Libertà per Tonino!

www.toninolibero.org

Ancora provocazioni, ancora montature, ancora
arresti. In momento in cui i conflitti sociali sembrano destinati ad
acuirsi di fronte alla profonda crisi che il capitale sta attraversando,
la morsa repressiva si stringe sempre più forte contro i compagni
impegnati nelle lotte. Ai fascisti, come sempre, il ruolo di provocare,
attaccare, sabotare le lotte degli studenti, dei lavoratori e di tutti
gli oppressi e aiutare le questure nella costruzione di montature
poliziesche che sempre più spesso portano a denunce, perquisizione ed
arresti. E’ questo il copione che è andato in scena a Napoli e che ha
portato all’arresto di Tonino, lo stesso che da Firenze a Livorno, da
Verona a Pistoia negli ultimi tempi ha portato dietro le sbarre numerosi
compagni.

E’ così che mentre i fascisti aggrediscono e accoltellano impuniti,
Tonino rischia di dover scontare anni di prigione per la semplice colpa
di essere un compagno, un rivoluzionario, un anarchico.

In una sistuazione del genere, la coltivazione del conflitto sociale e
la pratica militante dell’antifascismo sono due inseparabili risposte
che, quartiere per quartiere, città per città, siamo chiamati a dare.

Incondizionata solidarietà e vicinanza a Tonino, alla sua famiglia e ai
suoi compagni.

LIBERTA’ PER TONINO!

Per il conflitto sociale
Spazio Liberato 400Colpi – Firenze
www.400colpi.org

Leonardo Landi condannato a 6 anni in primo grado

Ieri 20 Luglio si è svolta a Lucca l’ultima udienza del processo a
Leo.
La richiesta della P.M. era di 6 anni per rapina con
l’aggravante di terrorismo, la corte ha escluso l’aggravante confermando
però una condanna a 6 anni di reclusione.
Un processo lungo, una
sentenza già scritta, non solo per i cinque minuti di camera di
consiglio che sono serviti ai giudici per decidere, ma anche per il
clima repressivo che contraddistingue ormai da anni la Toscana e per
l’andamento più generale che vede il potere imporsi sempre più nel
tentativo di eliminare ogni nemico che più o meno coscientemente gli si
para davanti.
Ci fa inevitabilmente rabbia sapere che Leo rimarrà
ancora in galera, non stupisce che gli abbiano voluto far pagare il suo
essere anarchico, l’aver sempre portato avanti a testa alta le sue idee,
con determinazione le lotte, con la pratica il suo amore per la
libertà.
Molto spesso ci siamo trovati a parlare e ad occuparci di
repressione, anche quando avremmo preferito dedicare tutte le energie
alle lotte senza "rincorrere" le scadenze che ci venivano "imposte".
Questi
anni però ci hanno fatto riflettere molto su quanto sia stata e sia
fondamentale una solidarietà attiva e concreta ai compagni e alle
compagne, tanto più se imprigionati.
A loro, infatti, viene fatto
pagare il prezzo di una guerra dichiarata contro una realtà
inaccettabile.
Noi al loro fianco continuiamo a preferire l’attacco
al nemico allo sterile piagnisteo sulle sue brutture. Preferiamo non
fermarci impotenti di fronte agli ostacoli che incontriamo sul nostro
percorso, ma cercare il modo di scavalcarli.
La libertà non si
mendica ma si conquista!
Quando colpiscono uno di noi intendono
tutti!
La rabbia non si placa, il pensiero e il cuore a Leo.
    

           Anarchiche e anarchici di
via del cuore

Appello per una campagna di solidarietà per Marco Camenisch

Appello per una campagna di solidarietà per Marco Camenisch

Marco Camenisch, conosciuto per la sua partecipazione attiva al movimento antinucleare negli anni settanta, è un prigioniero politico incarcerato da quasi 20 anni. Durante tutti questi anni ha partecipato a lotte, campagne e proteste dentro e fuori dal carcere come anarchico ecologista combattente. Attualmente è detenuto nel carcere Poeschwies / Regensdorf vicino a Zurigo.

Fra due anni (nel 2012) sarebbe possibile arrivare alla sua scarcerazione in libertà condizionale, che dovrebbe venirgli concessa per principio, secondo la norma del sistema carcerario svizzero. Ma la situazione di Marco è particolare. Tutti i benefici e le misure per prepararsi alla liberazione gli sono rifiutati categoricamente. Il supporto sanitario, di cui necessita in quanto malato di cancro, resta insufficiente. I normali periodi di licenza dal carcere gli vengono negati in base al fatto che lui non rinnega la sua fede politica e che ha troppi amici e amiche in  tutto il mondo, che potrebbero aiutarlo a scappare, anche se allo stesso tempo, avere delle buone relazioni sociali fuori della galera dovrebbe essere una condizione favorevole alla scarcerazione condizionale. 

