Grecia – Konstantina Kuneva

Atene – Il 23 Dicembre 2008, Konstantina
Kuneva, immigrata dalla Bulgaria che lavora come spazzina nella
metropolitana di Atene, ha subito un attentato contro la sua vita
mentre stava rincasando dopo una giornata di lavoro. Konstantina era
nota per la sua attivita sindacale e per questo motivo si era trovata
nel mirino della ditta appaltatrice delle pulizie nella metropolitana
di Atene che era il suo diretto datore di lavoro. Come prima risposta
all’attentato contro la vita di Konstantina, un gruppo di compagni-e ha
occupato la sede di ISAP ( La ferrovia elettrica di Atene-Pireo) il 27
dicembre 2008. Ciò che segue è il volantino distribuito. L’occupazione
è terminata ieri, domenica 28 dicembre 2008.

 

QUANDO ATTACCANO UN@ DI NOI,

CI ATTACCANO TUTTI

Oggi 27 Dicembre abbiamo occupato la sede centrale di ISAP (Ferrovia
Elettrica di Atene-Pireo) come prima risposta all’attentato contro la
sua vita che ha subito Konstantina Kuneva il 23 dicembre 2008 mentre
stava rincasando dal suo lavoro.

Konstantina è ricoverata in gravi condizioni nel reparto di terapia
intensiva dell’ospedale “Evangelismos” riportando gravi lesioni agli
occhi ed all’apparato respiratorio.

Chi è Konstantina? Per quale motivo è stata attaccata?

Konstantina è una delle centinaia di lavoratrici immigrate che
lavora da anni come lavoratrice interinale nel settore delle pulizie. È
segretaria generale dell’Unione Panattica degli spazzini-e e dei
lavoratori domestici, sindacalista militante, nota per la sua
combattività. La settimana scorsa si era scontrata con il padronato di
“ICOMET”, rivendicando la tredicesima per lei e per le sue colleghe e
denunciando le irregolarità riguardo alla loro busta paga. Tutto ciò è
venuto dopo il licenziamento vendicativo di sua madre dalla medesima
ditta, il suo trasferimento in un altro posto di lavoro, mentre pende
la sua denuncia all’Ispettorato del Lavoro che sarà esaminata il 5
gennaio 2009. Tutto ciò costituisce la norma e non l’eccezione nel
settore delle pulizie e del lavoro interinale.

I contratti fuori norma, le ore di lavoro e gli straordinari non
pagati, lo scarto tra i soldi per i quali firmano i lavoratori e quelli
che effettivamente ricevono, l’assunzione di immigrati e di immigrate
che sono più ricattabili, il non versamento dei contributi dell’INPS
costituiscono le pratiche abituali degli appaltatori nel settore delle
pulizie. Naturalmente tutto ciò avviene grazie ai dirigenti degli enti
pubblici che danno copertura alle irregolarità e promuovono la
precarietà del lavoro.

Specialmente per quanto riguarda “ICOMET”, una ditta che opera nel
settore delle pulizie e del lavoro interinale che opera su scala
nazionale, proprietà di Nikitas Iconomakis, dirigente del partito
socialista (Pasok), che impiega “ufficialmente” 800 lavoratori (gli
stessi lavoratori parlano di almeno 1500, mentre gli ultimi 3 anni sono
“passati” dalla ditta più di 3000 lavoratori) gli abusi da parte del
padronato sono all’ordine giorno. I lavoratori sono costretti a firmare
contratti “in bianco” di cui non ricevono mai la copia. Lavorano 6 ore
e vengono pagate per 4,5 ore (salario e contributi) in modo da non
raggiungere mai le 30 ore settimanali (in questo modo il loro lavoro
non è considerato lavoro usurante e non traggono i benefici della
legge). Vengono terrorizzate, vengono trasferite e, quando vogliono
licenziare una lavoratrice, la minacciano per costringerla a dare le
dimissioni (una lavoratrice è stata trattenuta per quattro ore nei
locali della ditta affinché firmasse le sue dimissioni). Il padronato
sta cercando di creare un sindacato giallo per sottomettere i
lavoratori mentre tramite licenziamenti cerca di bloccare i canali di
comunicazione tra i lavoratori e la loro azione collettiva.

Cosa c’entra “ICOMET” con ISAP?

All’”ICOMET” è stato aggiudicato l’appalto per le pulizie dell’ISAP
e di altri enti pubblici, perché ha potuto fare l’offerta più bassa con
i più alti tassi di sfruttamento e deprezzamento della forza-lavoro.
Questo regime di sfruttamento è stato organizzato per soddisfare le
esigenze di vari enti pubblici, tra cui anche l’ISAP. L’ISAP è complice
di questo regime di sfruttamento selvaggio, nonostante le numerose
denuncie fatte dal sindacato dei lavoratori.

L’attentato contro la vita della nostra collega era vendicativo e intimidatorio.

Il bersaglio non era casuale: donna, immigrata, militante sindacale,
madre di un minorenne, agli occhi dei padroni costituiva un bersaglio
facile.

Il modo non era casuale: il suo scopo era di lasciare il suo segno, di intimidire e di terrorizzare.

