Qualche tempo fa le fragili coronarie da operetta dell’italiota medio sono state scosse dalle cruente immagini di un bimbo di dieci anni brutalizzato da alcuni birri incaricati di prelevarlo per assegnarlo alla tutela paterna, come deciso da qualche togato da qualche parte in qualche tribunale. Potenza dell’immagine televisiva…se anche nel mio caso il primo impatto ha portato a considerare la nuda rappresentazione della scena, provocando sdegno e rabbia, il movimento successivo è stato quello di ricercare nella memoria -ma gli automatismi mentali creano da soli le iterazioni tra immagine e ricordo- le scene della polizia israeliana che con la medesima violenza si accanisce sui bambini palestinesi, ovviamente creando molto meno scandalo nella “società civile” (qualsiasi cosa sia la civiltà cui questo animale mitico, la “società” si rivolge). La terza fase, passato l’impatto sensoriale ed il successivo coinvolgimento emotivo, mi ha portato ad analizzare la vicenda prendendo in esame i ruoli degli attori di questa scena indagando il loro ruolo, tentando di capire se l’evento sia da ascriversi, come molti hanno detto e scritto, nell’ambito dell’eccezionalità o se invece le cose stiano in maniera diversa. L’idea di questo breve scritto tentava di farsi largo tra i mille pensieri già da un po e l’evento di Padova non ha fatto altro che fornire un esempio fresco e lampante delle idee che andrò ad esporre.
Non molto tempo addietrostavo riflettendo su come nella storia dell’antropologia, della psicologia e della sociologia si sia scritto su qualsiasi cosa e su qualsiasi categoria dell’umana specie, dagli Hippies ai naziskin, dai mistici agli atei e chi più ne ha più ne metta, ma nessuno, almeno per quel che ne possa sapere io, ha mai abbozzato niente sul mestiere del birro, su ciò che questa “attività” richiede e sui tipi umani adatti a svolgere il ruolo del “tutore dell’ordine” (su quest’ultimo punto approfondirò in altra sede).
Partiamo dalle considerazioni finali. I birri che sono intervenuti nell’affaire Padovano dovrebbero essere considerati degli eroi integerrimi da colleghi e superiori, per questo mi stupisce che il capo del braccio violento dell’autorità di stato, Manganelli, abbia stigmatizzato l’accaduto e chiesto scusa. Degli eroi? Si…ma precisiamo, ogni categoria, ogni gruppo sociale, individua al suo interno soggetti che rappresentino in maniera chiara e generalmente solenne gli elementi costitutivi cui chiunque si conformi ad una certa idea fa riferimento. L’Eroe è quindi il paradigma, il contenitore dei simboli e dei valori cui conformare, con più o meno successo, il proprio agire. I camorristi hanno i propri eroi, come li hanno i “democratici” o i totalitaristi, ognuno con i propri tratti distintivi e le proprie differenze. Allora i poliziotti padovani sarebbero il paradigma del birro perfetto? Sarebbero eroi? Si, dovrebbero esserlo per coloro che decidono di indossare una divisa, una divisa qualsiasi, perché mostrine e marzialità, al di là del colore, si configurano tutte attorno a specifici simboli.
Per capire di cosa sto parlando è però necessario “indagare” cosa voglia dire essere birro, non tanto nel suo rapporto con il prossimo, con il fuori di sé, né con la percezione che questo prossimo può avere della sua figura, quanto con il rapporto che l’essere birro concettualmente ha con l’esserlo del soggetto che decide di entrare all’interno della categoria.
Partiamo quindi con un’analisi logica del birro, riducendo il totale alle unità che lo compongono.
Il birro, come chiunque indossi una divisa, rende maggior onore alla categoria quanto più si conforma al corpus di simboli e valori della stessa. Il birro eroe è colui che più rappresenta l’idea autorappresentata dell’uomo in divisa.
Come d’ev’essere il birro, il divistato, a quali valori deve conformarsi? Prendiamo in esame alcune caratteristiche universalmente riconosciute al mestiere di Birro.
