prima settimana di settembre 2009 incontro sulle autoproduzioni energetiche
prima settimana di settembre 2009 incontro sulle autoproduzioni energetiche
Tensioni ieri sera in piazza Verdi a Bologna per un presidio degli
attivisti anarchici che manifestavano in solidarietà al ragazzo del
circolo Fuoriluogo arrestato il 26 maggio. Gli anarchici avevano
organizzato un «presidio-aperitivo», dalle 19 in poi, pubblicizzato
tramite volantino, per gridare «Nicu libero». Il presidio però è
diventata l’occasione per lanciare cori contro le forze dell’ordine e
non solo: sono state prese a calci anche un’auto della Croce rossa e
un’auto blu che passavano per la strada. Per il momento non ci sono
denunce, ma alcuni attivisti erano facce note alla Digos, che sta lavorando
alla relazione sull’accaduto. I manifestanti, circa una trentina, prima
hanno preso di mira la Digos (avvicinandosi e gridando «Digos boia» più
altri slogan analoghi) poi le persone che uscivano dal Teatro comunale: sia
in occasione dell’intervallo, sia alla fine dello spettacolo. La tensione
è salita quando in via Zamboni è passato un furgoncino della Croce rossa:
il mezzo è stato colpito con qualche calcio al grido di «Assassini», ma
ha proseguito la marcia. Poco dopo, il bersaglio è diventata un’auto blu
(Ncc): è stata presa a calci e si è danneggiata, riferisce la Questura,
ma non si è fermata. Stamattina, la Digos ha contattato il conducente che
a breve dovrebbe formalizzare la denuncia.
L’anarchico per cui è stato organizzata l’iniziativa di ieri sera è
Roman Nikusor, arrestato dalla Digos la sera del 26 maggio scorso durante
un controllo nei pressi del circolo Fuoriluogo di via San Vitale 80. Nel
corso dell’ultimo anno ha collezionato molte denunce (è uno dei due
ragazzi che in novembre si barricò sulla Torre Asinelli) e il mese scorso
è finito in manette per resistenza a pubblico ufficiale: è stato
condannato per direttissima a sei mesi da scontare in carcere, quindi è
entrato alla Dozza. Da quel giorno gli anarchici si sono mobilitati con
comunicati sul web, ma anche in piazza, quando hanno preso la parola (di
forza, dopo qualche tafferuglio) sul palco del concerto organizzato dalla
banda Bassotti in piazza Maggiore. Anche i manifesti con le foto di agenti
delle forze dell’ordine attaccati nei pressi della Questura e della
caserma dei Carabinieri del portico dei Servi la notte del 30 maggio sono
state interpretate dagli inquirenti come una possibile risposta
all’arresto di «Nicu».
18 giugno 2009 – fonte corriere di bologna
Questo il programma della due giorni in Solidarietà dei Lavoratori Radicifil in lotta:
Venerdì 19 Giugno 2009
CHAOS CORE (death metal)
CANCRENUS (brutal metal)
PREPARAZIONE HC (punk-hardcore)
SICK SOCIETY (thrash metal)
Sabato 20 giugno 2009
RATTLESNAKE (glam metal)
THE HEATLERS (fat’n’roll)
DIRTY ROCKERS (hard rock)
BIG BALLS (AC/DC tribute)
Il tutto si svolgerà dalle 22 allo spazio liberato ex Breda est,in via Pacinotti 9.
Ancora una volta piazza della Repubblica era
piena di divise e lampeggianti. Questa sera da proteggere c’erano la
Porchietto e il suo folto codazzo di supporter razzisti, leghisti e
fascisti vari. Non abbastanza per cingere d’assedio la Porta Palazzo
come si proponevano di fare, ma abbastanza per dare fastidio a chi
pensa che anche solo il cattivo odore dei razzisti sia una
provocazione, pare che tra militanti e militari la Porchietto sia
riuscita alla fine a mobilitarne alcune centinaia. Ma anche i razzisti
e polizia hanno avuto la loro buona dose quotidiana di fastidio. Da
subito la manifestazione viene disturbata da una rumorosa samba band
che tenta di avvicinarsi ai più indesiderati, i leghisti, ma viene
tenuta a bada da un nutrito cordone di poliziotti. Qualcuno riesce a
infilarsi e insultare Borghezio da distanza molto ravvicinata. Da un
balcone su via Milano sventola uno striscione con su scritto chiaro e
tondo “razzisti”. Qualcun altro la notte prima aveva scritto per terra
“spezziamo le catene, cacciamo i razzisti!”.
