Dissociazioni e critiche – Uno spunto di riflessione

Da Informa-Azione:

Uno spunto di riflessione

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Nel movimento anarchico internazionale l’uso della violenza ha sempre creato divisione, e sollevato vespai di polemiche spesso accompagnate da scomuniche, che in certi casi sono sfociate addirittura nella delazione.
Tuttavia le divergenze nascono sui tempi e sui modi, né da una parte né dall’altra infatti si è mai arrivati a escludere in termini categorici il ricorso alla violenza.
Ma questa impostazione del problema non fa che accrescere la confusione. Chi decide, e con quali criteri, della bontà dei tempi e dei modi nell’uso della violenza? C’è chi sostiene che soltanto in una situazione preinsurrezionale, con le masse sul piede di guerra, ha senso utilizzare la violenza. Sarà anche vero. Ma non mi sembra che ci sia qualcuno in grado di stabilire con assoluta certezza, quando una situazione è preinsurrezionale e quando invece non lo è.
E poi trovo assurda, autoritaria, ridicola, questa pretesa di voler annullare l’individuo per sottometterlo alla “volontà popolare”, a questa astrazione che richiama alla mente la “volontà di dio”.
Se voglio compiere un’azione individuale, non vado certo a chiedere il permesso alle masse. Anche perché non mi risulta che le masse abbiano preso accordi con gli anarchici sulla data della rivoluzione. Né mi risulta che lo Stato abbia momentaneamente rinunciato alla sua violenza scientificamente organizzata affinché gli anarchici abbiano il tempo necessario per riuscire a convincere le masse a sollevarsi.
E allora sta a noi – soltanto a noi – decidere quando e come colpire il nemico, quando e come rispondere agli attacchi dello Stato. Perché l’oppressione e lo sfruttamento sono un dato costante, non occasionale. E non basta una maschera democratica e permissiva a celare questa realtà, e a far dimenticare che una minoranza criminale che detiene il monopolio della violenza, ha potere di vita e di morte su tutti noi.
Confesso che faccio sempre più fatica a comprendere le ragioni della divisione esistente nel Movimento sulla questione della violenza, non foss’altro perché non conosco nessun anarchico critico su questo punto, che nell’esercizio della violenza verbale non sia bravo e feroce almeno quanto coloro che non la pensano come lui.
Ma chi spara a zero contro padroni, politicanti, giudici, sbirri, preti, scienziati e quant’altro, deve essere cosciente anche del fatto che c’è sempre qualcuno che lo prende alla lettera e agisce di conseguenza.
Chi soffia sul fuoco poi non può cavarsela dicendo “è stato tutto uno scherzo”. Perché nella violenza verbale, è bene che si sappia, è implicito il suggerimento a colpire le persone e le cose di cui si fanno i nomi. In caso contrario, la scrittura e le parole diventano un surrogato dell’azione; uno sfogo alle proprie frustrazioni; un inno cantato a squarciagola alla propria impotenza. Ma io non voglio pensare che la violenza verbale che tracima da tutti i giornali anarchici esistenti sia soltanto un fiume di bile sulle cui acque galleggiano anime morte.
Una cosa però deve essere chiara: i discorsi queruli contro chi fa uso della violenza, fatti da coloro che amano cimentarsi solo nella violenza verbale, sono fastidiosi e meschini, e fanno sorgere negli altri il legittimo sospetto che siano dettati soltanto dall’istinto di conservazione, lo stesso che spinge a decretare l’isolamento nei confronti di coloro che hanno posizioni ritenute devianti e pericolose rispetto alla “linea” del movimento ufficiale.
Ma costoro evidentemente non sanno che esiste anche un modo intelligente, ed eticamente ineccepibile, di dissentire con chi si serve anche della violenza. Basta tacere. Ecco tutto. Così non si corre nemmeno il rischio di cadere nella delazione, che tale rimane anche quando la si vuole far passare per “posizione diversa”.
Intendiamoci bene. Non sto dicendo che chi non approva l’uso della violenza nei tempi e nei modi che secondo lui sono sbagliati, deve astenersi dal manifestare pubblicamente questa sua opinione. Ma una cosa è esprimere i motivi del proprio dissenso in maniera ragionata e perfino polemica, altra cosa è dissociarsi pubblicamente, attraverso comunicati da cui traspare la presunzione di sapere quando è giusto ricorrere alla violenza, e scritti con l’aria di chi sembra aver preso appuntamento con la Rivoluzione.
Ma cosa c’è che non va nell’avere un’opinione diversa da chi si serve di metodi che non si condividono e manifestarla pubblicamente?, osservò una volta un compagno, per niente stupido.
Benedetta ingenuità! La dissociazione non è mai “un’opinione diversa”. Perché se è vero che gli sbirri non possono sapere tutto di tutti, perché per fortuna ancora non sono arrivati a leggere nel pensiero, è anche vero che, grazie al loro normale lavoro di investigazione e di controllo, e grazie alla lettura dei nostri giornali, hanno acquisito una conoscenza abbastanza chiara e precisa, sia sulla natura dei rapporti e dei contatti tra i gruppi e le individualità operanti nelle diverse realtà di movimento, sia sul modo di porsi degli stessi rispetto all’uso della violenza.
Cosa c’entra questo col discorso che stiamo facendo? C’entra, c’entra… Se in una qualsiasi città viene compiuta un’azione rivendicata da anarchici e qualcuno fa un comunicato di dissociazione, per le ragioni di cui sopra, ciò equivale a dire alla polizia: “Non siamo stati noi, andate a cercare dall’altra parte…”, vale a dire tra quei gruppi e individualità che non si dicono contrari alla violenza.
Come si vede, si può essere delatori anche in buona fede. Ma chi lo fa si assume comunque una grave responsabilità: quella di dare i compagni in pasto alla repressione.

