Pronto e scaricabile il nuovo numero dell’opuscolo pistoiese d’Anarchismo e cultura

Pronto e scaricabile il numero 9 dell’opuscolo pistopiese d’anarchismo e cultura.

Indice:

PG2: Diaforismi urbani – Ma noi non siamo preti; Ribellarsi è giusto.

PG3: Le rovine della fortezza; Letture – Max Stirner “l’unico e la sua proprietà”.

PG6: Fuoritesto -Jeorge Brassens “ecatombe”.

PG7: Casa pound a Pistoia.

PG8: Note a margine, repressione.

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“Destinati ad altra mansione” gli agenti che pestarono il giovane ghanese a Parma

Da senza soste.it:

Parma, gli agenti coinvolti nel movimentato fermo del ragazzo ghanese avranno solo incarichi ‘amministrativi’

emmanuel.pngDestinati ad altre mansioni. Niente più
operazioni speciali in borghese per gli agenti di polizia municipale
accusati di aver picchiato un ragazzo ghanese il 29 settembre scorso a
Parma. A diffondere la notizia l’edizione del quotidiano ‘Polis’ della
città emiliana, che riferisce com il ‘nucleo speciale’ creato per
compiere operazioni ‘delicate’, come l’arresto di spacciatori o le
retate anti-prostituzione, sia stato smantellato, e i suoi membri
destinati ad altri incarichi, soprattutto di tipo amministrativo.

Verso l’archiviazione. Il
provvedimento interno è stato firmato dal nuovo comandante dei vigili
urbani, Giovanni Maria Jacobazzi, spinto dall’onda dell’indignazione
per una vicenda che dovrà ancora essere chiarita dalla magistratura, ma
che già vede vacillare la denuncia di resistenza a pubblico ufficiale
sporta dagli stessi agenti contro il giovane Emmanuel Bonsu. Si prevede
l’archiviazione anche per il reato di spaccio, mentre rimane in piedi
la denuncia coraggiosamente depositata al Comando dei Carabinieri di
Parma da parte di Emmanuel e arricchitasi nei giorni seguenti il fatto
di nuove testimonianze oculari. Lo studente fu fermato il 29 settembre
intorno alle sei di sera nel parco Falcone e Borsellino, mentre stava
aspettando che cominciassero le lezioni serali all’Itis. Inseguito
mentre, spavantato, cercava di fuggire, fu atterrato e condotto al
Comando di polizia municipale con un occhio pesto e una busta con i
suoi documenti sulla quale campeggiava la scritta ‘Emanuel negro’. Una
vicenda che non ha scosso solo la città del viver bene, ma l’Italia
intera. Sia l’assessore alla Sicurezza di Parma, Costantino Monteverdi,
sia il comandante uscente Emma Monguidi, difesero l’operato degli
agenti. In particolare il comandante negò che il giovane avesse subito
violenze e umiliazioni ad opera degli agenti. "Sì è opposto
all’arresto, e questo ha dato origine a una colluttazione nella quale
due agenti sono rimasti feriti". Per lei l’occhio tumefatto di Emmanuel
sarebbe stato "una conseguenza della concitazione che ha caratterizzato
il fermo", mentre la scritta ‘negro’ sulla busta "forse l’ha fatta
lui". Così rispose ai giornalisti il giorno dopo i fatti.

tratto da http://it.peacereporter.net 

10 novembre 2008

Le camere a gas del carcere livornese Le Sughere

 Da senza soste.it:

Non c’è niente da fare. Malgrado i tentativi di marketing artistico e
politico, il carcere livornese de "Le Sughere" si conferma uno dei peggiori
carceri italiani. Lo dimostra l’ennesimo sconvolgente caso di morte avvenuto
ieri in uno degli spettrali spazi di questo lager di stato. La morte di un
ragazzo di 31 anni è la riprova di quello che stiamo dicendo da tempo: Le
Sughere sono una fabbrica di morte ed i responsabili della sua gestione
devono essere cacciati una volta per tutte.

Il carcere di Livorno è una vergogna per una città distante anni luce dalla
vita che si svolge nelle sue sezioni sporche e vetuste dove centinaia di
persone vivono in condizioni tremende di affollamento.
Eppure, malgrado il record di morti ottenuto dall’attuale direttrice e dal
suo staff di collaboratori, nessuno ha intenzione di aprire gli occhi.