Tutto ciò suggerisce che le autorità giudiziarie concedano la libertà condizionale solo ai/alle detenuti/e che si sono piegati/e o adattati/e. Questa tendenza si può constatare per quasi tutti/e i/le prigionieri/e politici/che segregati ai margini delle metropoli. I detenuti e le detenute che difendono la loro identità politica sono sepolti vivi nelle galere, anche se hanno già espiato la condanna inflitta. Il tutto con l’intenzione di indebolire i progressi del movimento al quale appartengono – e di mantenere viva la paura del carcere come arma dei potenti.  Alcuni esempi fra tanti che potrebbero servire come esempio sono Leonard Peltier negli Stati Uniti, i prigionieri e le prigioniere di Action Directe in Francia o i militanti baschi prigionieri dello Stato spagnolo.

Per queste varie ragioni facciamo un appello, insieme al Soccorso Rosso Internazionale, per una campagna internazionale di solidarietà con Marco Camenisch, che si vuole unire alle lotte per la libertà di altri/e prigionieri/e politici/che con lunghe condanne da scontare in altri paesi o continenti. Non vogliamo perdere di vista la prospettiva di una società senza galere, e abbiamo già cominciato la campagna il 19 di giugno, giorno d’azione per i/le prigionieri/e antagonisti/e e contro il carcere.

Vi domandiamo di sottoscrivere l’appello del Soccorso Rosso Internazionale. Fate girare le informazioni sui vostri website o altri canali d’informazione. Partecipate secondo i vostri punti politici essenziali e unitamente ai prigionieri e alle prigioniere a voi vicini. Partecipate alla giornata d’azione internazionale il 18 e 19 di settembre.

La solidarietà è un’arma

amici/che e compagni/e di marco camenisch

giugno 2010

scrivete a Marco ( non dimenticare di mettere un mittente):
Marco Camenisch
postfach 3143
ch-8105 regensdorf

sostenete Marco:
conto 87-112365-3 (PAN-IG, ch-8000 zuerich)

per contattarci:     marco_camenisch@yahoo.de

Mori (TN) – Scritte contro Misericordia e Cie

Apprendiamo dai giornali locali che il 2 giugno, a Mori (cittadina nei
pressi di Rovereto), le autorità politiche, religiose e militari che si
accingevano a festeggiare questa bella Repubblica nella chiesa del paese
hanno trovato ad attenderle sui marmi delle scritte: "La Misericordia
uccide", "Basta lager, basta CIE".
Il parroco è riuscito in un
exploit orwelliano, dichiarando che forse con simili gesti si vuole
attaccare la Chiesa per la sua posizione troppo favorevole agli
stranieri… 

Brindisi – Fuga dal CIE

fonte: corriere del mezzogiorno

Nel
Centro di identificazione ed espulsione sono presenti circa 80
immigrati. Da mesi accadono episodi simili 

BRINDISI – Nuovi
disordini si sono verificati nel Centro di identificazione ed espulsione
(Cie) di Restinco a Brindisi dove sono ospitati una ottantina di
extracomunitari per i quali è stata decisa l’espulsione dall’Italia. Un
gruppo di migranti è riuscito a forzare un cancello attraverso il quale
una quindicina di loro sono riusciti a fuggire. Anche in questo caso ci
sono stati degli scontri tra gli appartenenti alle forze dell’ordine e
del battaglione San Marco che svolgono la sorveglianza del centro.

È
stato proprio durante questi momenti concitati che una parte dei
clandestini è riuscita ad aprirsi un varco attraverso un grosso cancello
del centro di Restinco. Tutto questo è accaduto ad appena 48 ore dal
precedente episodio nel corso del quale ci sono stati sette feriti,
cinque dei quali tra le forze dell’ordine. Da mesi ormai nel Cie di
Restinco si ripetono episodi simili. In passato, tra l’altro, anche il
sindacato di polizia aveva preso posizione proprio per sottolineare le
difficoltà degli agenti che operano in condizioni difficili.

27 maggio 2010

Pieve di Cento – Nuovo caso di brutalità poliziesca e querela madre di Aldrovandi

Pieve di Cento (Bo) – Nuovo caso di
brutalità poliziesca

Avevamo appena finito di scrivere
dell’episodio dei ragazzi
picchiati nella caserma di Via del Campo
dei Carabinieri di
Ferrara, quando un nuovo caso si va ad aggiungere alle decine e decine
di consimili che vedono i solerti paladini in uniforme accanirsi sui
corpi di coloro che, di volta in volta, capitano sotto le loro mani
pruriginose.

