritiene (considerando tutte le dovute differenze e peculiarità):**- che le capacità di sentire (di provare sensazioni come piacere e dolore), di interagire con l’esterno, di manifestare una volontà, di intrattenere rapporti sociali, non siano prerogative della specie umana;**- che l’esistenza di tali capacità nei non umani comporti un cambiamento essenziale del loro status etico, facendoli divenire "persone non umane";**- che da ciò debba conseguire una trasformazione profonda dei rapporti tra persone umane e persone non umane, che prefiguri un radicale ripensamento della società umana trasformandola in una reale società umana libera."***Da queste parole sorge istantaneo il legame con la cultura "anarchista". Contrariamente a quanti molti potrebbero pensare, dare più diritti agli altri esseri senzienti non comporta una riduzione di quelli umani. Anzi, il fine ultimo è quello di lottare per una società in cui TUTTI possano avere i diritti fondamentali, siano essi umani o meno.* Ovviamente, per specificare…per anarchismo intendo una gestione paritaria delle risorse naturali nel rispetto della vita altrui ma senza presenza di sfruttamento o gerarchie. .**E la scelta vegan è un passo obbligato, che oltrepassa per l’appunto l’animalismo così come viene dipinto. Non è come decidere di radersi i capelli, di eliminare il caffè o le sigarette, di farla finita con qualcuno o qualcosa. C’è da esserne orgogliosi. Perchè è una scelta che ti porta fuori dal ciclo vizioso del consumismo, degli allevamenti intensivi, di persone costrette a lavori brutali per evitare alla "gente comune" di avere le mani sporche di sangue. Quindi non c’è modo di esimersi dallo schierarsi, se non si accetta l’idea Antispecista si sia almeno consapevoli di sfruttare in ogni momento la vita di altri esseri senzienti. **Essere Vegan è già dura ed è solo il primo passo, l’Antispecismo è lungi dall’essere definitivamente codificato. E’ un’idea in divenire, un legame tra cultura anarchica e rispetto per il proprio pianeta, per la vita altrui come per la propria. In questo racchiude idee comuni anche ad alcune religioni, ma rimane comunque una scelta laica, non potrebbe essere altrimenti possibile una sinergia col pensiero anarchista. **E’ la possibilità di lottare per l’abolizione dell’ideologia del dominio quella che lega a doppio filo l’Antispecismo e l’Anarchismo. **Come un antifascista o un anticomunista negano la supremazia del dominio di un uomo sull’altro, un antispecista nega la supremazia dell’uomo sulle altre specie. Ed il fine ultimo è la creazione di una società che estenda i principali diritti umani a tutti, rigettando ogni forma di dominio, di costrizione. E ciò non per concessione dell’uomo ma per riconoscimento oggettivo di una parità. **Un esempio pratico di affinità può essere il boicottaggio: molti rifiutano McDonald…e spesso capita che il boicottatore ceni con carne Montana. Non sapendo che il proprietario dei quella azienda rifornisce anche i mcdonald italiani.
Con questo voglio solo dire che con l’avvento delle multinazionali è ormai difficile fare del boicottaggio che sia radicale quanto quello vegan, continuando a mangiare prodotti di origine animale. E’ una motivazione in più, non la principale. **Anche non avendo una particolare sensibilità nei confronti degli altri esseri senzienti, è pur possibile capire che il comportamento della razza umana sta causando un deterioramento del pianeta ormai forse irreversibile ed è assurdo continuare a sprecare risorse preziose  per  produrre  proteine  animali con un rapporto in rimessa di 5 a 1. E quindi porsi la domanda fatidica: dov’è l’errore? **Se non la pensate come me, per favore chiedetevi almeno dov’è lo sbaglio.

Skrondo
— solo chi diventa cieco apprezzerà la bellezza del cielo azzurro al mattino…

Il Regime della brava gente.

