Ieri, 25 Aprile 2010, correva il
novantesimo anniversario della nascita di Silvano Fedi. Ieri, 25 Aprile, la
retorica del potere e la faccia di bronzo dei pavidi antifascisti delle feste
comandate hanno mostrato nuovamente il loro volto.
Da tempo ormai Silvano Fedi è
divenuto l’eroe della resistenza pistoiese, celebrato nelle ricorrenze del
giorno della liberazione(?) dal nazi/fascismo e paladino repubblicano. Come
sappiamo il potere tenta di recuperare tutte le figure e gli avvenimenti di un
certo rilievo piegandole alla retorica della propria autocelebrazione, nulla di
nuovo, ma quando è troppo è troppo.
L’eroe Silvano fedi era un
Anarchico ed un partigiano, l’ordine dei termini non è casuale, poiché nel
percorso che lo ha portato a combattere contro l’oppressione fascista è sempre
stata chiara e presente la sua tensione verso un orizzonte libertario che
andava ben oltre la “semplice” lotta al regime, ma che prefigurava –in ogni
azione- una precisa volontà rivoluzionaria di cambiamento radicale dell’esistente,
che mal si sarebbe sposata con l’opzione democratico repubblicana nata dalla
resistenza.
Innanzi tutto, coerentemente con
la sua fede Anarchica condivisa da molti compagni di lotta, le “Squadre franche
libertarie” (così si chiamava la formazione partigiana cui faceva parte) non
aderirono al CLN e restarono –unico esempio in Italia- totalmente autonome,
tanto da attirarsi numerose antipatie negli ambienti “istituzionali” della
resistenza pistoiese.
Nelle numerose azioni portate
avanti dalla formazione di Silvano ogni sequestro di vettovaglie, materiali ed
armi, veniva diviso con le altre formazioni partigiane e con la popolazione,
che nel probabile disegno futuro immaginato da Fedi avrebbe dovuto levarsi in
armi contro i nuovi occupanti anglo-americani.
Come da testimonianza di Artese
Benesperi, un vecchio compagno d’ideali e di battaglia, nelle intenzioni di
Silvano c’era quella di continuare la battaglia anche a “liberazione” avvenuta,
rifiutando l’inevitabile occupazione americana (che ancora scontiamo) e
l’instaurazione di un nuovo regime, questa volta chiamato democratico, che
avrebbe nuovamente portato oppressione e sfruttamento, seppur in forme diverse.
Silvano viene ucciso nel ’44 in
un’imboscata organizzata da settori della resistenza pistoiese che
evidentemente mal tolleravano l’orizzonte che un ragazzo di 24 anni stava con
forza prefigurando.
Ma prima della guerra? Già dal
‘36 un piccolo gruppo di Anarchici, tra cui Fedi, si organizzarono presso il
liceo Forteguerri svolgendo attività antiautoritaria ed antifascista; il gruppo
viene individuato dalla polizia badogliana nel ’39 e Silvano finisce agli
arresti con l’accusa di associazione e propaganda antinazionale, tutto questo
mentre i suoi pari età se ne stavano ad inveire –avendo cura di non essere
visti ed uditi- contro la dittatura.
Questo è il Silvano Fedi che la
retorica di potere e gli antifascisti “democratici” vogliono recuperare, il
Silvano Anarchico, ribelle, nemico dell’autorità e d’ogni forma di oppressione,
il giovane che in vece di gettare parole al vento, come ancor oggi fanno tanti,
ha lottato ogni minuto e fino al minuto ultimo per il più grande ed intenso
amore che si può provare, quello per la Libertà, in poche parole il
rivoluzionario.
Se oggi fosse ancora qui lo
troveremmo sicuramente a fianco dei cittadini che lottano contro le nocività
ambientali, gomito a gomito con i compagni che si battono per la distruzione
dei lager per migranti, lo troveremmo in prima fila ad opporsi ai nuovi
fascismi ed al capitale loro finanziatore, sarebbe qui con noi, suoi
compagni…sicuramente irrimediabilmente nemico di chi ora lo commemora.
L’insuscettibile di ravvedimento,
Evgenij Vasil’ev Bazarov.