Da una parte la stampa cittadina si ricorda dell’esistenza del lager
livornese soltanto in casi di morte violenta. Figli di una generazione di
spettatori di "noir" di serie B, i giornalisti si esibiscono in articoli
ricchi di particolari sulle tecniche di suicidio e rendono avvincenti i
passaggi di morte. La perversione del racconto non ha limiti: un quotidiano, il Corriere di Livorno, si "dimentica"
anche del diritto elementare del morto di non apparire con nome e cognome nei
fogli di giornale. Ecco dunque che ai nomi si associano le maschere di
sempre: il malato mentale, il folle, lo sballato, il tossicodipendente, la
puttana, il finocchio. Tutte figure utili alla stampa locale per parlare
dell’anormale occultando la normalità quotidiana de Le Sughere: cimitero
della legge italiana. Mai un articolo sulle tremende condizioni di vita (o
di morte) dei detenuti, mai un’intervista a un funzionario, mai una domanda
alla direttrice, mai un dossier sulle morti degli ultimi anni. Sui giornali
locali Le Sughere hanno uno spazio ben definito: il necrologio e la pagina
di spettacoli. Sì, perché se da una parte la morte diventa fatto meditico
anormale per occultare la normalità, sull’altro fronte, ma con gli stessi
mezzi, intervengono le nobili arti dell’associazionismo locale.

L’Arci di Livorno ha convocato la scorsa settimana la sua decina di
"abbonati" a un dibattito dal titolo "Livorno, città da paura?". Alla
presenza del triumvirato cittadino, Questore-Sindaco-Segretario CGIL, i
feudatari della cittadella hanno discusso, si fa per dire, sulla vita della
plebe. Tanti discorsi per non dire niente. Anzi, per dire una cosa,
sconvolgente: "Gli episodi di violenza sono frutto di un fenomeno
particolare che avviene nella civiltà occidentale: la distinzione sempre più
difficile tra realtà e finzione". Interessante analisi del responsabile Arci
che proprio sulla finzione ha costruito un canale privilegiato di cogestione
del silenzio con il carcere de Le Sughere.

Gli scribacchini dell’Arci, infatti, sono stati gli unici a poter entrare ed
uscire dal carcere livornese in questi anni di accumulazione di morti. Sono
loro che hanno visto, sentito, toccato con mano la vita interna del lager
livornese. Hanno toccato la realtà ed hanno preferito la finzione, mettendo
in scena qualche operetta (con tutto il rispetto per gli attori e nessuno
per i drammaturghi) da dare in pasto alla plebe. Parlano della "sicurezza
come bene comune", parlano di "democrazia del territorio", parlano di
"razzismi". Appunto parlano, parlano sempre loro ed evitano di far parlare,
preferendo la finzione del silenzio.

Mai un incontro su: "Le Sughere un carcere da paura". Mai un intervento
sulle condizioni di vita quotidiana dei loro "attori". Mai un riferimento
alla popolazione immigrata rinchiusa nelle celle livornesi. Mai un
riferimento alla classe sociale dei livornesi inghiottiti dalle sbarre.
Niente di niente… pura finzione. Se per loro questo significa sicurezza
come bene comune, sorge spontanea una domanda: è così dura per l’Arci
rinunciare ai finanziamenti pubblici che ricevono per cogestire
artsticamente il silenzio de Le Sughere?

Siamo nelle mani di questa continua finzione democratica, teatro politico
dell’inutilità. E intanto nel carcere di Livorno si muore. Diranno che la
colpa è individuale, faranno finta (altra finzione) che la bombola di
Camping Gas sia piovuta dal cielo, dimenticheranno di dire che Le Sughere
sono sotto processo per il muro d’omertà che accompagna l’assassinio di
Lonzi, nasconderanno il dato (che la plebe conosce) che le celle sono piene
zeppe di qualsiasi tipo di sostanza stupefacente, faranno teatro sulle
Mercedes delle guardie penitenziarie (provate a andare al parcheggio del
carcere e guardate con che macchine se ne vanno i funzionari)… E intanto
nella democratica Livorno se n’è andata un’altra vita.

Attenzione: abbiamo davanti tre problemi:

– Esistono responsabili istituzionali delle morti che continuano a svolgere il
proprio lavoro dentro e fuori dal carcere.
– La realtà di queste morti viene rimossa con esercizi di finzione
giornalistica e artistica; cosa ci guadagnano?
– Le Sughere è una fabbrica di morte abbandonata da sempre dalla città.

