TUTTI A SAN SALVI SUBITO!
in questo momento stanno sgomberando villa panico…
TUTTI A SAN SALVI SUBITO!
in questo momento stanno sgomberando villa panico…
fonte: corriere
MILANO – E’ stato un immigrato boliviano
clandestino a bloccarlo, dopo che aveva fatto esplodere un bancomat con
liquido infiammabile. Così uno studente vicino ad ambienti anarchici,
impegnato in quella che secondo lui era un’azione dimostrativa anti G8,
è stato arrestato dalla polizia. Marco Filippo Baldini, 25 anni, ha
compiuto il suo attacco giovedì mattina intorno alle 5.40, contro la
filiale della Banca popolare commercio e industria di piazzale De
Agostini (zona via Washington). L’esplosione è stata ripresa dal
sistema di videosorveglianza.
IL FILMATO – Il ragazzo, che frequenta l’Università
Bovisa, è stato ripreso in modo nitido mentre, dopo aver parcheggiato
la sua bicicletta, ha versato del liquido infiammabile all’interno del
bancomat e ha dato fuoco ad una miccia, causando l’esplosione del
bancomat stesso. Il ragazzo, con il volto coperto da passamontagna e
vestito con una maglietta verde e un bermuda militare, si è dato alla
fuga, ma è stato inseguito e bloccato da un cittadino boliviano senza
regolare permesso di soggiorno. Il suo intervento ha permesso agli
agenti delle Volanti di arrestarlo per danneggiamento e denunciarlo per
il possesso di armi: con sé aveva un coltello multiuso, mentre si era
disfatto dei guanti e dell’accendino trovati poco più in là. Il giudice
ha disposto il rinvio dell’udienza a lunedì mattina e ha rimesso in
libertà l’imputato con l’obbligo di firma. Gli investigatori hanno
richiesto a Vincenzo Indolfi, questore di Milano, che all’immigrato
venga concesso un permesso di soggiorno per «motivi umanitari» dopo il
senso civico dimostrato.
ALTRI DANNI – Il danneggiamento del Bancomat non è
l’unico atto contro il G8 che il mondo anarchico milanese ha segno.
Sempre nella stessa serata è stato danneggiato un altro Bancomat in via
California. In questo caso, però, ad agire sono state due persone che
oltre a danneggiare la struttura della banca Monte dei Paschi di Siena
ha lasciato una scritta ben visibile: «G8 sempre, G8 ovunuque». Altre
scritte sono comparse in via Gola, dove c’era la sede di uno dei
maggiori centri sociali di Milano. Il ragazzo arrestato non ha
precedenti ma risulta già noto agli uomini della Digos perché frequenta
gli ambienti anarchici della città. I poliziotti sono sulle tracce
degli altri due autori del danneggiamento.