Il tempo non era casuale: mentre i mass-media, i partiti, la chiesa,
i padroni e i dirigenti sindacali cercano di ingiuriare la rivolta
sociale; mentre l’assassinio a sangue freddo di Alexis Grigoropoulos
viene presentato come “morte accidentale” all’attentato contro
Konstantina viene dedicato pochissimo spazio.

L’attentato contro la vita di Konstantina è stato preparato dal padronato con diligenza.

Konstantina è una di noi. La lotta per la DIGNITÀ e la SOLIDARIETÀ è la NOSTRA LOTTA.!

L’attentato contro Konstantina ci ha segnati tutti. Ha segnato la
nostra memoria e il nostro cuore che è pieno di dolore e di rabbia.

GLI ASSASSINI PAGHERANNO TUTTO

NON CI FAREMO INTIMIDIRE DAL PADRONATO

ASSEMBLEA DI SOLIDARIETÀ

A KONSTANTINA KUNEVA

Grecia – Comunicato dal politecnico di atene 24/12

dal sito www.occupiedlondon.org

Annuncio del Politecnico occupato di Atene (24.12.2008)
L’occupazione del Politecnico è terminata a mezzanotte del 24 Dicembre– La lotta continua

Subito dopo l’assassinio di Alexandros Grigoropoulos
da parte della guardia speciale di polizia Ep. Kokoneas e i primi
scontri per le strade di Exarchia, il Politecnico è stato occupato e
trasformato nel punto focale per l’espressione della rabbia sociale.
Spazio storicamente e simbolicamente legato alla viva memoria dei
ribelli e di una grossa parte della società alla lotta contro
l’Autorità – dal periodo della dittatura fino alla democrazia
totalitaria contemporanea -, il Politecnico è diventato un luogo dove
centinaia di persone spontaneamente si riuniscono: compagni, giovani e
lavoratori, disoccupati, adolescenti, immigrati e studenti…

Le lotte contro le forze di repressione con le ardenti barricate
nelle strade adiacenti sono diventate la scintilla di una rivolta che
si è propagata in tutta la città con manifestazioni spontanee,
l’occupazione dell’Università di Economia e della Scuola di Legge, con
attacchi contro bersagli statali e capitalistici nel centro e nella
periferia di Atene e in molte città del Paese. I giorni seguenti, con
le manifestazioni di migliaia di persone confluite in sommosse e
attacchi contro le banche, ministeri e grandi magazzini, ragazzini che
assediano e assaltano le stazioni di polizia, la sommossa alla prigione
di Koridallos e al Parlamento, la rivolta è diventata generale; questa
rivolta innescata dall’assassinio di A. Grigoropoulos e esplosa nella
reazione immediata di centinaia di compagni all’estesa violenza di
Stato, ispirando azioni di rabbia e solidarietà oltre i confini, in
tutto il mondo. Questa rivolta che fremeva sotto le condizioni di un
attacco generalizzato dello Stato e dei padroni contro la società,
sempre più forte nella realtà di una quotidiana morte della libertà e
della dignità, riserva per le persone oppresse al crescere
dell’esclusione, della povertà, dello sfruttamento,della repressione e
del controllo. Questa rivolta che assiduamente si “preparava”, anche
nei tempi oscuri del terrorismo fascista e di Stato, in ogni piccolo o
grande gesto di resistenza contro la sottomissione o la resa, lasciando
aperta la strada affinché le persone si potessero incontrare per
strada, così, com’è accaduto in questi giorni.
In questa realtà sociale esplosiva, il Politecnico occupato è diventato
un punto di riferimento per il confronto diretto con lo Stato, in tutte
le forme e con tutti i mezzi possibili, attraverso eventi
insurrezionali continuati che hanno dato alle fiamme l’ordine e la
sicurezza dei padroni, facendo a pezzi la falsa immagine di un consenso
sociale alle loro intenzioni omicide.
E’ diventato un luogo dove soggetti ribelli sociali e politici si sono
incontrati e influenzati vicendevolmente, attraverso le assemblee
generali e la loro presenza quotidiana all’occupazione.
Ha funzionato come base per una contro-informazione, attraverso
comunicati e manifesti, il blog e la stazione radio, e con il sistema
PA per spedire messaggi e notizie sulle novità della rivolta in atto.
Ed ha anche dato vita ad iniziative politiche di resistenza, come
l’appello dall’assemblea del Politecnico occupato per una giornata globale di azioni il 20 Dicembre
– sfociata in una mobilitazione coordinata in più di 50 città in Paesi
differenti, e alla quale gli occupanti del Politecnico hanno
partecipato organizzando una dimostrazione nella piazza dove A.
Grigoropoulos è stato assassinato -, come il concerto tenutosi il 22
Dicembre in solidarietà e supporto finanziario agli ostaggi della
rivolta, e l’appello per la partecipazione alla manifestazione in
solidarietà degli arrestati che è stata organizzata dai compagni, parte
dell’assemblea del GSEE (Confederazione Generale dei Lavoratori)
occupato.

