Nella mattinata di oggi, un compagno e un familiare di Chiara, recatisi alle Vallette per i colloqui che svolgono regolarmente da ormai più di un mese, si son visti negare dai secondini la possibilità di incontrarla. “C’è un nuovo provvedimento del Tribunale che blocca i colloqui”, hanno spiegato le guardie. Nel corso della giornata si è poi appreso che il blocco dei colloqui riguarda anche Niccolò, Claudio e Mattia, ma non si è ancora riusciti a comprendere il perché di questa decisione né la durata di questa interruzione. Responsabili di questa manovra sono naturalmente i soliti Padalino e Rinaudo. Al momento dunque i compagni oltre che non poter incontrare altri detenuti non hanno neanche alcun contatto con il mondo esterno. Se Niccolò, Claudio e Mattia si possono incontrare solo tra di loro, Chiara a questo punto è invece in un isolamento assoluto.
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Firenze, retata e arresto, Mustafa libero! Fuoco alle gabbie!
Giovedì, nella Firenze del nuovo visir del PD Matteo Renzi, a seguito di una retata contro il degrado è stato fermato Mustafa, compagno e amico del Panico. La notizia è venuta fuori il Venerdì, quando è riuscito finalmente a comunicare con i compagni, essendo nuovamente entrato in possesso del telefono cellulare, che il birrame fiorentino gli aveva sequestrato. Mustafa si trova attualmente recluso nel CIE di Caltanissetta. In questi giorni nella città che fù di Dante si sono già svolte numerose iniziative di solidarietà. Vi aggiorneremo sugli sviluppi.
Mustafa libero! Fuoco ai CIE e a chi li gestisce! Liberi/e Tutti/e! Viva l’Anarchia!
Rovereto – Rivendicazione attacco contro polo Meccatronica
Avviso al nuovo polo tecnologico
Il 6 gennaio si è entrati nel polo della meccatronica. Entrando si è preso una bombola di gas e ci si è introdotti nell’edificio con facilità grazie anche alle chiavi che erano state lasciate nelle serrature di alcune porte. Si vuole
chiarire che si era consapevoli delle difficoltà di propagare un incendio in un complesso industriale così grande e vuoto, ma, con la testardaggine che ci contraddistingue, si è sistemato tre congegni incendiari nei falsi tetti degli
edifici ai piani superiori, e uno lo si è collegato con un tubo alla bombola, infilato sotto una porta. Ci dispiace soltanto che non sia esplosa. Si è causato così solo danni minimi. é vero, non siamo degli specialisti. Questi sabotaggi possono essere fatti da chiunque abbia a cuore la distruzione dello sfruttamento e della società tecnologica. Avete minimizzato questa azione.
Sappiamo che lo avete fatto per attirare le imprese che devono investire nella meccatronica per proteggere i vostri miseri guadagni, nascondendo il rischio di ulteriori attacchi, per evitare che nessuna ditta voglia più entrare nel nuovo
polo. I principali campi di applicazione della meccatronica sono la robotica, l’automazione industriale, la biomeccatronica (imparentata con la domotica, riproduce con le tecnologie cibernetiche le funzioni degli esseri viventi come gli esoscheletri, studiati dai militari) e i sistemi automatici degli autoveicoli, soprattutto scavatori e macchine da costruzione. Siamo consapevoli che non tutte le ditte che vorrebbero entrare nella meccatronica sono significativamente coinvolte nei progetti del dominio che verranno sperimentati, ma adesso siete stati avvisati e non ci faremo scrupoli ad
attaccarvi. Alla base di questa costruzione si sentono le urla dei detenuti del carcere di Spini, delle sue costrizioni, delle sue torture e delle sue morti come è successo poco fa. Noi siamo fra quelli che un giorno rischiano di
trovarsi in questi posti senza vita. Le merde che stanno costruendo la meccatronica sono quelle che fanno profitto sulla costruzione delle carceri e di altre nocività. Ediltione spa in cordata con Collini spa e Zorzi impianti srl hanno costruito anche il carcere di Trento. Ci prenderemo cura di qualsiasi posto in cui voi lavoriate. Anche per questo motivo si avvisano in anticipo le imprese che lavorano nelle strutture create da queste ditte che non ci si farà nessuna remora a provare ad incendiare o a far esplodere qualsiasi cosa di loro proprietà che ci verrà in mente. Ediltione e Collini spa sono in cordata spesso con CMB- colosso delle costruzioni che si occupa anche delle “grandi opere” come la TAV Milano-Bologna. Con ciò si vuole dire che la lotta contro il carcere è collegata alla lotta per la difesa della terra e per questo motivo mandiamo un saluto solidale a Nico, Claudio, Chiara e Mattia accusati di terrorismo per avere attaccato il cantiere dell’alta velocità in Valsusa e a Monica Caballero, Francisco, Marco Camenish, Andrea Dimitris Bourzoukos ,
Nicola, Alfredo, Francesco ai domiciliari e ai resistenti contro la MAT. In memoria di Sebastian Oversluij.