SABATO 11 LUGLIO, ORE 17: PRESIDIO DAVANTI AL CARCERE "LE SUGHERE"
gli Anarchici non dimenticano
ci scrive Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi, ucciso dalle Guardie Penitenziarie nel carcere delle Sughere di Livorno
Sono Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi e voglio fare questo appello prima del racconto della
giornata di ieri in Procura di Livorno. Credo che con la nostra
presenza al presidio di sabato 11 luglio 2009 dalle ore 17 alle ore 21,
dove ricorderemo a 6 anni esatti la morte di Marcello per mani dei
secondini, davanti al carcere delle Sughere di Livorno, anche
dedicandogli un concerto fino alle ore 21, dobbiamo sottolineare che la
verità sull’assassinio di Marcello non può essere fraintesa o nascosta
con mezze verità e non capisco le difficoltà a chiudere l’indagine
quando tutto è rintracciabile: gli orari di servizio, la presenza del
personale, le dichiarazioni dei detenuti, i cambiamenti accomodanti
dell’ora esatta della morte di Marcello, le coperture rivelatesi
ambigue ed inconsistenti della direzione del carcere ed infine lo
scandaloso referto medico-legale di infarto o stress. I colpevoli sono
certamente individuabili ma nessuno li vuole incolpare. "non ho fiducia
nella giustizia che vede con gli occhi dello stato" Ciao a tutti all’11
luglio alle ore 17 davanti al carcere di Livorno. Questo è un resoconto
dell’incontro in Procura del l’8 luglio 2009. "Sono stata 50 minuti
nell’ufficio del Procuratore capo della Procura di Livorno Dott. De
Leo, per avere notizie relative agli ultimi sviluppi dell’inchiesta
sulla morte di Marcello. Dopo una chiacchierata -incontro
sull’inchiesta in generale ho chiesto certezze relative
all’individuazione dei colpevoli della morte di mio figlio e lo
smascheramento delle coperture istituzionali dei colpevoli. Alla mia
determinazione nel sospetto di forti perplessità sulla paura di toccare i colpevoli, cioè i secondini, riferendomi anche alla morte di Aldrovandi, abbiamo parlato anche del fatto che per i suoi genitori si siano comunque individuati dei colpevoli, il dott. De Leo ha annuito con la
testa. A questo punto io ho proprio detto: "non è che c’è qualcuno che
ha paura dei secondini?" Il dott. De Leo mi ha risposto " Io no, non ho
paura della polizia penitenziaria " Io ho ribadito le mie perplessità
relative alla lungaggine pretestuosa dell’indagine che non è, ad oggi
dopo 6 anni dalla morte di Marcello, arrivata a nessun risultato.
Nonostante che le foto del suo corpo martoriato parlino molto
chiaramente delle cause reali che hanno provocato la sua morte. Il
dott. De Leo comprendeva le mie perplessità ma ribadiva le vie ed i
tempi dell’inchiesta che forse chiuderà a dicembre dopo aver acquisito
la consulenza medico legale richiesta, che è basata sull’esame delle
fotografie.Dovrebbe essere facile!. Vi faccio un riassunto del percorso
relativo alle consulenze medico-legali dell’inchiesta. Il dott. Bassi
Luciani Alessandro ha effettuato la prima autopsia richiesta dal dott.
Pennisi Roberto della Procura di Livorno che fece scattare
l’archiviazione visto il referto di morte naturale per infarto o
stress, con il riscontro di 2 costole rotte. Alla riesumazione della
salma il Prof. De Ferraris di Brescia, nominato dalla Procura di
Livorno dal Dott. Giaconi e il dott. Marco Salvi di mia nomina
riscontrarono 8 costole rotte ed altre gravi incongruenze con il primo
referto medicolegale.
Mi domando a cosa può servire questa nuova consulenza basata sulle fotografie che tra l’altro parlano da sole anche a chi non sa niente di infarto o stress.
Fotografie che parlano di un corpo martoriato e pestato a sangue fino
alla sopraggiunta morte. A questo proposito riporto anche questa mia
diretta testimonianza. Ero presente alla testimonianza di un allora
detenuto nella sezione dove è successo il fatto alle Sughere. La sua
dichiarazione afferma che tra le 15,30 e le 17 i secondini hanno chiuso
i blindati (I portoni delle celle) e nella sezione si sentivano voci
sconosciut e e rumori distinti di tramestii e passi veloci che facevano
intuire , meglio capire, che stava succedendo qualcosa di grave a
qualche detenuto della sezione. Solo l’indomani mattina del 12 vennero
a sapere della morte di mio figlio. In quella occasione il dott.
Giaconi immediatamente mi ha fatto entrare nella stanza e il testimone
dopo la lettura con me presente ha confermato tutto firmandola e il
dott. Giaconi ha aggiunto " A questo punto entra la signora Maria
Ciuffi " Anch’io apponevo la mia firma sul verbale. Se si procedesse
con la logica dei riscontri processuali le vere cause e i veri
colpevoli dell’omicidio di Marcello avrebbero già un nome e anche un
cognome. Che vergogna! Quando la verità indica quello che succede
all’interno di una istituzione come il carcere non la si vuole ammettere!
