Cariche contro i No Tav. La Valle resiste

Da Indy Piemonte:

Le trivelle arrivano in Val di Susa.
Cresce la mobilitazione nella giornata di ieri. I valligiani in corteo
decidono di dirigersi verso una delle tante trivelle per i «sondaggi
propedeutici» alla costruzione della Tav. La polizia carica i
manifestanti.

Erano riuniti
a Susa in assemblea ieri pomeriggio i valsusini per decidere le
mobilitazioni da lanciare nei prossimi giorni dopo l’arrivo delle
trivelle in valle protette da un ingente schieramento di polizia.
Per tutto il pomeriggio come in mattinata la mobilitazione al presidio
è cresciuta con cortei e assemblee. Poi la decisione di scendere in
corteo per raggiungere la trivella. Verso le 19 c’è stata un’improvvisa
carica della polizia che ha colpito alcuni manifestanti, fra cui un
ragazzo in carrozzella, procurando feriti. «Abbiamo detto pacificamente
che volevamo andare avanti, verso la trivella – ha detto Lele Rizzo, –
e lì è partita una carica, è volata qualche manganellata»

Questo è il comunicato del Comitato No Tav Spinta dal Bass – Spazio sociale libertario Takuma dopo i fatti:
«Di nuovo le due di notte, di nuovo centinaia di blindati di scorta e
di nuovo una trivella che si piazza all’interno del perimetro
dell’autoporto di Susa, a poche centinaia di metri dai due sondaggi
effettuati precedentemente. E’ chiaro che non hanno il senso del
ridicolo: una valle lunga 60 Km, 40 sondaggi sparsi qua e là e loro ne
fanno tre a pochi metri uno dall’altro! Certo: all’interno
dell’autoporto è l’unico luogo dove riescono a difendere le trivelle.
Viene da ridere se non fosse che questi sondaggi farsa sono realizzati
con soldi di tutti noi. Ma non basta: di nuovo imponente il servizio di
difesa della trivella. A questo proposito abbiamo deciso di fare due
conti sapendo che saremo approssimativi ma molto vicini alla realtà.
Per ogni sondaggio in Valle hanno mobilitato circa 400 uomini a turno
per 4 turni [ma alcuni reparti hanno 5 turni] di 6 ore per un totale di
1600 uomini. 100 euro al giorno può essere la media retributiva
calcolata tra graduati, funzionari e sottoposti [e ci teniamo molto
bassi].
La guardia per 24 ore a una trivella ci costa ben 160mila
euro. I 4 giorni di trivellazioni a Susa in gennaio ci sono costati
640mila euro. Questa trivella appena arrivata dovrebbe lavorare per 3
settimane e mezzo [così è scritto sul sito www.torino-lione.it]
e ci costerà, solo per la sua difesa, 3.840.000 euro! E non abbiamo
contato indennità di trasferta, benzina per gli spostamenti,
pernottamenti…
Per svolgere i 91 sondaggi hanno preventivato una
spesa solo di lavori di 6 milioni di euro. Quanti dobbiamo aggiungerne
per pagare queste persone che militarizzano la nostra Valle? La spesa
per difendere le trivelle è un’enormità che andrebbe denunciata in ogni
luogo. Ma, ahinoi, giornali e tv si guardano bene di evidenziare simili
sprechi. In momenti di crisi, dove le
fabbriche chiudono e non è
più neanche garantita la cassaintegrazione, ecco che i nostri
politicanti bruciano milioni di euro per difendere degli inutili
buchetti.
Ripetiamo: non hanno il senso del ridicolo o se no si sarebbero già ritirati…ma comunque non andranno lontano».

Salonicco – Fascisti e poliziotti attaccano lo squat YFANET

Martedì, 9 febbraio, verso le 23.00 circa 20 fascisti con caschi e bastoni hanno attaccato lo squat YFANET di Salonicco. Hanno cercato di entrare nello spazio occupato ma sono stati respinti dai compagni, allora hanno iniziato a dar fuoco in vari punti dello squat. Bruciato un motorino e poco altro, nessuno è rimasto ferito.
Poco dopo son arrivati gli agenti anti-sommossa, mentre sono scomparsi i fascisti. C’è stata subito tensione con gli sbirri, i quali non hanno esitato a lanciare gas lacrimogeni all’interno del posto occupato.
Alcuni compagni, accorsi per dare la propria solidarietà, sono stati fermati ed in seguito rilasciati.
I compagni greci sottolineano la stretta collaborazione tra i fascisti e la polizia.