Continueremo a provare con la nostra testardaggine a distruggere tutte le cose che si interpongono alla nostra libertà, provando la prossima volta ad affinare il tiro. Quel giorno tutto ciò che si è deciso è stato fatto e si è passeggiato
nelle vostre installazioni di morte per ben due ore e adesso le chiavi del vostro “fiore all’occhiello” non ce le avete solo voi torturatori e sfruttatori, ma anche noi e serviranno quando lo decideremo e quando meno ve lo aspettate.
Per l’anarchia.
Prigionieri No Tav – Lettera di Niccolò, Claudio e Mattia dal carcere di Torino
Il testo che segue è stato scritto da Niccolò, Mattia e Claudio arrestati il 9 dicembre scorso, insieme a Chiara. I tre compagni, per quanto isolati dal resto dei detenuti, hanno la possibilità di incontrarsi quotidianamente (Claudio e Niccolò condividono la stessa cella e si vedono con Mattia durante le ore d’aria e di socialità). Chiara è invece in un isolamento pressoché assoluto da ormai più di un mese, dato che nella sezione dove si trova non ci sono altre prigioniere in regime di Alta Sorveglianza. La censura cui è sottoposta tutta la loro corrispondenza provoca notevoli ritardi alla posta in entrata ed in uscita e così solo ora è possibile rendere pubblico questo testo scritto quasi un mese fa.
È di ieri la notizia che il Tribunale del Riesame ha rigettato ogni richiesta della difesa, compresa quella di derubricare i reati e le aggravanti di terrorismo. In aula i Pm Padalino e Rinaudo hanno ribadito come la condotta terroristica dei reati contestati ai compagni non sia da ravvisare tanto nelle modalità più o meno violente dell’azione contro il cantiere del maggio scorso, quanto nel contesto complessivo all’interno del quale questa si inserisce: l’opposizione alla realizzazione della Torino-Lione. A preoccupare realmente la procura torinese e l’intero Partito del Tav, è la lotta ormai ventennale contro il treno veloce, il tentativo di dare concretezza a quel No attorno al quale il movimento si è sviluppato.
Sono appena le 4 del pomeriggio e il sole sta calando dietro l’imponente termovalorizzatore metallico, mentre in lontananza si intravedono le prime montagne della valle e l’immaginazione completa i contorni accennati del Musiné. Siamo qui rinchiusi da 10 giorni ma il nostro pensiero viaggia ancora lontano…
Che la procura di Torino stesse preparando qualcosa di grosso lo sapevano pure i sassi. Lo si capiva dal crescendo di denunce contro il movimento, ma soprattutto da quell’intenso lavoro di propaganda con cui inquirenti, mass media e politici hanno cercato di traghettare la resistenza No tav all’ombra di quella parola magica che tutto permette: «terrorismo». Per mesi interi non hanno parlato d’altro, in un mantra ripetuto ossessivamente volto ad evocare una repressione feroce.
Infine hanno preso alcuni dei tanti episodi di lotta di questa estate su cui questo immaginario suggestivo potesse fare più presa e li hanno stravolti e piegati alla loro visione del mondo fatta di militari e paramilitari, gerarchie, controllo e violenza cieca.
Così hanno fatto per giustificare le perquisizioni di fine luglio, così fanno ora per argomentare i nostri arresti.
Ma c’è un abisso tra ciò che vogliono vedere in noi e quello che realmente siamo.
Non ci interessa sapere chi in quella notte di maggio si è effettivamente avventurato tra i boschi della Clarea per sabotare il cantiere – probabilmente non interessa neanche agli stessi inquirenti -. Quello che vogliono è avere oggi qualcuno tra le mani per far pesare la minaccia di anni di galera sul movimento e sulla resistenza attiva, per arrivare tranquilli e indisturbati all’apertura del cantiere di Susa.
Vogliono che le persone restino a casa a guardare dal balcone il progetto che avanza.
Eppure queste persone hanno già gli strumenti per mettersi in mezzo: abbiamo imparato a bloccare quando tutti insieme si gridava «No pasaran» e a passare a colpi di mazza quando il cemento dei jersey ci sbarrava la strada; abbiamo imparato a guardare lontano quando l’orizzonte si riempiva di gas e a rialzare la testa quando tutto sembrava perduto.
Non sarà il terrore che seminano a piene mani a rovinare i raccolti futuri di questa lunga lotta.
