fonte: assemblea antirazzista torinese
Torino: blindati al mercato
Domenica 12 ottobre in via Cottolengo c’è un gran silenzio: sin dal
primo mattino la strada è bloccata da blindati di polizia, carabinieri
e guardia di finanza. Il mercato che ogni domenica mattina anima la via
non c’è. Ogni angolo della limitrofa Porta Palazzo è presidiato da
agenti in tenuta antisommossa.
Il mercato di via Cottolengo è un mercato abusivo gestito da immigrati:
banchi di cibo si alternano a quelli di abiti, casalinghi, merci varie.
Per tanti è un’occasione preziosa per integrare il reddito o per
comprare i sapori di casa.
Questa zona libera è da sempre nel mirino di razzisti e comitati
spontanei. Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le attenzioni di
giornali e politici: dalla Lega che invocava lo sgombero alla giunta
comunale che prometteva posti a chi era in regola e repressione a tutti
gli altri. I blindati del 12 ottobre hanno sciolto ogni dubbio sulla
strategia preferita da tutti. Lo stesso giorno il quotidiano La Stampa
dedicava due pagine alla militarizzazione della piazza ed al torneo di
Calcio all’Alpino del giorno precedente. Due pagine di propaganda
bellica.
Poco lontano dalla piazza in assetto di guerra, c’è il Gran Balon, il
mercato di antiquariato/modernariato che si svolge ogni seconda
domenica del mese: qui tutti hanno la licenza, non ci sono controlli,
la Torino da salotto ci trova il mobile d’epoca o il gingillo da
esporre.
Solo pochi metri separano due mondi che sono la metafora concreta di
quest’epoca feroce, la linea di demarcazione tra i sommersi e i salvati.
Intorno alle 11 e mezza fanno la loro comparsa in piazza gli
antirazzisti, armati di banchetto, volantini, megafono. Si sistemano in
piazza davanti ad un negozio chiuso: compare anche uno striscione con
una scritta nera in campo rosso “Via la polizia! Mercato libero”.
Viviamo tempi in cui uno slogan liberale diventa follemente sovversivo.
Con buona pace di un paese dove tutti, al governo come all’opposizione,
si proclamano liberali.
Una signora marocchina si avvicina e piazza nei pressi la sua sporta di
pane e pite. Intorno c’è una piccola folla di immigrati: la Digos
occhieggia ma non osa avvicinarsi. Gli interventi al megafono vengono
accolti con palese favore dagli immigrati, che applaudono e annuiscono.
Il titolare arabo del limitrofo bar “Commercio”, che protesta per la
troppa vicinanza degli antirazzisti, viene allontanato a gran voce da
una piccola folla di magrhebini, che lo spingono a manate nel suo bar.
Due anziani coniugi piemontesi, che poco prima si erano informati
sull’accaduto, si avvicinano alla donna araba che vende il pane e
comperano due grosse pagnotte.
Gli antirazzisti decidono di concludere la giornata con un giro
informativo al Gran Balon. Passano con lo striscione in mezzo al
mercato, facendo brevi interventi, per informare quelli del piano di
sotto di quanto accadeva poco sopra. In piazza Borgo Dora alcuni
commercianti irati tentano di aggredire gli antirazzisti, che non
raccolgono la provocazione. La Digos interviene in sostegno ai
bottegai. Altri bancarellari invece manifestano solidarietà e
condivisione. Al ritorno in piazza della Repubblica alcuni immigrati
salutano e ringraziano gli antirazzisti che se ne vanno.
Una giornata che riflette, nelle sue luci e nelle sue ombre, l’immagine
di una realtà sociale frantumata, sempre più divisa tra chi cerca di
sopravvivere e chi spera di lucrare. Sempre più concreto è il rischio
che la guerra tra poveri sostituisca la guerra di classe tagliando in
due lo spazio, simbolico e reale, di questa nostra società. Siamo
sull’orlo di un baratro e ciascuno ci scivola lentamente pensando che
il fondo non arriverà.
Occorre l’impegno di tutti per fermare la caduta.
In via Cottolengo, la lotta per riaprire un piccolo spazio libero è solo all’inizio.