Ciao a tutti i solidali.
Maria Ciuffi.
– E’ normale che qualcuno si arroghi il diritto di decidere figli e figliastri durante una manifestazione?
Una riflessione:
In piazza si è assistito alla volontà di un sindacato di base di dirigere la nuova ondata di dissenso che sta attraversando il paese in maniera esclusiva e con modalità univoche; la volontà egemonica dei cobas si dimostrò già ai tempi del sedicente sciopero "generale dei sindacati di base", convocato in maniera verticistica da cobas appunto, cub ed sdl, senza consultare le rispettive "basi", ed escludendo per volontà bernocchiana SLAI ed USI (l’uno per dissidi con il leader maximo cobas, gli altri perché piccola realtà anarcosindacalista non degna di menzione…); l’esperienza si è ripetuta a l’Aquila.
Nel capoluogo abruzzese si è assistito ad un corteo "fatto perché doveva essere fatto", ma privo di quel reale contenuto d’opposizione radicale che dovrebbe caratterizzare una mobilitazione contro il G8…a cosa è servito, lo chiediamo nuovamente, un corteo tra i campi? A chi è giovato? Dal camion hanno detto che il baraccone è servito quanto meno come segno di maturità del movimento…ma ci chiediamo che movimento e quale maturità? Se ci accontentiamo di finire con le nostre bandieruzze in tv ok, lo scopo è stato raggiunto, ma se l’obbiettivo fosse quello di contribuire a generalizzare il dissenso (la rivolta diremmo noi) allora…fallimento completo.
A fronte di tutto ciò a mio vedere l’epoca dei grandi raduni di piazza ha fatto il suo tempo; la possibilità di una reale trasformazione dell’esistente, che vada di pari passo con una trasformazione del sentire individuale e collettivo non può che passare dall’incentivazione delle sacche di resistenza locali che si oppongono alle devastazioni sociali ed ambientali (discariche, inceneritori, rigassificatori, tav, basi ecc…), facendo sì che queste non scadano e si diluiscano in un mero rapporto di dialogo con il potere (che vorrebbe dire sconfitta) o in una lotta basata sulla "richiesta", su ricorsi e referendum (l’esperienza dimostra la loro inutilità), ma che mantenga tutte le sue caratteristiche di radicalità (nelle modalità e nelle richieste) e che si basi sulla volontà degli individui di auto determinare il proprio futuro, un futuro basato sull’autogestione ed il mutuo appoggio.
Le esperienze di tante mobilitazioni popolari (TAV, Basi…) dimostrano non solo che l’autogestione delle lotte è possibile, ma che queste risultano incidenti fin tanto che non accettano le modalità di confronto che il potere impone, che prevedono tutti i mezzi per riassorbire il dissenso e le rivendicazioni popolari entro l’alveo del sistema vigente di priorità (il profitto) e valori (i mercati).
Con questo non voglio dire che le piazze abbiano perso di significato, ma voglio dire che lo hanno e lo avranno solo se quell’ambito sarà la risultante ed il punto d’incontro di tante esperienze di lotta quotidiane. Solo così, a mio vedere, si potrà sperare di cambiare realmente le cose. Meglio tante piccole braci, che si sviluppano e covano -apparentemente- sotto le ceneri, che un unico grande incendio ogni tanto…
E’ questo il bilancio definitivo dell’operazione sbirresca di ieri
mattina messa in atto dagli “uomini” della Digos fiorentina. L’
“operazione pianificata”, come viene definita dalla stessa questura sui
giornali di oggi, era iniziata con il fermo dei cinque compagni in
piazza Dalmazia. Questi, mentre si dirigevano verso la stazione per
raggiungere il corteo contro il G8 a Roma, sono stati seguiti e poi
circondati da un numero spropositato di agenti.