Occorrerà continuare a costruire luoghi e momenti di confronto per scambiarsi idee e informazioni, per lanciare proposte e per essere pronti a tornare nelle strade e in mezzo ai boschi.
Si è fatta sera alle Vallette, ma a parte il buio non c’è una gran differenza col mattino, dato che il blindo della cella resta chiuso ventiquattr’ore su ventiquattro: alta sicurezza!
Rispetto ai Nuovi Giunti c’è molta più calma e pulizia, ma l’assenza di contatto umano ci debilita.
La bolgia dei blocchi B, C o F (a parte l’isolamento cui è costretta Chiara) sono un pullulare di storie ed esperienze di vita con cui impastarsi, in cui trovare complicità e solidarietà. Già nel mese scorso, Niccolò, già arrestato a fine ottobre per un altro procedimento, ha potuto constatare come l’eco della lotta contro il Tav sia giunto fin dentro le galere e per molti rappresenti il coraggio di chi ha smesso di subire le decisioni di uno stato opprimente.
Per noi, costretti all’isolamento in una sezione asettica, è di vitale importanza rifiutare la segregazione e la separazione tra detenuti: siamo tutti «comuni».
Anche per questi motivi sarebbe bello se all’interno del movimento si sviluppasse un ragionamento e un percorso su e contro il carcere.
La maggior parte delle guardie delle Vallette vive qua, in dei grandi palazzoni all’interno delle mura, loro non si libereranno mai della galera.
Per quanto in questa sezione ci trattino educatamente, non si tireranno indietro nel farci rapporto su ordine di un superiore quando decideremo di lottare per qualsivoglia motivo.
Allora, coi ricordi che ci teniamo stretti, faremo rosicare questi «portachiavi» per la limitatezza dei loro orizzonti.
«Avete mai visto il mare farsi largo in mezzo ai boschi in un bel pomeriggio di luglio, e scagliarsi e andare contro le reti di un cantiere?»
«Avete mai sentito il calore umano di ogni età saldarsi spalla a spalla mentre gli scudi avanzano, l’asfalto dell’autostrada si fa liquido e le retrovie si riempiono di fumo?»
«Avete mani visto un serpente senza capo né coda o una pioggia di stelle nel cuore di una notte di mezza estate?»
Noi sì, e ancora non ci sazia.
La strada è lunga, ci saranno momenti esaltanti e batoste clamorose, si faranno passi avanti e si tornerà indietro, impareremo dai nostri errori.
Per ora guardiamo il nostro carcere negli occhi e non è facile, ma se «la Valsusa paura non ne ha», noi di certo non possiamo essere da meno.
Comunismo e individualismo – Errico Malatesta
“Ripescando un meraviglioso articolo del mitico Errico Malatesta dove si esprime l’essenza di esser Anarchici al di la’ delle due estreme e antintesi: quella comunista e quella individualista. Scritto nel periodo della passione superuomista degli anni venti , che vedeva il fiorire di ribelli come Bruno Filippi e Renzo Novatore e Leda Rafanelli.
La bellezza sta’ nella giusta miscela di entrambi tendenze!”
Nettlau suppone che la ragione, o almeno una delle ragioni per cui l’anarchismo, dopo tanti anni di propaganda, di lotta, di sacrifizi, non è ancora riuscito a attirare e sollevare le grandi masse sta nel fatto che gli anarchici delle due scuole, comunisti e individualisti, hanno presentato ciascuno la sua teoria economica come unica soluzione del problema sociale, e non sono perciò riusciti a persuadere la gente della realizzabilità delle loro idee.
Io credo in verità che la ragione essenziale del nostro scarso successo sia il fatto generale che nell’ambiente attuale, cioè date le condizioni materiali e morali in cui si trova la massa dei lavoratori e di quelli che pur non essendo lavoratori produttivi sono vittime lo stesso dell’attuale organizzazione sociale, la nostra propaganda non può avere che una portata limitata, la quale si riduce a poco o nulla in certe regioni più disgraziate ed in certi strati della popolazione più tormentati dalla miseria fisica e morale. E credo che solamente a misura che l’ambiente cambia e ci diventa favorevole (il che può specialmente avvenire nei periodi rivoluzionari e per il nostro impulso) le nostre idee possono conquistare un numero sempre più grande di aderenti ed una crescente possibilità di realizzazione. La divisione tra comunisti e individualisti c’entra per poco, poiché essa realmente interessa solo quelli che già sono anarchici e quella piccola minoranza che è in condizione di poterlo diventare.