Dalle ordinanze contro i lavavetri a quelle contro chi chiede l’elemosina in strada, dalla criminalizzazione delle popolazioni in lotta per la difesa della propria salute all’esercito contro i barconi di disperati che solcano il mediterraneo in cerca di qualcosa di più che la morte, dal reato d’immigrazione clandestina ai lager per migranti; sgomberi, arresti pretestuosi, e sullo sfondo una popolazione impaurita ad arte che plaude ad ogni stretta repressiva e ad ogni nuova limitazione delle libertà. Il regime sta gettando la maschera.
In pochi giorni di “lavoro” il nuovo governo ha intrapreso il traghettamento –già cominciato da anni  da governi d’ogni colore- del bel paese verso quella democrazia totalitaria che noi preferiamo chiamare regime. Di qualche giorno fa l’annuncio del boia scajola (rigorosamente minuscolo) della costruzione, entro due mesi, di almeno un CPT per regione…”L’Italia cesserà di  essere la porta girevole per l’immigrazione” ha detto il macellaio di Genova.
Se questo non è regime poco ci manca, la caccia all’immigrato –ed al diverso in genere- sono solo l’ultimo stadio di un progetto di totalitarizzazione della società che si evince anche dall’atteggiamento dell’opposizione di stampo centrosinistrorso…dopo l’annuncio del governo riguardo ai lager…i bambolotti del pd non hanno trovato di meglio che attaccare l’esecutivo…sul mancato trasferimento di rete4 sul satellite, e i sinistri arcobaleno? Ancora troppo scossi dalla batosta elettorale per aggiungere qualcosa di più di un farfugliare confuso ed inconcludente.
Leggendo poi un poco meglio la proposta del governo si scopre che dalla stretta repressiva sarebbero escluse la badanti, evidentemente utili per accudire quei “vecchi” altrimenti abbandonati dalle famiglie, troppo impegnate a lavorare 12 ore al giorno per poter prendersi cura dei propri parenti; insomma nuovamente si considerano i migranti solo come cose da sfruttare fino ad esaurimento e poi da gettare prima in un lager ed in seguito in uno sperduto paese affamato da una guerra o magari dallo sfruttamento delle aziende delocalizzate dei paesi dell’opulento occidente (bell’Italia compresa).
Il delirio securitario bipartisan sta mietendo vittime nell’indifferenza generale, dai poveracci affogati in mare attirati dal miraggio di una vita decente verso le coste italiote, ai reclusi dentro i lager, lasciati morire senza assistenza nei propri bivacchi, dall’incendio dei campi nomadi ai pestaggi di persone rèe di avere la pelle di un altro colore e di non parlare alla perfezione la lingua di Dante…tutto sotto gli occhi maligni degli italiani brava gente…”d’altra parte se la sono cercata, perché non se ne stanno a casa? Ma non fraintendete, non sono razzista…”, quante volte abbiamo sentito questa frase?
La decisa sterzata a destra della società italica (ma ne ha mai avuto bisogno?) si misura anche nella crescita esponenziale delle aggressioni di stampo nazi/fascista; ancora fresca la tragedia veronese abbiamo assistito ai fatti del Pigneto e, sempre a Roma, all’aggressione ai danni di alcuni militanti di sinistra ad opera di squadristi in camicia bruna, le condanne istituzionali non fanno altro che rendere ancora più surreale quel teatrino che vuole l’esistente impaurito, carico d’odio nei confronti del diverso, escludente, totalizzante e totalizzato.
Ma a chi serve una società che trema? Facile risposta, serve al potere ed ai suoi detentori, che creando ad arte quel sentimento di paura, prima verso il pericolo esterno del terrorismo, così da motivare la partecipazione italica alle guerre imperialiste, poi verso il pericolo interno di sovversivi ed immigrati, così da poter -da un lato- distrarre l’attenzione del popolino dalle vere cause che provocano insicurezza: precarietà, misure economiche cucite sui bisogni del grande capitale, scollamento palese della politica dalla vita vissuta, ecc…, dall’altro per poter motivare la stretta repressiva verso chi si oppone al potere, al capitale, allo stato e che pensa che sia un’altra la forma di società più giusta per rispondere ai veri bisogni degli individui, e per giustificare il controllo asfissiante –a mezzo poliziotti di quartiere, telecamere ad ogni angolo di strada, schede magnetiche varie, ecc…, cui tutti siamo più o meno soggetti.
Sullo sfondo si intravede chiaramente quella società totalitaria che vede gli individui solo come ingranaggi intercambiabili della macchina del potere e del profitto; l’immaginario disegnato da Orwell in “1984” non è poi così lontano, ma allora che fare, come comportarsi? L’unica possibilità, a mio vedere, è quella di rendere il nostro vissuto, con tutti i valori che ci portiamo dietro, visibile e condivisibile; la necessità di creare un immaginario liberato è stringente, ma per fare ciò è necessario dimostrare fattivamente che un altro mondo è possibile (scusate l’accento noglobal) rendendo quanto più visibili appunto, tutte quelle forme solidaristiche, autogestionarie, antagoniste all’esistente, che ci sono proprie e che viviamo giornalmente, cercando di creare una rete di complicità quanto più allargata possibile, in modo da rendere anche la repressione messa in campo dal potere (che già ci colpisce e ci colpirà) più difficile e meno motivabile…smascherabile per quello che è: violenza pura utilizzata per mantenere lo status quo. E’ un rischio, innegabilmente, ma è  un rischio da correre e che ci deve trovare pronti, non è più possibile accettare questo stato di cose, e se non cominciamo a muoverci con decisione rischieremo di farlo quando sarà troppo tardi. Ci aspettano mesi di lotta dura. Facciamoci trovare pronti.
Evjenji Vasil’ev Bazarov.