Come punto fermo, per 18 giorni, dell’estasa rivolta, il Politecnico
occupato ha costituito un appello continuo all’insubordinazione delle
persone che resistono in tutto il mondo, ed un segno permanente di
solidarietà con gli ostaggi presi dallo Stato durante la rivolta. E’
diventato il territorio che abbiamo usato per diffondere il messaggio
di solidarietà fra oppressi, di auto-organizzazione e di contrattacco
sociale e di classe contro l’Autorità mondiale, i suoi meccanismi e i
suoi simboli. Questi elementi e valori della lotta hanno creato il
terreno per far sì che gli oppressi si incontrassero nella ribellione,
armassero le loro coscienze e, forse per la prima volta, diventasse
così impropriamente estesa attraverso così tante persone di diversa età
e nazionalità; Persone con le quali anarchici e anti-autoritari hanno
condiviso la lotta, la stessa rabbia contro chi saccheggia le nostre
vite e, molto spesso, la stessa visione per un mondo di libertà,
uguaglianza e solidarietà.
Per questa ragione, la repressione non si è solamente espressa nella
forma della brutalità poliziesca, negli arresti e nell’imprigionamento
dei manifestanti, ma anche con un attacco ideologico intenso lanciato
da tutti i fronti del sistema politico che ha visto tremare le sue
fondamenta quando la repressione, sulla quale si radica, non solo non
era capace di contenere i moti della rivolta, ma, al contrario, ne è
stata la sua causa prima.
Questo attacco ideologico ha mirato in maniera selettiva agli
anarchici, come parte politica e non negoziabile della rivolta,
precisamente a causa dell’impatto che le loro parole e azioni avevano,
e per il pericolo che si realizza per lo Stato quando essi comunicano e
si coordinano con migliaia di oppressi. In questo contesto, c’è stato
uno sforzo isterico nel dividere i rivoltosi in “bravi ragazzi” da una
parte, “cattivi incappucciati anarchici – ‘koukouloforoi’” o “immigrati
saccheggiatori” dall’altra, così come il buon vecchio mito dei
provocatori, al fine di manipolare la rabbia per l’assassinio,di
esaurire l’esplosione sociale, criminalizzare, isolare e frantumare i
punti fermi di riferimento della rivolta [Questa comunque è la stessa
retorica di repressione che ha condotto all’omicidio di A.
Grigoropoulos, poiché responsabile nel designare uno specifico ambiente
politico e sociale, spazi e persone come “nemici all’interno” sui quali
la violenza statale “legittimamente” deve essere imposta]. In questo
sforzo realizzato dallo Stato, il bersaglio continuo puntato sul
Politecnico era applicato su base quotidiana, con dichiarazioni da
parte dei politicanti e campagne diffamanti perpetuate dai mass media.
Dopo le ore di scontri a Exarchia e nei dintorni del Politecnico
durante la notte del 20 Dicembre, lo Stato, sotto le spoglie del
pubblico querelante, ha minacciato di procedere con un’incursione di
polizia, dopo aver sospeso l’accademico asilo politico nell’università,
nonostante i disaccordi delle autorità universitarie, ai fini di
sopprimere la rivolta, attaccando così uno dei primi posti dai quali ha
preso avvio.
Le loro intenzioni sono state sconfitte dal rifiuto degli occupanti di
obbedire a qualsiasi ultimatum, dalla determinazione nel difendere
questo territorio politico e sociale come parte della rivolta, e
dall’appello aperto a partecipare e supportare l’occupazione con la
presenza e procedere all’incontro organizzato in solidarietà con i
prigionieri il 22 dicembre, che ha raccolto centinaia di persone al
Politecnico.
La minaccia dello sfratto immediato è ritornata più forte il giorno
successivo, il 23 Dicembre, quando, durante l’assemblea si discuteva
sul termine dell’occupazione, eravamo informati da personaggi politici
e accademici che il Ministro dell’Interno e la polizia domandavano la
nostra uscita immediata dal campus, altrimenti i poliziotti avrebbero
invaso. La risposta dagli occupanti è stata che il Politecnico non
apparteneva né al Ministero né alla polizia e nessuno dei due poteva
farci arrendere; appartiene alle persone della rivolta che decidono
cosa fare seguendo solo i criteri del movimento e non accettano ricatti
o ultimatum da assassini. In questo modo l’occupazione del Politecnico
siè prolungata di un giorno e ha chiamato alla manifestazione in
solidarietà con gli arrestati che ha avuto luogo nel centro di Atene.
Nessun progetto repressivo o attacco ideologico riesce o riuscirà a
riscattare un ritorno alla normalità e ad imporre una pacificazione
sociale e di classe.
Niente è più come prima! La vittoria sulla paura, sull’isolamento e le
divisioni sociali dominanti, ha permesso a migliaia di ragazzi, insieme
con donne e uomini di qualsiasi età, rifugiati e immigrati, lavoratori
e disoccupati di stare insieme per le strade e combattendo i tiranni
della nostra vita, dignità e libertà, dietro alle barricate. E questa è
una realtà che illumina con le sue fiamme il futuro della rivolta,
entrambe l’intensità e la profondità, fino all’assoluta sovversione dei
padroni del mondo. Perché abbiamo gridato in ogni modo che questi
giorni appartengono ad Alexis, a Michalis Kaltezas, a Carlo Giuliani, a
Christoforos Marinos, a Michalis Prekas, a Maria Koulouri e a tutti i
compagni uccisi dagli assassini uniformati di Stato; non sono però
giorni che appartengono alla morte, ma alla VITA! Alla vita che
fiorisce nella rivolta, nelle barricate, nella rivolta che continua.