Il movente dell’intera operazione sarebbe stata la “ricerca di armi ed
esplosivi” di cui, nelle ridicola e pretestuosa montatura poliziesca,
gli studenti non solo sarebbero stati in possesso, ma che si
preparavano ad usare nella stessa giornata per attentare alla vita del
Presidente della Repubblica in visita a Viareggio per i funerali di
stato.
Di fronte all’esito negativo di tutte le perquisizioni, la Digos si è
accontentata di sequestrare caschi, passamontagna, libri, “82 etichette
adesive”, un “tubo a vite per candela”, “volantini incitanti alla
violenza”, qualche foglio scarabocchiato e… una “felpa con cappuccio
di colore blu”!
Durante le dodici ore passate in questura, la digos non ha esitato ad
alzare le mani contro alcuni dei fermati allo scopo di estorcere
qualche parola con la forza, mentre ai genitori costretti a raggiungere
la questura per consentire il rilascio dei figli minorenni, non sono
state risparmiate le solite squallide e infami strategie atte a
terrorizzare ed intimidire le famiglie.
E’ chiaro come quanto accuduto a Firenze sia un episodio da inscrivere
in un contesto nazionale, che solo pochi giorni fa a visto 21 arresti e
perquisizioni in tutto il paese contro altrettanti studenti colpevoli
di aver partecipato al corteo contro il G8 dell’Università a Torino,
mentre sempre ieri, nelle stesse ore, 36 compagni venivano fermati al
corteo a Roma, e 8 di loro arrestati.
Eliminare ogni dissenso reale. Soffocare ogni focolaio di rivolta. Sono
queste le parole d’ordine di un sistema in “crisi”, che si vede sempre
più minacciato da dei conflitti sociali della cui imminente crescita
sembra essere ben consapevole. E’ in questo contesto che gli studenti,
medi ed universitari, diventano tra i primi bersagli da colpire, dopo
essersi resi protagonisti nell’ultimo anno di una serie di
mobilitazioni, spesso radicali, radicate ed incisive nei contenuti come
nelle pratiche, inaugurate con le occupazioni delle scuole e delle
università dell’autunno scorso.
Dopo le cariche, le piogge di denunce, gli sgomberi e le
initimidazioni, che gli studenti fiorentini hanno imparato a conoscere
sulla propria pelle, gli avvenimenti di ieri segnano un “salto di
qualità” della repressione, che gioca come al suo solito l’ultima carta
del “terrorismo” per colpire chi continua senza paura a ribellarsi
nelle scuole, nelle università e nelle strade (… delle strade sempre
più negate e violentate dagli afibi dell’Esercito, schierato in città
come prescritto dal progetto NATO Urban Operation 2020, che prevede per
quell’anno l’esplodere del conflitto sociale).
LA VOSTRA CRISI E’ IRREVERSIBILE
LA NOSTRA RIVOLTA E’ INARRESTABILE!
SOLIDARIETA’ AI COMPAGNI DI OGNI DOVE FERMATI E PERQUISITI
LIBERTA’ PER TUTTI GLI ARRESTATI!
gli studenti e le studentesse della Rete dei Collettivi
Firenze, 8 Luglio 2009
stralci da un comunicato su indymedia atene
Negli ultimi tempi, lo stato greco e i suoi scagnozzi neo-nazi
stanno cercando di intensificare gli attacchi contro i migranti poveri.
Per il 7 luglio, anarchici e antiautoritari hanno indetto una marcia ad
Atene, in risposta ai recenti attacchi dei fascisti nei quartieri
abitati da migranti, volti a impedire il loro ingresso in giardini,
parchi e spazi pubblici in generale, nonché contro le operazioni di
“pulizia urbana” operate dalle forze dell’ordine. Una situazione non
dissimile da quella che si respira in Italia, con lo stesso processo di
propaganda xenofoba operata da media e forze politiche che si completa
in attacchi di strada e nel generale silenzio assenso alla detenzione
di massa e prolungata nei campi di detenzione per migranti.