Antonio Gizzo

[testo tratto da: “The Angry Brigade, 1967 – 1984. Documenti e cronologia”, Edizioni “Il Culmine”/GAS – Infinita, aprile 1995, s.l.]

Lo sbirro Antonio Rovito e la stupidità della divisa

Che per portare una divisa non si debba essere troppo svegli non è una novità, del resto quotidianamente sentiamo parlare –grazie ai media di questo paese caserma- sbirri di ogni grado che discettano su qualsiasi argomento, senza necessariamente sapere di cosa stiano parlando.

Anche lo sbirrame pistoiese non vuol essere da meno e dopo le uscite razziste del Marrano Napoletano assistiamo ai vaniloqui legalistico ambientalisti del sindacalista sbirro Antonio Rovito, segretario provinciale del COISP.

Senza tirare in ballo la frenologia, non scienza ormai da quasi cento anni sbugiardata, mi voglio concentrare su una semplice analisi del linguaggio.

Il nostro fine dicitore, parlando del blocco dei lavori alla nuova questura, avvenuto a causa  dello stato che ora nega i fondi, ci dice che Pistoia vuole il nuovo polo della sicurezza e a dimostrazione di ciò ci sarebbero un migliaio di firme raccolte in piazza. Non è su questo che mi voglio concentrare, anche se giova rilevare che in passato, nella stessa città di Tristoia furono raccolte poco meno di mille firme per la chiusura del covo fascista di Casa Pound e da più parti si sentì affermare che mille firme rappresentavano comunque un’esigua minoranza in una città di quasi 100.000  abitanti la cui maggioranza evidentemente non sentiva la necessità di negare agibilità ai nipoti del duce…ebbene, usando la stessa logica il nuovo canile per il quale si sgolano i nostri ispettori Barnaby non può essere evidentemente additato come una priorità o una cosa ritenuta importante dalla maggioranza della collettività…ma non è questa logica da Bar che mi interessa, la lascio volentieri ai micro dotati di intelletto che affollano –tutti vestiti uguali- le strade delle città.

Il punto sul quale soffermarsi è un altro. Rovito afferma che lo stato deve rispettare gli impegni sia per la richiesta di sicurezza della cittadinanza, sia perché non può permettersi di lasciare in eredità a Pistoia un mostro ecologico…Il punto è questo,  Il nostro afferma che il blocco dei lavori creerebbe un obbrobrio ambientale, come se questa qualifica fosse vincolata alla destinazione d’uso della struttura, infatti visto che la lingua italiana non è un’opinione il significato intrinseco di questa affermazione ci spiega che una struttura non finita è da considerarsi mostro ambientale, mentre il canile pronto all’uso perderebbe questo significato acquistandone un altro…eppure voglio far notare al povero divisato che la sua presenza, come quella degli altri “colleghi” all’interno dei nuovi locali non ridurrebbe la cubatura del cemento riversato in un’area già fortemente cementificata e soggetta ad una speculazione edilizia palese affidata al mafioso Giusti per l’edilizia.