Terminando l’occupazione del Politecnico dopo 18 giorni, mandiamo la
nostra più calda solidarietà a tutte le persone che sono state parte
della rivolta in diversi modi, non solo in Grecia ma anche in molti
paesi d’Europa, del Sud e Nord America, Asia e Australia – Nuova
Zelanda. A tutti coloro che abbiamo incontrato e con i quali
continueremo a stare insieme, lottando per la liberazione dei
prigionieri di questa rivolta, ma anche perché continui fino alla
liberazione sociale globale. Per un mondo senza padroni e schiavi,
senza polizia e armi, senza confini e prigioni.

MORTE ALLO STATO – LUNGA VITA ALL’ANARCHIA!

LA LOTTA CONTINUA

Facciamo appello per un’assemblea aperta che avrà luogo al
Politecnico Sabato 27 Dicembre alle 16.00, per l’organizzazione della
solidarietà agli arrestati, che è stata chiamata dai compagni
dell’assemblea del GSEE occupato.

Il Politecnico Occupato 12.24.2008

Grecia – Atene, colpi di arma da fuoco contro veicolo della polizia

onte agi

Ancora violenza ad Atene, dove ignoti hanno esploso colpi di arma da
fuoco contro un cellulare della polizia anti-sommossa, che stava
transitando nel quartiere di Goudi. Lo hanno reso noto fonti delle
forze dell’ordine, secondo cui nessuno degli agenti che si trovavano a
bordo del veicolo e’ comunque rimasto ferito; uno degli pneumatici,
raggiunto dalle pallottole, e’ pero’ scoppiato. Sull’episodio e’ stata
aperta un’inchiesta da parte delle autorita’ anti-terrorismo elleniche.
La protesta giovanile, innescata in Grecia dall’uccisione il 6 dicembre
scorso del quindicenne Alexis Gregoropoulos,
e’ gia’ sfociata in diversi casi di incendi di commissariati e di
assalti ai poliziotti, ma e’ la prima volta in cui si registra un
attacco con armi vere e proprie. (AGI) – Atene, 23 dicembre

COLPO DI STATO IN GUINEA

Da Indy Roma:

repubblica

CONAKRY
– I militari hanno preso il potere in Guinea a poche ore dalla morte
del presidente Lansana Contè. L’annuncio è stato dato alla radio
nazionale, letto da un capitano delle forze armate guineane questa
mattina. Nel comunicato è stata annunciata la dissoluzione del governo
e delle istituzioni, nonché "la sospensione della costituzione". Un
colpo di Stato.

A leggere il comunicato è stato Moussa Dadis Camara. Il
provvedimento entra in vigore fin da oggi. Sono sospese "tutte le
attività politiche e sindacali". "Il governo e le istituzioni
repubblicane sono disciolte", ha aggiunto Camara. Al loro posto verrà
"al più presto" creato un "consiglio consultivo" composto da militari e
civili.

I militari criticano poi il passato regime: "Le istituzioni
repubblicane si sono messe in mostra per la loro incapacità di trovare
una soluzione alla crisi" che attraversa il paese, provocando profondo
malcontento tra la popolazione e imponendo un "risanamento
economico".

Il primo atto della nuova giunta è stata la convocazione di tutti i
ministri del disciolto esecutivo e diversi altri tra notabili e alti
funzionari pubblici, che sono stati poi costretti a radunarsi in una
caserma dell’Esercito, ufficialmente per "garantirne la sicurezza".

Alla popolazione è stato inoltre ordinato via radio di "rimanere a
casa e astenersi da qualsiasi atto di vandalismo o saccheggio".
L’autoproclamato Consiglio consultivo nominerà il nuovo presidente nei
prossimi giorni, insieme al nuovo primo ministro e al suo futuro
gabinetto: il cui compito prioritario, è stato precisato, sarà
rappresentato dalla lotta contro la corruzione.

Nella notte il presidente dell’Assemblea Nazionale Aboubacar Somparè
aveva annunciato alla televisione di stato la morte del presidente
Lansana Contè, 74 anni, da tempo ammalato. Contè, un militare salito al
potere con un colpo di Stato, governava il paese africano da 24 anni.

Era salito al potere il 3 aprile 1984 e la sua era stata una
reggenza segnata da feroci repressioni: all’inizio del 2007 si erano
svolte imponenti manifestazioni popolari ostili al regime che erano
state sedate con violenza, con un bilancio di almeno 186 morti e 1200
feriti. Molte volte la gestione politica del paese era stata al centro
di critiche da parte di organizzazioni che avevano denunciato la
corruzione e la povertà della popolazione, malgrado la ricchezza in
risorse naturali del Paese.