1- Il birro deve eseguire gli ordini;
2- Il birro deve rispettare la gerarchia;
3- Il birro non deve farsi condizionare nel suo lavoro dalle sue credenze personali;
4- Il birro dev’essere rigoroso nell’eseguire le disposizioni, ecc…
5- il birro non deve discutere la legge.
Soffermiamoci, per questione di spazio, su questi elementi mettendoli in relazione con l’evento Padovano.
Nel caso specifico, verosimilmente, l’ordine impartito ai birri era quello di prelevare il bambino e consegnarlo al padre che aveva ottenuto la patria potestà, e com’è ampiamente dimostrato dal filmato l’obbiettivo è stato raggiunto, assolvendo in maniera esemplare ai dettami del punto 1.
Sempre dal video possiamo ben vedere come i birri manovali ubbidiscano ciecamente alle disposizioni dell’ispettrice presente, che per altro ci regala anche un elemento chiarificatore e sincero del rapporto che il birro, a tutti i liveli, sente di avere nei confronti del “privato cittadino”: “…Io sono un ispettore di polizia e lei non è nessuno!”…illuminante. Anche il punto 2 è assolto a dovere.
Nel filmato si può evincere chiaramente che il bimbo non voglia essere affidato al padre, è palese, ma l’autorità, verosimilmente in un’udienza di 5 minuti davanti ad un giudice monocratico (chi abbia asperienza a tutti i livelli del circo forense sa bene di cosa parlo), ha deciso di strappare il bambino agli affetti che sentiva più prossimi. Non sono fortunatamente nella testa di nessun birro ma mi viene da pensare che probabilmnte (affidiamoci alla legge dei grandi numeri) almeno uno dei partecipanti all’allegro consesso possa per un secondo aver pensato che quello che avevano sottomano era un bambino, cosa che è riuscita a rendere ancora più fastidiosa la già orribile “procedura” che l’autorità precipita sulla testa dei malcapitati che la incrociano…ma gli ordini sono ordini. Anche il punto 3 è perfettamente eseguito.
L’uso della forza dev’essere commisurato alla reazione dell’ “assistito”, il bambino ha opposto forte resistenza e la reazione dei birri è stata “energica” (così solitamente i burocrati della violenza definiscono le angherie dei loro colleghi picchiatori di strada), senza esitazioni e limitando al minimo i pericoli per gli operatori. Intervento da manuale, anche il punto 4 è assolto.
Qualunque cosa volesse il bambino non è né affare del birro, né dei giudici che si limitano ad applicare la legge, senza porsi grossi problemi, oltretutto non è “di loro competenza”…ecco che individuiamo anche il punto 5.
La vulgata ha gridato inorridita, l’apparato ha tenuto a precisare l’eccezionalità dell’evento, tutti sono stati concordi nel riconoscere la colpa all’uomo sotto la divisa e non al ruolo che esso è portato ad assolvere in nome degli stracci che indossa…eppure se è vero, come ci dicono, che il birro perfetto deve rispettare ordini e gerarchia, eseguendo le direttive senza metterle in discussione, in ultima istanza avocando il proprio libero arbitrio al superiore ed alla procedura, l’evento preso in esame dovrebbe rappresentare l’ottimo esempio di un’operazione felicemente portata a termine. I conti non tornano.
Il birro perfetto, l’ “eroe” è colui che automaticamente “esegue”, è la mano del superiore e l’incarnazione della procedura che è il tramite fra la teoria (la legge) e l’attuazione pratica dei suoi dettami. Il birro perfetto è l’automa, è il dormiente del dottor Calegari, è la negazione dell’individualità. Il birro “eroe” è il prototipo del credente, il birro “eroe” crede e confida nella negazione di sé che si palesa nell’accettazione della trascendenza della legge. Nel medioevo molti birri sarebbero stati fervidi credenti autolesionisti o preti, nel ventunesimo secolo il principio d’autorità e di gerarchia rappresentato da dio si secolarizza e si trasforma nella fede, propriamente di stampo religioso, nello stato e nei suoi rituali. Il birro perfetto è il golem ebraico, al quale l’ordine viene impartito non con un comando scritto su un foglietto inserito in bocca ma su un protocollo controfirmato da un ispettore. Ogni epoca ha i suoi riti (e chi li accetta senza metterli in discussione).