All’improvviso, da corso Giulio Cesare arriva un autobus circondato
da una nuvola di fumogeni e torce, usato come ariete da altri di
antirazzisti. La polizia – colta di sorpresa – riesce a bloccare
l’autobus e a respingere i contestatori, saranno una decina, a
manganellate, e riesce a fermarne uno, malmenandolo finché non si
accorgono che sono un pochino osservati. Ma in cambio di questo
brillante risultato il fianco della manifestazione è lasciato scoperto,
e la samba band è lieta di avanzare respingendo i leghisti oltre corso
Regina Margherita, senza smettere di suonare. Poco dietro l’autobus
oramai vuoto viene srotolato uno striscione che dichiara “nessuna pace
per i razzisti”, si accende ancora qualche fumogeno e si grida “fuori i
razzisti dai quartieri” e svariati insulti. Diversi stranieri si
fermano dietro lo striscione, interessati. Qualche giovane figlio di
Casablanca, ma nato e cresciuto a Porta Palazzo, chiede se ci sia
l’intenzione di attaccare la polizia. Un altro passa in bicicletta
vicino all’antirazzista fermato e grida “razzisti di merda!” come gesto
di sfida. Molti guardano dalle finestre, altri scendono per vedere e
chiedere cosa succede.
Stufi di fronteggiare uno stupido cordone di poliziotti, i
manifestanti piegano lo striscione e si disperdono, momentaneamente. I
razzisti nel frattempo si sono ridotti a poche decine, e il cordone di
poliziotti arretra. Alla spicciolata, i manifestanti riescono a
raggiungere corso Regina Margherita, ma vengono nuovamente respinti a
calci e manganellate e si attestano di fianco al Palafuksas. Da qui, si
vede passare, tranquillissimo, l’antirazzista che era stato fermato,
scortato in commissariato da diversi celerini e poliziotti in borghese
imbufaliti. Ora, assieme agli antirazzisti ci sono anche diversi
stranieri, in tutto saranno ormai una cinquantina. Dopo un po’ di samba
e un po’ di cori si decide di partire in corteo spontaneo attorno alla
piazza, per spiegare e ribadire che a Porta Palazzo c’è spazio per
tutti, ma non per i razzisti, e per chiedere la liberazione del
compagno fermato, molto conosciuto in quartiere. Il corteo termina
all’inizio di corso Giulio Cesare, e lì si scioglie. Diversi, italiani
e stranieri, danno la propria disponibilità nel caso in cui il compagno
non venga liberato la sera stessa, “tanto sapete dove trovarci”. Quindi
strette di mano, strizzatine d’occhio, “grazie mille”, “no, grazie a
voi”, qualche pezzetto di fumo, tanto affetto e la consapevolezza che
quel che è successo stasera è stata una cosa veramente di tutti. E il
compagno fermato? Beh, dopo un’oretta di provocazioni in commissariato,
i poliziotti lo devono rilasciare senza neanche una denuncia. Anzi, per
ripicca, gli fregano un coltellino così piccolo da non meritare neanche
un verbale di perquisizione.
macerie @ Giugno 18, 2009
Il 21 maggio si è svolta a Firenze
l’udienza preliminare per Daniele e Francesco relativamente
all’Operazione Ardesia. La PM Giuseppina Mione, infatti, non ha voluto
rischiare che la scadenza dei termini di carcerazione preventiva
permettesse ai nostri due compagni di riassaporare la libertà, così ha
preferito fissare solo per loro l’udienza preliminare.
Francesco e Daniele sono stati rinviati
a giudizio ed è stata accettata la richiesta avanzata dall’avvocato
difensore per il rito abbreviato. L’udienza è stata quindi fissata per
l’1 Ottobre, sempre a Firenze.
Per adesso non è stata fissata l’udienza preliminare per gli altri 11 fra compagni e compagne coinvolti nell’Operazione Ardesia.
Ribadiamo la nostra solidarietà e complicità a Francesco e Daniele ormai prigionieri da due anni ed a Leo, in fuga per libertà.
Francesco e Daniele liberi subito! Corri Leo!
Libertà per tutti e tutte!
Anarchici ed anarchiche di Via Del Cuore
Invitiamo ancora a far sentire la nostra vicinanza a Francesco e Daniele:
Francesco Gioia
Daniele Casalini
Strada Casale 50/A
15040 San Michele Alessandria
Email: anarchicisolidali@virgilio.it
Posta: F. Bonamici, C.P. 88, 56127 Pisa Centro
Sabato hanno trasferito Madda a Vigevano.