Sui primi due punti, ci sono nomi e cognomi e non spetta a noi insitere
sulle loro responsabilità. Conviene insistere sul terzo punto.
Fino a quando a Livorno non capiremo che il carcere cittadino è un carcere
di classe, che rinchiude soprattutto la classe operaia e i suoi derivati;
che questo carcere ha a che fare con il mercato del lavoro; che la
repressione è più dura, soprattutto contro le giovani generazioni, quando il
mercato non necessita forza di lavoro; che carcere e disoccupazione vanno
insieme; che droga e disoccupazione vanno insieme; che droga e carcere sono
dispositivi di dominazione totale; che non basta una pressione
intellettuale (minima) esterna a Le Sughere ma è necessario che i detenuti
si organizzino e che trovino una base popolare esterna che difenda e
sostenga le loro rivendicazioni…continueremo a seppellire storie e corpi
umani "di scarto" nel giardino delle menzogne di potere.

10/11/08

Per Senza Soste : Jacob

Morire di carcere: dossier 2008

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare,
overdose

Nelle carceri italiane dal 1° gennaio al 31 ottobre 2008 sono morti in
totale 105 detenuti, dei quali "almeno" 40 per suicidio (alcuni casi sono
dubbi e si attende l’esito delle indagini). Rispetto allo stesso periodo del
2007 il numero di suicidi tra i detenuti è aumentato dell’11%, mentre il
numero totale delle "morti da carcere" è aumentato del 5% circa. L’incremento
percentuale delle morti in carcere (suicidi compresi) è comunque inferiore
al tasso di crescita della popolazione detenuta, che in un anno è stato di
oltre il 15%.

Le "proiezioni" per l’intero anno 2008 dicono che a fine anno i suicidi tra
i detenuti potrebbero arrivare a "quota" 50 (contro i 45 del 2007) e il
totale dei decessi a 128 (contro i 123 del 2007).
I "casi" raccolti in questo Dossier comunque non rappresentano la totalità
delle morti che avvengono all’interno dei penitenziari: sono quelle che
siamo riusciti a ricostruire, in base alle notizie dei giornali, delle
agenzie di stampa, dei siti internet, delle lettere che ci scrivono i
volontari o i parenti dei detenuti morti.

Purtroppo molte morti in carcere passano ancora sotto silenzio, diventando
mera statistica, mentre il nostro intento è di ridare una dimensione umana,
una storia e un nome, ai detenuti che spesso muoiono nell’indifferenza dei
media e della società.

Ristretti Orizzonti:

http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/index.htm

http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/index.htm

 

Bologna – Molotov contro tre filiali UniCredit

fonte: romagnaoggi | foto: rainews24

BOLOGNA – Tre molotov sono state lanciate contro altrettante sedi
dell’Unicredit Banca in diverse zone di Bologna. Il primo attacco è
avvenuto nel cuore della nottata tra domenica e lunedì in via Emilia
Ponente. Sul posto sono intervenuti gli agenti del 113 in seguito alla
segnalazione di un cittadino. Le altre due sono state rinvenute in
mattinata in via Don Luigi
Sturzo e in via Bellaria.

La segnalazione della seconda molotov è stata fatta da un istituto
di vigilanza. La bottiglia, nonostante la miccia fosse stata innescata,
non è esplosa. La seconda telefonata al 113 è giunta intorno alle 9.30.
Ad effettuarla è stato il responsabile della filiale di via Bellaria.
La bottiglia incendiaria ha danneggiato lo sportello bancomat. A poca
distanza è stata trovata una scritta: "A Chiaiano Unicredit sarà dura".
Chiaiano è il quartiere di Napoli dove ha sede una discarica, finita al
centro delle polemiche per i rifiuti. Sull’episodio indagano gli agenti
della Questura.

 

Lugano – Sgomberato il Selva Squat

fonte indymedia svizzera

Questa mattina tra le 5.30 e le 6.30 il selva squat di Massagno è stato sgomberato..

Alcun* okkupant*, dopo ore di interrogatorio a Noranco, sono stati
portati al Carcere giudiziario La Fare­ra, di fianco al penitenziario
"La Stampa", dove è previsto che rimangano almeno fino a domani quando
verrà decisa la loro sorte. Sono accusati di resistenza ed
aggressione.. come se l’autodifesa non fosse un diritto!!
Invitiamo tutt* a partecipare ad un presidio in solidarietà con i
fermati a partire dalle ore 16 ad oltranza.. ma già nel corso del primo
pomeriggio ci sarà una presenza solidale.. ognuno porti in autogestione
ciò che ritiene possa servire (fuoco, materiale x striscioni, rumore,
bevande calde,………..)
…………..e soprattutto rabbia solidale!