info su: After the Greek Riots

Marcello Lonzi – Intervista alla madre su ultime perizie e autoassoluzione dello stato

Nei media di regime si parla delle morti in
carcere solo quando l’argomento è sostenuto da famiglie, avvocati e
preferibilmente qualche aggancio politico. Poi, per la tranquillità di
tutti, con la coscienza a posto, queste e altre storie finiscono
accuratamente nello spazio della non-memoria, tanto funzionale alla
letargia collettiva promossa dal dominio e dai suoi giornalisti. Solo
la tenacia di alcune madri, di poche famiglie distrutte, persiste nel
lottare senza tregua per portare alla luce la verità sugli omicidi di
stato dei giorni nostri, nelle carceri, nelle camere di sicurezza delle
caserme, nelle strade.

Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi, da oltre 6 anni combatte contro la violenza e l’omertà dello stato.
In
questa ultima intervista tratta da "Bello Come una Prigione che Brucia"
su Radio Blackout, Maria racconta dell’evolversi delle perizie sul
corpo di Marcello: da quando lo volevano morto per attacco di stress,
all’affermare che un secchio di plastica possa avergli sfondato la
testa, passando per i dettagli emersi e celati dai medici di regime.
Tutti gli aggiornamenti e le macchinazioni su una morte che dal 2003
non vogliamo dimenticare.

Scarica l’intervista in formato mp3

[Firenze] PRESIDIO AL TRIBUNALE DEI MINORI

LUNEDI’ 8 FEBBRAIO
PRESIDIO AL TRIBUNALE DEI MINORI
in solidarietà agli studenti sotto processo
h. 8:30 al Tribunale dei Minori di via della Scala

GLI STUDENTI SOTTO PROCESSO NON SONO SOLI

Lunedì 8 febbraio al Tribunale dei Minori si svolgerà l’udienza
preliminare contro due compagni per i fatti del 7 settembre 2008.
Quel giorno, una decina di antirazzisti contestò il comizio dell’allora
sindaco Domenici durante la festa nazionale del Partito Democratico
alla Fortezza dal Basso.
Dopo aver esposto uno striscione con la scritta “I CPT SONO SEMPRE
FASCISTI”, i compagni furono caricati dalla polizia e dagli agenti
della Digos presenti. Nel parapiglia nove persone furono fermate, tra
cui i due studenti medi ora sotto processo.
Le accuse vanno dalla Resistenza a pubblico ufficiale alle Lesioni
pluriaggravate… lesioni che, purtroppo, i compagni hanno solo subito
per mano della Polizia, fin troppo abile a ribaltare la verità e
costruire l’ennesima montatura giudiziaria.

Quello che inzierà lunedì è solo uno dei processi che a breve vedranno
decine di studenti medi tra il banco degli imputati. Dopo le
mobilitazioni dell’autunno 2008, infatti, il movimento studentesco ha
dovuto fare i conti con un vero e proprio accanimento repressivo da
parte della Digos.
Piogge di denunce, manganelli, perquisizioni ed Avvisi Orali, sono solo
alcune delle armi con cui la Questura da mesi a questa parte sta
cercando di soffocare un movimento autorganizzato che, nato dalle
occupazioni, si è distinto da quel momento per la sua capacità di
riportare nelle scuole e nelle piazze delle lotte radicali e radicate:
dall’opposizione alle riforme della scuola all’antifascismo militante.
Gli studenti medi sotto processo sono colpevoli di essersi ribellati e
di continuare a farlo, convinti che l’unico modo per cambiare lo stato
di cose presenti sia quello della lotta autorganizzata dal basso, senza
scendere a compromessi con le istituzioni e senza sottostare
passivamente alle loro leggi.

E’ sotto gli occhi di tutti come l’attacco delle questure nei confronti
di chi lotta sia in crescita esponenziale. Solo negli ultimi mesi
abbiamo dovuto fare i conti con l’arresto del compagno “Mannu”, fatto
prigioniero “preventivamente” per 3 mesi senza alcun processo, mentre
verso gli studenti la Questura si diverte a rispolverate leggi
appartenenti al ventennio fascista (contenute nel T.U.L.P.S.) per
perquisire le loro case senza alcun mandato (art. 41) e denunciarli per
“riunione non autorizzata” (art. 18, che punisce i promotori della
riunione e “coloro che nelle riunioni predette prendono la parola”
“sebbene indetta in forma privata” qualora questa non sia “autorizzata”
dal Questore). A questo si aggiungono i 1800€ di multa che gli studenti
hanno accumulato nelle ultime due settimane per “affissione non
autorizzata” e le denunce per “stampa clandestina” per i manifesti
diffusi.