Questa volta è toccato ad un trentenne della
provincia di Bologna, che il pomeriggio del 24 marzo scorso (2010)  si è
trovato a dover subire le malevoli attenzioni dei “valorosi” di turno,
stavolta rappresentati degnamente dagli agenti della polizia municipale
operante a Pieve di Cento, piccola località in provincia di Bologna ma
la cui competenza territoriale appartiene alla procura di Ferrara.

Il
ragazzo, percorrendo una strada da Cento (Fe) in direzione Pieve di
Cento, veniva inseguito da una macchina dei Vigili della polizia
municipale della stazione Reno-Galliera di San Giorgio di Piano (BO),
competente per zona; una volta fermato, secondo il racconto dello
stesso, veniva minacciato da uno dei vigili con una pistola puntata alla
testa per poi essere trasportato al comando, giustificando l’atto con
il rifiuto di sottoporsi all’etilometro e con il solito abusato reato di
resistenza e lesioni (i “poveri” agenti si sono fatti refertare
prognosi di 3 giorni per irreparabili danni ai polsi).

Una volta
in caserma, denudato e perquisito, sarebbero iniziati gli insulti, le
minacce e le botte, documentate poi dallo stesso ragazzo per mezzo di
foto che mostrano in maniera eloquente un grosso livido al costato ed
altri su braccia ed altre parti del corpo.

La vicenda è arrivata
alla procura ferrarese, che ha indagato per minacce e lesioni due agenti
e che visionerà le immagini video delle telecamere posizionate nel
comando dei vigili.

Questo il racconto dell’avvocato del ragazzo:

“(…)
è stato sottoposto a perquisizione personale e dell’auto senza poter
chiamare un avvocato e senza che gli venisse rilasciato un verbale, è
stato picchiato a mani nude e il medico legale ha confermato la
compatibilità delle lesioni (lividi al collo, braccia e ad un fianco)
con il suo racconto”.

Il legale che assiste gli agenti della
polizia municipale è invece Alberto Bova, in passato già difensore di
altri servi in divisa accusati di abusi.
 



FERRARA: QUERELATA LA MAMMA DI ALDRO.

Intanto
è di questi giorni la notizia
di un’ennesima querela, per dichiarazioni rilasciate ad alcuni giornali
ritenute diffamatorie, contro la mamma di Federico Aldrovandi,
presentata da tre dei quattro poliziotti condannati in primo grado per
la responsabilità diretta nella morte del diciottenne ferrarese (i tre
querelanti sono Enzo Pontani, Monica Segatto e Luca Pollastri).

Altre
intimidazioni sotto forma di querele erano giunte, in passato, alla
famiglia e agli amici di Aldro, sempre da parte di poliziotti e
dirigenti della Questura estense.

 

anarchici
ferraresi

Anche la Toscana avra’ un cie entro l’ anno

Maroni lo ha annunciato in un question
time alla Camera

(ANSA) – ROMA, 26 MAG – Entro la fine dell’anno
si avvieranno i lavori per quattro nuovi Centri di identificazione ed
espulsione in Veneto, Toscana, Marche e Campania.

Lo ha annunciato il ministro dell’Interno Roberto Maroni nel corso del
question time alla Camera, sottolineando che l’obiettivo del governo e’
quello di realizzare un Cie in ogni regione italiana entro la fine della
legislatura. Per un contrasto adeguato all’immigrazione clandestina
”occorre potenziare i Cie”, ha detto Maroni.

(ANSA).

Resistenza sugli aerei delle deportazioni

Da Indy Piemonte:

Ve lo ricordate Mamadou, il ragazzo senegalese che all’inizio di maggio
era riuscito a perdere l’aereo della deportazione, finendo in carcere e
poi di nuovo dentro al Cie di via Corelli? Ebbene, questa mattina, con
la scusa di un foglio da firmare, lo hanno preso da dentro al Centro e
lo hanno riportato a Malpensa dove, legato ed imbavagliato, è
stato fatto salire sull’aereo. Questa innocente “precauzione” dei
funzionari di polizia che lo accompagnavano, però, ha sortito l’effetto
contrario di quanto desiderato: il comandante dell’aereo, vedendolo così
impacchettato, si è rifiutato di accettarlo a bordo ed ora Mamadou, che
ha fatto un bel casino una volta che si sono decisi a liberarlo da
lacci e bavagli, è di nuovo in via Corelli.