Neanche un passo indietro!
Le nostre idee non si sgomberano!!!!!!


Riceviamo e Pubblichiamo

Questa mattina alle 5:45 gli sbirri hanno fatto irruzione al "Selva Squat"
di Lugano per effettuarne lo sgombero. Al tentativo di portare via un
compagno gli/ altri/e presenti hanno reagito, c’è stata quindi una
colluttazione che ha portato all’arresto di 5 compagni (resistenza
elesioni). I 5 si trovano ora al carcere di Lugano (La Stampa, credo..)

Dalle 15 presidio sotto al carcere…

seguiranno aggiornamenti


 

Per contatti e informazioni (per telegrammi dall’italia il numero da chiamare è il 186):

Carcere giudiziario
Casella postale 4062
6901 LUGANO

Responsabile
Mauro Belotti

Segreteria
tel. +41 91 815 00 11
fax +41 91 815 00 19
di-sepem@ti.ch

[Fi] Due giorni di mobilitazione per il processo di vicolo del panico

14 NOVEMBRE PRIMA UDIENZA DEL PROCESSO PER I FATTI DI VICOLO DEL PANICO

L’11 ottobre 2005 opponemmo una decisa resistenza alle forze
dell’ordine venute in massa a sgomberarci dallo storico circolo
anarchico di Vicolo del Panico, occupato dal 1° maggio 1979.

Il 14 novembre prossimo venturo si terrà a Firenze la prima udienza
dibattimentale per più di venti persone in relazione a quei fatti. Le
accuse vanno dall’occupazione al danneggiamento di immobile, dalla
resistenza alle lesioni a pubblico ufficiale fino al tentato incendio.

Come al solito nell’impianto processuale non mancano teoremi e
deliri polizieschi, ma non è questo l’essenziale. L’essenziale è che,
quell’11 ottobre di più di tre anni fa, diversi compagni hanno deciso
di contrastare con fermezza la rapina di un pezzo di storia del
movimento anarchico da parte dell’amministrazione comunale: quattro
mura che sudavano vita, emozione, rabbia; quattro mura strappate, la
bellezza di ventisei anni prima, ad un centro storico in via di
mercificazione irreversibile; quattro mura espropriate con l’azione
diretta, con il vecchio ferro sovversivo dell’occupazione. Quattro mura
che il mondo dell’autorità e della merce intendeva riprendersi con una
concertazione asettica e indolore, anestetizzando politicamente ogni
tensione ribelle. Gli è andata male: l’azione diretta si è
ripresentata, mandando all’aria ogni calcolo da bottega.

Ne è passata, da allora, di acqua sotto i ponti. Riempiti di fogli
di via, siamo rimasti a Firenze collezionando una denuncia dietro
l’altra, da nemici di ogni espulsione quali siamo. Abbiamo rioccupato
più volte, siamo stati sgomberati più volte: Piazza Ghiberti, San
Salvi, Santo Spirito in allegra compagnia e di nuovo San Salvi. Dentro
diverse mura continuiamo a vivere e ad agire insieme. Come ci siamo
ripresi gli edifici ci siamo presi le strade e le piazze con presidi,
feste, libere derive senza mai chiedere permesso ai padroni della città
e ai loro servi in divisa. Non siamo feticisti delle quattro mura.
Amiamo i luoghi dove abitiamo, ma amiamo soprattutto vivere una vita
senza capi, gregari e permessi. Una vita da portare, da diffondere
ovunque.

E allora, perché difendere gli spazi?
Perché siamo convinti che i posti occupati possano essere qualcosa di
più che semplici sedi dove dispensare "controcultura" e "socialità".
Siamo convinti che uno spazio conquistato e difeso in autonomia possa
costruire l’autonomia delle lotte, essere presidio di resistenza contro
una società sempre più onnivora e assassina.