I birri di Padova DEVONO essere gli “eroi” della loro categoria perché hanno sublimato il soggetto pensante nell’oggetto eseguente, che è la vittoria del concetto di “uomo d’ordine”, di più: i birri di Padova devono essere gli eroi di tutti coloro che riconoscono come indispensabile il loro ruolo e confidano nelle leggi dello stato, perché solo questo tipo di soggetti possono garantire in maniera rigorosa la loro applicazione.
Ma il rispetto del ruolo deve sempre fare i conti con l’opportunità e se c’è una macchia nel comportamento birresco dei divisati padovani e quello di aver sollevato un po troppo il velo sul proprio ruolo in relazione all’autorità ed ai cittadini…alcuni, quelli un po più disincantati o attenti, hanno cominciato a rendersi conto che se l’abitudine ha portato sino ad ora a pensare che la violenza della divisa fosse sempre e comunque legittimata dalla reazione del “malfattore”, sempre e comunque “reo” di qualcosa e tale anche solo e soltanto perché, semplicemente, l’autorità ha messo gli occhi su di lui (ma questa situazione cafkina meriterebbe trattazione a sé), la realtà è diversa, l’autorità risponde solo a sé stessa e ha diritto su tutto, diritto donatogli -in ultima istanza- dal monopolio legalizzato della violenza. Non c’è nessuno formalmente immune, tutti sono potenzialmente soggetti a rischio repressione, si tratti di pericolosi sovversivi o bambini di 10 anni…l’autorità non prevede e non accetta resistenze, rifiuta e reprime ogni vitalità che lambisca i confini che essa disegna.
Il birro risponde solo alla procedura ed alla “legge”, “giusta” o “sbagliata” che sia (devo necessariamente utilizzare le virgolette per definire concetti con i quali mal mi rapporto, non riconoscendoli). La legge è indiscutibile e il birro deve tutelare la sua indiscutibilità ed inviolabilità. Se la legge sancisce disoccupazione, impoverimento, asservimento di molti a pro di una ristretta cerchia di possidenti il birro dovrà difenderla e la difenderà, anche se la maggiornaza degli individui rivendicasse i propri legittimi diritti (se poi il birro è del tutto compenetrato dalla sua apercezione del ruolo sarà pronto ad agire anche contro il proprio interesse). Il birro è strumento, nulla più. Il birro, la sua figura ed il suo ruolo sono la macchia più grande sulla produzione intellettuale di Pasolini (mi perdonino i fans dei suoi ipse dixit). Il birro non è un lavoratore normale, come la vulgata vuole, il birro è il guardiano atono del privilegio, è l’ultima ruota di un carro che però senza di lui non potrebbe marciare. Il birro, che se ne renda conto o meno, è solo uno strumento di violenza di classe.
La dimostrazione di queste ultime affermazioni si palesa ogni giorno, tra cariche agli operai che rivendicano la loro voglia di vivere o l’assedio ventennale in cui è tenuta la Val Susa. In tutti questi casi il birro si pone a difesa di interessi lobbistici che però sono formalmente riconosciuti dalla “legge” (ed anche su cosa sia questa “legge” ci sarebbe da scrivere molto).
Il birro che difende un tunnel, una discarica, il parlamento, non fa altro che assolvere il suo ruolo di categoria anche contro il suo essere (o essere stato) uomo o donna…In ultima istanza il birro è nemico di chiunque (anche di sé stesso) per convinzione o per stanchezza nel subire, decide di prendere in mano il proprio presente tentando di costruirsi un futuro degno di essere desiderato.
Quest’inverno promette di essere ben più caldo della torrida estate appena trascorsa e gli eventi greci, spagnoli, portoghesi, ecc…, sembrano avallare questa previsione…ricordatevi, una volta in piazza, che i birri che vi si parano innanzi non sono come voi, sono parte del problema, sono il pimo scoglio da superare…non abbiate paura e non vi fate troppi scrupoli, voi siete l’affermazione, siete la forza creatrice, loro sono i pedoni nella scacchiera di un sistema di sfruttamento in declino che però prima di perire definitivamente tenterà di allungare la propria agonia sacrificando tutto e tutti…a voi la scelta, cari. Mano alle fionde. M.