La marcia è partita alle 20 da piazza Omonoia, nel centro di Atene,
circa 2500 persone; la polizia che, visti i numeri, si tiene a debita
distanza. Centinaia di volantini di contro-informazione, discorsi e
azioni: come la distruzione di telecamere di sorveglianza e bancomat.
La manifestazione si dirige verso verso Agios Panteleimonas,
quartiere scenario di recenti attacchi di ultra-nazionalisti contro i
migranti. Quando la testa del corteo si accingeva a entrare nell’area,
la polizia ha iniziato a lanciare lacrimogeni e “granate shock” (che
fanno botto e flash). La risposta del corteo sono state pietre, molotov
e fumogeni. Insieme alla polizia anche squadracce di
ultra-nazionalisti, uno di questi si da fuoco cercando di usare una
molotov contro i compagni, uno sport in cui i fascisti non riescono
bene. I manifestanti hanno striscioni in greco, inglese, francese,
arabo e albanese, come “Guerra ai padroni – Solidarietà con i migranti”.
La marcia, ben difesa, si sposta verso l’ASOEE, università di
economia. Compagni che entrano nel campus, altri che escono per
fronteggiare la polizia. Molti migranti partecipano alla manifestazione
e attaccano i Deltades, guardie schierate in attesa che arrivino i
poliziotti, in piazza Victoria. Dopo il corteo, il quartiere di Agios
Panteleimonas risulta ripulito da fascisti e polizia.
[Francesco chiede se qualcuno può tradurre la lettera in spagnolo ed in inglese]
Cari compagni,
è più di 2 anni che io e il mio amico e compagno
Daniele siamo stati fatti prigionieri dalla dittatura democratico –
borghese. La mattina del 12 giugno 2007 nel piccolo paesino di Terrina,
provincia di Lucca, a detta dei 2 testimoni, una persona vestita di
nero, con casco integrale ed occhiali neri, alto 1.60-1.65, magro e con
accento non italiano, si fa consegnare 3460 euro dalla direttrice
dell’ufficio postale; restituendo il portafoglio ad
una cliente, senza prendere niente al suo interno. Dopodiché si allontana facendo perdere le sue tracce.
Questo
avviene verso le 12:15 Ore 18:00, a circa 15-20 km di distanza io e
Daniele stiamo prendendo il sole ai piedi di una montagna. Vicino
all’unica strada principale della zona, arrivano quattro persone a
pistole spianate, senza
identificarsi, ci catturano e iniziano a farci domande senza ottenere risposta.
Sequestrano
dei soldi che erano nello zaino dicendo che venivano da una rapina, ma
le cifre assolutamente non coincidono. Questo a meno che non facciano
qualche magia per farli corrispondere.
Dicono di aver trovato una
moto dall’altra parte della montagna, che secondo loro noi avremmo
abbandonato. Si dimenticano di dire che per fare questo avremmo dovuto
scalare una montagna di 1200mt e riscendere dall’altro lato. Vicino
alla moto trovano un casco ma non integrale. Non è stata ritrovata né
un impronta, né un frammento di DNA nostro su nessun oggetto
incriminante. Io sono alto 1.78 e peso 93 Kg, pratico Thai boxe e
sollevamento pesi, per questo ho una corporatura molto riconoscibile.
Daniele è alto 1.85.
Le descrizioni non coincidono per niente, ma il risultato non cambia, rimaniamo prigionieri del nemico.
Un
altro fatto da tener presente è che nei processi in cui siamo imputati
ci troviamo sempre di fronte gli stessi magistrati e gli stessi
giudici, nonché a fare le indagini sono sempre gli stessi carabinieri e
poliziotti che ci seguono da 12 anni.
Non c’è che dire un gran bel teatrino o circo davvero.