Siamo convinti, nella fattispecie, che la resistenza in Vicolo del
Panico e tutto ciò che ne è seguito abbiano aperto nuove strade, nuove
prospettive, nuovi "spazi" non solo materiali.
Come sempre ponti, e non mete.
Per la libertà e per l’anarchia.

il Panico anarchico
ieri in Vicolo e oggi a S.Salvi

Clicca sull’immagine per ingrandire

 

Genova – Giù dalla finestra della caserma dei C.C.

fonte il secolo XIX

È sfuggito al controllo d’un carabiniere, all’interno della
caserma, e si è lanciato dalla finestra compiendo un volo di circa
dieci metri prima di schiantarsi a terra: dopo quattro ore di agonia è
morto nella rianimazione del Galliera. È un algerino di 46 anni, Farid
Aoufi, il protagonista dell’incidente – al momento non ci sono elementi
per ipotizzare uno scenario diverso – avvenuto nel tardo pomeriggio di
ieri in via Ponte Calvi, nel centro storico a ridosso di Caricamento,
dove ha sede la stazione Maddalena. Secondo la prima ricostruzione
fornita dall’Arma, il nordafricano era stato bloccato nelle vicinanze
del Porto Antico alle 15.

Qui, insieme ad almeno tre complici, si era avvicinato a un’auto in
sosta (in uno dei parcheggi dell’Acquario) e aveva sottratto
dall’abitacolo la borsa appartenente a una cinquantenne. Alcuni
passanti che avevano assistito all’episodio hanno lanciato l’allarme e
lo straniero è stato arrestato, mentre gli altri – dalle sommarie
indicazioni fornite dai testimoni si tratterebbe di nordafricani – sono
riusciti a fuggire. L’algerino a quel punto è stato accompagnato in
caserma, la stazione Maddalena appunto che dall’Expo dista poche
centinaia di metri. Negli uffici di via Ponte Calvi, sistemati al terzo
piano, è stato redatto il verbale d’arresto nel quale gli viene
contestata l’accusa di furto aggravato e in seguito consegnato il
“modulo multilingue”, un documento con traduzione anche in arabo. Dopo
aver firmato il rapporto, lo straniero doveva essere accompagnato al
comando provinciale di Forte San Giuliano per le foto segnaletiche, e
successivamente trasferito nel carcere di Marassi. Ma è stato a quel
punto che si è materializzato il dramma.

«Quando i militari si sono alzati per lasciare la stanza –
ribadiscono i vertici dell’Arma genovese – l’uomo è riuscito a
divincolarsi e approfittando dei vetri aperti si è lanciato di sotto,
riteniamo per scappare. Non c’è stato il tempo per soccorrerlo o
intervenire in altro modo». L’unico punto oscuro, per ora, sembra la
presenza o meno delle manette nell’istante della caduta. I militari
hanno ribadito d’avergliele tolte per la compilazione dei formulari, ma
è probabile le avesse di nuovo, come ha riferito un testimone. Sul
posto è arrivata un’automedica del 118 e il ferito è stato trasportato
d’urgenza all’ospedale Galliera. Nell’immediatezza del soccorso era
parso cosciente, ma le sue condizioni sono precipitate durante il
viaggio fino al decesso, avvenuto poco dopo le 22. In serata, a ormai
tre-quattro ore dall’arresto, si è precipitata in caserma la moglie:
«Dov’è mio marito, cosa è successo?» ha gridato prima d’essere
accompagnata al piano superiore, per ricevere spiegazioni.
Dell’episodio è stato informato il sostituto procuratore Francesca
Nanni, cui dovrà essere presentata una dettagliata relazione.

Comunicato di Madda e Nora sul regime E.I.V.

Da informa-azione:

Riceviamo e pubblichiamo rinnovando la solidarietà. Maggiori informazioni sui fatti di Parma e Verona li potete trovare in questa pagina

Ciao a tutti e a tutte!
Volevamo comunicarvi che da qualche giorno siamo state spostate di sezione ed entrate in E.I.V.
Questo naturalmente non stupisce nessuno, sappiamo tutti/e quali sono i
mezzucci che adotta lo stato per cercare di spegnere lo spirito di chi,
per scelta consapevole oltre che per necessità, decide di opporsi ad
esso nella vita quotidiana.
L’E.I.V. è un regime carcerario quanto mai fumoso in cui la direzione
stessa può scegliere di vedere – o non vedere – quello che vuole!
Ogni giorno c’è una sorpresa sotto il blindo: quante ore d’aria, per
esempio, quando riusciremo a ricevere i nostri bene amati pacchi che
giaciono abbandonati in qualche ufficio (sta partendo una
"mobilitazione nazionale" per farceli avere!)… Potremo mai mettere le
nostre manacce sovversive su qualche libro della biblioteca?
Ovviamente queste sono tutte piccolezze. Ciò non toglie che questo
stillicidio fatto di piccole ripicche quotidiane si sommi alla più
pesante privazone incarnata dal carcere: quella della libertà e degli
affetti (per esempio la nostra separazione in celle diverse e la
limitazoine della posta).
A parer nostro questi metodi non potranno mai cancellare il disgusto
verso chi fa funzionare questa struttura, ma anzi può solo aumentare
l’odio più profondo!
Il nostro affetto va soprattutto a Peppe che si trova a dover
affrontare da solo l’isolamento. Un forte abbraccio anche a Santo
attualmente recluso nel carcere di Parma.
Ringraziamo tutti/e i/le compagni/e che ci hanno portato solidarietà! e
in particolare siamo vicine con la mente e con il cuore a chi si trova
in condizioni carcerarie ben più pesanti delle nostre!
A testa alta con chi resiste!