Detassazione dello straordinario, il capitale attacca i lavoratori!

Ormai sono settimane che da più parti viene agitata come possibilità quella di detassare gli straordinari, sventolando questa “novità” come un aiuto ai lavoratori ed alle loro famiglie che sempre più difficilmente riescono ad arrivare alla “quarta settimana”. Ma la verità qual è? A mio avviso questa misura rientra a pieno titolo nelle misure del capitale per massimizzare il profitto riducendo i costi di produzione, al pari delle esternalizzazioni e delle delocalizzazioni. Mi spiego meglio. Si è deciso di sfruttare l’evidente inadeguatezza degli stipendi dei lavoratori come mezzo per aumentare la loro produttività e ridurre gli eventuali costi di quest’aumento, infatti si è deciso di incentivare il lavoratore allo straordinario offrendogli una detassazione del 10% delle ore di lavoro in eccesso…si, perché di questo si tratta, lavoro in eccesso, che avrebbe dure ripercussioni sul mercato del lavoro già di per sé disastrato provocandone un’atrofia facilmente preventivabile, è infatti innegabile che a fronte delle difficoltà di chi lavora un provvedimento del genere spingerebbe molti che già magari fanno ore di straordinario, ad incrementare questa pratica, evitando per esempio all’azienda in cui lavorano l’onere di nuove assunzioni risolvendo il problema della forza lavoro mancante attraverso lo sfruttamento intensivo della manodopera interna; lor signori hanno calcolato un aumento medio mensile di 480 euro a lavoratore, possibilità allettante per chiunque, soprattutto per chi il lavoro lo “offre”, che attraverso le ore di straordinario guadagnate può evitare di assumere altro personale, nella misura (circa) di un lavoratore non assunto ogni 2,5 crumiri, con evidente risparmio in termini di contributi e quant’altro…Tutto questo cosa significa? Significa meno assunzioni e radicalizzazione della precarietà; significa incentivo non solo dell’aumento smodato delle ore di lavoro pro capite, ma anche all’estrema competizione tra i lavoratori, che correranno al massimo per scavalcare il collega/nemico nella gerarchia dei papabili di ore in eccesso; Significa meno sicurezza sul lavoro, come si può mantenere alta la soglia d’attenzione dopo 10/12 ore di fabbrica? E su chi ricadrà poi la colpa degli eventuali incidenti? Ma sui lavoratori distratti, logico; Significa corsa verso il basso degli stipendi, che verranno calcolati considerando nel computo finale dell’importo anche tot ore di straordinario; significa discriminazione nei confronti di quelle categorie –donne con figli piccoli, lavoratori con genitori anziani a carico, lavoratori meno giovani, ecc…- che non possono permettersi di protrarre l’orario di lavoro; significa condannare tanti giovani e meno giovani alla disoccupazione o ad un accesso al lavoro estremamente difficile; significa trasformare i lavoratori in “macchine da lavoro”; significa vincolare la vita delle persone al lavoro che fanno; significa maggiori profitti per il padrone –sia esso una potente multinazionale o un grasso e tronfio signorotto del nord-est- e più sacrifici per i lavoratori; significa che a vincere sarà di nuovo il capitale.
Accanto a questa norma, ed in perfetta continuità con essa, si parla anche della possibilità di poter cumulare pensione e stipendio, secondo loro per eliminare la piaga del lavoro nero post pensionamento, secondo noi per legare fino all’ultimo respiro di vita gli individui al profitto e per restringere ancor più il mercato del lavoro, spingendo chi non ha lavoro alla precarietà o al malaffare.
Il problema è meno scontato di quello che può sembrare, perché se da un lato è palese la volontà che sta dietro a questo provvedimento, dall’altro sarà un problema affrontare la questione con chi innanzi tutto vede davanti a se la possibilità di guadagnare meglio, se pur con maggiori sacrifici…Il nodo da affrontare, forse ancor prima del ribaltamento delle logiche di profitto in logica dei bisogni degli individui, tema comunque irrinunciabile e che dev’essere esposto con massima chiarezza da subito, è quello dell’abitudine dei lavoratori al vivere lo sfruttamento lavorativo come una normalità ineluttabile e a delegare ogni loro istanza a quei sindacati di stato sempre più simili alle corporazioni di fascista memoria; il compito di tutti coloro che hanno a cuore non solo la liberazione del lavoro, ma la costruzione di una nuova società libera e liberata, dev’essere quello di attivarsi non solo negli ambiti lavorativi, dov’è stringente il bisogno di rilanciare una conflittualità dura e reale, ma in ogni ambito di socialità al fine di creare quell’orizzonte di libertà autogestionaria irrinunciabile, senza il quale ogni progetto più o meno rivoluzionario nascerebbe già irrimediabilmente minato. Guadagnare i lavoratori all’autorganizzazione sindacale, creare ed incentivare la nascita di luoghi di socialità svincolati dalle logiche del profitto, rilanciare la solidarietà fra le varie categorie del mondo del lavoro, mettendo in luce quelle dinamiche di sfruttamento che non hanno né colore né professione specifica ma che fanno tutte parte dell’armamentario del profitto e di coloro che ne sono gli alfieri, Gridare con forza che, casomai, si lavora per vivere e non si vive per lavorare…
Evjenji Vasil’ev Bazarov.