Gradisca D’Isonzo – Sommossa con evasione dal Cie

Fonte: il piccolo

21/05/10

In
40 salgono sui tetti del Cie, 17 fuggono

GRADISCA Rinchiusi in
40 in una stanza da otto, sono riusciti a fuggire dal Cie. È iniziata
così la seconda evasione di massa dalla struttura per immigrati in
appena due settimane. L’episodio si è verificato nella notte fra
mercoledì e giovedì, attorno alle 3. Ancora una volta gli immigrati
rinchiusi nel Cie – in larga parte tunisini – sono riusciti ad
arrampicarsi sul tetto del complesso e a tentare la fuga lanciandosi
oltre il muro di cinta, nel vuoto, da oltre 4 metri d’altezza: questa
volta è andata bene a 17 di loro, riusciti a far perdere rapidamente le
proprie tracce nella campagna circostante avvolta dall’oscurità. Le
ricerche che ne sono seguite non hanno prodotto risultati. Più o meno
altrettanti, 19, sono stati invece immediatamente ripresi dalle forze
dell’ordine. Nella notte fra il 5 e 6 maggio erano riusciti a darsi alla
macchia in nove. Ma questa volta, oltre che per i numeri, l’evasione è
clamorosa anche per la ricostruzione che ne è stata fatta nel primo
pomeriggio di ieri. Un folto gruppo di clandestini, sembra in tutto 39,
di etnia maghrebina e apparsi particolarmente “caldi” nelle ore
precedenti, sarebbe infatti stato rinchiuso in una stanza da appena 8
posti allo scopo di limitarne le velleità di rivolta e – chissà – le
possibilità di fuga. E invece la scelta si è rivelata un’arma a doppio
taglio. I nordafricani – altro fatto incredibile – sono riusciti a
raggiungere il tetto forzando la stessa, medesima grata utilizzata nella
fuga di due settimane prima. Si tratta di un pertugio collocato in una
sorta di atrio d’ingresso della cella vera e propria. Quella grata
l’hanno forzata facendo leva tutti assieme, a turno, probabilmente anche
grazie a qualche spranga nascosta con cura nella stanza. A quel punto,
hanno agevolmente avuto accesso al tetto della struttura e hanno potuto
portarsi in un attimo davanti all’ultima barriera, lasciandosi andare
nel vuoto prima di correre a perdifiato nella notte. Fra loro anche
l’immigrato che nei giorni scorsi si era cucito per protesta la bocca
con ago e filo, venendo ricoverato d’urgenza al nosocomio goriziano. A
differenza di altre occasioni, nessuno ha rimediato conseguenza nel volo
oltre il muro di cinta. Solo l’immediato intervento della vigilanza,
invece, ha scongiurato un’evasione più massiccia. «Essere riusciti a
riprenderne la metà è già un ottimo risultato per come si era messa la
situazione», riflette il segretario provinciale del Sap, Angelo Obit.
Che pone l’accento sulle responsabilità dell’ente gestore, il consorzio
Connecting People: «Non solo la scelta di rinchiudere 40 immigrati in
una stanza da otto persone si è rivelata un autogol, anche perchè il
tutto è avvenuto nello stesso atrio di due settimane prima – afferma –
ma la decisione non era neppure stata comunicata al personale deputato
alla sorveglianza esterna. Solo la prontezza delle forze dell’ordine ha
limitato i danni: bloccare tutti i fuggitivi sarebbe stato fisicamente
impossibile».

Napoli – Comunicato di compagni anarchici su fatti del 1° maggio e abitazione perquisita

riceviamo e diffondiamo:

Martedi
11 maggio l’abitazione di un nostro compagno è stata perquisita dalla
Digos in merito all’indagine in corso per i fatti del primo maggio a
Napoli.
Ricordiamo che durante il corteo alcuni fascisti di casa
pound sono stati riconosciuti e allontanati.
Si è arrivati al
contatto fisico durante il quale una delle merde è stata accoltellata
all’interno di un negozio dove si era rifugiato.
In merito a questo
eventi venerdi 14 maggio su "il Mattino" di Napoli  è apparso un
articolo infamante firmato da Leandro del Gaudio in cui, evidentemente
imbeccato dalla digos, il bastardo pennivendolo addossa tutta la
responsabilità del fatto al nostro compagno e indica l’area anarchica
come responsabile dell’aggressione ai fascisti e verso cui sarebbe
rivolta l’attenzione de gli inquirenti.
Da notizie non ancora
ufficiali sembra che il nostro compagno sia accusato di concorso in
tentato omicidio in quanto riconosciuto dalle immagini delle telecamere
del negozio come uno degli aggressori. Non è ancora chiaro se sia stato
emesso un mandato di arresto in quanto il nostro compagno non era
presente al momento della perquisizione.
Tutta la nostra solidarietà
va al nostro compagno inquisito e tutto il nostro odio ai ai fascisti,
agli sbirri e ai giornalisti.
Daremo degli aggiornamenti non appena
avremo delle notizie più precise.

Anarchici a Napoli