Madda e Nora carcere di Montorio – Verona – 31/10/08

Arriva il registro per schedare i clochard

Da indymedia Lombardia:

Emendamento Lega al ddl sicurezza. E passa il permesso a punti per gli immigrati
Spetta ora al Viminale stabilire come dovrà funzionare l’anagrafe dei senza dimora
Arriva il registro per schedare i clochard

ROMA – Il democratico Casson, quando governo e maggioranza danno il
via libera all’emendamento leghista (firmato Bricolo, Mauro, Bodega,
Mazzatorta, Vallardi), lo ribattezza subito "il registro dei clochard"
annunciando "un’opposizione durissima della sinistra contro
un’inaccettabile schedatura degli homeless". Proprio così.
L’aggiunta del Carroccio al ddl sulla sicurezza, approvato mercoledì
notte in commissione Giustizia e Affari costituzionali e previsto in
aula al Senato martedì 11, non lascia adito a dubbi. Recita il testo:
"È istituito al ministero dell’Interno un apposito registro delle
persone che non hanno fissa dimora". Toccherà al Viminale, "entro 180
giorni", stabilire come dovrà funzionare.
Sarà il ministro Maroni, erede di Bossi alla guida della Lega, a decidere modalità e tempi del nuovo "censimento".
L’eco delle polemiche, in Italia e in Europa, per quello sui rom non si
è ancora spento, ed ecco che il partito del Senatur ci riprova,
coronando con il registro dei clochard una serie di proposte capestro
contro gli immigrati e sulla sicurezza urbana.

Doveva essere la legge che puniva con una pena da sei mesi a 4 anni chi entrava illegalmente in Italia.
E che inaspriva il carcere contro i mafiosi (il 41bis). Questo pugno
duro resta, pure con un testo bipartisan Pdl-Pd, che esaltano il
Guardasigilli Alfano ("Tappa straordinaria del governo") e il
presidente della commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini ("Si
ripristina il primato dello Stato").
Ma sul delitto di clandestinità Maroni fa marcia indietro per le
pressioni della Ue e della Chiesa. Rimane il reato "d’ingresso e
soggiorno illegale", ma punito con un ammenda da 5 a 10mila euro.

Colpirà tutti, chi arriva alle frontiere e chi sta già nel nostro Paese.
Il dipietrista Li Gotti ironizza sui clandestini "che dovranno arrivare
col bancomat" e su una "norma grottesca, di fatto inapplicabile". E già
vede "la catastrofe nei tribunali".

Ma contro gli immigrati c’è ben altro.
Il permesso a punti, con l’imprinting leghista, ma la delega al governo
a fissare come si azzera se delinqui; la tassa di 200 euro per
ottenerlo e l’obbligo di sottoscrivere un imprescindibile "accordo di
integrazione".
Poi il test linguistico per cui non si varcano i confini se non si
conosce l’italiano ("perfino se sei uno studente" chiosa Casson). Dura
la stretta su matrimoni e ricongiungimenti (niente bigamie) e
soprattutto sulle espulsioni.
Il governo impone la regola che, se l’allontanamento è inattuabile,
comunque il clandestino, per ordine del questore, dovrà andarsene
dall’Italia "entro 5 giorni".
In compenso, su proposta del Pd, passa un duro inasprimento contro chi
traffica in essere umani punito fino a 15 anni e a un’ammenda di 15mila
euro per ogni persona trasportata.

In un ddl che dà poteri ai sindaci e ai prefetti sulla sicurezza
urbana il governo infila multe salatissime (da 500 a mille euro) per
chi a piedi o in auto getta rifiuti in strada. La Lega spunta anche un
altro suo leit motiv, legalizzando le famose ronde padane.
Gli enti locali "potranno avvalersi della collaborazione di associazioni di cittadini per cooperare al presidio del territorio".
Adesso ci manca solo che possano usare pure le armi.

(7 novembre 2008)