Un “mostro ambientale” è tale perché consuma territorio, perché aggiunge metri cubi di cemento in un area già fortemente cementificata, perché diminuisce la vivibilità dell’area non soltanto per il cittadino ma anche per la fauna che comunque vive in quell’area, Perché sottrae spazio al verde, perché contribuisce, attraverso l’impermeabilizzazione del suolo, al dissesto idrogeologico del territorio nel quale si inserisce, ecc…Insomma, la destinazione d’uso c’entra poco, anzi niente.

L’affermazione del povero Rovito insomma dimostra come il nostro utilizzi strumentalmente, per avallare la sua tesi, il tema dell’ambiente senza sapere minimamente di cosa stia parlando e probabilmente fregandosene proprio insomma, puro politichese. Purtroppo per il miseramente dotato Rovito c’è sempre qualcuno che appassionato di decenza mette in mostra le aporie delle tesi dei piccoli personaggi a lui pari, non se la prenda, esisterà sicuramente un corso di formazione sbirresco tenuto da qualche suo collega munito di congiuntivi che potrà aiutarlo a migliorare i suoi strumenti comunicativi, sempre che lo stato gli paghi la retta…

Comunicato di Tomo sulle perquisizioni del 29 Marzo

riceviamo e diffondiamo:

Giovedì 29 Marzo, durante la notte, per ordine della procura di Perugia e della p.m. Manuela Comodi, sono state effettuate diverse perquisizioni nei confronti di 4 anarchici in varie città (Pisa, Ravenna, Genova, ecc.); sono stati mobilitati diversi reparti dei carabinieri, tra i quali la Sezione Anticrimine di Bologna e i reparti ROS Antieversione ed Indagini Tecniche di Roma.
Alle 4.05, mi sono visto piombare in casa 6 carabinieri (2 locali, 2 ROS e 2 della suddetta Sezione Anticrimine) in cerca di materiale documentale, materiale utile all’assemblaggio di plichi esplosivi e via dicendo. Tutto questo è avvenuto a causa dei miei rapporti di affinità con i compagni di Culmine e col mio compagno coinvolto con me nel progetto ParoleArmate.
Durante la perquisizione, gli sbirri commentavano in modo sarcastico ciò che trovavano, cosa che non faceva che aumentare il mio senso di nausea, di odio e di disgusto nei loro confronti.
Dopo 3 ore passate a cercare e frugare, sono tornati in caserma con due scatoloni pieni di materiale (uno di questi mi sarà poi restituito immediatamente, mentre l’altro tenuto in quanto considerato utile al fine delle indagini).
Hanno preso di tutto: un computer, 3 telefoni cellulari, una quarantina di libri, opuscoli, volantini, lettere (con particolare attenzione al materiale sui compagni della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, che comprendeva due lettere ed alcuni opuscoli), un paio di guanti, vecchi fogli scritti a mano e così via.
Sono stato costretto, quella stessa mattina, a recarmi nella caserma provinciale dei carabinieri, dove mi hanno consegnato il verbale di perquisizione e di sequestro; in quel momento ho scoperto però di essere l’unico dei 4 perquisiti a non essere indagato.
Gli articoli di cui sono accusati i miei compagni sono 110, 112, 270bis e 280.
Quest’operazione non è altro che l’ennesimo tentativo atto a reprimere ed intimidire refrattari e ribelli, cercando di spegnere il fuoco anarchico e rivoltoso che brucia dentro di noi. Inutile dire che non sono neanche lontanamente riusciti nel loro intento.
Noi continuiamo sulla non-via, quella delle fiamme e dell’odio, senza arretrare di un millimetro.
Si armino le parole, i pensieri e le mani; concretizziamo la nostra rabbia, il nostro desiderio e bisogno di distruzione. Attacchiamo.
Un complice abbraccio di fuoco a tutti i compagni perseguiti e a tutti gli affini che hanno dimostrato la loro vicinanza e solidarietà, tra cui i compagni delle Edizioni Cerbero e i compagni della Cospirazione delle Cellule di Fuoco. Che l’incendio dell’insurrezione anarchica divampi e si propaghi dal cuore e dagli occhi degli indomiti di tutto il mondo alle strade delle città e delle metropoli, nonostante tutti i tentativi di arginarlo ed estinguerlo.
Per questo mi unisco al grido dei miei compagni:

VIVA L’ANARCHIA!
RUGGISCA LA POLVERE E DISTRUGGANO LE FIAMME!

Tomo, 2 aprile 2012, al Culmine del Nulla.