Per scriverle:
Maddalena Calore
Casa Circondariale di Vigevano
Via Gravellona 240 – Frazione Piccolini
27029 Vigevano (PV)
SABATO 20 GIUGNO DALLE 17.00 NEI GIARDINI DI VIA PETRARCA a CAMPI BISENZIO
Nabruka Mimuni si è impiccata nel Centro di Identificazione ed
Espulsione (CIE) di Ponte Galeria (Roma). Nabruka aveva 49 anni, un
marito, un figlio e viveva in Italia dal 1991. Il giorno dopo la sua
morte sarebbe stata rimpatriata nel suo paese d’origine, la Tunisia.Era
stata fermata il 24 Aprile e rinchiusa in un lager di stato chiamato
CIE perchè sprovvista del permesso di soggiorno.I CIE non sono altro
che i “vecchi” CPT (Centri di Permanenza Temporanea) ossia delle
carceri-lager in cui gli immigrati possono essere rinchiusi fino a 6
mesi, in attesa dell’espulsione, senza aver commesso alcun crimine e
senza poter usufruire del diritto alla difesa.
La mattina stessa in cui le compagne di cella trovavano Nabruka
impiccata in bagno, il ministro degli Interni Maroni si vantava degli
oltre 200 migranti deportati direttamente in Libia senza neanche
passare dal territorio italiano. Si vantava in pratica di
“esternalizzare” la tortura visto che i migranti hanno più volte
raccontato di stupri, torture, sevizie subite nelle carceri libiche.
Contemporaneamente il partito di Maroni, la Lega Nord, in pieno delirio
razziale, proponeva posti riservati ai milanesi sulle
metropolitane.Sempre nelle stesse ore il governo si apprestava ad
introdurre il reato di clandestinità e a portare da due a sei mesi il
tempo di reclusione nei CIE.
Già da alcuni mesi il Governo ha individuato in Campi Bisenzio, nella
zona dell’Indicatore, una delle possibili aree in cui far sorgere un
nuovo CIE/CPT.
Ovviamente molti esponenti di centro-destra, in piena campagna
elettorale e aiutati dal terrorismo mediatico di molti giornali e
televisioni, si sono immediatamente detti favorevoli, pronti a
cavalcare e fomentare “paure” ed “emergenze” per costruire brillanti
carriere elettorali e solide politiche repressive.
Dovranno fare i conti però con tutta quella parte della popolazione che
non è disposta a criminalizzare una persona solo perchè immigrata e
priva di un pezzo di carta. Dovranno fare i conti con chi non è
disposto a stare a guardare le ronde, il razzismo di stato, i nuovi
lager, le leggi razziali,…..
Dovranno fare i conti con quei settori sociali che non sono disposti ad
accettare una “guerra tra poveri” che dovrebbe coprire le
responsabilità di chi la crisi economica che stiamo vivendo prima l’ha
causata e adesso ci specula sopra.
Per questi, e per tanti altri motivi, ci opporremo con ogni mezzo necessario alla costruzione di CIE/CPT a Campi Bisenzio.
Fermiamoli a Campi, chiudiamoli ovunque.
SABATO 20 GIUGNO DALLE 17.00 NEI GIARDINI DI VIA PETRARCA a CAMPI BISENZIO
FESTA POPOLARE CON MERENDA, ANIMAZIONE PER BAMBINI, TEATRO, MUSICA, CENA E SPETTACOLI ETNICI,………..
DOVE C’E’ PARTECIPAZIONE E SOCIALITA’ NON SERVONO RONDE E CIE
CANTIERE SOCIALE CAMILO CIENFUEGOS (CAMPI), CPA FI-SUD, MOVIMENTO DI
LOTTA PER LA CASA, CSA nEXt EMERSON, ASSEMBLEA DE* INSICUR*,RETE DEI
COLLETTIVI DEGLI STUDENTI MEDI FIRENZE COLLETTIVO POLITICO DI SCIENZE
POLITICHE, ALT. AUT. LETTERE, PERUNALTRACITTA’
TOSCANANOCIE.NOBLOGS.ORG
Attraverso la vicenda Radicifil una visione reale della situazione
del lavoro sul territorio pistoiese
Nell’occasione sarà allestita una mostra fotografica e la proiezione di vignette dei lavoratori Radicifil Pistoia; saranno raccolti anche fondi per la famiglia di Giuseppe Santamaria, operaio morto sul lavoro a fine Maggio.