Ferrara – Attaccata caserma polizia postale

Tratto da informa-azione:

riceviamo via mail anonima e pubblichiamo:

"Sabato 20 dicembre, poco prima dell’alba, la caserma della polizia
postale di Ferrara è stata attaccata dagli oppressi in solidarietà ai
fratelli uccisi dallo stato. Ignoti hanno lanciato uova con vernice
rosso sangue, pietre e una torcia da segnalamento ferroviario contro
questa succursale dello stato, danneggiandola. In uno scritto lasciato
ad uso e consumo dei suini, oltre a ricordare molti degli uccisi quali
Federico Aldrovandi, Sole e Baleno, Carlo Giuliani, Marcello Lonzi ed
altri, è stato lasciato un avvertimento agli assassini in divisa:
PAGHERETE TUTTO! PAGHERETE CARO!
Non abbaiare, mordi"

Torino – Negli ultimi giorni

fonte: macerie

20 dicembre Nel pomeriggio una decina di persone, alcune
delle quali travestite da Babbo Natale, entrano nel supermercato Pam di
via Porpora, zona Barriera di Milano, e poi escono senza pagare
distribuendo un volantino: «Ma quale carovita? Il cibo c’è, basta
andarselo a prendere». Poi hanno svuotato i carrelli offrendo i
prodotti alla gente che passava.
Buon natale

20 dicembre Di fronte alla chiesa di via Garibaldi all’angolo
con via delle Orfane, una trentina di anarchici delle case occupate
torinesi ha eretto una barricata di pacchi natalizi, e un albero di
Natale decorato con palloncini neri coi nomi di vari assassini di Stato
(Calabresi, Laudi, Placanica, eccetera) è stato dato alle fiamme per la
gioia di grandi e piccini.
Libri gratis

20 dicembre Una cinquantina di studenti ha distribuito
gratuitamente centinaia libri di fronte alla libreria Feltrinelli di
piazza Castello. Prima alcuni libri che si erano portati dietro, poi
quelli “fuori catalogo” che la libreria ha gentilmente regalato loro
dopo che gli studenti sono entrati in massa nel negozio.
Brucia un’auto di Torino Cronaca

20 dicembre Un’auto del quotidiano Torino Cronaca, utilizzata
da un collaboratore del settore promozione è andata a fuoco nella notte
tra venerdì e sabato in via Stradella. È la seconda volta che una
vettura del giornale, riconoscibile dagli adesivi con il nome della
testata, rimane coinvolta in un incendio.
Presido al Bennet

19 dicembre Un presidio serale davanti all’ingresso della
Bennet di via Orvieto in solidarietà con la lotta dei lavoratori del
magazzino di Origgio, in provincia di Varese, si trasforma in una gara
di insulti a staffetta nei confronti del guardione del supermercato,
che nel frattempo aveva fatto arrestare dai Carabinieri due donne che
avevano tentato di rubare un ombretto. Nessun cliente ha cercato di
impedire l’arresto, ma molti ridevano vedendo il guardione così
bistrattato.
Ancora scritte

17 dicembre Sul tappeto rosso davanti all’ingesso della sede
de La Destra di corso Francia 35/b viene tracciata la scritta “Solidali
con la Grecia”, accompagnata da una A cerchiata.
Scritte e colla

17 dicembre Nella notte tra martedì e mercoledì sulle vetrate
di alcune banche sono state tracciate diverse scritte, molte delle
quali con insulti, contro gli istituti di credito e in solidarietà con
i rivoltosi greci. Alcune scritte erano accompagnate da una A
cerchiata. In un caso è anche stata danneggiata con della colla la
serratura della porta di accesso ad un bancomat. La scritta “preti
pedofili” è stata invece rinvenuta sul portone di una chiesa fra corso
Svizzera e corso Tassoni, la stessa zona delle banche colpite.
Manichini

16 dicembre Nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, a 39 anni
esatti dall’assassinio di Pinelli, un manichino insanguinato con sopra
il cartello “Pinelli ucciso” è stato gettato davanti al portone del
commissariato di polizia del quartiere Barriera di Milano a Torino.
Nella stessa notte al cavalcavia tra corso Potenza e Corso Grosseto, di
fronte al commissariato di polizia del quartiere Madonna di Campagna, è
stato fissato uno striscione con la scritta “Calabresi assassino”. Al
parapetto è stato anche legato un manichino insanguinato.

Bologna – 40 denunce per gli ultimi disordini

fonte: il resto del carlino

Bologna, 22 dicembre 2008 – Raffica di denunce per i protagonisti
delle manifestazioni antagoniste delle ultime settimane a Bologna, in
cui si sono verificati momenti di tensione con le forze dell’ordine.
Dalla contestazione al banchetto di Azione universitaria in piazza
Verdi all’iniziativa di solidarieta’ con la rivolta studentesca in
Grecia davanti al consolato di via Indipendenza (dove alcuni anarchici
si sono presentati armati di mazze e le hanno usate contro la Polizia
durante gli scontri), fino all’occupazione delle Due Torri da parte
degli anarchici che, scacciato il custode, si sono barricati dentro per
oltre tre ore.

La Digos, dopo il lavoro delle ultime settimane, ha presentato una
relazione dettagliata in Procura, anche se ulteriori sviluppi
arriveranno una volta ultimato il lavoro di analisi di filmati e
immagini. Per i protagonisti di queste iniziative,
anarco-insurrezionalisti, attivisti di centri sociali cittadini e
studenti dei collettivi universitari, sono scattate denunce per reati
che vanno dalla piu’ “leggera” manifestazione non preavvisata alla
resistenza a pubblico ufficiale, passando per le lesioni finalizzate
alla resistenza, il danneggiamento, il porto abusivo di armi improprie
e il getto di cose pericolose.