* * * * *
segue articolo di Massimo Numa, pennivendolo de La Stampa, complice della xenofobia dilagante e amante della repressione
Con 200 uomini per un giorno è tornata la legalità
MASSIMO NUMA
L’assessore al Commercio, Alessandro Altamura, alle 7 della mattina era
già in piazza della Repubblica. Giornata particolare, ieri, per questo
quartiere di Torino che sembra davvero non fermarsi mai, come i
cantieri post-olimpici. Tra polemiche, vecchi problemi e anche gli
innegabili successi. Particolare perchè c’erano, a sorvegliare via
Cottolengo, la «strada dell’illegalità», come la gente dei Comitati di
Porta Palazzo la definisce, oltre 200 (duecento) poliziotti,
carabinieri, finanzieri e vigili urbani, nonché le pattuglie interforze
con gli Alpini della Taurinense. Che dire? Lo spettacolo era bello,
rassicurante. Via Cottolengo finalmente libera dal suk che la
caratterizza da anni. Cioè: decine di ambulanti abusivi, bancarelle con
ogni tipo di refurtiva in vista, flotte di borseggiatori di ogni etnìa.
Un paradiso, dunque. Con tutti i banchetti in fila ordinata, spazi per
passeggiare, i clienti liberi di scegliere le cose da comprare senza
affanni, senza nascondere la catenina d’oro o l’orologio.
Carlo Verra, presidente del Comitato, è molto contento. A una
condizione: «Che però non sia la favola di un giorno». Ma Altamura, che
raccoglie, metro dopo metro, il plauso degli operatori, ci tiene a far
sapere: «Non è la prima volta che controllo di persona il mercato, solo
che oggi, effettivamente, il problema sembra risolto. C’è ancora molto
da fare, ma la realtà di oggi dimostra che è sufficiente un presidio
fisso per battere le varie illegalità». Il neo questore, Aldo Faraoni,
mostra i muscoli e la musica cambia di botto. Forse sente ancora l’eco
delle parole, dette sia pure con un tenue sorriso sulle labbra, durante
l’ultimo comitato di sicurezza in prefettura, dal pm Marcello
Maddalena, la cui sintesi è questa: «Ma che dobbiamo fare, sequestrare
via Cottolengo?». Una soluzione radicale, evidentemente l’extrema
ratio. Quasi una battuta. Ma fa riflettere. Che la questura faccia sul
serio, non ci sono dubbi. In piazza, davanti al negozio di bici, ci
sono: il vicequestore Gian Maria Sertorio, il dirigente del
commissariato Dora Vanchiglia; il capitano dei carabinieri Luigi
Isacchini, comandante della compagnia Oltredora; il vicequestore
Giorgio Pozza, responsabile delle volanti del 113.
Lo schieramento di uomini e mezzi, ai due ingressi della strada, è
imponente. Ci sono gli agenti del Reparto Mobile e i carabinieri del
Battaglione Piemonte, i super-vigili in assetto combat e i «Baschi
Verdi» della Finanza. A pochi metri di distanza, lo stato maggiore
della Digos, mobilitato anche per il torneo di calcio organizzato
dall’ala più violenta degli anarchici. Titolo: «Calci all’alpino». Che
è già tutto un programma. Oggi, a Domenica In, nello spazio di Massimo
Giletti, ci saranno anche i rappresentanti dei comitati di Porta
Palazzo. Sarà un cittadino di colore, che abita non a caso in via
Cottolengo, a «spiegare – dice Verra – quali sono i nostri veri
problemi, altro che razzismo!».
La massiccia presenza di forze dell’ordine (facilitata dall’assenza
delle partita del campionato di A, consentendo il recupero di centinaia
di agenti) per molti, suona come una beffa: «Quando se ne andranno,
tutto tornerà come prima». E’ un coro amaro e unanime, di stranieri e
italiani, uniti per chiedere alle istituzioni più sicurezza. Raccontano
episodi preoccupanti: «Abbiamo chiesto l’intervento delle pattuglie per
liberare i portoni, i parcheggi. Sa cosa ci rispondevano i tutori
dell’ordine? Che avevano l’ordine tassativo di non passare». Uomini e
donne, assicurano, pronte a ripetere le accuse anche davanti ai pm.
Altamura ascolta con pazienza, rassicura, promette, cerca il dialogo
anche con chi ha perso la fiducia. Qualcuno lo ringrazia, gli stringe
la mano, mostra il «miracolo» e gli dice: «Vede, assessore, come si
potrebbe vivere qui, in piena armonia, tutti i giorni?». L’assessore è
ovviamente d’accordo e precisa: «Ritornerò anche nelle prossime
settimane, non vogliamo più che i residenti si sentano abbandonati». La
cinese «Giulia», dell’Etnic market ha nostalgia della polizia della
Repubblica Popolare, «quelli sono più determinati, più decisi. In
Europa meno».
Ai mercatari sembra impossibile non dover dividere gli spazi con gli ambulanti fantasma, temuti. E aggressivi