Di fronte a tutto ciò non possiamo restare a guardare né possiamo
lasciare soli i compagni sotto processo. Attaccandone uno ci attaccano
tutti: di questo siamo consapevoli e per questo crediamo sia necessario
opporsi attivamente alle azioni repressive di Digos e Magistrati
promuovendo da un lato la solidarietà concreta verso gli studenti
colpiti (dal sostegno economico per le spese legali alle presenze
solidali durante le udienze), e dall’altro rilanciando le lotte e la
conflittualità sociale che la repressione sta cercando di soffocare.

i compagni e le compagne della Cassa Studentesca Contro la Repressione

[Firenze] party! 3 anni di occupazione della Riottosa

12 febbraio 2010
3 anni di occupazione della Riottosa Squat!

giornata festosa per i tre anni di occupazione della RiottosaZsquat

bellafica, no?
no bar no money
porta e condividi

dalle 16. teatrino dei burattini di Pulcinella
con merenda per bimbi e bestiole

dalle 20. teatre des senses
teatrino elettrico (elettrodomestici)
elettrocapra(basso batteria)
ino (improvvisazioni non ordinarie)

niente clienti, solo malviventi: oh bellafica! portati tu, porta ber mangiar quel che ti par

La Riottosa, Galluzzo, Firenze
dalla stazione fi smn bus 37 o 68 ferma "ponte bailey"
in auto dirigere per Firenze Certosa, chiedere del Ponte Bailey

info: lariottosa@insiberia.net

Aggressione fascista all’Università di Tor Vergata (Roma): “Blocco Studentesco” a braccetto col PdL

del COLLETTIVO "LAVORI IN CORSO"
 
Nella mattinata di mercoledì 27 gennaio otto neofascisti di "Blocco
Studentesco-Tor Vergata" hanno minacciato e poi aggredito due studenti
del "Collettivo Lavori in Corso" che stavano affiggendo alla fermata
ATAC di ingegneria i manifesti riguardanti un’assemblea con i
lavoratori alla ex-Eutelia.

Appena arrivati i fascisti si limitavano a interloquire chiedendo la
divisione degli spazi d’affissione solo per darsi una finta parvenza di
“democratici”. Poi, vista la situazione a loro favorevole, guidati dal
capo-branco, Noah Mancini, studente di Giurisprudenza, massimo responsabile di "Blocco Studentesco", già sprangatore-tricolore a piazza Navona nell’ottobre del 2008,
gli otto squadristi accerchiavano i due studenti del "Collettivo". Così
protetto Noah Mancini poteva mettere sul suo curriculum una nuova
aggressione.

Il tutto si è svolto in pieno giorno alla presenza di altri studenti in attesa del "20 Express".

Non sono le prime azioni di questo gruppo neofascista a Tor Vergata, direttamente legato a "Casapound".

Questi soggetti, famosi per il loro slogan "Né rossi né neri", in
realtà sono fascisti e si fregiano di organizzare incontri nel loro
covo all’Esquilino ospitando personaggi come il senatore Dell’Utri,
condannato per mafia, e Stefania Craxi, per beatificarne politicamente
il padre tangentista.

Tutto questo per potersi ora alleare ufficialmente con il PdL
sostenendo la candidatura di Renata Polverini quale presidente alla
Regione Lazio e quella di Adriano Palozzi come consigliere.
Nel 2008 "Blocco Studentesco" finse di protestare contro il ministro
Gelmini per infiltrarsi nel movimento così come suggerito pubblicamente
dal senatore a vita Francesco Cossiga.
A colpi di spranghe e con l’aiuto della polizia, riuscirono a
ritagliarsi il loro spazio a piazza Navona durante un corteo, prima di
esserne cacciati da centinaia di persone.
Con l’accordo partitico stipulato con il PdL confermano nuovamente la
loro falsa opposizione allo smantellamento della scuola e
dell’università voluto proprio dagli attuali alleati (Gelmini,
Brunetta, Tremonti…).
Cosa che per altro avevano già fatto sostenendo attivamente proprio a
Tor Vergata nel 2009 la (mancata) elezione al CdA di uno studente di
"Azione Universitaria" (gruppo giovanile del PdL).
E’ chiaro quindi quale è il loro gioco partitico e politico a livello studentesco.