Ma con tutto ciò resta vero che le polemiche tra individualisti e comunisti hanno spesso assorbito gran parte delle nostre energie, hanno impedito, anche quando era possibile, una franca e fraterna collaborazione fra tutti gli anarchici ed hanno tenuti lontani da noi molti che se ci avessero veduti tutti uniti sarebbero stati attirati dalla nostra passione per la libertà. E quindi Nettlau fa bene quando predica la concordia, dimostrando che per esservi veramente libertà, cioè anarchia, bisogna che vi sia possibilità di scelta e che ciascuno possa accomodare come crede la propria vita, abbracciando la soluzione comunista o quella individualista, o un qualunque grado o una qualunque miscela di comunismo e di individualismo.
Però Nettlau si sbaglia, secondo me, quando crede che il contrasto tra gli anarchici che si dicono comunisti e quelli che si dicono individualisti si basi realmente sull’idea che ciascuno si fa della vita economica (produzione e distribuzione dei prodotti) in una società anarchica. Queste, dopotutto, sono questioni che riguardano l’avvenire lontano; e se è vero che l’ideale, la mèta ultima, è il faro che guida, o dovrebbe guidare, la condotta degli uomini, è anche più vero che ciò che determina più di tutto l’accordo o il disaccordo non è quello che si pensa di fare domani, ma quello che si fa e si vuol fare oggi. In generale, ci si intende meglio, e si ha più interesse a intendersi con quelli che percorrono la stessa via nostra pur volendo andare in un sito diverso, anziché con quelli che pur dicendo di voler andare dove vogliamo andar noi, si mettono per una strada opposta! Così è avvenuto che anarchici delle varie tendenze, malgrado che in fondo volessero tutti la stessa cosa, si son trovati, nella pratica della vita e della propaganda, in fiera opposizione.
Ammesso il principio basilare dell’anarchismo e cioè che nessuno dovrebbe avere la voglia e la possibilità di ridurre gli altri in soggezione e costringerli a lavorare per lui, è chiaro che rientrano nell’anarchismo tutti, e solamente, quei modi di vita che rispettano la libertà e riconoscono in ciascuno l’eguale diritto a godere dei beni naturali e dei prodotti della propria attività.
È pacifico tra gli anarchici che l’essere concreto, reale, l’essere che ha coscienza e sente, e gode e soffre è l’individuo, e che la Società, lungi dall’essere qualche cosa di superiore di cui l’individuo è lo strumento e lo schiavo, non deve essere che l’unione di uomini associati per il maggior bene di ciascuno. E da questo punto di vista si potrebbe dire che siamo tutti individualisti.
Ma per essere anarchici non basta volere l’emancipazione del proprio individuo, ma bisogna volere l’emancipazione di tutti; non basta ribellarsi all’oppressione, ma bisogna rifiutarsi ad essere oppressori; bisogna comprendere i vincoli di solidarietà, naturale o voluta, che legano gli uomini tra di loro, bisogna amare i propri simili, soffrire dei mali altrui, non sentirsi felici se si sa che altri sono infelici. E questa non e questione di assetti economici: è questione di sentimenti, o, come si dice teoricamente, questione di etica.
Dati tali principi e tali sentimenti, comuni, malgrado il diverso linguaggio, a tutti gli anarchici, si tratta di trovare ai problemi pratici della vita le soluzioni che meglio rispettano la libertà e meglio soddisfano i sentimenti di amore e di solidarietà.
Quegli anarchici che si dicono comunisti (ed io mi metto tra essi) sono tali non perché vogliano imporre il loro speciale modo di vedere o credano che fuori di esso non vi sia salvezza, ma perché sono convinti, fino a prova in contrario, che più gli uomini sono affratellati e più intima è la cooperazione dei loro sforzi a favore di tutti gli associati, più grande è il benessere e la libertà di cui ciascuno può godere. L’uomo, essi pensano, se anche è liberato dall’oppressione dell’uomo, resta sempre esposto alle forze ostili della natura, ch’egli non può vincere da solo, ma può col concorso degli altri uomini dominare e trasformare in mezzi del proprio benessere. Un uomo che volesse provvedere ai suoi bisogni materiali lavorando da solo, sarebbe lo schiavo del suo lavoro. Un contadino, per esempio, che volesse coltivare da solo il suo pezzo di terra, rinuncerebbe a tutti i vantaggi della cooperazione e si condannerebbe ad una vita miserabile: non potrebbe concedersi periodi di riposo, viaggi, studi, contatti colla vita molteplice dei vasti aggruppamenti umani . . . e non riuscirebbe sempre a sfamarsi.