Le persone denunciate, sommando le tre manifestazioni, sono 40, ma
il numero in realta’ e’ sfalsato, dato che diverse persone (in
particolare tra gli anarchici), gia’ note alle forze dell’ordine e con
precedenti, compaiono in tutti gli episodi.

Nel dettaglio, per l’azione di contestazione al banchetto di Azione
giovani del 27 novembre, le denunce sono 14. La protesta ando’ in scena
dopo l’irruzione dei collettivi universitari del movimento no Gelmini a
un convegno in via Azzo Gardino. Sulla strada di ritorno, in corteo,
passarono per piazza Verdi dove partirono le contestazioni al
banchetto, seguite poi da momenti di tensione con le forze dell’ordine.
Per quell’episodio, sono state denunciate 14 persone tra
anarco-insurrezionalisti, attivisti del movimento studentesco (da Cua a
Spazio sociale) e antagonisti di Crash. I reati sono manifestazione non
preavvisata, accensioni ed esplosioni pericolose, getto pericoloso di
cose oltre che resistenza, lesioni e minacce a pubblico ufficiale. Tra
queste 14 persone c’e’ anche chi ha colpito con un pugno in un occhio
il vicedirigente della Digos, per il momento non ancora identificato.

Per la manifestazione davanti al consolato greco del 10 dicembre,
scattano invece 17 denunce: otto sono a carico di
anarco-insurrezionalisti e nove appartengono al collettivo Crash.
Quel pomeriggio i due gruppi misero in scena due iniziative distinte ma
contestuali. I nove ragazzi di Crash sono stati denunciati per
manifestazione non preavvisata; per gli otto anarchici, che quel giorno
avevano al seguito mazze e bastoni, la lista e’ lunga: oltre a
manifestazione non preavvisata, interruzione di pubblico servizio,
travisamento, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, lesioni e
minacce a pubblico ufficiale, porto abusivo di arma impropria,
danneggiamento e imbrattamento. Gli anarchici denunciati hanno tra i 20
e 34 anni e sono vecchie conoscenze per gli inquirenti.

Per l’occupazione delle Due Torri del 12 dicembre, le denunce
riguardano nove anarchici. Oltre ai due ragazzi che si sono chiusi
nelle Torri, ci sono le persone (tra loro due donne) che hanno animato
un presidio di solidarieta’ sotto l’Asinelli, con momenti di tensione
con le forze dell’ordine.
In questo caso, i reati contestati a vario titolo sono manifestazione
non preavvisata, violenza privata (per gli spintoni al custode),
resistenza aggravata e lesioni a pubblico ufficiale, accensioni ed
esplosioni pericolose, invasione di terreni ed edifici, getto di cose
pericolose, danneggiamento.

 

Massima solidarietà ai Compagni Bolognesi!!!

Cile – Sull’assassinio dell’anarchico Juan

Pochi giorni fa avevamo diffuso la notizia dell’assassinio di un compagno anarchico cileno,
assassinio avvenuto all’interno di una comunità mapuche. Subito sono
stati arrestati due mapuche di quella stessa comunità e in tanti hanno
creduto alla solita montatura da parte dello stato cileno.
Contemporaneamente la comunità in questione ha mantenuto il silenzio
fino al comunicato che di seguito riproduciamo.

In pratica si conferma la versione fornita da diversi quotidiani
cileni secondo la quale Omar Huenchullan avrebbe confessato la propria
responsabilità nell’omicidio del nostro compagno. Lui sostiene che
stava maneggiando un’arma e che incidentalmente gli è partito un colpo.

E’ una brutta storia, a maggior ragione perché Juan è stato ucciso
proprio da un mapuche di quella comunità che era andato a difendere.
Brutto il tentativo di depistare le indagini da parte di Omar tentando
di pulire la scena del delitto. Brutto anche il silenzio della comunità
per diversi giorni, mentre molti anarchici sono stati indotti ad
accusare altre persone.

Sappiamo quali possono essere le conseguenze di quello sciagurato
incidente. E’ molto alta la possibilità che venga revocata la
personalità giuridica a questa comunità mapuche, con l’impossibilità ad
ottenere le terre rivendicate. Ma è proprio per questo motivo che ci
saremmo attesi un comportamento diverso da parte della comunità
rispetto a Juan, alla sua compagna, ai suoi familiari.

Noi continueremo a seguire le lotte del popolo mapuche, quelle che
meritano; ma com’è avvenuto in passato senza mitizzare e stando bene
attenti alle parole e ai comportamenti dei singoli individui.

Archivio Severino Di Giovanni


All’opinione pubblica nazionale ed internazionale, così come alle
Organizzazioni Sociali, Popolari, Politiche e a tutto il Popolo Mapuche
che ci hanno appoggiato in tutto questo processo di lotta per la
rivendicazione legittima delle nostre terre, dichiariamo quanto segue:

1.- In relazione ai fatti avvenuti il 14 dicembre, in cui si è avuta
la tragica morte di Juan Cruz, che non ancora riusciamo a capire,
vogliamo esprimere il nostro più profondo dolore per l’accaduto alla
famiglia di Juan, che merita il nostro più profondo rispetto per aver
consegnato il figlio nelle mani della nostra Comunidad Mapuche Autónoma
Temucuicui. Vogliamo chiedere anche perdono, soprattutto ai genitori,
alla sorella e Compagna Erica, anche lei ci ha accompagnati, per non
aver potuto chiarire l’accaduto prima, perché non sapevamo quel che
stava accadendo e solo avevamo certe idee sui fatti.