A proposito di nuove destre…

Ne avevamo già parlato a suo tempo commentando i risultati delle elezioni notando di come ormai da tempo, l’aria che si respira nell’italico stivale grazie al delirio securitario e porcherie del genere, si stia spostando sempre più a destra. Per constatare ciò basta scorrere le percentuali di partiti come la lega, la giustizialista Italia dei valori o la fascista destra/fiamma tricolore, tutti autori di un discreto salto in avanti per quanto riguarda il consenso tra gli italioti.
In questo clima, tra ronde padane e manifestazioni revisioniste, è accaduto che a Verona 5 neonazisti abbiano ucciso un ragazzo, solo perché questo non avrebbe voluto “offrirgli” una sigaretta e perché portava i capelli lunghi…Intendiamoci, non lo ritengo un omicidio politico, quantomeno non nell’accezione tradizionale del termine, in quanto non avvenuto a causa di una contrapposizione ideologica, ma diventa tale a causa dell’estrazione politica degli assassini, militanti o simpatizzanti di forza nuova. Ciò ci riporta alla mente altre vicende simili, dall’uccisione di Dax a quella di Renato, passando per l’accoltellamento di un compagno lucchese, avvenuto qualche anno fa, e che per un fortuito caso non è sfociato in tragedia.
Il partito neonazista ha tentato maldestramente di prendere le distanze dall’accadimento, ma per smontare ogni loro tesi basta frequentare le pagine internet che fanno riferimento alla loro area o a quella neofascista in genere; bazzicando siti si trovano spesso riferimenti ed apologie della prevaricazione fisica come argomento principe della loro dialettica politica, basta guardare per esempio le magliette in vendita sul sito internet del gruppo musicale zetazeroalfa, afferente all’area della fiamma tricolore per farsi immediatamente un’ idea di quello che intendono per politica…nel dubbio mena, bella zuffa, accademia della sassaiola(1), queste sono le scritte che questi fini pensatori stampano sulle loro magliette, ma non finisce qui, basta infatti spostarsi sulle pagine del forum vivamafarka.com(2) per trovare commenti entusisatici per quello che chiamano “cinghiamattanza”, in pratica una grande rissa tra camerati che si divertono…picchiandosi di santa ragione o picchiando i malcapitati di turno…alcune di queste virili imprese sono anche videodocumentate ed inserite si youtube…Che dire poi dei loro alfieri di partito? Personaggi come Giuliano Castellino(3) della fiamma tricolore ultras romanista, arrestato varie volte per violenza ed estorsione e candidato alla camera, o come Roberto Fiore(4), segretario nazionale di forza nuova, terrorista nero dei NAR, nuclei armati rivoluzionari…e di esempi ne potrei citare molti altri…ma penso basti così…Se innegabilmente il fiorire di aggressioni, intimidazioni e quant’altro, da parte di personaggi afferenti all’area dell’estrema destra trovano fertile humus (e complicità varie) nel clima politico che attraversa trasversalmente gli schieramenti politici e che richiede sempre più controllo, autorità e in ultima istanza l’uso della violenza, dall’altra il riaffiorare di certi rigurgiti è anche da imputare a quell’antifascismo istituzionalizzato che vuole ridurre il portato etico della lotta contro i totalitarismi solo ad una rappresentazione rituale affidata alle ricorrenze ufficiali, depotenziando e uccidendo i valori che hanno sotteso buona parte della resistenza; non c’è da fare molta sociologia, l’unica possibilità per sfuggire al turbine d’odio e reazione cui ci stiamo avviando è quella di reinnescare quelle pratiche antifasciste quotidiane che sole ci possono liberare una volta per tutte dalla feccia nazifascista, per fare ciò è però necessario che ognuno faccia la sua parte, rifiutandosi di delegare alcunché a istituzioni colluse e figlie legittime di un passato di sopraffazione e violenza e innescando ogni giorno ed in ogni momento quelle pratiche di condivisione ed inclusione, di scambio/confronto care ad ogni cuore Libero.
VIVA L’ANARCHIA!
Evjenji Vasil’ev Bazarov.
 