Sostenendo il sindaco di Marino, Adriano Palozzi, risulta evidente che
il fantomatico progetto di "mutuo sociale" che "Casapound" e "Blocco
Stuentesco" spacciano come risolutore dei problemi legati all’emergenza
abitativa è in realtà qualcosa di falso e propagandistico.

Adriano Palozzi sta infatti dando vita ad una spaventosa colata di
cemento a Marino paese e, soprattutto, nelle frazioni, dove sono sorti
numerosi comitati per tentare di evitare lo scempio. Il
sindaco-costruttore è stato condannato a 8 mesi di detenzione, insieme
ad altri colleghi, funzionari e palazzinari per aver approvato
illegalmente la cementificazione in corso di cui ne stanno pagando le
conseguenze i cittadini di S.Maria delle Mole, Cava dei Selci, Due
Santi, Frattocchie, ecc… Del resto lo slogan di Palozzi è molto
eloquente "Il Lazio è di chi lo fa". Ed è per questo che in un
chilometro di strada a S.Maria delle Mole si contano una decina di
agenzie immobiliari che vendono case in aree senza i minimi servizi al
"modico" prezzo di 3.000-5.000 euro al metro quadro.
E’ fin troppo evidente che mentre i pezzi grossi di partito speculano
economicamente sul problema-casa, i pesci piccoli come i neofascisti in
questione ne strumentalizzano il bisogno, rendendosi poi effettivamente
complici di chi è materialmente responsabile della situazione.

Con questo pensiamo di aver chiarito ogni dubbio a chi si chiedeva cosa
fosse questo "mutuo sociale": nulla, solo speculazione per poi portare
voti ai palazzinari.

Sotto campagna elettorale ai fascisti prudono le mani più spesso che negli altri periodi dell’anno.
Il loro prurito è evidentemente causato dalla posta in palio che si
giocano nel caso i loro candidati del PdL non arrivassero ad occupare
le poltrone sperate in Regione.
Inutile dire che le intimidazioni e le aggressioni che "Blocco
Studentesco" e "Casapound" hanno portato avanti da oltre un anno a
questa parte non hanno minimamente prodotto i risultati che loro
speravano.

Anzi, i loro pruriti sono la riprova di quanto siano fallimentari le
loro idee, il loro servilismo di partito, i loro atteggiamenti e, in
ultima istanza, loro stessi.