È grottesco pensare che degli anarchici, per quanto si dicano e siano comunisti, vogliano vivere come in un convento, sottoposti alla regola comune, al pasto ed al vestito uniformi, ecc.; ma sarebbe egualmente assurdo il pensare ch’essi vogliano fare quello che loro piace senza tener conto dei bisogni degli altri, del diritto di tutti ad una eguale libertà. Tutti sanno che Kropotkin, per esempio, il quale fu tra gli anarchici uno dei più appassionati ed il più eloquente propagatore della concezione comunista, fu nello stesso tempo grande apostolo dell’indipendenza individuale e voleva con passione che tutti potessero sviluppare e soddisfare liberamente i loro gusti artistici, dedicarsi alle ricerche scientifiche, unire armoniosamente il lavoro manuale a quello intellettuale per diventare uomini nel senso più elevato della parola.
Di più, i comunisti (anarchici, s’intende) credono che a causa delle differenze naturali di fertilità, salubrità e posizione del suolo, sarebbe impossibile assicurare individualmente a ciascuno eguali condizioni di lavoro e realizzare, se non la solidarietà, almeno la giustizia. Ma nello stesso tempo essi si rendono conto delle immense difficoltà per praticare, prima di un lungo periodo di libera evoluzione, quel volontario comunismo universale che essi considerano quale l’ideale supremo dell’umanità emancipata ed affratellata. Ed arrivano quindi ad una conclusione che potrebbe esprimersi colla formula: Quanto più comunismo è possibile per realizzare il più possibile di individualismo, vale a dire il massimo di solidarietà per godere il massimo di libertà.
D’altra parte gl’individualisti (parlo, s’intende, sempre degli anarchici) per reazione contro il comunismo autoritario – che è stato nella storia la prima concezione che si è presentata alla mente umana di una forma di società razionale e giusta e che ha influenzato più o meno tutte le utopie e tutti i tentativi di realizzazione – per reazione, dico, contro il comunismo autoritario che in nome dell’eguaglianza inceppa e quasi distrugge la personalità umana, hanno dato la maggiore importanza al concetto astratto di libertà e non si sono accorti o non vi hanno insistito, che la libertà concreta, la libertà reale è condizionata dalla solidarietà, dalla fratellanza e dalla cooperazione volontaria. Sarebbe nullameno ingiusto il pensare che essi vogliano privarsi dei benefizi della cooperazione e condannarsi ad un impossibile isolamento. Essi comprendono certamente che il lavoro isolato è impotente e che l’uomo, per assicurarsi una vita umana e godere materialmente e moralmente di tutte le conquiste della civiltà, o deve sfruttare direttamente o indirettamente il lavoro altrui e prosperare sulla miseria dei lavoratori, o associarsi coi suoi simili e dividere con essi i pesi e le gioie della vita. E siccome essendo anarchici non possono ammettere lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, debbono necessariamente convenire che per esser liberi e vivere da uomini bisogna accettare un grado ed una forma qualsiasi di comunismo volontario.
Sul terreno economico, dunque, che è quello che apparentemente divide gli anarchici in comunisti e individualisti, la conciliazione sarebbe presto fatta, lottando insieme per conquistare delle condizioni di vera libertà e lasciando poi che l’esperienza risolvesse i problemi pratici della vita. E allora, le discussioni, gli studi, le ipotesi, i tentativi possibili oggi e perfino i contrasti fra le varie tendenze sarebbero tutte cose utili per preparare noi stessi ai nostri compiti futuri.
Ma perché dunque, se davvero sulla questione economica le differenze sono più apparenti che reali e sono in ogni modo facilmente superabili, perché quest’eterno dissidio, questa ostilità che qualche volta diventa vera inimicizia tra uomini che, come dice Nettlau, sono tanto vicini e sono tutti animati dalle stesse passioni e dagli stessi ideali?
Gli è che, come ho detto, la differenza tra i progetti e le ipotesi sulla futura organizzazione economica della società auspicata non è la ragione vera della persistente divisione, la quale invece è creata e mantenuta da più importanti, e soprattutto più attuali, dissensi morali e politici.
Non parlerò di quelli che si dicono individualisti anarchici, e poi manifestano istinti ferocemente borghesi, proclamando il loro disprezzo per l’umanità, la loro insensibilità pei dolori altrui e la loro voglia di dominio. Né parlerò di quelli che si dicono comunisti anarchici, e poi in fondo sono degli autoritari che credono di possedere la verità assoluta e si attribuiscono il diritto di imporla agli altri.
Comunisti ed individualisti hanno spesso avuto il torto di accogliere e riconoscere come compagni alcuni che non hanno di comune con loro che qualche espressione verbale e qualche apparenza esteriore.