1-Le magliette degli zetazeroalfa 
 
 
2-per farsi un’idea della cinghiamattanza: http://www.vivamafarka.com/forum/index.php?topic=3183.0 
 
3- per capire chi è Castellino: http://italy.indymedia.org/news/2006/01/967201.php
 
4- su Fiore esiste una discreta pubblicistica, qui facciamo solo un esempio:
http://www.tmcrew.org/mw4k/antifa/fiore.htm#search 

Disillusione, lettera aperta su un’occupazione che non c’è.

Scusate lo stile sdrucito, la stanchezza però e molta…e pure l’incazzatura.

Sabato mattina, in molti, abbiamo liberato uno spazio sociale a Pistoia, cosa che in città non accadeva da circa 20 anni.
Da quel Sabato sembra passato un secolo. Già da domenica qualcuno paventava la possibilità di scendere a contrattazione con il comune per la concessione dello spazio…ieri poi, l’ultimo atto della farsa…alcuni si sono recati dal sindaco a contrattare…l’abbandono dell’occupazione!!!!! In cambio di uno spazio non ben precisato del quale entrare in possesso due giorni dopo la RITIRATA; la sera la discussione e stata estenuante, c’era chi, fregandosene di sindaci, assessori e quant’altro proponeva di tenersi il posto che ci eravamo presi, altri invece, erano risoluti ad accettare il compromesso col potere…questo è stato deciso, nonostante l’opposizione di una decina di individualità (“Anarchici del cazzo,  sempre a rompere i coglioni” avrà pensato qualcuno dei festanti concertatori). Questi i fatti, ora due considerazioni: Per prima cosa ritengo inconciliabile con ogni dettato del buon senso prendersi rischi e denunce per occupare uno stabile da abbandonare subito dopo…mi sembra alquanto ridicolo; in seconda battuta mi sembra altresì singolare dichiararsi strenui difensori dell’autorganizzazione e poi rendersi ossequiosi alle richieste del sindaco di turno; mi sembra risibile denunciare l’illegittimità di un potere che è nella sua faccia migliore osceno, controllore, intimidatore, repressore e quant’altro, fermo restando che poi…quando il padrone chiama il cagnetto abbassa la coda…Io alla luce di questi fatti non gioco più (e come me molti altri), non posso accettare né di avere un qualsiasi tipo di dialogo con il rappresentante di un’istituzione che non riconosco; è inconcepibile che mi si chieda di partecipare ad una doppia legittimazione del potere…perché di questo si tratta: accettando di uscire così come si era entrati non si fa altro che legittimare l’amministrazione comunale che è riuscita a sgomberare un’occupazione senza nemmeno inviare un vigile…e la si legittima due volte perché qualche giorno dopo gli si da la possibilità di dimostrare tutta la sua magnanimità concedendo uno spazio ai “poveri” sgomberati, dimostrando una certa sensibilità nei confronti delle ragioni di tutti.
Di tutto ciò non accetto niente, né il potere, né chi gli bacia le pantofole…Magari domani cambierà nuovamente tutto; non mi riguarda…per il futuro non credano però lor signori (politici e politicanti) di stare tranquilli, di spazi vuoti ce ne sono tanti…e basta riempirli…alla prossima, in un posto qualsiasi, là, in città.

  Evjenji Vasil’ev Bazarov

Architettura e potere, gli spazi come strumenti di controllo.

Girando per Pistoia (parlo della città di Giano ma so che la situazione che qui stiamo vivendo è la medesima di moltissime città dell’italico stivale) è impossibile non notare come, da qualche anno a questa parte, lo spazio urbano stia subendo una profonda trasformazione della quale si possono ravvisare precedenti della medesima portata solo nei tempi lontanissimi della fioritura economica della città in epoca medievale o nel periodo della ricostruzione post seconda guerra mondiale.
Ci sono però da notare alcune differenze fondamentali tra questi due momenti, pur diversi fra loro, e la fase storica che ci stiamo trovando a vivere; i due momenti che precedono quello attuale furono caratterizzati dalla necessità di espansione fisica della città a causa di due momenti diversi di inurbazione (a scopo difensivo nel medioevo, a scopo economico quello postconflitto) accomunati entrambi da un’assenza di progettualità sociale  atta a vincolare e caratterizzare la vita degli inurbati; ad accomunare questi due momenti storici, pur molto differenti fra loro, è la progettazione urbanistica legata solo alla possibilità di fruizione degli spazi per quanto riguarda la loro abitabilità.