2.- Noi, come il resto delle delle persone, siamo venuti a
conoscenza su come si è verificata la morte di Juan man mano che
procedevano le perizie e le indagini sui fatti. Abbiamo deciso di farlo
così, perché non potevamo assicurare nulla su ciò che era avvenuto.

3.- Vogliamo mettere in chiaro che quanto accaduto non rappresenta
il modo d’agire della Comunità, bensì che è un qualcosa di ripudiabile
da tutta la nostra gente, se quanto accaduto è stato quel che
ipoteticamente ha dichiarato Omar Huenchullán. Il nostro comunitario ha
dichiarato che si è trattato di un incidente mentre stava manipolando
un’arma da fuoco, che non è stata ancora trovata. Gli incidenti possono
succedere in qualsiasi luogo, quando devono succedere. Ciò nonostante
sappiamo come lavora la Policía de Investigaciones (PDI) quando deve
trovare un responsabile. Soprattutto sappiamo quanto lunghi e tortuosi
sono gli interrogatori e come gli agenti manipolino le informazioni per
la propria convenienza. Per noi è di fondamentale importanza, così come
per la famiglia di Juan, che si trovi il colpevole e che questi paghi
per l’accaduto.

4.- Ma è anche di fondamentale importanza che il nostro werken
(portavoce) Jorge Huenchullán resti in libertà perché sappiamo che egli
non ha nessuna partecipazione o responsabilità in questo incidente.
Egli è un pilastro fondamentale e importante per le sue idee e la sua
coerenza lungo il cammino per il recupero del nostro territorio
ancestrale ed un sasso nelle scarpe degli apparati repressivi dello
stato cileno e pertanto il suo arresto risponde chiaramente ad una
persecuzione politica.

5.- Non è nel nostro potere assicurare quel che è accaduto a Juan,
perché non lo sappiamo e lo lasciamo nelle mani di coloro che stanno
indagando; ma faremo il possibile per chiarire l’orrenda situazione che
stiamo vivendo, in quanto non si tratta solo di trovare il colpevole,
ma perché si getta a terra tutto il nostro modo d’agire leale, diretto
e trasparente come abbiamo fatto in questi lunghi e ardui anni di lotta.

6.- Per noi, Juan è sempre stato un sostegno incondizionato, un uomo
rispettoso, sincero e notevolmente solidale, perché lui è venuto nella
nostra Comunità a proteggere le donne e i bambini che si trovavano soli
per via della prigione politica dei genitori, situazione che porteremo
sempre nei nostri cuori come Juan, che è stato parte di noi e
continuerà a esserlo per sempre.

7.- Chiediamo sinceramente a tutti coloro che ci hanno appoggiato
lungo tutti questi anni, a continuare a farlo perché quest’incidente
non è ascrivibile all’interno della lotta né del conflitto contro i
latifondisti, i ricchi e gli usurpatori del nostro territorio, visto
che in questo fatto è coinvolta solo una persona di tutto un insieme di
uomini e di donne che fanno parte di questa gran lotta. Questi fatti
non possono continuare a succedere in nessun luogo in cui s’è
combattuto per tanti anni.

8.- Da quel che ha dichiarato la Intendente Nora Barrientos (che
non ha mai partecipato al processo di negoziazione con la nostra
Comunità), il 18 dicembre sul quotidiano "Diario Austral" -giornale che
ha una relazione diretta con la negoziazione delle terre per le quali
abbiamo lottato tutti questi anni, vedendo la nostra gente detenuta, o
in clandestinità lasciando le mogli e i figli alla deriva- adesso lei
dice che non si negozierà con le comunità violente. La Nostra Comunità
non è mai stata protagonista di atti violenti che abbiamo relazione con
il conflitto con Renè Urban. Noi abbiamo sempre rispettato la legalità
e non siamo mai incorsi in fatti delittuosi. Quanto accaduto rispetto a
quel che ipoteticamente ha dichiarato Omar, non sarebbe nemmeno un
fatto delittuoso, bensì un incidente fortuito. Adesso questa persona
sta pensando di toglierci la personalità giuridica. Noi abbiamo sempre
sostenuto che la nostra lotta non era per una personalità giuridica che
abbiamo dovuto richiedere per obbligo, per poter avviare il processo di
negoziazione. Sebbene, certamente, la morte di Juan sia un fatto grave
che nessuno mette in discussione, non può essere messo in mezzo con il
processo inoltrato da molto tempo per la restituzione del nostro
territorio ancestrale e per la libertà di tutti i Prigionieri Politici
Mapuche che hanno portato avanti questa lotta.

9.- Lo stato cileno prepara tutto uno scenario a propria
convenienza dopo la morte di Juan, per fare ciò che volevano fare da
molto tempo. Vuole frenare l’acquisto di terreni per la Comunidad
Autónoma Temucuicui, e adesso vocifera una chiara scusa per nascondere
la sua inefficienza nel facilitare l’acquisto di terreni per la nostra
Comunità, che avrebbe finito con tutto questo conflitto.