Io intendo parlare di quelli che considero veri anarchici. Questi sono divisi sopra molti punti d’importanza reale e attuale, e si classificano comunisti o individualisti, generalmente per tradizione, senza che le cose che realmente li dividono abbiano nulla da fare colle questioni riguardanti la società futura.Tra gli anarchici vi sono i rivoluzionari, i quali credono che bisogna colla forza abbattere la forza che mantiene l’ordine presente per creare un ambiente in cui sia possibile la libera evoluzione degl’individui e delle collettività – e vi sono gli educazionisti i quali pensano che si possa arrivare alla trasformazione sociale solamente trasformando prima gl’individui per mezzo dell’educazione e della propaganda. Vi sono i partigiani della non-resistenza, o della resistenza passiva che rifuggono dalla violenza anche quando serva a respingere la violenza, e vi sono quelli che ammettono la necessità della violenza, i quali sono poi a loro volta divisi in quanto alla natura, alla portata ed ai limiti della violenza lecita. Vi sono dissensi riguardanti l’attitudine degli anarchici di fronte al movimento sindacale; dissensi sull’organizzazione, o non organizzazione, propria degli anarchici; dissensi permanenti, o occasionali, sui rapporti tra gli anarchici e gli altri partiti sovversivi.
È su queste ed altre questioni del genere che bisogna cercare d’intenderci; o se, come pare, l’intesa non è possibile, bisogna sapersi tollerare: lavorare insieme quando si è d’accordo, e quando no, lasciare che ognuno faccia come crede senza ostacolarsi l’un l’altro.
Poiché, tutto ben considerato, nessuno può essere assolutamente sicuro di aver ragione, e nessuno ha sempre ragione.
(1926)
Op. Ardire, Sergio libero!
Da qualche giorno Sergio è libero con obbligo di dimora e di firma.Un abbraccio a lui e a tutti i ribelli, viva l’Anarchia!
Poesia+Logo-R.Vaneigem Fecciax
La vita scorre, il tempo la ingoia
Sfilano i giorni al passo di noia
Rosso partito, grigio partito
Rivoluzione sempre tradita.
Lavoro uccide il lavoro è onorato
Si compra il tempo al supermercato
Non più ritorna il tempo pagato
La gioventù crepa di tempo perduto.
Pupille fatte per l’amor d’amare
Sono il riflesso d’un mondo d’oggetti.
Senza sogni e senza realtà
Alle immagini siam condannati.
I fucilati, gli affamati
Verso noi vengon dal passato
Tutto comincia nulla è cambiato.
Nella violenza è maturato.
Bruciate, covi di curati,
Nidi di sbirri e privilegiati
Al vento che semina tempesta
Si raccolgono i giorni di festa.
I fucili su noi schierati
Su tutti i capi saran rivoltati
Mai più dirigenti e mai più Stato
Per trar vantaggio dalle nostre lotte.
Liberamente tratto da: Le nostre rivolte son state tradite- La vita scorre
Raul Vaneigem
Nerorgasmo, hardcore punk italiano
Guardatemi con disgusto,trattatemi con disprezzo
Non c’è niente da capire
Chi è nutrito a petromerda
Educato con la morale delle vostre bugie
Destinato al mattatoio
Per ingrassare i vostri agi
Triterete le mie ossa, bollirete le frattaglie
Cibo inscatolato per la mandria
Distillerete il sangue
Preparerete il resto per il vostro succulento pasto
Capo di bestiame umano
Mangerete la mia carne
Sbranerete le mie fibre sature di nero odio
Rigurgitanti aliti di morte
E creperete avvelenati
Che il mio odio è troppo puro per voi
Gonfio di acidi letali
Mangerete la mia carne
Carne
Nerorgasmo – Nerorgasmo (1985 Full EP / Babby Records)
I Nerorgasmo hanno rappresentato per certi versi, e nonostante una discografia suo malgrado piuttosto limitata (1 LP ed 1 EP) una delle migliori eccezioni del panorama hardcore punk italiano: la loro principale peculiarità, di fatto, si espresse sia in termini di stile musicale che di tematiche affrontate all’interno dei testi. Il risultato fu uno dei più cupi che si potessero immaginare all’epoca, e forse per questo motivo meno popolari: certamente le band che incentrarono la propria immagine su discorsi politici (come i Peggio Punx) poterono vantare una specie di “vantaggio” in termini di popolarità e di pubblico. Del resto sarebbe impensabile (se non quasi vagamente criminale) pensare di valutare il valore di una band esclusivamente sulla base del numero di persone che li conobbero – o che, più in generale, li conoscono fino ad oggi: i Nerorgasmo per primi avrebbero rifiutato di farsi catalogare o schematizzare in questi termini. La voce di Luca “Abort” – quasi growl nel primo EP, più nitida ma sempre velenosa all’interno del successivo disco – cantava testi politicamente scorretti, espliciti, violenti, blasfemi. Una musica espressa da musicisti che fecero di tutto per evitare di vendere la propria immagine, e diventare in qualsiasi modo “oggetti di culto” da parte di chiunque fosse. Di certo brani come “Passione nera”, “Nello specchio” o “Giorno” rimangono a mio avviso scolpiti nella storia, in particolare come espressione di un disagio a cui, nonostante la più cupa disperazione (“Ma mai più di sogni ormai non ce n’è più”), sembra possibile ribellarsi e poterne uscire (“Cerco la forza per tirarmi fuori, Cerco la fede per non cadere più domani, Cerco un varco tra i miei pensieri chiusi”, tratto da “Freccia”). Una band che è stata riscoperta e ristampata in un doppio imperdibile cofanetto nero proprio grazie a lui, con un CD con i due album e vari inediti/live ed un DVD che combina due rarissimi concerti live.