Un progetto di desocializzazione
Se è vero che nel dopoguerra la necessità di manodopera industriale ha creato un’inurbazione “forzata”, che ha costretto molti ad abbandonare le campagne per tentare la via più sicura (almeno per quanto riguarda la cadenza fissa dello stipendio) del lavoro in fabbrica, è altresì reale il fatto che la città sia stata utilizzata soltanto come contenitore di corpi.
A distanza di sessanta anni è cominciata (in realtà sono ormai molti anni che il fenomeno si manifesta) la seconda fase della rivoluzione urbanistico/capitalista, caratterizzata –tra le tante cose- dall’utilizzo, da parte del potere, degli spazi abitativi e di socialità come strumenti di controllo/costruzione sociali.
Se osserviamo infatti i nuovi complessi abitativi che stanno sorgendo in città, noteremo subito come nella maggior parte di essi non siano previsti spazi di condivisione e socialità; non esistono infatti giardini comuni, o i “veroni”(1) dei condomini che i nostri nonni e bisnonni hanno abitato.
Lo spazio comune si riduce a corridoio di passaggio, portone, in qualche caso ballatoio…tutti spazi in cui il sostare, e quindi il produrre socialità risulta pressoché impossibile.
Se quindi gli spazi interni ed immediatamente esterni degli alveari per uomini che stiamo osservando tradiscono la volontà dei progettisti e dei costruttori di creare solo spazi di separazione e non spazi sociali, anche le facciate stesse precedono quello che troveremo all’interno: infatti laddove sono previste terrazze (più o meno grandi), le stesse sono separate le une dalle altre da pannellature o mura, eliminando dunque le vecchie terrazze formate solo dal basamento e dal parapetto, in cui i vicini potevano scambiarsi impressioni ed idee. In certi altri casi poi, gli appartamenti terrazzati sono costruiti in maniera alternata, in quel ritmo pieno-vuoto che impedisce il contatto diretto tra gli individui. Tutto ciò viene motivato con la richiesta di privacy sempre più pressante delle persone, in realtà tutto ciò è funzionale alla riproposizione delle dinamiche di “atomizzazione” sociale che abbiamo già cominciato a notare.
La decostruzione di spazi sociali e la conseguente rarefazione dei contatti fra gli individui creano così l’humus necessario al potere per poter insinuare i propri tentacoli bene addentro le relazioni sociali che, ridotte a testimonianza, e non a reale interazione/confronto/condivisione, risultano essere particolarmente deboli e manipolabili; quando la “realtà” e fruita solo tramite la mediazione degli apparati di potere –siano essi intesi come istituzioni, mass media o quant’altro- e non sono previsti altri veicoli di conoscenza/giudizio che quelli imposti da terzi, allora la creazione del “diverso” (immigrato, antagonista sociale, disoccupato…) come “nemico” pericoloso sia per l’incolumità individuale che per quella sociale, diventa esercizio alquanto semplice e funzionale sia all’autopoiesi del potere stesso che al controllo delle istanze sociali capaci di innescare potenziali criticità.
Con l’eliminazione dello spazio condiviso e con l’atomizzazione delle persone si creano così i presupposti per una gestione eterodiretta dell’esistente, in cui ciò che ha risalto ed importanza comune, viene studiato a tavolino da chi detiene le redini del potere, che può così ignorare, emarginare, depotenziare, distorcere, strumentalizzare, criminalizzare tutte quelle realtà portatrici di un’idea di società diversa da quella esistente.
Dividendo di fatto gli individui si limita così anche la loro capacità progettuale, la loro capacità non tanto di poter concepire un divenire diverso, ma di poterlo ritenere una strada realmente percorribile; in altre parole si percepisce l’inadeguatezza dell’esistente, incapace –perché strutturato da altri per tutt’altro- di rispondere efficacemente alle necessità della collettività, ma non si crede possibile la fattibilità del cambiamento, vivendo come ineluttabile lo stato delle cose e impedendo di fatto il raggiungimento di una qualsiasi criticità che permetta la rottura dei questo presente il libertario in favore di un futuro liberante e liberato.
Probabilmente non in tutti i casi in cui l’architettura sia funzionale agli scopi che fin ora abbiamo analizzato la realizzazione di fatto del progetto di controllo va di pari passo con la reale conoscenza/coscienza di queste dinamiche da parte del progettista, questo perché colui che sarà demandato a progettare “l’abitabilità” degli spazi ha vissuto per anni, ed è stato formato all’interno del cosmos universitario strutturato in maniera tale da creare non solo “professionisti” delle varie branche dello scibile umano, ma anche ingranaggi strutturabili nelle dinamiche di gerarchizzazione e separazione dei saperi, riproducendo quella piramide dei rapporti interindividuali funzionali alla perpetrazione del potere tout court.
L’influenza dello spazio circostante sulla formazione degli individui non è niente di nuovo, ma credo sia necessario rimarcarne la criticità, e focalizzare parte della nostra attenzione in maniera decisa su questa tematica. E’ necessario creare spazi e unità “liberati” ed includenti in uno spazio che si fa sempre più escludente.
Se le possibilità delle persone di rapportarsi vengono rese più difficili, di fatto negandole, si rendono questi ultimi più vulnerabili e dipendenti in misura sempre maggiore, man mano che il tempo passa, dalle forme del potere organizzato, rendendo molto difficile la formazione di sacche di contropotere sufficientemente forti per mettere in difficoltà e far emergere le contraddizioni di chi mantiene salde le mani sulle leve del comando, poiché una forma di esistente alternativo al dominio, per essere veramente “altro”, necessita di un grado di partecipazione e di complicità elevati.