Nei
mesi a seguire, si susseguono indagini, intercettazioni e perquisizioni
a danno di molti compagni della toscana molte anche le visite di loschi
figuri dell’antiterrorismo che cercano collaboratori in cambio di
libertà o soldi.
Risultato: zero.
Vorrei ricordare un altro
fatto, prima dell’arresto ero uscito solo da un mese dal carcere e io
come i miei compagni ero sempre pedinato, pure quando andavo al
mercato. Quindi secondo loro avrei fatto questa rapina senza che
nessuno si accorgesse?
Sorvoliamo sulla loro stessa ammissione di
imbecillità. Dopo un anno si pensava di esser vicini alla scadenza
termini, ma ci raggiunge un altro mandato di cattura per associazione
sovversiva con finalità di terrorismo, oltre a
noi sono accusati anche Leonardo e Paola, altri compagni sono indagati ma fortunatamente non è emesso mandato d’arresto.
Molti
compagni indagati erano agli arresti domiciliari nel mese che ero fuori
e io purtroppo non ho potuto neanche incontrarli… …figuriamoci se
potevo coinvolgerli nell’organizzazione di una rapina. Inoltre logica
vuole
che le persone che devono essere al corrente di un’azione
diretta (qualunque sia) sono solo quelle strettamente necessarie al
compimento dell’azione stessa e nessun altro. Mi sembra ridicolo che
realmente qualcuno pensi che organizziamo una rapina da 3400 euro in 12
persone, sarebbe un delirio.
Ho voluto raccontare questa storia per fare un quadro più o meno completo della situazione. Me ne frego del concetto
di
colpevole o innocente, o del giudizio del giudice. Allo steso tempo
nessuno di noi vuole prendere le distanze dalla pratica della
riappropriazione individuale o collettiva dei beni e dei denari dei
ricchi e dei capitalisti. Sia che si chiami rapina o esproprio
proletario, che serva per finanziare l’attività rivoluzionaria, aiutare
che ha bisogno o per sottrarsi alla schiavitù del lavoro salariato,
io non posso che appoggiare come anarchico questo tipo di pratica
rivoluzionaria. Che l’ala più pacifica dl movimento anarchico non
storga il naso a queste mie parole, perché nella gloriosa storia del
movimento anarchico, centinaia sono gli anarchici espropriatori, come
Jacob, la banda Bonnot, Durruti ecc…
In
tutto ho fatto quattro anni di galera e gira e rigira mi sa che me ne
farò molti altri visto che non smetterò mai di combattere contro lo
stato, la dittatura democratica e lo sfruttamento.
Sono felice e orgoglioso di tutto il supporto che danno i compagni fuori a noi prigionieri, con lettere, benefit,
manifestazioni,
scritte sui muri, ma vorrei che la situazione che stiamo subendo sia di
stimolo per molti per passare all’azione. Sbirri, fascisti e
sfruttatori pensano di fare qualsiasi cosa impunemente, ma non è stato
e non sarà sempre così, con un po’ di coraggio che dia la coerenza di
unire i fatti alle molte parole. Quanti immigrati devono essere
picchiati o uccisi, case sgomberate, compagni arrestati, famiglie
ridotte alla miseria, montagne, valli e campagne distrutti, prima che
ci svegliamo e decidiamo di dare tutto noi stessi per fermare questo
scempio?