La storia racconta che settembre del 2001 muore, a Torino, Luca “Abort”, componente degli Avaria, cantante dei Blue Vomit, Ifix Tcen Tcen e – per l’appunto – dei grandi Nerorgasmo, nonchè convinto occupante di El Paso. Una vita breve,intensa e fatta di eccessi la sua, per un artista dichiaratamente anarchico e al tempo stesso distaccato dalla politica militante che caratterizzava parte della scena hc-punk dell’epoca (si vestì da nazista per provocazione, cosa che difficilmente altre band politically correct avrebbero fatto). Scrisse dei testi apertamente nichilisti, espressione della cupa disperazione della vita nell’anonimato e dell’alienazione, in generale, nella grande città: Torino, in tal senso, fu uno scenario decisamente archetipico. La musica dei Nerorgasmo fu vissuta sui palchi dei centri sociali per circa un decennio, costituendo una parte consistente della cosiddetta “scena hardcore” di cui si continua a discutere, attraverso fasi spesso contraddittorie e controverse, ancora oggi.
“Non serve a nulla ormai
Sperare di gustare
Una vita che non è
Altro che una spirale” (Nerorgasmo, Spirale)
“Se non capisci che ogni cosa ti insegna
A rinascere nuovo… a rinascere nuovo
Lo senti un vuoto nella pancia
La tua esistenza è solo ansia”(Ansia, Nerorgasmo)
Alla furia dei Declino, Negazione, Peggio Punx viene in qualche modo opposto questo hc a tinte fosche, che sembra essere debitore (forse inconsapevole) dell’ondata dark in arrivo anche in Italia. Un sound che privilegia in modo prioritario il lato oscuro, impronunciabile e crudele dell’esistenza, parallelamente a quanto hanno fatto death e black metal a confronto di altre correnti meno cupe. I Nerorgasmo riescono a reinventare con decisione nuovi stereotipi blasfemi ed irriverenti, figli del disagio di chi non vuole farsi opprimere dall’ottusa ed insostenibile maggioranza, in nome dell’individualismo più esasperato. Il primo EP, nel quale Luca “Abort” mostra un modo di cantare probabilmente inedito per l’epoca, a cavallo tra hardcore, crust e metal, con vari accenni di un growl quasi inconcepibile per il genere proposto e per questo semplicemente perfetto: il risultato è angosciante, rabbioso, e si nota la prima versione di “Nerorgasmo”, dall’incedere lento, inesorabile, terrorizzante: infinita angoscia sublimata in versi di morte.
“Siamo quei momenti di fredda lucidità
In cui capisci che se schiavo e non riesci a sopportare
Una vita sprecata una recita banale
E malgrado ogni tuo sforzo non ti riesci a controllare
Istinti di rivolta e affermazione personale
Le voci che ti gridano di vivere siamo noi”
La registrazione lasciava nelle prime versioni qualcosa a desiderare, ma in effetti il lo-fi lascia un alone di fascino maggiore a questo breve disco, probabilmente una delle pietre miliari dell’hardcore italiano. Presenti i pezzi “Banchetto”, la crudele “Distruttore” (costituita da un ossessivo riff di basso) e l’indimenticabile – come musica e come concept sottostante – “Passione nera” (l’odio catalizzato come sentimento creativo, come ad esempio i disegni e le illustrazioni di Luca “Abort” testimoniano ancora oggi).
“L’odio cresce dentro il mio corpo vibra
Lo sento già pulsare attraverso la mia fibra
Non riesco a trattenermi non voglio più castrarmi
Più cresce la mia rabbia più non voglio limitarmi”
Per quanto riguarda il disco LP uscito nel 1993 (dopo una serie di vicissitudini tra cui un pestaggio al cantante da parte di un gruppo di naziskin), vengono riproposti i quattro pezzi del disco EP in una nuova versione leggermente migliorata, affiancata ad un repertorio realmente sconvolgente in quanto ad originalità. Inafferrabili questi Nerorgasmo: a volte atei, a volte esistenzialisti, pragmatici, improvvisamente – e senza preavviso – cupi o blasfemi. Difficile, o impossibile, trovare un equivalente musicale di quel periodo nel nostro paese.