Costruire/ricostruire spazi liberati
In quest’orizzonte è necessario cominciare a ricostruire spazi di socialità, untilizzando forme nuove ed impreviste,  che in certi casi rompano lo schema classico –tanto per fare un esempio- del solo centro sociale che, pur essendo un’ottima forma di ambito di condivisione, alcune volte rischia -a causa delle attenzioni delle forze repressive, degli oneri di gestione ecc…- di diventare sì uno spazio aperto, ma verso l’interno, con scarsa propositività verso l’esterno e quindi scarsa presa sul tessuto sociale cittadino, lasciando ampio margine ai creatori di consenso per criminalizzare quel tipo di esperienza.
Intendiamoci, non sto dicendo di ritenere superata o peggio, dannosa l’esperienza dei centri sociali, tutt’altro,  quello che voglio dire è che alla luce dei fatti e necessario affiancare all’opera di aggregazione e socializzazione (di esperienze, di saperi) effettuata all’interno dello spazio fisico dei centri, dei momenti che portino le esperienze al di fuori dei circuiti cui sono legate convenzionalmente, che si tratti di TAZ (occupazioni temporanee), in tutte le forme nelle quali si possano concepire, o riappropriazioni di spazi cittadini aperti, che ricontestualizzino e restituiscano ai luoghi la loro primitiva funzione di aggregazione/scambio, l’importante è cercare un collegamento diretto col tessuto cittadino; un esempio: c’è un progetto che a Pistoia portiamo avanti da qualche anno (da primavera in poi) ovvero l’organizzazione, il Sabato pomeriggio, di merende sociali autogestite nella piazzetta del mercato della frutta, dove oltre al momento conviviale si affianca quello informativo/propagandistico (toccando temi come nocività ambientali e sociali, arte…) sviluppato cercando di utilizzare codici di trasmissione dei contenuti che non si limitino solo a quelli classici del volantino o dello slogan; si tratti di teatro di strada, giocoleria o quant’altro poco importa, l’importante è riuscire a trovare il modo di comunicare i concetti a noi cari, tenendo ben presente che la società in cui ci troviamo a vivere impone veicoli comunicativi e modalità di comunicazione molto differenti da quelli con cui si sono confrontati i compagni venuti prima di noi; parafrasando Malatesta non si può ignorare la realtà, ma se questa è cattiva bisogna combatterla, con gli stessi mezzi che essa ci offre; così facendo si affrontano direttamente le calunnie del potere che tende sempre a criminalizzare e mistificare tutti gli ambiti che non rientrino nel suo orizzonte preconfezionato, dimostrando che i messaggi di cui siamo portatori propongono tutt’altro rispetto allo stato delle cose attuale, e soprattutto  così facendo si dimostra che i proponenti…hanno  due braccia e due gambe…proprio come il vicino di casa…
 
(1) Grandi verande comuni situate al vertice dei condomini utilizzate per l’asciugatura della biancheria.

Evjenji Vasil’ev Bazarov

Veltrusconi per Veltrusconi, che sarebbe cambiato?

Due paroline sulle elezioni dette così, tanto per aggiungere una voce alla caciara da casbah che come sempre accompagna ogni tornata elettorale.

La prima cosa che non si può non notare è quanto il mal contento per quella che alcuni hanno chiamato "la casta", non si sia tramutato in un deciso sentimento astensionista, segno che l’abitudine ad essere comandati, l’attitudine dei pecoroni a dover essere pascolati da seriosi pastori…che poi li condurranno al macello, siano più forti di ogni sentimento più o meno latente di cambiamento; in seconda battuta poi, è palese come trasversalmente, la vera vittoria sia stata quella delle forze politiche oscurantiste, reazionarie, giustizialiste e xenofobe: l’exploit della lega, che legittima ancor più quei sentimenti razzisti e d’esclusione già ben presenti nella società e nelle istituzioni italiote; il buon risultato del partito pretofilo di Casini; l’inatteso -ma poi non molto- balzo in avanti del partito del giustizialista Di Pietro…evidentemente i deliri securitari, agitati ad arte, e gli appelli dei mass media in favore di una stretta repressiva verso chiunque si possa ascrivere nel novero del "diverso", si parli di immigrati, antagonisti sociali ecc…, hanno funzionato alla perfezione.