Roma, 2 febbraio 2010

TERZA UDIENZA DEL 29 GENNAIO 2010, TRIBUNALE DI PISTOIA

Venerdì 29 gennaio si è tenuta al tribunale di Pistoia la terza udienza relativa ai fatti dell’11 ottobre. Il primo a deporre è stato Dessì, dichiarando che durante l’aggressione a CasaPound ha riconosciuto un uomo un po’ stempiato, alto press’a poco quanto lui, intorno ai 30 anni, corporatura normale, capelli castani  chiari, maglietta forse gialla o beige, forse jeans. L’uomo che aveva la catena al braccio portava una maglietta militare, occhiali con lenti chiare, occhi scuri, un po’ più alto di Dessì. Un terzo uomo portava una maglietta Nike scura, con barba corta, intorno ai 30 anni, non ha notato orecchini e sostiene di non aver visto altre foto di queste persone.
La seconda deposizione è quella di Luccarelli, il pizzaiolo che ha l’attività accanto a CasaPound. Il teste afferma di aver notato un uomo alto circa un metro e ottanta, snello, capelli corti, occhiali da vista, barba lunga. Vi sarebbe stata anche una donna alta circa un metro e settanta, robusta, coi capelli mesciati e pearcing . Infine u terzo individuo sui 30 anni, senza barba né baffi, alto un metro e settantacinque circa. Dichiara di non aver visto foto di questi personaggi. Successivamente, assieme ad Alessandro, entrano i quattro indagati di Livorno: Alessandro Orfano, Elisabetta Cipolli, Casella e Colombo. Il giudice chiama di nuovo a deporre il Luccarelli, il quale sostiene di aver visto da vicino alcune persone (20-25 individui) pare armati di bastoni e che si stavano sfilando le cinture. Tra gli aggressori la donna mesciata, dove però vi aggiunge altri particolari, ossia che essa avrebbe portato pantaloni neri e maglietta viola scura. Luccarelli continua sostenendo che costoro sarebbero corsi in direzione di Porta S.Marco e che lui, assieme al Ramondia (suo dipendente), li avrebbe inseguiti col suo scooter fino alla stazione, perdendone le tracce. L’avvocato chiede al teste dove si trovava durante il raid e lui risponde che era nei pressi del bar Gianni, accanto alla sua pizzeria, inoltre aggiunge che al momento dell’irruzione lui avrebbe udito un grande fracasso ma che non si sarebbe voltato a guardare cosa poteva essere accaduto, anche perchè il circolo Agogè non era logisticamente in grado di vederlo. Avrebbe notato i vandali scappare a corsa lungo i due marciapiedi e da lì l’inseguimento con lo scooter. Luccarelli ha sottolineato un particolare importante, ossia che in quel mentre stava reggendo una stufa assieme al Ramondia e che assieme dovevano trasportarla da un vicino. Una volta compiuta l’irruzione avrebbero comunque continuato il lavoro, per poi tornare indietro a vedere cos’era successo a seguito anche della telefonata della moglie. Il Luccarelli afferma di  non essere entrato nel circolo Agogè a notare quanto accaduto, né di aver parlato col Dessì, che in quel momento stava sanguinando al braccio, ma si sarebbe soltanto avvicinato a lui. Durante l’inseguimento con lo scooter il teste sostiene di essere passato accanto ad alcune auto non targate Pistoia, perciò avrebbe secondo lui avuto senso proseguire verso la stazione (???), anche per questo particolare egli ritiene che i teppisti non fossero pistoiesi. Riprende a dire che vi si sarebbe trovato anche un uomo rossiccio con la cresta, tra gli aggressori. L’avvocato chiede al teste se il giorno dopo parlò con il Dessì e lui risponde affermando che questi, essendo un cliente, ha sempre avuto modo d’incontrarlo in pizzeria e che all’indomani dell’aggressione, presso il suo locale, si sarebbero scambiati poche battute relativamente al fatto, senza scendere nei particolari. Al Luccarelli viene chiesto di riconoscere in aula Alessandro ed altri tra gl’imputati di Livorno, egli conferma che tra gli esecutori vi sono anche loro. Juri Bartolozzi (già in aula all’inizio dell’udienza) era stato riconosciuto dal Dessì come partecipante al raid.
A seguito interviene a deporre il Ramondia, il quale precisa che non appena udito l’attentato avrebbero posato subito a terra la lavatrice  senza occuparsi di finire il trasporto che il Luccarelli avrebbe ricevuto la telefonata dalla moglie da lì a pochi minuti, che si sarebbero precipitati al circolo e parlato con Dessì dell’irruzione, che si sarebbero diretti alla stazione e che non avrebbe ragionato col Luccarelli relativamente alle macchine non di Pistoia.
Da queste due deposizioni emergono delle contraddizioni rilevanti:

il Luccarelli afferma di aver terminato il trasloco della stufa per poi accorrere sul luogo, mentre il Ramondia testimonia l’opposto, cioè che avrebbero immediatamente posato l’oggetto (che per il Ramonidia è una lavatrice).
Il Luccarelli sostiene di aver parlato col Ramondia a proposito delle auto, il Ramondia contraddice questa testimonianza.
Il Luccarelli precisa di non aver parlato col Dessì, né di essere entrato dentro il circolo Agogè, mentre il Ramondia dice l’opposto.

Nel pomeriggio si è riaperto il processo, con la visione del video dei danni a CasaPound.
Hanno deposto in seguito alcuni agenti della Digos di Pistoia, Christian Boeri dei c.a.r.c., gl’imputati livornesi Alessandro Orfano ed Elisabetta Cipolli i quali hanno menzionato la presenza di una catena a bordo dell’auto che li conduceva a Pistoia, dove avrebbero partecipato al dibattito al circolo 1°maggio. Elisabetta si ricorda della moglie del Bartolozzi ma non di quest’ultimo al momento dell’arresto. Inoltre sono state mostrate le foto della catena per il riconoscimento.
L’udienza si è conclusa con la richiesta di revoca degli arresti domiciliari a carico di Alessandro e degli altri imputati, relativamente al reato di devastazione. Il Pubblico Ministero non ha acconsentito quest’istanza ed il giudice si è riservato di decidere.

Comitato amici e  parenti di Colle Val d’Elsa.