Tutti sanno che la Comunidad Autónoma Temucuicui porta avanti molti
anni di lotta e che è stata in piedi resistendo ai Carabineros
appostati nel nostro territorio. Inoltre abbiamo sofferto una ventina
di perquisizioni senza che siano mai stati trovati un’arma o alcun peñi
clandestino. Lo stato cileno vuole distruggere in qualche modo la
nostra Comunità. Non permetteremo che questo accada; continueremo a
lottare in piedi, fermamente, resistendo in maniera legittima e degna
per recuperare le nostre terre e per la libertà dei Prigionieri
Politici Mapuche.

Comunidad Mapuche Autónoma Temucuicui
Wallmapuche Temucuicui
venerdì 19 dicembre 2008

Pistoia-Manifestazione AntifĂ  di Sabato 20 Dicembre. Resoconto.

Sabato 20 Dicembre 700/800 solidali hanno sfilato lungo le vie di Pistoia per dire no ai rigurgiti neofascisti ed in solidarietà agli antifascisti indagati per aver reagito ad un’aggressione squadrista durante un’iniziativa sui fatti di Milano dell’11 Marzo 2006.
La giornata si è aperta con la notizia che nella nottata qualcuno aveva scagliato una transenna contro la porta a vetri della sede di forza nuova (leggendo stamane -21.12.2008- il giornale abbiamo appreso che si sarebbe trattato –e la foto del Tirreno lo conferma- di una transenna che delimitava lo spazio antistante la chiesa di S. Bartolomeo), evidentemente i nazisti non stanno “antipatici” solo a noi…
Il corteo è partito intorno alle 16 dal parcheggio davanti allo spazio liberato ex Breda Est; oltre ai numerosissimi pistoiesi si sono ritrovati nella città di Cino delegazioni di compagni provenienti da varie parti della Toscana: Firenze, Prato, Viareggio, Massa, Carrara ecc…, solidarietà è giunta dai compagni Empolesi (che non sono potuti venire a causa della festa per i 20 anni del C.S. Intifada), Pisani (rimasti nella città della torre a causa della concomitanza di un’iniziativa in solidarietà ai compagni di Grecia in lotta)  Livornesi, napoletani, bolognesi, ecc…. La partecipazione così numerosa dei compagni toscani sta a significare che l’antifascismo non è MAI questione “privata”, localistica, ma problema comune da affrontare uniti e con decisione: Antifascisti sempre e dovunque.
Il corteo era aperto dallo striscione della Rete Antifascista recante la scritta “aggrediti ed indagati per antifascismo” e portato dai compagni rimasti direttamente coinvolti nei fatti di Sabato sera; a seguire i vari striscioni di movimento (“giù le mani dallo spazio liberato” portato dai militanti della palazzina; “Pistoia ripudia il fascismo” portato da vari antifascisti pistoiesi; lo striscione del circolo hochiminh, del comitato antifascista S. Lorenzo, quello dei Carc –il ferito è un loro militante-, quello dei fiorentini e degli studenti autorganizzati e quello del collettivo degli studenti pratesi), a chiusura del corteo i partiti…che  fino a qualche tempo fa guardavano ai “non inquadrati pistoiesi” con sufficienza e ora, trascinati dagli eventi sono costretti a solidarizzare con coloro che avrebbero rinchiuso volentieri nella fortezza di Pietro e Paolo a Pietroburgo…ma si sa, questa è la (loro) politica fatta di convenienze, siamo sicuri che da domani torneremo ad essere i “lebbrosi” di prima…
Tra striscioni e bandiere anche tante rossonere a dimostrazione che gli Anarchici esistono ancora (che ché ne dicano i cgiellini pistoiesi).
La manifestazione si è svolta senza problemi e tra i vari cori lanciati durante il percorso, oltre quelli in solidarietà agli otto indagati per antifascismo, vogliamo ricordare quelli in memoria di Alexis che sono partiti dalla testa del corteo a dimostrare che i fatti di Grecia non passano in secondo piano.
Il tutto si è chiuso in piazza S. Lorenzo, ormai centro dell’antifascismo a Pistoia, con l’intervento al microfono di Aldo Michelotti, arzillo ex comandante partigiano che ha ricordato a tutti come vecchi e nuovi fascismi vadano combattuti con fermezza (il suo “spazzare via tutti insieme” il neofascismo declamato nell’assemblea di Mercoledì in preparazione al corteo deve aver causato più di un mal di pancia ai “democratici antifascisti” sempre attenti a forma e contenuti di loro discorsi) e di come i nuovi fascismi siano tutti nipotini del fascista Licio Gelli, che oggi parla in televisione “e che doveva essere fucilato nel ‘44”.
Dopo questo toccante intervento La manifestazione si è sciolta.
I cortei valgono quel che valgono, l’antifascismo, che poi per non essere solo riproposizione nostalgica dev’essere legato indissolubilmente all’anticapitalismo, all’antitotalitarismo ed all’antiautoritarismo, dev’essere vissuto ogni giorni in ogni singola azione. Noi lo facciamo, lo avranno capito anche i vari drogati di partitismo?