La dbàcle dei sinistri arcobaleno…di contro i "nostri" hanno pagato pesantemente -oltre alla loro ambiguità- il loro aver abdicato il ruolo, per altro autoassegnato, di forza di governo e di movimento, trasformandosi in cagnolini servili del potere, incarnato per questi due annetti nella figura paffuta del prode Prodi…sicuramente nei prossimi mesi ce li ritroveremo in piazza, ansiosi di rifarsi una verginità politica; la speranza è che le uova e le torte dedicate nei mesi passati al vergognoso Caruso Francesco siano pronte anche per il redivivo bertinotto da piazza.

Per noi in pratica non cambia assolutamente niete; che vincesse Veltroni, ho che abbia vinto il Silvio nazionalpopolare poca differenza fa…la repressione che ha colpito il movimento in questi ultimi anni dimostra come, al di là dei differenti simboli, ogni formazione politica non faccia altro che servire le logiche sciagurate di capitale e potere, disinteressandosi totalmente di quelli che sono i reali bisogni delle persone…il nostro ruolo rimane -come sempre- quello di rompere le uova nel paniere di quanti pensano di poter pianificare ogni secondo della nostra esistenza, continuando a lottare e a creare quell’orizzonte autogestionario irrinunciabile per chiunque abbia a cuore la liberazione degli individui…che cambi il colore della divisa del poliziotto poco importa…

Evjenji Vasil’ev Bazarov

 

Quando ci vuole ci vuole, uno sfogo sul niente che impera a Pistoia.

Pochi giorni fa alla Breda, notoria azienda costruttrice di treni, proprietà dell’eticissima e realizzatrice di mezzi atti all’esportazione della democrazia occidentale (leggi carri armati, elicotteri, aerei…) Finmeccanica, è avvenuto l’ennesimo incidente sul lavoro, che solo per un fortuito caso non si è trasformato nell’ennesima “morte bianca”; come preventivato (per lo meno da noi, volantino docet) la responsabilità dell’accaduto è stata in buona parte scaricata sul lavoratore, da poco assegnato ad una nuova mansione, e quindi “inesperto”…nulla di nuovo sotto il sole…la cosa che stupisce è l’indifferenza con cui la città, da sinistra a destra ha ignorato la vicenda…naturalmente l’amministrazione comunale non avrebbe in alcun modo affrontato la vicenda nemmeno in caso di tragedia –se non con le solite lacrime di coccodrillo e i proclami di routine- data l’importanza che riveste lo stabilimento nell’economia cittadina (più di 2000 lavoratori), con il peso politico che ne consegue. Quello che stupisce un poco di più è l’assordante silenzio di quelle forze che si dichiarano a sinistra del potere politico cittadino, da rifondazione (che comunque è in giunta) al notorio circolo arci Hochiminh, o meglio Swalter Veltrusconi: nessuno si è premurato non solo di prendere posizione rispetto alla vicenda, ma nemmeno di portare la solidarietà al lavoratore ferito; da un lato la sudditanza ai potentati economici cittadini, si parli di Breda o del costruttore edile/speculatormafioso Giusti; dall’altro l’insulsa vacuità politica di chi concepisce l’attivismo solo come presentazione di un libro sulle aberrazioni del fascismo facendo finta di non vedere ciò che in città sta accadendo –leggi aggressioni da parte di militanti della fiamma o apertura di una sede di forza nuova- e prendendo le distanze, non ufficialmente ma di fatto, da quei pochi che l’antifascismo lo praticano giornalmente e non lo relegano all’esistenza di mera testimonianza del passato.
A destra dei “sinistri” le cose invece sono…identiche, se forzisti/postfascisti/democristianoidi sono ammalati della stessa sudditanza verso il potere della quale sono inebriati i loro omologhi di giunta, i Fascistoidi della fiamma non sono stati capaci di mettere in fila due righe sull’accaduto, dimostrando ancora una volta la loro totale incapacità di elaborazione che vada oltre l’”Italia agli italiani” o la riproposizione di volantini scritti da qualche romano capace di usare i congiuntivi…i nazzistelli di forza nuova poi…fino a ieri sera nessuno sapeva della loro esistenza…figurarsi se son capaci di leggere, scrivere e far di conto…Nella spazio profondo del nulla cittadino ci siamo fatti sentire solo noi…certo, lor signori addurranno a scusa chi la campagna elettorale, chi –come i sinistri buffoni di un certo circolo- l’organizzazione del pranzo carnevalata del 25 Aprile (e intanto i fasci aprono le sedi)…Buffoni ipocriti. Tutti.
Alla luce della desolazione che in città si fa sempre più abbagliante è necessario creare spazi di socialità che sfuggano alle logiche di partito e del profitto, per poter così ricostruire quel tessuto d’antagonismo sociale irrinunciabile se l’orizzonte che ci prefiggiamo è quello della liberazione della società.
VIVA L’ANARCHIA!
Evjenji Vasil’ev Bazarov