Io ho tanti interessi e mille cose da fare nella vita, ma
oppormi a tutto questo è la cosa più sensata da fare, se ci tengo alla
mia e alla vita di tutti. Il pacifismo e la passività del movimento e
della gente ci hanno portati ad essere come agnellini pronti per essere
mangiati dai lupi. Sosteniamo e diffondiamo la contro-informazione, che
sia di sostegno all’azione diretta, non solo all’interno del movimento,
ma rivolta a tutti gli sfruttati. Che le nostre
parole siano
sempre supportate dall’azione, che è l’unica cosa che dà credibilità a
noi e alle nostre parole. I nostri nemici hanno la televisione, i
giornali, la menzogna, il ricatto. Noi abbiamo l’amore, la verità, il
coraggio, la creatività e l’intelligenza che qualificano l’agire
rivoluzionario. Sono stati scritti migliaia di libri, fanzine, giornali
teorici, militanti, anarchici e comunisti, è stata analizzata in lungo
e in largo la nostra idea, ci sono migliaia di libri su i mali
dell’industria, dell’inquinamento, sulle malefatte dei governi. Le
nostre
parole e i nostri scritti da soli, non ci rendono meno complici di
questo scempio. Mettersi un’etichetta di anarchico, comunista o
ambientalista non ci rende meno complici. Visto che adesso la libertà
non è cosa di questo mondo, io mi sento libero solo quando agisco
contro chi ci vuole schiavi, contro di lui, i suoi strumenti, o i suoi
beni.
Vivere, combattere, gioire, soffrire e morire alla conquista della
libertà vale più della più agiata e tranquilla vita che uno sfruttato
possa desiderare.
Un saluto a tutti i compagni anarchici, comunisti e antimperialisti che combattono contro lo stato e lo
sfruttamento.
Un
saluto e un abbraccio a tutti i compagni prigionieri, un saluto
particolare a Leo: sapendoti in libertà quando ti penso mi sento un po’
più libero anche io. Ogni giorno che passi in libertà è uno schiaffo in
faccia a questi aguzzini che ti vorrebbero prigioniero e questo fa
gioire tutti gli amanti della libertà.
Per la rivolta
Per l’anarchia
Francesco Gioia
Via casale 50/A
15040 San Michele (AL)
A pochi giorni dal G8 dell’Aquila e subito dopo l’approvazione del
pacchetto sicurezza, la pm Manuela Comodi, della procura di Perugia,
con la complicità dei ROS (ma che novità)ha fatto partire l’operazione
Shadow, arrestando due compagni Sergio e Alessandro, indagando una quarantina di persone e perquisendo altrettante abitazioni.
Numeri spettacolari per un’operazione che voleva essere
spettacolare, come del resto ci ha abituato la procura di Perugia, e
che con la complicità della stampa ha già sbattuto i mostri in prima
pagina ipotizzando una tentata strage…
E così tutti sono contenti: prima del G8 e subito dopo la strage di
Viareggio, costringere qualche anarchico in galera è sempre una buona
ricetta per la conservazione dell’ordine democratico….
Intanto la strategia della repressione preventiva (purtroppo) fa un
altro passo in avanti, sottraendo due compagni ai propri cari e affetti
per chissà quanto tempo, senza colpo ferire.
Lo strumento è sempre il solito, il 270 bis, sempre più una prassi per quelle procure che vogliono colpire quanti
non si arrendono e continuano a mostrare la propria rabbia e
determinazione a sabotare questo mondo in cui la guerra è pace, il
razzismo e le ronde protezione, gli omicidi sul lavoro incidenti e chi
lotta pericoloso e da isolare. E così come in altre inchieste i
rapporti personali diventano prove di un associazione e giornali strumenti di propaganda, e ogni momento della vita viene analizzato in chiave penale…..
In questa corsa alla mistificazione tipica di ogni regime
democratico totalitario, vogliamo ribadire la nostra completa e totale
solidarietà a Sergio e Alessandro, e a tutti e tutte le indagate in
questa nuova operazione come a tutti i prigionieri e prigioniere
rivoluzionarie.
La solidarietà e la vicinanza sono un’arma che nessuno ci può
togliere e con la quale possiamo sabotare gli ingranaggi di questo
sistema…
Libertà per Alessandro e Sergio
Libertà per Daniele, Francesco, Magda e Niku
Libertà per tutti e tutte
Anarchiche e anarchici di ViaDelCuore