“Restiamo sul vago dove tutto è uguale al nulla
Passi un altro giorno passi pure un altro anno” (Freccia, Nerorgasmo)
La volontà di chi non vuole più vivere (male), di chi è trafitto orribilmente dal nulla genera una tensione continua con l’inesorabile mediocrità della vita quotidiano: e questa tensione si traduce in una musica introspettiva, che invita comunque a lottare fino alla fine per vedere realizzati i propri sogni. Se è vero che alla fine di tutto esiste la morte – l’uomo è sì “destinato al mattatoio” – eppure “più cresce la sua rabbia, più non vuole limitarsi” e questo potrebbe, volendola definire, rappresentare la poetica in parte dualistica di questa band. Anche lo stesso rifiuto nei confronti della società moderna si traduce non solo nell’orrore incondizionato verso il lavoro in catena di montaggio o, più in generale, contro la spersonalizzazione del branco nei confronti del singolo, ma anche nella riscoperta dell’Io, dell’individuo in quanto tale. Una band ritrovata da molti appassionati solo negli ultimi anni, e che meriterebbe di essere rivalutata con grande attenzione
PISTOIA: 9 DICEMBRE, NOI IN PIAZZA CON I FASCI? NON SCHERZIAMO
CERTE VOLTE TOCCA FARLO, QUINDI ANCHE NOI DOBBIAMO “PRECISARE” LA NOSTRA POSIZIONE IN MERITO AD UN DELIRANTE ARTICOLO USCITO STAMANE SUL GIORNALACCIO IL TIRRENO, NEL QUALE SI DICE CHE IN PIAZZA OLTRE A CARC, E CASAPOUND CI SAREBBERO STATI ANCHE GLI ANARCHICI…EBBENE…PER USARE UN FRANCESISMO…CAZZATE!
NIENTE ABBIAMO A CHE FARE CON UN MOVIMENTO CHE FRA LE PAROLE D’ORDINE HA LA LEGALITA’, LA RIDUZIONE DELLE TASSE E SCHIFEZZE DEL GENERE…
NON CI INTERESSANO MINIMAMENTE LE PAROLE D’ORDINE PICCOLO BORGHESI SUI QUALI SI STA MUOVENDO UN MOVIMENTO CHE STA SDOGANANDO LA PRESENZA IN PIAZZA DI FASCISTI, LEGHISTI E RAZZISTI D’OGNI GENERE…
TENETEVI I VOSTRI FORCONI, I VOSTRI TRICOLORI, LE VOSTRE RIVENDICAZIONI RIDICOLE ED I BACI ED ABBRACCI CON GLI SBIRRI, NOI PENSIAMO AD ALTRO!
No TAV, arresti e perquisizioni a Torino e Milano AGGIORNATO
AGGIORNAMENTO: ANCHE CLAUDIO E’ STATO ARRESTATO
Fonte: Informa-azione
Ore 5 – Apprendiamo, con invito alla solidarietà diffusa, di un’operazione repressiva contro l’Asilo Occupato (in via Alessandria 12) e l’occupazione abitativa di via Lanino a Porta Palazzo, Torino.
A partire dalle 5 del mattino diversi veicoli della polizia intorno alle due occupazioni e l’irruzione all’interno degli spazi; gira voce di un tentativo di sgombero. Non è ancora chiaro di cosa si tratti, ma circola la notizia di possibili perquisizioni e arresti legati alla resistenza No Tav.
Nelle ore successive la conferma. Non si tratta di sgomberi, vengono perquisite le due occupazioni e un’altra abitazione; verso le 8 gli sbirri se ne vanno portandosi via qualche occupante: una compagna e un compagno sono trattenuti perché sottoposti a foglio di via o divieto di dimora e dovrebbero venire rilasciati nelle prossime ore, mentre Chiara è tratta in arresto.
Le accuse nei confronti della compagna e di altri due compagni già sottoposti a misure cautelari(Niccolò già in carcere e Claudio con divieto di dimora a Torino e forse irreperibile) riguardarebbero un’azione No Tav avvenuta nel maggio scorso in Valle di Susa.
Contemporaneamente anche a Milano un compagno viene tratto in arrresto.
Per scrivere a Chiara e Niccolò:
Chiara Zenobi
Claudio Alberto
Niccolò Blasi
c.c. via Maria Adelaide Aglietta 35
10151 Torino
Anche a Milano è stato arrestato un compagno e tradotto nel carcere di Torino:
Mattia Zanotti
c.c. via Maria Adelaide Aglietta 35
10151 Torino
Seguiranno aggiornamenti, nel frattempo sintonizzatevi su Radio Blackout