fonte: repubblica
I due militari di 25 e 30 anni, del gruppo pronto impiego, sono
indagati per violenza sessuale. Oltre al fermo per stupro, la
contestazione di un’altra mezza dozzina di reati: fra questi il
peculato, l’omissione di atti d’ufficio, l’abuso di potere e
l’abbandono di posto, che da solo comporta fino a tre anni di carcere
Hanno accostato con la pattuglia di servizio. Un normale controllo
antiprostituzione, all’apparenza, uno dei tanti previsti dalle
ordinanze del Comune. Il cliente, impaurito, ha fatto scendere la
ragazza, ha messo in moto ed è sgommato via. Lei, romena, una ventina
d’anni, davanti ai due uomini in divisa grigia e basco verde era pronta
a recitare la solita formula: «Non ho documenti, non ho un fidanzato,
qui si lavora poco, la multa non so come pagarla». Invece di vedersi
recapitato il verbale da 450 euro, la lucciola è stata invitata a
seguire il capopattuglia in auto. Qui è stata costretta a un rapporto
orale, poi ancora a un rapporto completo mentre l’autista, fuori,
voltava lo sguardo da un’altra parte.
Adesso i due militari di 25 e 30 anni, del gruppo pronto impiego
della guardia di finanza, sono indagati per violenza sessuale. Ore 2 di
lunedì notte, viale De Gasperi, oltre la circonvallazione esterna. Tra
le viuzze laterali dello stradone che porta all’i mbocco dell’Autolaghi
e dell’A4 c’è la solita attività notturna di prostitute e clienti. La
Fiat Bravo blu notte con bande laterali verde e gialla punta i fari su
un’auto in sosta isolata. Dal finto controllo all’aggressione della
lucciola, è un attimo. Lo stupro si consuma in meno di mezz’ora. La
ragazza è scossa, si produce in un pianto ininterrotto, disperato.
L’autista della pattuglia, racconterà più tardi la ragazza alla
polizia, le si avvicina senza dire nulla e senza saper bene se per
consolarla o filar via in fretta. Quando la pattuglia delle Fiamme
gialle rimette in moto, ci sono un paio di compagne di marciapiede
attorno alla ragazza. Raccolgono i suoi singhiozzi. Una di loro prende
la targa della pattuglia e fa il 113.
Agli agenti delle volanti la ragazza fa un racconto dettagliato,
lucido, prima di essere portata al soccorso violenze sessuali della
Mangiagalli per le visite di rito, il tampone e il referto. I due
finanzieri vengono portati in questura di prima mattina, la loro auto
parcheggiata nel piazzale e a disposizione della scientifica per i
rilievi. Dopo qualche titubanza, il graduato e il sottufficiale
ammettono: «Abbiamo fatto una cazzata».
La loro posizione, tralasciati gli ovvi imbarazzi di Questura e
comando provinciale della Gdf, è delicatissima. I due militari
rischiano, oltre al fermo per stupro, la contestazione di un’altra
mezza dozzina di reati. Tra questi il peculato, l’omissione di atti
d’ufficio, l’abuso di potere e l’abbandono di posto, che da solo
comporta una pena fino a tre anni di carcere. Oltre a uno scontato
provvedimento disciplinare — e la «piena collaborazione» con la
magistratura, fanno sapere i vertici milanesi delle Fiamme gialle — e a
un possibile approfondimento d’indagini per verificare se i due
militari avessero già commesso violenze in passato.
(16 giugno 2009)
Un
poliziotto in abiti civili che sorvegliava un testimone in un processo
di terrorismo è stato ucciso stamane a colpi d’arma da fuoco in un
quartiere del centro di Atene. L’agente, indicano fonti della polizia,
si trovava nella sua auto davanti alla casa della persona protetta nel
quartiere di Ano Patissia, ed è stato raggiunto da numerosi colpi
d’arma da fuoco sparati da due sconosciuti su una moto. Il testimone
protetto sarebbe, secondo i media, una donna.
La donna protetta
dall’agente ucciso sarebbe testimone, secondo quanto si apprende, in un
processo contro il gruppo Lotta del Popolo Rivoluzionario (Ela), una
formazione armata apparsa nel 1971 ma che da tempo non fa più parlare
di sé. La polizia ritiene che successore di Ela sarebbero i Nuclei
Rivoluzionari (RN) anche essi negli ultimi tempi inattivi in Grecia
dove invece hanno compiuto azioni soprattutto altre organizzazioni come
Lotta Rivoluzionaria (EA) e Setta dei Rivoluzionari. EA ha rivendicato
varie azioni fra cui una che portò al ferimento grave di un agente.